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L’imprenditoria femminile

Nel documento Rapporto 2008 (.pdf 10,0mb) (pagine 118-123)

traiettorie di sviluppo e processi di valorizzazione 1

SETTORE ATECO

3.2. Demografia delle imprese

3.2.5 L’imprenditoria femminile

L’imprenditoria femminile, regolata dalla Legge nazionale 215 del 1992 denominata “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”, prevede agevolazioni per le imprese “in rosa”, sia da avviare che già esistenti, oltre a varie iniziative. A poterne beneficiare sono le imprese a gestione prevalentemente femminile, che può essere maggioritaria, forte oppure esclusiva. In Emilia-Romagna non mancano le iniziative a favore dell’imprenditoria femminile. Tra le più recenti, previste dal programma regionale per l’imprenditoria femminile legge 215/92 sesto bando, si segnala la partecipazione delle imprese femminili a R2B, rassegna dedicata all'incontro tra impresa e ricerca tenuta a Bologna il 5-6 giugno scorso, con numerose iniziative espositive, politiche ed editoriali (Workshop “Women in Innovation). In ambito camerale, è da segnalare l’iniziativa varata dalla Camera di commercio di Ferrara, in collaborazione con il Comitato provinciale per la promozione dell'imprenditoria femminile, allo scopo di premiare le imprese femminili più innovative, con domande che potranno essere inoltrate dallo scorso 3 novembre al 28 febbraio 2009. Sul piano del sostegno alle imprese femminili, la Regione Emilia-Romagna ha varato bandi durante la scorsa estate, che stabiliscono criteri di priorità per le imprese femminili nel sostenere i progetti di introduzione di ICT nelle PMI e creazione di reti di imprese, per l'innovazione tecnologica e organizzativa nelle PMI. Altre

iniziative promosse dalla Regione Emilia-Romagna, con una particolare attenzione all’imprenditoria femminile, hanno riguardato finanziamenti di progetti innovativi nel campo delle tecnologie energetico-ambientale, oltre a incentivi per investimenti in efficienza, risparmio energetico e uso di fonti rinnovabili.

Fig. 3.2.5.1 Percentuale di imprese femminili sul totale. Periodo giugno 2008.

20,5

Fonte: elaborazione Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su dati Infocamere (Stockview).

I dati sull’imprenditoria femminile sono disponibili in forma articolata dal 2003.

A fine giugno 2008 sono risultate attive in Emilia-Romagna poco più di 88.000 imprese femminili, vale a dire l’1,6 per cento in più rispetto all’analogo periodo del 2007 (+1,5 per cento in Italia). Questo andamento è apparso in contro tendenza rispetto alla diminuzione dello 0,2 per cento emersa nella totalità del Registro delle imprese.

L’Emilia-Romagna vanta una delle più elevate partecipazioni femminili al lavoro del Paese, tuttavia nell’ambito delle imprese femminili è emersa un’incidenza sul totale delle imprese attive più contenuta rispetto al dato nazionale: 20,5 per cento contro 24,3 per cento, divario questo che si può osservare anche negli anni precedenti. Con ogni probabilità, questa forbice discende dalla diversa (e minore) incidenza dell’autoimpiego a livello regionale. Come è noto, infatti, questo fenomeno tende ad essere più consistente nelle aree nelle quali il mercato stenta ad assorbire l’offerta di lavoro. L’Emilia-Romagna, invece, si caratterizza per una situazione prossima alla piena occupazione. Come si può evincere dalla figura 3.2.1, in ambito nazionale la regione ha evidenziato l’incidenza più ridotta, assieme al Trentino-Alto Adige. E’ il Molise a fare registrare il maggiore impatto dell’imprenditoria femminile (31,8 per cento), davanti a Basilicata (29,7 per cento), Campania (29,2 per cento) e Abruzzo (28,7 per cento).

Se rapportiamo l’incidenza delle imprese attive femminili dell’Emilia-Romagna per settore sul corrispondente totale del Registro imprese, è possibile vedere che il rapporto più elevato, pari al 62,0 per cento, è emerso nuovamente, a fine giugno 2008, nelle “Altre attività dei servizi”. Questa situazione, ormai cristallizzata, non fa che tradurre una concentrazione del lavoro femminile in alcune attività tradizionalmente considerate appannaggio delle donne. Il settore comprende, infatti, attività storicamente svolte dalla componente femminile della società quali, ad esempio, i servizi di parrucchiere ed estetista, così come l’esercizio delle imprese di lavanderia, pulitura a secco e tintura, ecc. Seguono alcuni settori manifatturieri della moda, quali le confezioni di vestiario, abbigliamento ecc. (49,6 per cento) e tessili (43,0 per cento). In tutte le altre attività si hanno incidenze inferiori al 40 per cento, fino ad arrivare ai valori minimi delle industrie energetiche (4,1 per cento) ed edili (4,2 per cento), ovvero un settore nel quale è schiacciante l’occupazione maschile. Stando così le cose appare evidente come, anche in

Emilia-Romagna, i retaggi culturali del passato continuino ad esercitare un ruolo importante nella scelta della propria attività da parte delle imprenditrici (e, per converso, degli imprenditori di sesso maschile).

La partecipazione femminile nelle imprese è di carattere principalmente esclusivo. Più segnatamente, nel caso di società di capitali detengono il 100 per cento del capitale sociale, costituendo la totalità degli amministratori. Nell’ambito delle società di persone e cooperative sono al 100 per cento soci. Nelle imprese individuali rivestono la carica di titolare. A fine giugno 2008 l’esclusività aveva coperto il 93,8 per cento del totale delle imprese femminili emiliano-romagnole, confermando nella sostanza la percentuale registrata nel 2003 (93,7 per cento). In Italia l’esclusività femminile è apparsa ancora più accentuata (95,4 per cento), oltre che in leggero rafforzamento rispetto al 2003, quando la quota era attestata al 95,2 per cento. Nello stesso arco di tempo la presenza femminile maggioritaria in Emilia-Romagna è leggermente cresciuta (da 1,0 a 1,2 per cento), mentre quella “forte” ha ridotto il proprio peso, dal 5,3 al 5,0 per cento.

Come si può vedere, si tratta di spostamenti comunque minimi, che denotano come le donne preferiscano dirigere le imprese in prima persona.

Fig.3.2.5.2 Imprese femminili in Emilia-Romagna in valore assoluto. Periodo 2003-2007

82.695

84.033

85.326

85.989

87.090

80.000 81.000 82.000 83.000 84.000 85.000 86.000 87.000 88.000

2003 2004 2005 2006 2007

Fonte: Area studi ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su dati Registro imprese

Sotto l’aspetto della forma giuridica, l’Emilia-Romagna ha visto primeggiare l’impresa individuale, con una percentuale del 66,7 per cento. Se confrontiamo il primo semestre del 2008 con la situazione dell’analogo periodo del 2003, anno più lontano di confronto disponibile, si può vedere che sono le ditte individuali a perdere più terreno (quasi tre punti percentuali), in linea con la tendenza generale. Nelle altre forme giuridiche spicca l’incremento delle società di capitale, il cui peso cresce, tra il 2003 e il 2008, dall’8,7 al 10,9 per cento, in piena sintonia con quanto avvenuto nell’universo delle imprese. Siamo di fronte ad un andamento che si può leggere positivamente. Le società di capitale sono generalmente più strutturate e capitalizzate rispetto alle forme giuridiche “personali” e ciò consente una maggior efficacia nella manovra strategica e produttiva. Questo fenomeno è stato registrato da molti analisti a riguardo delle imprese nel loro complesso, e il fatto che lo stesso si riscontri per le imprese femminili ci fa capire che, da questo punto di vista, le imprese gestite da donne non hanno nulla da invidiare alle restanti. Va comunque sottolineato che sussiste ancora un gap rispetto alle altre (10,9 per cento la percentuale delle società di capitale femminili sul totale, contro il 16,5 per cento della totalità delle imprese iscritte al Registro), che si è un po’ accentuato rispetto alla situazione di giugno 2003.

Figura 3.2.5.3 Incidenza delle imprese femminili per decennio di iscrizione. Emilia-Romagna. Anno 2003 2007

14,04%

43,82%

33,93%

0,06%

5,74%

0,07%

1,93%

0,40%

< 1940 1940 - 49 1950 - 59 1960 - 69 1970 - 79 1980 - 89 1990 - 99 2000 >

Fonte: Area studi ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su dati Registro imprese

A fine giugno 2008 le cariche ricoperte da donne nelle imprese attive femminili sono risultate 234.533, vale a dire lo 0,3 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del 2007, in contro tendenza rispetto alla moderata crescita dello 0,2 per cento rilevata in Italia. Si tratta per lo più di amministratrici (38,6 per cento del totale) e titolari (25,0 per cento). Seguono i soci “in senso stretto” (20,0 per cento), le “cariche non meglio definite” (8,5 per cento) e i soci da capitale (7,9 per cento), ovvero donne titolari di azioni o quote di capitale nelle imprese tenute alla presentazione al Registro imprese dell'elenco dei soci. In Italia si ha una diversa gerarchia. In questo caso la maggioranza delle cariche femminili è costituita dal titolare d’impresa (34,9 per cento), davanti ad amministratori (30,4 per cento), soci “in senso stretto” (21,0 per cento), soci di capitale (6,9 per cento) e “altre cariche” (6,8 per cento). Il dato più saliente che emerge dal confronto con il passato è rappresentato dalla diminuzione, comunque moderata, delle donne titolari d’impresa e dal concomitante aumento dei soci di capitale e amministratori. In pratica, l’evoluzione dell’imprenditoria femminile non ha fatto che ricalcare quanto emerso nell’universo delle cariche presenti in Emilia-Romagna. Inutile sottolineare che le crescite dei soci di capitale (+28,8 per cento) e degli amministratori (+11,3 per cento), avvenuta tra giugno 2003 e giugno 2008, deriva dall’espansione delle società di capitale, fenomeno questo comune all’intero Registro delle imprese.

I dati conservati nel Registro delle imprese permettono di analizzare anche le caratteristiche demografiche delle donne alle quali sono riferite le cariche in impresa. Tra giugno 2003 e giugno 2008 è emersa una crescita complessiva delle cariche superiore al 6 per cento, dovuta alle classi di età meno giovani, in un arco compreso tra il +2,2 per cento della fascia da 30 a 49 anni e il +40,7 per cento delle 70enni e oltre. Man mano che l’età diminuisce, si impoverisce la consistenza delle cariche, fino ad arrivare alla flessione del 29,7 per cento rilevata per la classe più giovane, con meno di 18 anni. Anche questo fenomeno è il risultato delle diverse tendenze in atto nella nostra società. In primo luogo l’invecchiamento della popolazione fa si che l’originaria piramide demografica abbia assunto una forma sempre più allungata, che potremmo definire a “vaso”, con le classi più numerose che si spostano sempre più verso l’alto. In secondo luogo il crescere continuo del livello medio di istruzione fa si che l’entrata nel mondo del lavoro sia sempre più ritardata nel tempo. Un altro fenomeno che ha influenza su questi dati è la profonda modificazione della struttura e del funzionamento del mercato del lavoro. La progressiva e costante diminuzione, in valore assoluto ed in percentuale, della disoccupazione, anche di quella giovanile e femminile, ha ridotto la necessità di ricorrere a forme di auto impiego che, come detto, è tra i motivi che stanno alla base della creazione di nuove imprese femminili (e non solo). Questi tre fenomeni operano congiuntamente e diminuiscono la numerosità e l’incidenza delle classi più giovanili delle imprenditrici. classe fino a 49 anni ha rappresentato il 77,2 per cento del totale delle cariche straniere, rispetto al 53,9 per cento delle italiane. Se confrontiamo queste percentuali con quelle di giugno 2003 possiamo notare che le straniere mantengono invariata tale incidenza, mentre per le italiane si ha una riduzione della quota di quasi sei punti percentuali.

Ecco, quindi, che il comporsi di questi fenomeni sociali (invecchiamento della popolazione, aumento del livello medio di istruzione, modificazione del mercato del lavoro e crescente presenza della popolazione immigrata) dà origine al fenomeno evidenziato dalle statistiche.

Figura 3.2.5.4 Incidenza delle società di capitale. Anni 2003 e 2007 a confronto

5,5% 10,2%

Fonte: Area studi ricerche Unioncamere Emila-Romagna su dati Registro imprese

Utilizzando i dati del Registro delle imprese è possibile scendere ancor più nel dettaglio analizzando i paesi di nascita delle donne straniere alle quali le cariche sono riferite. La nazionalità straniera più diffusa in Emilia-Romagna è quella cinese, con una percentuale del 14,2 per cento sul totale straniero, in aumento rispetto al 7,9 per cento rilevato a giugno 2003. Seguono le cittadine svizzere (7,3 per cento), romene (7,0 per cento), francesi (5,1 per cento) e tedesche (5,1 per cento). Tutte le altre nazionalità riportano una percentuale inferiore al 5 per cento. Il primo paese africano che si incontra nella graduatoria delle nazionalità è il Marocco, con un’incidenza del 3,8 per cento, in aumento rispetto all’1,8 per cento di giugno 2003.

Sotto l’aspetto della capitalizzazione, tra giugno 2003 e giugno 2008 è emerso un processo di rafforzamento, nel senso che le imprese capitalizzate hanno acquisito un peso maggiore sul totale, coerentemente alla crescita progressiva delle società di capitale di cui si è dato conto in precedenza. In pratica possiamo dire che, anche dal punto di vista dell’imprenditoria femminile, è in atto un processo di consolidamento delle imprese che divengono sempre più strutturate e, quindi, in grado di meglio affrontare le sfide imposte dall’allargamento dei mercati.

Nella prima metà del 2003 circa il 62 per cento delle imprese attive femminili non disponeva di alcun capitale. A giugno 2008 tale percentuale si riduce al 58,0 per cento. Se calcoliamo lo stesso rapporto relativamente alla totalità delle imprese attive, nel primo semestre 2003 si ha una percentuale del 60,3 per cento, che cinque anni dopo scende al 56,6 per cento. La differenza con la percentuale femminile, che nel 2003 era rappresentata da 1,8 punti percentuali, si riduce nel 2008 a 1,4 punti percentuali. Le imprese femminili hanno in sostanza marciato più velocemente verso la capitalizzazione rispetto al resto delle imprese. Il fenomeno ha riguardato un po’ tutte le classi di capitale, in linea con quanto avvenuto nella totalità delle imprese, assumendo una certa rilevanza per quelle più elevate, vale a dire con più di 500 mila euro di capitale sociale. A giugno 2003 le imprese femminili oltre questo limite erano 430, per un’incidenza percentuale di appena lo 0,5 per cento sul totale. Cinque anni dopo il loro numero sale a 918, con un aumento della relativa quota all’1,0 per cento. Al di là dell’esiguità della percentuale, si registra una tendenza decisamente più espansiva di quella generale, essendo la relativa quota sul corrispondente totale delle imprese con più di 500.000 euro del Registro imprese passata dall’8,9 per cento del 2003 al 12,4 per cento del 2008.

Se restringiamo il campo di osservazione alle imprese fortemente capitalizzate, ovvero oltre la soglia dei 5 milioni di euro, si può notare un deciso salto dalle appena 30 di giugno 2003 alle 415 di giugno 2008, con innalzamento della relativa quota sul totale delle imprese femminili dallo 0,03 allo 0,5 per cento. Nei confronti della totalità delle imprese con oltre 5 milioni di euro di capitale, l’incidenza di quelle femminili sale dal 3,6 al 15,8 per cento, denotando di conseguenza una velocità di crescita molto più elevata rispetto alle altre imprese.

I settori dove il fenomeno della capitalizzazione è apparso significativamente più rilevante sono stati quelli del commercio e riparazioni, del manifatturiero e delle attività immobiliari e noleggio e informatica.

Nel solo settore commerciale le imprese con più di 500 mila euro di capitale sociale sono salite, tra il 2003 e il 2008, da 84 a 226, in quello manifatturiero da 83 a 181, in quello immobiliare, noleggio e informatica da 121 a 228.

Nel documento Rapporto 2008 (.pdf 10,0mb) (pagine 118-123)