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dell’Emilia-Romagna e sulla domanda di policy

Nel documento Rapporto 2008 (.pdf 10,0mb) (pagine 44-59)

Premessa

Il Rapporto MET 2008 ha visto la realizzazione di importanti approfondimenti regionali tra cui quello dell’Emilia-Romagna, realizzato in accordo con la Regione.

L’analisi riguardante l’Emilia-Romagna è stata realizzata, in linea con tutte le altre, principalmente sulla base di una rilevazione diretta su un campione significativo di oltre 3000 imprese con informazioni molto aggiornate.

Dall’analisi emerge chiaramente che l’Emilia-Romagna continua a caratterizzarsi come una regione costituente un grande polo manifatturiero con significative capacità di tenuta e di traino del resto dell’economia. Segni di una tenuta del settore industriale della regione si colgono raffrontando la dinamica del valore aggiunto industriale con quella mostrata dall’Italia nel suo complesso, risultandone sistematicamente superiore sia nell’ultimo decennio che nel periodo tra gli anni ottanta e la prima metà degli anni novanta. Anche il livello di spesa in ricerca e sviluppo (soprattutto delle imprese) è aumentato significativamente ed è salito, anche se di poco, sopra il livello nazionale, ma naturalmente resta lontano dalle regioni più dinamiche del Nord Europa.

La competitività e il dinamismo dei sistemi industriali, in particolare in realtà economiche che attraversano fasi di stasi della domanda interna, come è il caso dell’Italia nel suo complesso, vengono letti in larga misura attraverso il successo sui mercati esteri. La performance dell’Emilia-Romagna sui mercati esteri si mantiene, anche negli anni più recenti, superiore a quella dell’Italia nel suo complesso, segnalando di nuovo la competitività delle produzioni manifatturiere e il loro grado di innovazione e specializzazione.

La recente congiuntura economica dell’Emilia-Romagna unitamente a un quadro delle tendenze di lungo periodo dell’economia regionale consente, infatti, di collocare la lettura delle politiche per le imprese dell’Emilia-Romagna in un contesto di crescita e di competitività utile a comprendere alcuni caratteri di fondo del sistema produttivo.

Il PIL pro capite dell’Emilia-Romagna risulta crescere in misura quasi stabilmente superiore alla media nazionale. Le tendenze di medio periodo, relative agli anni 2005-2007, confermano per l’Emilia-Romagna un tasso di crescita medio del PIL (+2,2%) più sostenuto rispetto a quello del Nord Est (+2%) e dell’Italia (+1,6), in presenza di un ulteriore ampliamento del divario tra il Centro-Nord ed il Mezzogiorno, con un differenziale del tasso di crescita medio annuo tra le due aree dello 0,8% per cento. A fronte di un progressivo rallentamento dell’economia italiana, che sconta un abbassamento del tasso di sviluppo potenziale, il livello di attività economica della regione negli ultimi venti anni è potuto aumentare ad un ritmo più sostenuto grazie ad un innalzamento del saggio di crescita potenziale, salito, a partire dagli anni Novanta, dall’1,5 all’1,8%.

Nonostante la crescita demografica della regione si mantenga superiore a quella del resto d’Italia da oltre un decennio, per il quarto anno consecutivo si registra una dinamica positiva di questo indice. Il livello stimato per il 2007 è stato pari al 123,8% del PIL per abitante dell’Italia. L’occupazione (misurata in termini di unità di lavoro standard) in rapporto alla popolazione residente nel 2007 è risultata il 121,2% del dato medio nazionale, a prosecuzione di una tendenza crescente iniziata nel 2004. Il PIL per unità di lavoro, seppur superiore al dato medio italiano, lo scorso anno ha mostrato un ulteriore ripiegamento, attestandosi a quota 102,1.

Il confronto degli andamenti di lungo periodo dell’Emilia-Romagna con quelli del Nord Est e dell’Italia mette in luce una sostanziale robustezza del comparto industriale della regione. Ad una crescita media annua del PIL e degli investimenti fissi lordi in linea con il dato medio nazionale, si accompagnano tassi di incremento medi annui del valore aggiunto industriale (+0,8%) superiori di circa mezzo punto percentuale rispetto al dato medio dell’Italia. Tale risultato appare l’effetto di una progressiva rimodulazione della struttura industriale della regione, che ha portato al rafforzamento della filiera meccanica, e ad una

crescita della chimica e di alcune produzioni di alta tecnologia, contestualmente ai processi di ristrutturazione che hanno subito alcuni settori più tradizionali e comunque fortemente radicati (alimentare, lavorazione dei minerali non metalliferi, prodotti in metallo, sistema moda).

La performance differenziale maggiore dell’Emilia-Romagna negli ultimi anni si registra soprattutto dal lato delle esportazioni. Negli ultimi dieci anni, la Regione ha acquisito quasi due punti percentuali di quota sull’export nazionale arrivando al 13,1% a settembre 2008 e superando, dopo il Piemonte, anche il Veneto in valore assoluto.

Il modello di esportazione regionale si colloca in un contesto di specializzazione settoriale particolarmente evidente sui comparti della meccanica, della meccanica elettrica e dell’elettronica. La regione che in questi ambiti detiene la specializzazione più stabile negli anni è l’Emilia-Romagna (senza interruzioni dal 1996) che acquisisce quote crescenti nel tempo. Risultati diversi invece per il Friuli Venezia Giulia che riacquista la specializzazione nel 2007, dopo la forte diminuzione del 1996 e del 2000.

Appena sotto la soglia di specializzazione ma sempre sopra la media nazionale si collocano le Marche, la Liguria e la Lombardia.

Analizzando invece le componenti determinanti della variazione dell’export, e facendo riferimento anche ai sottoperiodi 1996-2000 e 2000-2004, si evidenzia, nel contesto italiano un gruppo di regioni

“virtuose” in cui si sono rilevati effetti di competitività sempre crescenti, alleviando, o addirittura ribaltando congiunture sfavorevoli nella specializzazione merceologica o geografica.

Tab.1.2.1. Esportazioni. Variazione delle quote regionali (regioni “dinamiche”) ed effetto competitività per sottoperiodo

1996-2000 2000-2004 2004-2007

L’Emilia Romagna è la “capofila” di queste regioni (in particolar modo nel tessile, meccanica e mezzi di trasporto), seguita dalle Marche (che in questo modo ha contrastato gli andamenti negativi registrati dal tradizionale settore delle calzature), dall’Umbria e dalla Basilicata, (automobili in particolare) l’unica regione meridionale a non aver mai arrestato quel processo di accrescimento delle quote e miglioramento della competitività che ha interessato il Mezzogiorno nella metà degli anni novanta.

Le questioni rilevanti cui cercare di dare delle risposte sono da cercarsi, da un lato, nella struttura delle imprese e nelle loro peculiarità e, dall'altro, nelle azioni di policy che si sono registrate.

Riportiamo ora gli esiti dell’indagine diretta, per verificare, quali comportamenti vi sono alla base di questi risultati e quali sono le condizioni di partenza per affrontare il difficile periodo che attende l’economia regionale.

Struttura e domanda delle imprese dell’Emilia-Romagna: l’indagine diretta

L'indagine è stata svolta su 3022 imprese del settore industriale in Emilia-Romagna, all'interno di un campione nazionale composto da circa 25.000 casi, nel periodo (maggio-settembre 2008) immediatamente precedente l'aggravarsi della crisi sui mercati finanziari: pur riferendosi a una fase di diffusa difficoltà e di rallentamento sensibile del ciclo economico, non è stata influenzata da distorsioni legate ad alcuni fenomeni di vero e proprio panico o dal diffondersi di un quadro uniformemente drammatico. Naturalmente ciò significa che le indicazioni sul piano strutturale e delle problematiche aziendali appaiono relativamente più attendibili e meno distorte di quanto si sarebbe registrato effettuando l'indagine negli ultimi due mesi del 2008, mentre le previsioni sulle tendenze per il futuro a breve termine sono sicuramente più ottimistiche di ciò che presumibilmente potrà verificarsi sui mercati.

L’essenza dell’analisi è fondata sullo studio delle caratteristiche evolutive delle imprese, delle loro esigenze, dei problemi rilevabili e della percezione che gli stessi imprenditori hanno delle loro debolezze.

La rilevazione diretta ha utilizzato un questionario diviso in sezioni dove vengono evidenziate, oltre alle caratteristiche strutturali del sistema produttivo, anche i dettagli relativi alle dinamiche che hanno caratterizzato negli ultimi anni le attività di internazionalizzazione e quelle relative ai processi innovativi e

di ricerca e sviluppo. Infine un’ampia finestra viene fornita sulla domanda di sostegno pubblico espressa dalle imprese stesse e dalle esigenze “esterne” che loro individuano.

Dinamiche occupazionali

Un primo quadro descrittivo è quello relativo all’andamento dell’occupazione. Per circa il 90% delle imprese, in Emilia-Romagna il numero di addetti è rimasto stabile nell’ultimo triennio, mentre per solo il circa 6% l’occupazione è in qualche modo aumentata (la restante quota registra diminuzioni), valori abbastanza in linea con la media nazionale (che fa registrare percentuali rispettivamente pari all’87% ed al 7% circa), a testimonianza che l’andamento dell’occupazione delle imprese ha registrato dinamiche piuttosto contenute nell’ultimo periodo. Le previsioni per il 2008-10 sembrano confermare una situazione di sostanziale stabilità con poco più del 90% delle imprese che dichiara di non prevedere variazioni di personale, a fronte di un dato nazionale pari a circa l’89%. Si rileva, in particolare, come le imprese che si attendono una diminuzione di addetti per il prossimo triennio siano sostanzialmente minori rispetto alla media nazionale (1,5% in Emilia-Romagna a fronte del 4,5% della media italiana).

Passando ad analizzare la dinamica occupazionale sotto il profilo dimensionale, è possibile rilevare fenomeni particolari soprattutto in relazione alle piccole, medie e grandi imprese, classi dimensionali che hanno tutte fatto registrare percentuali di diminuzione di occupazione per il triennio 2005-2007 molto inferiori a quelle medie nazionali (con variazioni comprese tra il -40 e -60%). In Emilia-Romagna, in particolare, solo il 7% circa delle grandi imprese hanno dichiarato una diminuzione di addetti nell’ultimo triennio, contro il quasi 18% medio nazionale (-59% circa).

Altro dato particolarmente positivo si rileva con riferimento alle piccole imprese della regione, unica classe dimensionale che ha fatto registrare aumenti di occupazione nel 2005-2007 secondo percentuali maggiori della media nazionale (27% circa a fronte del 21% della media italiana).

Con riferimento, infine, alle previsioni 2008-2010, si rileva come il relativo minor pessimismo in merito alle attese di diminuzione di occupazione sia trasversale a tutte le classi dimensionali, con valori particolarmente positivi per le micro (l’1% delle imprese appartenenti a tale classe dimensionale si attendono una diminuzione di addetti nella regione per il triennio successivo, a fronte del 3,7% della media nazionale, -73%) e le grandi imprese (5,9% in Emilia-Romagna contro il 16% in Italia, -63%), ma comunque sensibilmente migliori anche per le piccole (6,4% nella regione contro il 14,1% a livello nazionale, -55%) e le medie imprese (6,6% contro 10,7%, -38%). Le piccole imprese confermano un relativo lieve maggiore ottimismo anche con riferimento alle previsioni di aumento di addetti per il 2008-2010, indicate dal 16% circa delle imprese della regione (contro il 15% circa a livello Italia).

Il 70 % dei lavoratori dell’Emilia-Romagna risulta impiegato nella funzione di produzione, il 10,6% nelle funzioni dirigenziali amministrative, il 13,9% in quelle commerciali, infine il 3,8% in attività di ricerca e progettazione, con pesi leggermente diversi, rispetto alla media nazionale, a favore delle funzioni commerciali e di quelle di ricerca e progettazione (circa +20% rispetto al peso nazionale per entrambe) e a danno soprattutto delle amministrative e dirigenziali (meno 7% circa).

Fatturato e mercato

Anche con riferimento all’andamento del fatturato si rileva uno spostamento delle attese delle imprese, passando dal giudizio nei confronti dell’ultimo triennio alle previsioni per il 2008-2010, verso una sostanziale stabilità (dal 61% all’88% circa), con una minore incidenza di imprese che si attendono diminuzioni o aumenti di fatturato, e con valori in generale leggermente peggiorativi rispetto alla media nazionale per il triennio passato e maggiormente orientati alla stabilità come previsioni per il 2008-2010.

Il mercato di riferimento in Emilia-Romagna risulta decisamente più ampio rispetto a quanto si registra per la media nazionale, con concentrazioni molto minori per l’area di localizzazione in cui le imprese operano (una media del 30,6% della produzione trova sbocco in questo mercato, a fronte di un 53,8%

medio nazionale), e comparativamente maggiori per il resto della regione (27,7% in Emilia-Romagna contro il 26,1% medio nazionale) e soprattutto per le altre regioni italiane (circa 30% in Emilia-Romagna contro quasi il 16% medio nazionale), gli altri paesi dell’UE (8,0% regionale contro il 3,2% nazionale) e per i paesi extra-UE (3,9% in Emilia-Romagna contro l’1,2% medio nazionale). È da notare che rispetto alla media nazionale (4,4%) è in numero nettamente superiore la quota relativa ai mercati esteri in Emilia-Romagna rispetto alla media italiana (11,8%).

Con riferimento poi all’andamento delle esportazioni nell’ultimo triennio, si registra in Emilia-Romagna una situazione comparativamente migliorativa rispetto alla media nazionale, con valori abbastanza superiori per le imprese che hanno dichiarato incrementi (circa il 36% in Emilia-Romagna contro il 30%

circa medio nazionale), ma minori per quelle che hanno dichiarato un andamento sostanzialmente stabile (46,8% in Emilia-Romagna contro il 55,2% medio nazionale) e solo lievemente superiori per quelle che hanno invece dichiarato diminuzioni (17,6% in Emilia-Romagna contro il 14,7% della media nazionale), in particolar modo tra le micro-imprese (con un’incidenza delle imprese che hanno dichiarato diminuzioni pari al 18,8% in Emilia-Romagna a fronte di un 16,2% a livello Italia).

Le previsioni per il triennio futuro delle imprese della regione con riferimento alle esportazioni sembrano confermare tale situazione comparativamente migliorativa rispetto alla media nazionale, con valori solo leggermente inferiori in Emilia-Romagna con riferimento alle previsioni di aumento (circa 28%

in Emilia-Romagna contro il 30% medio nazionale), molto superiori per le imprese che si attendono una sostanziale stabilità dell’export (circa 65% nella regione contro il 55% medio nazionale) e decisamente inferiori per quelle che prevedono diminuzioni (circa 7% in Emilia-Romagna contro il circa 15% medio dell’Italia). Si nota, comunque, una maggiore prudenza nelle aspettative delle imprese in Emilia-Romagna rispetto all’apprezzamento in merito all’andamento delle esportazioni nell’ultimo triennio.

Investimenti e finanza

Con riferimento alla dinamica degli investimenti, poco meno del 50% delle imprese dichiara di aver effettuato investimenti nell’ultimo triennio, a fronte del 34,7% del dato italiano. Come era facile attendersi, peraltro, si tratta di una grandezza fortemente crescente al crescere della dimensione delle imprese, sia in Emilia-Romagna che a livello nazionale: la realizzazione di investimenti nell’ultimo triennio ha interessato in Emilia-Romagna quasi il 50% delle microimprese (33% il dato italiano), ma oltre il 70%

delle grandi imprese (circa i due terzi a livello nazionale). Per circa il 75% delle imprese regionali poi, questo flusso di investimenti rimarrà stabile anche per il triennio futuro (circa 70% il dato medio nazionale), il 20,9% sostiene che aumenteranno (a fronte di un circa 20% a livello nazionale), mentre solo il 3,8% pensa che diminuiranno (circa 11% il dato nazionale). L’ulteriore analisi dei dati per classe dimensionale evidenzia poi fenomeni di particolare rilievo con riferimento solo ad una relativa minore involuzione attesa per le microimprese della regione (solo il 3% delle microimprese dell’Emilia-Romagna prevede di diminuire gli investimenti per il 2008-2010, a fronte di un valore nazionale pari a poco più dell’11%).

Circa la metà delle imprese, sia in Emilia-Romagna che in Italia, utilizza forme di autofinanziamento per implementare i nuovi investimenti, e il ricorso all’indebitamento si attesta nella regione sul 47% circa (circa 43% il dato nazionale) con incidenze particolarmente elevate per l’indebitamento a medio-lungo termine (diverso dal leasing) come fonte di copertura degli investimenti (indicato dal 14,4% delle imprese regionali a fronte del 12% circa medio nazionale, con una variazione del 23% circa).

La prospettiva di un mercato non favorevole è la motivazione indicata maggiormente da parte delle imprese dell’Emilia-Romagna come ostacolo alla realizzazione di nuovi investimenti (34%, con un dato alquanto inferiore rispetto alla media nazionale, pari al 42% circa), seguita dai costi elevati per le risorse energetiche (indicata dal 13% circa delle imprese) e dalle difficoltà di accesso al credito (11% circa). Le altre motivazioni addotte risultano indicate da percentuali di imprese costantemente inferiori rispetto alle analoghe medie nazionali, ad eccezione della carenza di risorse umane qualificate, indicata dal 9,1%

delle imprese regionali (8,6% il dato nazionale). E’ anche da notare come, rispetto alla media nazionale (13,6%) una percentuale relativamente minore di imprese in Emilia-Romagna (10,4%) ha indicato l’esistenza di programmi di investimento economicamente vantaggiosi che non è stato possibile avviare per mancanza di risorse.

Con riferimento agli obiettivi cui sono stati destinati gli investimenti, il quadro regionale è nel complesso simile alla media nazionale, con una prevalenza assoluta di investimenti diretti al miglioramento della qualità dei prodotti (circa 58%) ed all’aumento della capacità produttiva (indicata dal 62% circa delle imprese regionali, con un valore superiore di quasi il 20% all’analogo valore a livello nazionale). Una percentuale minore, ma comunque più alta rispetto alla media nazionale, indica poi come obiettivi per gli investimenti l’aumento dell’efficienza e la riduzione dei costi (circa 29% regionale contro il circa 25%

dell’Italia nel suo complesso) e la realizzazione di nuovi prodotti (19,0% contro il 15,8% medio nazionale).

Strutture aziendali

La percezione delle debolezze aziendali presenta un quadro in parte atteso, ma con spunti di interesse: circa il 36% delle imprese considera da rafforzare l'area del marketing, il 30% l’area finanziaria e il 24% vede il punto di debolezza nelle risorse umane. Il dato italiano relativo a questi tre aspetti è sostanzialmente simile (ma di intensità sempre minore) e pari, rispettivamente, a circa il 31%, il 26% ed il 21%.

Con riferimento alle azioni da intraprendere per rafforzare la propria attività, il quadro che emerge per l’Emilia-Romagna risulta leggermente dissimile da quello medio nazionale: circa il 33% dichiara di preferire la formazione interna del personale (contro il 23% medio nazionale), mentre circa il 26,4% ha indicato tra le azioni di rafforzamento più utili l’assunzione di nuovo personale qualificato (contro il 25,5%

del dato italiano). Il gap tra rafforzamento attraverso risorse esterne versus risorse umane interne è di segno inverso rispetto alla media nazionale (-6,1% contro 2,5%), suggerendo che le strategie occupazionali non sono viste in Emilia-Romagna come un particolare strumento di potenziamento dell’attività economica.

Vantaggi competitivi e strategie

Spostandoci sui vantaggi competitivi “percepiti dalle imprese”, la qualità del lavoro impiegato (58,5%) e un’organizzazione molto efficiente (45,0%) sembrano essere i fattori fondanti più rilevanti dei vantaggi identificati dalle imprese in Emilia-Romagna (con valori in linea o solo leggermente superiori alla media nazionale), seguiti dalla personalizzazione del prodotto rispetto alle esigenze del cliente (circa 27%), dalla disponibilità di prodotti/servizi innovativi (24% circa) e dall’adozione di tecnologia ed impiantistica moderna (circa 23%). I fattori percepiti come relativamente meno rilevanti riguardano il networking e in particolare la presenza di una rete distributiva adeguata (13,3%) e i collegamenti sia commerciali che produttivi con le altre imprese (15,3%), mentre gli altri vantaggi competitivi citati (localizzazione in un territorio che determina economie produttive, vicinanza ai mercati di sbocco, disponibilità di know-how superiore rispetto agli altri produttori) incidono per percentuali comprese tra il 16% ed il 18% circa.

I dati in merito alle strategie adottate dalle imprese per fare fronte alle difficoltà di mercato sembrano suggerire un quadro non particolarmente dinamico: l’azione maggiormente indicata riguarda infatti la riduzione dei costi (per circa il 55% delle imprese, dato leggermente superiore a quello nazionale), mentre molte delle strategie maggiormente reattive e con maggiore potenzialità di slancio (azioni commerciali per nuovi mercati, alleanze tra imprese, nuovi investimenti per migliorare l’efficienza, etc.) risultano indicate tra le scelte aziendali in misura sostanzialmente in linea con quanto avviene a livello nazionale. Particolari differenze si rilevano solo con riferimento all’intensificazione dell’attività di R&S, che viene indicata dal 2,3% delle imprese regionali a fronte del 2,8% nazionale (ma la notevole variazione relativa rispetto a tale indicazione — -17,6% — può anche dipendere dai già buoni risultati ottenuti dall’attività di R&S posta in atto dalle imprese dell’Emilia-Romagna – cfr. oltre), e al trasferimento all’estero della produzione, che viene indicato dallo 0,9% delle imprese regionali, a fronte di un valore medio nazionale dello 0,6% circa (+37%).

Strategie di innovazione e ricerca

I risultati che emergono dall’analisi delle attività di R&S e di quella innovativa in Emilia-Romagna indicano un quadro alquanto variegato, se confrontato con la media nazionale.

Da un lato, infatti, le imprese della regione hanno dichiarato una spesa media sostenuta per attività di R&S nel 2007 inferiore alla media nazionale.

Dall’altro, le imprese della regione dichiarano di avere introdotto nell’ultimo triennio innovazioni secondo percentuali tutte superiori rispetto alla media nazionale: il 16,9% delle imprese dell’Emilia-Romagna dichiara di aver introdotto innovazioni di prodotto principali (contro il 15,8% del dato nazionale) ed il 16,7% innovazioni di prodotto secondarie (contro il 13,8% nazionale). Per le innovazioni di processo il gap è analogo, e di dimensione anche leggermente superiore: il 12,7% e l’11,3,0% delle imprese della regione hanno rispettivamente introdotto innovazioni di processo principali e secondarie, a fronte di valori medi nazionali rispettivamente pari all’11,4% ed all’8,8%. Infine, sono circa il 17,0% quelle che dichiarano

di aver implementato innovazioni organizzative o gestionali a fronte di un 63% circa che non ha introdotto nessun tipo di innovazione (i valori nazionali sono rispettivamente pari a circa il 14% ed a circa il 69%).

Dai dati a disposizione sembra quindi che l’Emilia-Romagna sia caratterizzata da pattern innovativi più efficaci rispetto a quelli che emergono dal resto del sistema economico nazionale.

Prendendo in considerazione anche la classe dimensionale, si rileva come la percentuale di imprese che dichiara di avere introdotto innovazioni in linea di massima cresce al crescere della classe dimensionale sia in Emilia-Romagna che in Italia per tutte le categorie esaminate, risultato del tutto coerente se analizziamo con riferimento a tale parametro anche l’entità media della spesa in attività di R&S espressa in percentuale sul fatturato, ma calcolata in questo caso facendo riferimento all’insieme delle imprese della regione e non solo a quelle che hanno effettivamente svolto attività di ricerca: il

Prendendo in considerazione anche la classe dimensionale, si rileva come la percentuale di imprese che dichiara di avere introdotto innovazioni in linea di massima cresce al crescere della classe dimensionale sia in Emilia-Romagna che in Italia per tutte le categorie esaminate, risultato del tutto coerente se analizziamo con riferimento a tale parametro anche l’entità media della spesa in attività di R&S espressa in percentuale sul fatturato, ma calcolata in questo caso facendo riferimento all’insieme delle imprese della regione e non solo a quelle che hanno effettivamente svolto attività di ricerca: il

Nel documento Rapporto 2008 (.pdf 10,0mb) (pagine 44-59)