Nei precedenti paragrafi si è ampiamente discusso di come il recruitment sia un processo cruciale ed estremamente complesso. Questo di fatto si traduce nella necessità, da parte dell’organizzazione, di adottare un approccio ben ragionato e di sviluppare di conseguenza una vera e propria strategia di recruitment. Indipendentemente dalla loro dimensione, infatti, tutte le organizzazioni del mondo seguono una strategia di recruitment, attraverso la quale cercano di individuare ed attrarre i giusti candidati e rafforzare così il capitale umano: se da un lato, infatti, le grandi organizzazioni sono in genere entità strutturate con un loro piano strategico e una loro gerarchia e tendono quindi a seguire delle procedure formali gestite da un esperto del recruitment, dall’altro le piccole organizzazioni in genere presentano una struttura più informale, con una strategia e una gerarchia meno definite, e tendono perciò ad adottare un approccio informale ed ad hoc dal momento che non hanno un dipartimento dedicato alla gestione delle risorse umane (Melanthiou et al., 2015). Al di là comunque dalla formalità o meno del processo di recruitment, l’organizzazione si trova di fatto a dover prendere tutta una serie di decisioni e scelte, sia in fase di preparazione che mano a mano che il processo di recruitment viene svolto.
A tal proposito Leighton e Proctor (2006), per esempio, sottolineano che il datore di lavoro, quando intraprende un processo di recruitment per coprire una posizione vacante, ha varie opzioni a sua disposizione per ognuna delle quali deve fare una scelta, ad esempio: offrire un lavoro full time o part time? Permanente o temporaneo? Da svolgere nel posto di lavoro o anche da casa? Cercare un lavoratore dipendente o un lavoratore autonomo? Affidarsi ad un consulente/agenzia interinale? Rivolgersi al mercato del lavoro esterno od interno?
Allo stesso modo, Arthur (2006), in particolare, focalizza l’attenzione su quattro considerazioni pre-recruitment dalle quali, innanzitutto, dipende la scelta della fonte (source) di recruitment (approfondito nel prossimo paragrafo) a cui ricorrere tra tutte quelle possibili (in base infatti a quale di questi fattori il datore dà maggiore priorità viene scelta la fonte che più soddisfa tale criterio). Queste considerazioni sono: quale budget destinare al recruitment (di cui si è parlato al paragrafo 2.2.1); con quale rapidità è necessario riuscire a coprire la posizione aperta (a tal proposito emerge l’importanza di essere sempre pronti (ad es.: avendo una banca dati dei dipendenti aggiornata) per riuscire a coprire rapidamente anche le posizioni che sono rimaste scoperte inaspettatamente e all’improvviso); la
93 necessità o meno di raggiungere un ampio pubblico (alcune posizioni infatti sono più specializzate e quindi più difficili da coprire, perciò, raggiungere un ampio pubblico (ad es.: ricorrendo ad agenzie per l’impiego o mettendo annunci non solo sui giornali locali) può aiutare a trovare il candidato migliore); il livello di exemption della posizione (fa riferimento al fatto che il datore di lavoro sia esente o meno dal pagamento del compenso straordinario). Tuttavia la stessa autrice, sottolinea poi che esistono in realtà anche altri aspetti che l’organizzazione deve comunque considerare, tra i quali per esempio: il livello di aggressività necessario per riuscire a coprire una particolare posizione (spesso dipende dal tempo che si ha a disposizione e porta a scegliere tra l’adozione di un approccio di recruitment proattivo, in cui l’organizzazione si sforza di cercare i potenziali dipendenti, o reattivo, in cui invece aspetta che i candidati si presentino sperando che tra loro ci sia la persona giusta) e la necessità di adottare un approccio mirato rivolto a gruppi specifici (ad es.: giovani, anziani, donne, minoranze, disabili ecc…) per evitare di violare, anche solo inavvertitamente, le disposizioni legali. Tutto ciò in parte è confermato poi anche da Katz (1999) che in modo simile evidenzia come il processo attraverso il quale si cerca di coprire una posizione aperta sia governato da quattro fattori interconnessi – ossia tempo, risorse intese come fondi, qualità necessarie e fonti di recruitment – a cui poi se ne aggiunge un quinto rappresentato dalle disposizioni legali.
Infine anche Barber (1998) propone un elenco molto simile di considerazioni che il processo di recruitment comporta, ossia: prepararsi al recruiting (è davvero necessario? Cosa sta cercando l’organizzazione? Si stanno usando dei criteri di selezione validi? Chi dovrebbe occuparsene?); quale fonte di candidati usare; ricorrere o meno a dei consulenti; considerare l’aspetto legale; come pubblicizzare l’esistenza di una posizioni vacante; quali metodi di candidatura usare; e se focalizzarsi o meno su categorie speciali di candidati.
Tornando ora a considerare la struttura vera e propria del processo, è ampiamente diffusa e accetta l’idea che il recruitment sia un processo composto da più fasi, tuttavia è altrettanto vero che poca attenzione è stata dedicata alla definizione precisa di queste fasi e quindi manca un vero consenso su quale possa essere ritenuta l’esatta suddivisione e sequenza di questo processo (Barber, 1998; Aravamudhan e Krishnaveni, 2015; Melanthiou et al., 2015). Va precisato che, almeno in parte, questo potrebbe essere dovuto anche alla confusione riguardante la definizione stessa del concetto di recruitment che, come già detto nel paragrafo 2.1, spesso viene aggregato a quello di selezione o, come si può dedurre anche da alcune delle proposte circa le fasi che verranno riportate di seguiti, sembra essere addirittura considerato come intero processo di assunzione di un dipendente.
In quest’ultimo caso rientra per esempio la proposta di Lee, che parla del recruitment come di un processo sequenziale step-by-step in cui una fase ha inizio solo quando quella precedente si è conclusa e che, più precisamente, elenca le seguenti fasi iterative: individuazione delle esigenze di assunzione; presentazione e approvazione della job requisition; job posting e presentazione della domanda di lavoro (job application); screening delle candidature e dei curriculum; intervista; screening pre-
94 assunzione; offerta e contratto di lavoro (Lee, 2005; Torres-Coronas e Arias-Oliva, 2005). Lo stesso vale poi anche per Holm (2012) che, parlando, nello specifico, di processo di recruitment tradizionale rivolto ai candidati esterni, lo descrive come un processo lineare che inizia, in genere, con l’individuazione dei candidati necessari e della loro collocazione nel mercato del lavoro, prosegue con le attività volte ad attrarre e a convincere i candidati qualificati a presentarsi, per passare poi alla definizione di una selezione ristretta di candidati attraverso lo screening, e si conclude infine con la comunicazione ai candidati dei risultati di pre-screening (Figura 2.5).
Figura 2.5 Processo tradizionale di recruitment
Fonte: Holm, 2012
Se ora si confrontano questi approcci con la proposta di Elearn (2008) si può notare una cerca coerenza ma allo stesso tempo è anche evidente come una diversa interpretazione del termine recruitment porti ad una individuazione diversa delle fasi. Come già detto al paragrafo 2.1, infatti, Elearn (2008) ha chiaramente distinto il concetto di recruitment da quello di selezione, e pur avendo poi presentato il seguente elenco di undici fasi che compongono il “Recruitment and selection process” e che di fatto descrivono l’intero processo che porta all’assunzione di un nuovo dipendente, è l’autore stesso poi a proporre una divisione di queste fasi tra i vari processi, come si può vedere dalla Figura 2.6:
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Stabilire se il recruitment è necessario: la posizione aperta infatti potrebbe essere coperta anche in altri modi (per esempio tramite riassegnazione od optando per il lavoro flessibile);
Analizzare il lavoro: con la job analysis infatti viene stabilito ciò che è richiesto a chi ricopre una data posizione e quindi contiene le informazioni per capire il lavoro e la persona più adatta a svolgerlo;
Scrivere la job description, o il profilo di competenze, e la person specification: la job description indica lo scopo, le responsabilità e le condizioni del lavoro, mentre il profilo di competenze, quale possibile alternativa, indica le competenze richieste da un ruolo piuttosto che elencare compiti e funzioni. Infine la person specification indica l’insieme di qualità e abilità che meglio si adattano al lavoro;
Decidere quali sono il metodo di candidatura e di selezione più appropriati;
Decidere come attrarre i candidati: si tratta di una scelta cruciale da cui dipende il fatto di riuscire a raggiungere o meno i potenziali candidati;
Presentare il lavoro sul mercato: qualsiasi sia la forma di advertisement scelta è importante assicurarsi che essa sia giusta e rappresentativa sia del lavoro che dell’organizzazione;
Setacciare le candidature e creare una lista ristretta: si tratta di ridurre la quantità di candidati fino ad un numero gestibile ai fini della selezione. Se da un lato infatti un elenco troppo ristretto limita le possibilità di scelta, dall’altro un numero troppo alto causa confusione e perdita di tempo;
Tenere colloqui ed eventi di selezione: si mette in pratica quanto deciso al terzo punto ed è importante che l’evento sia ben gestito, non solo per analizzare meglio la compatibilità tra lavoro e persona, ma anche per dare una buona impressione dell’organizzazione;
Scegliere il candidato a cui fare poi un’offerta;
Raccogliere referenze: in genere sono richieste in caso di offerta condizionata;
Introdurre e formare il nuovo dipendente: un buon inizio aiuta il nuovo dipendente ad essere efficace il prima possibile e stimola la fedeltà e l’impegno aumentando così le probabilità di mantenere le proprie competenze all’interno dell’organizzazione.
96 Figura2.6 Suddivisione delle fasi tra i vari processi
Fonte: Elearn, 2008
Come si può vedere dalla Figura 2.6, questa suddivisione è di fatto coerente con la definizione di recruitment proposta dallo stesso autore in quanto è evidente come gli step specifici di questa parte del processo abbiano proprio lo scopo di trovare e persuadere le persone di cui si ha bisogno a candidarsi per ricoprire una data posizione. Più precisamente:
per quel che riguarda la fase di definizione di come e quali informazioni raccogliere circa i potenziali candidati, le modalità più comuni sono:
o Curriculum vitae: dà l’opportunità ai candidati di dimostrare la propria idoneità per il lavoro ma allo stesso tempo rende più difficile il confronto tra i candidati, inoltre raramente viene preparato nello specifico per il lavoro offerto quindi è probabile che vengano fornite anche informazioni che non hanno alcuna rilevanza.
o Application form: è un metodo semplice che consente di esaminare l’idoneità dei diversi candidati rispetto alla posizione offerta ed in particolare, basandosi esso sulla raccolta di informazioni simili (e ritenute rilevanti) per ogni persona, facilita il confronto tra i candidati riducendo quindi i tempi di selezione, aspetto questo importante specie per i lavori standardizzati in cui è probabile avere un numero elevato di candidati.
A queste, negli ultimi anni, si è aggiunta poi la possibilità, a cui sempre più datori ricorrono, di poter presentare le candidatura online, caso questo di cui si parlerà meglio in seguito.
per quel che riguarda i vari approcci attraverso i quali pubblicizzare la posizione vacante, è importante considerare che lo scopo è riuscire a raggiungere un range di candidati sufficientemente ampio e diversificato che possa soddisfare i criteri di selezione; di fatto si tratta in realtà di un obiettivo piuttosto difficile se si considera la situazione nel mercato del lavoro. Diverse sono le opzioni a cui può ricorrere l’organizzazione tuttavia essa deve considerare che la sua scelta sarà frutto, come già detto, di una serie di fattori quali il budget
97 disponibile, il tempo, il tipo di lavoro che si sta pubblicizzando, la dimensione del pubblico target e se rivolgersi o meno ad un’agenzia specializzata. Ad ogni modo la fase di preparazione ha un ruolo chiave nel decretare o meno il successo del recruitment advertising che deve avvenire nel luogo e momento giusto, contenere le informazioni necessarie e apparire in un modo appropriato. Va precisato infatti che il successo nell’advertisement non si ha nel momento in cui si riceve un gran numero di candidature ma piuttosto va inteso come il fatto di riuscire a catturare l’interesse dei candidati di qualità e a scoraggiare invece quelli non qualificati per la posizione, continuando allo stesso tempo a promuovere l’immagine dell’organizzazione (Compton et al., 2009).
Questo suddivisione, almeno in parte, viene poi confermata anche dalla proposta di Leighton e Proctor (2006) che iniziano descrivendo delle fasi preparatorie di recruitment a cui poi fanno seguito altre fasi che però fanno parte e compongono il processo di selezione. Secondo la sua idea le fasi iniziali di recruitment sono cruciali perché, come già accennato diverse volte, molte delle decisioni che vengono prese in questi momenti non sono revocabili successivamente; nello specifico si tratta di:
Preparare la documentazione: l’organizzazione infatti deve fornire una serie di informazioni ai candidati, tra le quali: informazioni generiche sul datore; la job specification/description; e la
person specification in cui vengono evidenziate le qualifiche, le esperienze e le capacità
necessarie per ricoprire una posizione.
Definire il job advertisement: si tratta di stabilire come e con quale metodo il datore intende pubblicizzare l’esistenza di una posizione aperta e “vendere” l’organizzazione, comunicando dei messaggi distintivi (contenenti le informazioni del primo punto) ai potenziali dipendenti. Gli autori in questo caso sottolinea come questo step in particolare abbia una grande influenza nella formazione del contratto psicologico, delle aspettative e dell’atteggiamento che i candidati sviluppano nei confronti dell’organizzazione, la quale, oltre ad evitare ogni possibile rischio rispetto alla dimensione legale, già da questi primi momenti deve cercare di diventare “il datore da scegliere” (comunicando per esempio un messaggio che venga percepito dal pubblico come veritiero, decoroso, onesto e conforme alla legislazione).
Definire l’application form: come già spiegato precedentemente, si tratta di fare in modo che l’organizzazione ottenga dai candidati un certo range di informazioni, tuttavia, una cosa che gli autori sottolineano, è come, anche in questo in caso, l’organizzazione debba tenere a mente le disposizioni di legge per effetto delle quali chiedere alcune informazioni potrebbe diventare problematico nel momento in cui queste sono irrilevanti rispetto alla posizione per la quale il candidato si presenta o percepite come invadenti (ad es.: condanne precedenti, disabilità, età, stato civile, nazionalità/etnia…).
98 Infine, una delle proposte che spesso viene citata e sembra essere abbastanza accettata è quella di Barber (1998) che suddivide il processo di recruitment in tre fasi individuate in base a come i potenziali dipendenti vengono classificati lungo il processo di recruitment (o di ricerca del lavoro, se si considera il punto di vista del candidato). Più precisamente, la classificazione che Barber usa come punto di partenza va a distinguere tra applicant population (ossia il gruppo da cui l’organizzazione intende reclutare e che dipende dalle scelte di recruitment che essa fa in termini ad esempio di segmento target nel mercato del lavoro o fonte di recruitment usata), applicant pool (ossia l’insieme di individui appartenenti all’applicant population che decidono di presentare domanda per il lavoro) e
selectees (ossia l’insieme di individui appartenenti all’applicant pool a cui è stata fatta un’offerta di
lavoro). Questa classificazione in particolare risulta essere utile nell’individuazione delle fasi del processo di recruitment perché, come si può capire anche da quanto appena riportato, sembra ragionevole pensare che il passaggio di un individuo da una categoria ad un’altra di fatto segni anche il passaggio da una fase a quella successiva. Secondo questa logica quindi, Barber individua in particolare le seguenti fasi, che di fatto sono coerenti con quelli che sono i tre punti che riassumono gli obiettivi di recruitment che sono stati indicati al paragrafo 2.1:
Generare candidati: in questa prima fase, definita anche come extensive research, l’organizzazione si rivolge ad una popolazione (applicant population) per cercare di convincere una parte di essa a candidarsi per una data posizione. In altre parole, si tratta quindi di riuscire ad attrarre e a catturare l’interesse dei potenziali candidati, attraverso una serie di attività e scelte quali la fissazione degli obiettivi di recruitment, la definizione della strategia di comunicazione e la scelta del metodo di recruitment (Gatewood et al., 2015; Schnake, 2016). Va sottolineato poi che questa fase è caratterizzata da una quantità limitata di informazioni a disposizione da entrambi i lati (l’organizzazione infatti non conosce bene i potenziali candidati così come questi non conoscono molto dell’organizzazione e dell’opportunità di lavoro) e da un contatto interpersonale limitato se non addirittura inesistente.
Mantenere lo status di candidato: questa fase, definita anche intensive research, consiste nel cercare di persuadere i candidati a continuare la loro corsa per la posizione. Si tratta quindi di riuscire a mantenere vivo l’interesse del candidato nel periodo di tempo tra la presentazione formale della candidatura e il momento in cui il candidato viene scartato o, al contrario, gli viene fatta un’offerta di lavoro; per questo motivo, in questa fase hanno ruolo cruciale le percezioni che il candidato ha dell’organizzazione (ad esempio rispetto alla giustizia/equità nel trattamento, la velocità e la completezza della comunicazione e la qualità delle interazioni con gli organizational agent) (Gatewood et al., 2015). Durante questa fase sia l’organizzazione che i candidati si concentrano molto sulla raccolta di informazioni più dettagliate, si instaura una relazione e infine l’organizzazione arriva ad una scelta finale.
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Influenzare le scelte di lavoro: durante questa fase l’organizzazione cerca di convincere il candidato scelto (selectee) ad accettare l’offerta di lavoro e a diventare un nuovo assunto. Questa fase quindi dipende da due decisioni del candidato, ossia se proporsi all’organizzazione e se accettare (rinunciando così alle opportunità alternative) o meno l’offerta di lavoro, a cui poi si aggiunge un’ulteriore elemento di complessità legato all’incertezza che ha il candidato circa il fatto che gli venga o meno fatta un’offerta (Gatewood et al., 2015).
In realtà, con riferimento a quest’ultima suddivisione, va precisato che sembra che la maggior parte degli sforzi dell’organizzazione si concentrino soprattutto nelle prime due fasi in quanto si presume che, arrivati al terzo step, il candidato abbia raccolto un insieme di informazione sul lavoro e sull’organizzazione piuttosto consistente, abbia raggiunto un certo livello di coinvolgimento e abbia fatto parte del processo abbastanza a lungo da far sapere quali sono le sue decisioni di job choice, senza contare poi il fatto che, per i candidati che finora non sono stati persuasi a candidarsi o a continuare la loro corsa per la posizione, probabilmente gli sforzi della terza fase sarebbero vani (Uggerslev et al., 2012).
Alla luce di quanto detto in questo paragrafo è evidente quindi che, come già detto all’inizio, manca ancora una chiara individuazione delle fasi di recruitment che sia ampiamente condivisa e in parte questo dipende dalla diversa interpretazione che viene data al termine stesso di recruitment. Nonostante questo, confrontando le diverse proposte, in alcuni casi sembrano essere presenti anche degli elementi simili; in particolare, uno degli elementi che sembra essere comune a molte proposte e che risulta avere un ruolo piuttosto importante è rappresentato dalla scelta della fonte o metodo che l’organizzazione decide di utilizzare per pubblicizzare la posizione vacante e creare così un contatto con i potenziali candidati. Questo aspetto in particolare verrà approfondito nel prossimo paragrafo.