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Capitolo 3 – La Gamification applicata al Recruitment

3.2 Metodo di analis

La gamification, come detto nel primo capitolo, è un concetto che seppur non nuovo, ha iniziato a diffondersi in modo consistente solo in anni recenti. Diversi sono quindi oggi i libri, i blog e gli articoli che esperti e ricercatori hanno dedicato all’argomento ed in particolare alle sue possibili applicazioni ai processi di business, portando poi spesso esempi concreti di aziende che hanno deciso di dare fiducia a questa nuova opportunità proprio a testimonianza del potenziale che gli viene riconosciuto. È a partire proprio da questo insieme di casi citati in letteratura che sono stati selezionati quelli presi in esame all’interno di questo capitolo.

Più precisamente, uno dei primi, se non addirittura il primo in assoluto, caso di gamification applicata al recruitment risale, come già detto nel primo capitolo, al 2002 quando l’U.S. Army

125 pubblicò America’s army, una piattaforma di gioco usata come strumento per attrarre nuove reclute e dare loro la possibilità di esplorare virtualmente la vita nell’esercito e capire se questa fosse davvero di loro interesse (Wheeler, 2010; Jeffery, 2011a; Herger, 2013; Gangadharbatla e Davis, 2015; Maycotte, 2015; Growth Engineering, 2016a; Tansley et al., 2016; Resourcesolutions.com, 2016). In seguito sono state diverse poi le organizzazioni che hanno deciso di adottare un approccio simile di gamificazione del recruitment, tra le quali, spesso vengono citati i casi di Plantville di Siemens, My Marriot Hotel di Marriot International Inc. e Brandstorme e Reveal, entrambi di L’Oreal (Kaushik, 2013; Zichermann e Linder, 2013;Tansley et al., 2016).

In tutti questi casi si tratta di forme di gamificazione che prevedono la creazione di ambienti che ricordano quelli dell’organizzazione in cui il candidato-giocatore viene chiamato a ricoprire virtualmente un certo incarico (ad esempio un manager nel caso di Plantville e L’Oreal e un gestore di una cucina nel caso di My Marriot Hotel) (Mohl, 2014; Chow, 2014; Zielinski, 2015). In altre parole quindi si tratta di un approccio che si basa di fatto sul concetto di simulazione dell’ambiente e del lavoro e, in quanto tale, da un lato, consente al candidato di avvicinarsi ad una professione e/o ad un’organizzazione che magari non aveva mai preso in considerazione, o viceversa di verificare se quella carriera è davvero di suo interesse come credeva, oltre ad iniziare una prima sorta di formazione circa il ruolo e l’organizzazione stessa (in termini per esempio di obiettivi e valori) grazie all’esperienza fatta, mentre dall’altro, dà modo all’organizzazione di sviluppare in modo positivo la propria immagine, di vedere il candidato all’opera (cosa questa che tornerà utile poi in fase di valutazione e selezione), di comunicare con lui e dare inizio ad una prima forma di preparazione, in quanto attraverso il gioco il candidato può modificare ed allineare il proprio comportamento (Wheeler, 2010; Jeffery, 2011a.; Zichermann e Linder, 2013; Herger, 2013; Sullivan, 2014; Shergill, 2014; Chow, 2014; Smith, 2014; Nikolaou e Oostrom, 2015; Frith, 2015; Zielinski, 2015; Recruiterbox.coM, 2015; Tansley et al., 2016; Fenyvesi, 2016; Vollmer, 2016). Allo stesso tempo, però, è doveroso considerare che, nonostante tutti questi elementi a favore, questa tipologia di approccio ha sollevato anche una serie di critiche e punti di domanda riguardanti per esempio: la possibilità che vengano fornite di fatto poche informazioni sull’organizzazione se non addirittura la possibilità che l’esperienza di gioco risulti di fatto ingannevole rispetto a quella che è invece la realtà aziendale; la possibilità che coloro che sono abituali giocatori (ad es.: giovani, in particolare i maschi) siano di fatto avvantaggiati perché esperti di videogame piuttosto che per le loro reali capacità nel ricoprire una data posizione; ed infine la possibilità che il comportamento del candidato-giocatore non sia affatto indicativo del suo comportamento in una situazione di vita reale se non altro in virtù del fatto che spesso i giocatori adottano una logica di gioco e si pongono obiettivi che normalmente non prenderebbero nella vita di tutti i giorni (Starner, 2014; Riley, 2015; Woźniak, 2015; Gangadharbatla e Davis, 2015). Infine, va precisato anche che si tratta di casi che di fatto hanno l’apparenza di veri giochi e probabilmente è anche per questo motivo che talvolta se ne è parlato in termini di serious game, confermando perciò

126 ancora una volta che, come già spiegato nel paragrafo 1.4, nonostante i due concetti (serious game e gamification) siano considerati in letteratura come distinti, in realtà nelle applicazioni concrete il confine risulta essere davvero molto sfocato e perciò può essere davvero molto difficile stabilire con sicurezza in quale categoria rientra uno specifico caso.

Alla luce di quanto appena detto, nel corso di questo capitolo si è deciso perciò di prendere in considerazione un approccio di gamificazione del recruitment un po’ diverso; in particolare verranno trattati i seguenti casi empirici: “Knack”, “Employerland”, “Generali job talent” (di Generali Italia), “Inner Island” (di MSC crociere), “Firefly freedom” (e in generale le applicazioni sviluppate da Arctic shores) e “Will you fit into Deloitte?” (entrambi di Deloitte).

Più precisamente, si tratta di casi che, pur essendo anch’essi basati sull’uso della tecnologia e di Internet (elemento in questo caso ritenuto fondamentale per poter fare poi un confronto con l’e- recruitment e rispondere così alla domanda su cui si basa questa ricerca), si distinguono dai quelli precedentemente citati in quanto, come si vedrà, non sono basati su una logica di pura simulazione. Essi piuttosto si basano su prove e test attraverso i quali studiare il comportamento e le decisioni di gioco dei candidati-giocatori per acquisire informazioni oggettive su di loro, sulle loro competenze, sulle loro potenzialità e attitudini, anche in termini di tratti, caratteristiche e capacità altrimenti difficilmente verificabili che li contraddistinguono in un dato momento (in alcuni casi, in modo simile e coerente alla logica usata nei psychometric assessment). In tal senso, perciò, questi strumenti non solo aiutano nell’attrarre diversi candidati, grazie appunto all’appeal che la gamification è in grado di esercitare, ma anche nel fare già una sorta di pre-selezione, individuando i top performer o comunque coloro che presentano il profilo più adeguato alla posizione aperta (e che pertanto accederanno agli step successivi di selezione), snellendo e velocizzando così di fatto l’intero processo di assunzione. Va sottolineato infatti che uno degli aspetti forse più interessante di questa tipologia di approccio, in particolare, è che si basa sull’uso di algoritmi che, attraverso gli elementi di gioco, riescono ad attrarre e coinvolgere un ampio pubblico, il quale viene chiamato a rispondere a delle sfide in modo naturale e spontaneo così che i dati e le informazioni raccolte sui singoli candidati siano utilizzabili poi per condurre una prima selezione che, in tal modo, sembra poter essere considerata più oggettiva e scientifica e non discrezionale o soggetta a manipolazioni (Gatti, 2014; Cozzi, 2015).

In particolare per ogni caso verrà seguito il seguente modello di presentazione:

 Chi è l’organizzazione che ha ideato o che utilizza lo strumento e quando tutto ciò ha avuto inizio;

 In cosa consiste e come funziona lo strumento. In questa parte più precisamente verranno date informazioni quali la descrizione dello strumento, come funziona e qual è la logica su cui si basa, sottolineando anche quali degli elementi di gioco di cui si è parlato nel primo capitolo vengono utilizzati dallo strumento stesso;

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 Cosa offre lo strumento sia all’organizzazione che ai candidati che decidono di utilizzarlo. Se da un lato infatti si cercherà di capire come esso riesca in qualche modo a facilitare il processo di recruitment per l’organizzazione, dall’altro è interessante capire anche se e cosa lo strumento offre ai job seeker in modo da stimolarli ed incentivarli ad usufruire del servizio;

 Considerazioni, riflessioni e commenti finali sullo strumento e sulla presenza di eventuali punti di particolare interesse o, viceversa, punti che potrebbero in qualche modo sollevare dei dubbi. A tal proposito è importante tenere a mente quanto detto nei capitoli precedenti, ed in particolare nel secondo capitolo, perché è proprio in base al contenuto di questi che per ogni caso empirico verranno appunto evidenziati alcuni aspetti, sulla base dei quali poi si cercherà di dare una risposta alla domanda su cui si basa questa ricerca

3.3 Casi empirici