1.1.4.1. Terzo numero: 26,6 per cento.
C’è un numero che può essere assunto come esplicativo dei cambiamenti strutturali che stanno interessando la nostra economia regionale e, allo stesso tempo, rappresenta un indice del livello di competitività raggiunto dall’economia emiliano-romagnola. Il numero è 26,6 per cento e corrisponde alla crescita registrata negli ultimi otto anni dal valore medio unitario delle esportazioni dell’Emilia-Romagna, dove il valore medio unitario è il valore dell’export per unità di quantità.
Per una corretta interpretazione del dato è opportuna una breve nota esplicativa. Se si esamina la crescita del commercio verso l’estero dal 2000 ad oggi - cioè in anni in cui la competizione internazionale si è giocata sulla reale concorrenzialità delle merci senza le interferenze di fattori esterni quali la svalutazione della lira degli anni novanta – si evince che l’Emilia-Romagna è cresciuta più delle altre regioni tradizionalmente esportatrici. Nel periodo 2000-2007 il valore delle esportazioni dell’Emilia-Romagna in termini reali, quindi al netto del fenomeno inflattivo, è cresciuto del 33 per cento, contro il 20 per cento della Lombardia e l’11 per cento del Veneto.
Le ragioni del perché l’Emilia-Romagna abbia ottenuto risultati superiori nel commercio con l’estero sono individuabili proprio nel valore medio unitario: a parità di quantità, il valore dei beni esportati è aumentato - sempre in termini reali - dal 2000 al 2007 di quasi il 27 per cento.
In altri termini, le imprese emiliano-romagnole commercializzano sui mercati esteri prodotti che valgono di più, di maggior qualità o che incorporano maggiore tecnologia. Il dato è particolarmente significativo e non così scontato, considerando che nello stesso periodo questo rapporto tra valore delle esportazioni e relative quantità in Veneto è rimasto sostanzialmente uguale, in Italia è diminuito del 5 per cento. In Lombardia la flessione è stata addirittura del 12 per cento.
1.1.4.1. Variazione delle esportazioni e variazione del valore medio unitario. Variazioni in termini reali, anni 2000-2007 Var.% delle esportazioni 2000-2007 Var.% del valore medio unitario 2000-2007
19,8% 19,9%
10,9%
33,4%
Italia Lombardia Veneto Emilia-Romagna
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su dati ISTAT
Il valore medio unitario racconta attraverso un solo numero quanto sta avvenendo. È in atto una profonda trasformazione, che nasce sulla spinta della globalizzazione, dalla necessità di riorganizzarsi per affrontare le nuove sfide competitive, ma anche del fatto che un modello basato solamente sulla crescita quantitativa come sperimentato in passato non è più sostenibile.
Non è più immaginabile avere un sistema che per svilupparsi necessita sempre dell’addizione di fattori produttivi - più imprese, più occupati, più risorse ambientali – ma occorre pensare ad un sistema basato sulla sostituzione dei fattori produttivi, imprese più forti e più avanzate, occupazione più formata, un più attento uso del territorio.
-5,1%
-11,7%
2,9%
26,6%
Italia Lombardia Veneto Emilia-Romagna
È necessario andare, come si ripete da tempo e da più parti, verso la via alta dello sviluppo, puntare sull’innovazione, sulla qualità e sulle persone. Si potrebbe elencare una lunga serie di numeri a dimostrare che il sistema regionale è in grado di competere con l’eccellenza europea in termini di innovazione e di qualità. D’altro canto, vi sono altri numeri – e l’elenco potrebbe essere altrettanto lungo - che rivelano caratteristiche e modificazioni strutturali che non sempre procedono nella stessa direzione della “via alta dello sviluppo”, ma che rappresentano tasselli fondamentali nella composizione dell’identità territoriale.
È questa la sfida alla quale si è chiamati a dare risposta, fare della conoscenza un differenziale competitivo attraverso un governo dei cambiamenti che tenga insieme e preveda un’evoluzione dell’intero sistema regionale in tutte le sue componenti, comprese (a partire da) quelle identitarie.
Un passaggio prioritario di questo percorso evolutivo è favorire una sempre maggior ibridazione tra manifatturiero e terziario, puntando ad un’integrazione e fusione dalla rete produttiva dell’industria con quella della conoscenza e dei saperi dei servizi. Già qui sorge una prima difficoltà, se il sistema relazionale legato alla produzione è ben radicato, innovativo e vitale, quello del terziario viaggia ancora il più delle volte sottotraccia, seguendo vie informali che spesso non escono dal territorio di appartenenza, comunicando attraverso linguaggi non codificati incomprensibili al resto del mondo.
Dei passi avanti sono stati fatti. Il numero del valore medio unitario, così come quello dei brevetti che colloca l’Emilia-Romagna tra le prime regioni d’Europa, segnalano che la nostra regione, meglio di altre, sta uscendo dalla logica della “rete corta” e localistica - che per decenni ha caratterizzato il modello distrettuale - e si sta muovendo nella direzione della “rete lunga”, capace di intercettare i flussi della conoscenza in ogni parte del mondo.
Ciò ha comportato numerosi cambiamenti – in parte indotti in parte spontanei – nella configurazione socio-economica dei territori, dal distretto tradizionale alle filiere, dalle reti aperte ai cluster dell’innovazione. Nomi diversi (e sui quali gli economisti si dividono) per tenere traccia di un processo evolutivo che ha portato i sistemi auto-contenuti fatti da attività economiche omogenee e interconnesse a territori caratterizzati dalla presenza di alcune imprese leader, da una progressiva apertura internazionale delle catena di fornitura, da un crescente ruolo delle funzioni immateriali.
La metamorfosi dei distretti è tuttora in corso, divengono strategici i beni collettivi per la competitività di cui il territorio si dota, i cluster si trasformano in veri e propri sistemi territoriali dell’innovazione sempre più aperti verso l’estero ed alle competenze del terziario avanzato. È nel terziario che si trova un importante elemento di novità dei sistemi territoriali, evolvono i servizi direttamente rivolti all’impresa – finanziari, di logistica, marketing, …- si moltiplicano i servizi legati alla conoscenza ed al capitale umano, vengono riconosciuti come attività funzionali allo sviluppo economico del territorio servizi rivolti alla persona come il counseling1, nascono nuovi servizi consulenziali – search engine marketing, social marketing, web 2.0, reputation management – che vivono esclusivamente in Internet.
Il terziario – all’interno di questa visione dei cluster - acquisisce un ruolo proprio e ben definito, non solo un servizio di prossimità rivolto alle imprese, ma un nodo pulsante della rete dove si crea valore. Le trasformazioni che stanno riguardando i distretti da un lato riflettono la necessità di agganciarsi alle reti lunghe mondiali, dall’altro quello di non perdere il contatto con il territorio.
Il tema dei cluster dell’innovazione è ritenuto dirimente anche dalla Commissione Europea. In particolare, la Commissione Europea sottolinea tre aspetti2. Il primo aspetto riguarda proprio il legame tra innovazione e territorio, i cluster contribuiscono a valorizzare i singoli territori esaltandone le differenze e contestualmente favoriscono lo sviluppo di reti mondiali economiche e culturali. Il secondo lega inscindibilmente l’innovazione non solo al livello di investimenti in ricerca e sviluppo, ma alla capacità del sistema delle imprese di trasferire le idee innovative al territorio arrecando un vantaggio sociale. Ciò significa anche pensare ad una domanda di innovazione che non scaturisca solamente dalle esigenze delle imprese, ma che risponda anche alle istanze sociali che nascono dal territorio. Il terzo aspetto definisce l’innovazione come un processo collettivo che richiede visione strategica, adeguati finanziamenti per la ricerca, capacità istituzionali del territorio per la realizzazione di beni pubblici essenziali.
La metamorfosi dei distretti e la loro evoluzione verso la società della conoscenza procede a grandi passi, la Commissione Europea individua nei cluster urbani il futuro dei sistemi locali dell’innovazione. Di cluster urbani si parlerà nel prossimo paragrafo.
1 Per un approfondimento del counseling si rimanda al sito www.barbaracostantini.it e all’articolo pubblicato su Econerre di ottobre http://www.rer.camcom.it/econerre/pdf/200810_econerre.pdf
2 Per un approfondimento dei cluster per l’innovazione si rimanda al sito www.firstdraft.it e in particolare al blog dedicato all’innovazione
1.1.4.2. Il capitale tecnico nelle aree vaste.
Per affrontare il tema dell’innovazione all’interno delle aree vaste può essere opportuno partire da un’analisi della loro struttura produttiva.
1.1.4.2. Specializzazioni delle aree vaste.
App.
Emiliano
App.
Romagnolo Ferrarese Adriatica Romagnola Piacentina Emiliana Bolognese Agricoltura
Silvicoltura Pesca Alimentare Tessile Abbigliamento Cuoio/calzature Legno Pasta-carta Editoria Chimica Gomma-plastica Min. non metalliferi Metallurgia Lav. Metallo App. meccanici Macchine per ufficio Apparecchi elettrici App. radiotelevisivi App. medicali Autoveicoli Altri mezzi trasporto Mobili
Energia elettrica Distrib. Acqua Costruzioni Commercio ingrosso Comm. dettaglio Alberghi/ristoranti Trasporti terrestri Trasporti marittimi Trasporti aerei Attività supp. trasporti Intermed. finanziaria Assicurazioni
Attiv.ausiliarie intermed.
Immobiliari
Noleggio macchinari Informatica Ricerca e sviluppo Altri servizi imprese Sanità assist sociale Organizz. associative Ricreative culturali Servizi famiglie
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
Sulla base dei dati relativi alle unità locali, agli addetti ed al fatturato realizzato dalle società di capitale è stata costruita una matrice delle specializzazioni1, cioè una mappatura delle attività che caratterizzano ciascuna area vasta.
I risultati non presentano grandi sorprese e confermano quanto ci si attendeva, la vocazione più agricola della aree appenniniche, del ferrarese e del romagnolo, la specializzazione turistica della città adriatica, la piattaforma logistica della città piacentina, il forte radicamento manifatturiero nell’area emiliana, la sempre più spiccata specializzazione terziaria della città metropolitana bolognese.
Nel percorso verso la costruzione di sistemi locali per l’innovazione le specializzazioni costituiscono una base importante dalla quale partire, ma non necessariamente rappresentano l’unica strada percorribile, dipende, come già ricordato, dalla visione, da dove si vuole andare.
Nella logica del cambiamento di paradigma ipotizzato precedentemente - si è competitivi come imprese e come persone se si è inseriti in un sistema territoriale competitivo – oltre a favorire lo sviluppo delle imprese già esistenti sul territorio, può essere necessario creare le condizioni per lo sviluppo di un’economia con specializzazioni differenti, perché più rispondente alla visione che si ha. Un esempio può venire dalle aree appenniniche, dove alle attuali specializzazioni che dovranno essere sempre più distintive – offerte agroalimentari sempre più attente all’autenticità ed alla qualità, nuove forme di turismo culturale e naturalistico – è auspicabile che ai affianchino filiere innovative, ad oggi nella maggioranza dei casi assenti o in fase embrionale. Filiere innovative - quali quelle relative alla produzione di energia da fonti rinnovabili, alla bioedilizia, alla riduzione di emissioni di CO2 mediante forestazione e mantenimento dei boschi, alla gestione dell’acqua – che non entrano in contrapposizione con le altre aree della regione, ma ne esaltano le complementarità non solo ambientali ma anche sociali.
L’area metropolitana bolognese presenta una buona combinazione di industria avanzata e servizi ad alto contenuto di conoscenza, quel mix di manifatturiero e terziario alla base dei nuovi cluster dell’innovazione. La città adriatica si concentra sul settore turistico, anche se non mancano eccellenze nel manifatturiero che sembrano non trovare valido supporto sul territorio di servizi avanzati dedicati alle imprese. L’assenza di un terziario sufficientemente sviluppato per accompagnare le imprese caratterizza anche l’area emiliana, quella romagnola e quella ferrarese. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare, il fenomeno delocalizzativo dei prossimi anni potrebbe non riguardare più gli aspetti produttivi, ma quelli terziari a maggior valore aggiunto, come la ricerca, la finanza, il marketing, servizi che tendono a concentrarsi nelle grandi aree metropolitane.
1.1.4.3. Manifatturiero per livello tecnologico e terziario per contenuto di conoscenza. I 341 comuni dell’Emilia-Romagna suddivisi in 5 gruppi di uguale numerosità (quintili), ad aree più scure corrispondono valori più elevati.
Manifatturiero. % imprese in settori a tecnologia medio-alta e medio-alta
Terziario. % imprese in settori avanzati
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
È anche sulla scorta di queste considerazioni che la Commissione europea collega l’innovazione ai centri urbani, rilanciando il ruolo dei cluster urbani. Nella città si ritrovano le condizioni ideali per favorire il processo di innovazione, non solo per la molteplice offerta di specializzazioni economiche, ma perché
1 In questo studio le specializzazioni sono state individuate in funzione del peso che ciascun settore ha all’interno dell’area vasta incrociato con il peso che ciascuna area vasta ha sul totale regionale per quello specifico settore.
consente di coniugare la sfera professionale a quella personale, il lavoro e la ricerca con la vita extralavorativa e il divertimento. In altri termini l’obiettivo è quello di favorire la nascita di territori urbani
“intelligenti” e creativi, con elevati livelli di qualità della vita, luoghi dove poter far crescere (e attirare) i talenti. Una dimensione urbana che in Emilia-Romagna in alcuni casi può essere ricondotta all’area vasta, in altri identificata secondo logiche territoriali differenti.
La struttura imprenditoriale delle aree vaste dell’Emilia-Romagna può essere letta anche suddividendo il settore manifatturiero in funzione del livello tecnologico e quello dei servizi sulla base del contenuto di conoscenza1. Il manifatturiero più avanzato si concentra nei comuni della prima e seconda cintura bolognese e in alcuni comuni dell’area emiliana e piacentina. Il terziario high intensive knowledge si distribuisce nei comuni capoluogo e in quelli limitrofi.
Il confronto in serie storica mostra un innalzamento, un’evoluzione verso l’economia della conoscenza, della struttura produttiva di tutte le aree vaste che compongono la regione, sia nel manifatturiero che nei servizi. Nell’analizzare il forte incremento dei servizi avanzati avvenuti su tutto il territorio regionale occorre considerare che al loro interno si trovano anche le attività immobiliari, il comparto che, insieme alle costruzioni, nell’ultimo quinquennio ha trainato la crescita del numero delle imprese in Emilia-Romagna. Al netto dei servizi immobiliari – tipologia di attività che non sempre si concretizza in un vero servizio ad alto valore aggiunto per il territorio - la crescita dei servizi avanzati non si discosterebbe di molto da quella dei servizi più tradizionali.
1.1.4.4. Demografia delle imprese: unità locali contenuto tecnologico e livello di conoscenza. Anno 2007
MANIFATTURIERO – conten. tecn. TERZIARIO - livello di conoscenza basso
Appennino romagnolo 52,9% 27,3% 15,8% 4,0% 80,4% 12,2% 2,9% 4,6%
Città ferrarese 46,8% 29,2% 19,4% 4,6% 72,3% 18,8% 3,7% 5,2%
Emilia-Romagna 47,7% 27,5% 19,5% 5,4% 68,9% 22,0% 3,8% 5,3%
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti vari
1.1.4.5. Demografia delle imprese: unità locali contenuto tecnologico e livello di conoscenza. Variazione 2002-2007
Var.% manifatturiero 2002-2007 Var.% servizi 2002-2007
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
1 La suddivisione Eurostat per livello di tecnologia classifica a bassa tecnologia i settori con codice NACE da 15 a 22, 36 e 37;
medio-bassa i codici 23, 25-28; medio-alta i codici 24, 29, 31, 34 e 35; alta i codici 30, 32 e 33
I servizi a bassa “knowledge intensity” comprendono i settori 50, 51, 52, 55, 60, 63, 75, 90, 91, 93, 95 e 99; i servizi “Knowledge-intensive market ” comprendono i settori 61, 62, 70, 71, 74; i servizi “Knowledge-“Knowledge-intensive high-technology “ comprendono i settori 64, 72, 73; i servizi “Knowledge-intensive financial” riguardano i codici 65, 66 e 67.
1.1.4.6. Competitività delle imprese: Alcuni indicatori suddivisi per area vasta
Imprese in gruppo
Imprese esportatrici
Medie e grandi imprese
VA Per abitante
Export per abitante
Produttività 2005
Appennino emiliano 1,2% 0,9% 0,3% 5.805 8.260 39.921
Appennino romagnolo 1,3% 1,1% 0,6% 4.818 6.800 37.751
Città ferrarese 2,3% 1,4% 0,6% 6.724 8.044 47.026
Città adriatica 3,4% 1,4% 0,5% 10.870 5.774 60.639
Area romagnola 3,9% 2,2% 0,9% 13.744 8.985 58.279
Area piacentina 3,4% 2,7% 0,7% 11.641 8.475 58.321
Area emiliana 5,3% 3,3% 0,9% 22.999 15.277 61.206
Città metropolitana bolognese 7,6% 3,0% 0,9% 27.480 11.800 75.865
Emilia-Romagna 4,3% 2,4% 0,8% 16.785 10.850 59.276
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
Investire in conoscenza – nel terziario così come nel manifatturiero - è un’attività rischiosa e con ridotto margini di profitto nel breve periodo. In una logica di sistema territoriale appare necessario che anche il sistema finanziario svolga un ruolo importante nella condivisione del rischio, in maniera tale che esso possa essere ripartito omogeneamente tra tutti i nodi della rete deputati alla creazione e diffusione della conoscenza, tra tutti i nodi destinati a trarne beneficio. L’evoluzione seguita in questi anni dal sistema bancario sembra avere accentuato la distanza tra banca ed impresa, un rapporto che è andato via via spersonalizzandosi e de-territorializzandosi. La concentrazione del sistema finanziario ha evidenziato le difficoltà dei grandi istituti bancari ad ascoltare ed a rispondere al territorio, le modalità complesse e standardizzate adottate dalle banche mal si conciliano con le esigenze di aziende dinamiche ed innovative ma piccole.
La stretta creditizia degli ultimi mesi ha ulteriormente indebolito il legame tra imprese e territorio. In un’ottica di sistema locale, la capacità di fare innovazione dipenderà anche da quanto si sarà in grado di trovare soluzioni innovative per favorire l’accesso al credito.
1.1.4.7. Esportazioni per abitante e fatturato realizzato dalle società di capitale per abitante . I 341 comuni dell’Emilia-Romagna suddivisi in 5 gruppi di uguale numerosità (quintili), ad aree più scure corrispondono valori più elevati.
Export per abitante Fatturato società di .capitale per abitante
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
Nel calcolare il capitale tecnico si è inteso comprendere tutte le risorse materiali non considerate all’interno del capitale naturale. Gli indicatori del capitale tecnico non si limitano alla quantificazione della dotazione strutturale esistente, ma ne misurano anche i risultati ottenuti. Quindi, per esempio, accanto ai dati relativi al numero delle imprese e alla loro composizione strutturale, si trovano informazioni sulle modalità organizzative (gruppi d’impresa), sulle performance (produttività e indicatori di bilancio, …), sul posizionamento rispetto ad alcuni fattori strategici (innovazione, internazionalizzazione, …).
La distribuzione del capitale tecnico approssima quella dello sviluppo, confermando la città metropolitana bolognese e l’area emiliana al di sopra della media regionale, mentre le aree appenniniche presentano i valori più modesti. Anche in questo caso, se si esclude l’appennino emiliano, si assiste ad un processo di riequilibrio, con le aree a minor dotazione di capitale tecnico che crescono in misura superiore.
1.1.4.8. Indicatore sintetico di capitale tecnico. Valore 2007 dell’indice (Emilia-Romagna = 0) e variazione 2002-2007
Emilia-Romagna
Città piacentina
Città emiliana
Città metrop.
bolognese
App.emiliano
Città ferrarese
Città romagnola App.romagnolo
città adriatica Variaz.
Indice
Fonte: Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna su fonti varie
Complessivamente la dotazione del capitale tecnico regionale evidenzia luci ed ombre, imprese eccellenti alle quali si affiancano aziende che senza un efficace sistema relazionale locale a loro sostegno faticano a stare sul mercato, servizi avanzati che si stanno sviluppando, ma probabilmente con velocità e modalità non ancora sufficienti a sostenere la domanda delle imprese e le istanze del territorio.
La recessione che sta interessando le principali economie avanzate ha reso maggiormente evidenti le criticità del nostro sistema economico, contribuendo ad indebolire quel circolo virtuoso imprese-territorio ricordato precedentemente. Gli analisti economici più ottimisti colgono in questa difficile fase congiunturale un aspetto positivo, l’opportunità di ripartire su basi nuove, dando un forte segnale di rottura con il passato.
I dati visti riferiti al capitale tecnico ed allo sviluppo sembrano suggerire per l’Emilia-Romagna cambiamenti importanti ma meno radicali ed indicano la necessità di puntare con forza su qualità ed innovazione. Per fare ciò servono imprese eccellenti (e ce ne sono), un sistema territoriale coeso che condivida una visione e che sappia operare delle scelte (in parte lo è, in parte può diventarlo) ed è fondamentale che ci siano persone formate, creative e dotate di talento. Ci sono?