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PARTE I. PERCORSI TEORICI

I.1 Bande giovanili e studi sociali

I.1.2 Deriva securitaria e paradosso europeo

Oggi, gran parte della criminologia contemporanea americana ed europea ha abbandonato ogni tipo di lettura sociale o culturale basata sulla devianza giovanile. Eppure, un nuovo ‘dogma’ attraverso cui interpretare il perturbante, materializzatosi nel fenomeno delle – spesso volutamente cercate e costruite – bande giovanili è senza dubbio quello della ‘sicurezza’ delle periferie urbane. Brotherton (2010: 31) sostiene che gli studi di Klein, tra i fondatori del gruppo di ricerca europeo Eurogang6, pongono massima attenzione a tre elementi: valutare come osservatori esterni vedono le bande; descrivere l’auto-percezione dei membri di un gruppo; riferimenti espliciti a

6 Eurogang è un gruppo di ricerca internazionale, che riunisce esperti americani ed europei sul tema

delle gang giovanili. Dal 1996 il gruppo ha attivato un programma di studi comparativi fra la realtà degli Stati Uniti e la realtà Europea. Il gruppo ha prodotto diversi manuali ‘interpretativi’ tra i quali "The Eurogang Paradox", pubblicato nel 2011.

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implicazioni patologiche nel leggere il versante criminale e trasgressivo delle bande analizzate. Klein (2001) afferma che il “paradosso europeo” sta nel fatto che in Europa l’esistenza di bande giovanili non è pienamente riconosciuta, a differenza degli Stati Uniti, dove la presenza di bande è un fatto acquisito. Questa carenza sarebbe dovuta a una presunta differenza quantitativa e qualitativa tra il manifestarsi del fenomeno nei due continenti. Tuttavia, l’autore è convinto che i fatti starebbero diversamente. I ricercatori di Eurogang intendono, dunque, sviluppare un piano di ricerca atto a fornire un formalismo metodologico e linguistico utile per confrontare i dati raccolti in diverse città e culture europee. Si tratta di creare una “cassetta degli attrezzi” (Basile 2014) per interpretare situazioni eterogenee, riportandole ad un minimo comune denominatore. Tale progetto non può che approdare a una riformulazione della definizione generale di banda: «qualsiasi durevole gruppo di giovani votato alla strada (street oriented), il cui coinvolgimento in attività illegali fa parte dell’identità di gruppo» (Klein et al. 2001: 418)7. Un chiaro manifesto securitario, una formula che

poi prosegue elencando alcuni elementi fissi: la durata nel tempo, cioè un certo numero di mesi sufficiente a creare un’idea di stabilità per il gruppo; la territorialità, nel senso che il gruppo deve passare parte del suo tempo al di fuori dei luoghi tipici in cui sono sottoposti al controllo degli adulti; l’età, che deve essere nella maggior parte dei componenti di poco superiore alla ventina; lo svolgimento, infine, di attività illegali come carattere distintivo dell’identità di gruppo.

Sostiene inoltre Klein (2001) che, sebbene sia quasi sempre possibile rintracciare l’esistenza di segni distintivi, come ad esempio un nome, dei colori, simboli, tatuaggi, graffiti, condizione necessaria per definire un gruppo una banda giovanile resta il suo coinvolgimento in attività illegali, in quanto “forma di soggettivazione” dei suoi giovani membri. Per i ricercatori di Eurogang, la valenza patologica delle bande sta proprio nella capacità di queste di agire sui propri membri, incrementando comportamenti criminali (Klein, Maxson 1989). Inoltre, la violenza – esercitata tanto per difendere la “rispettabilità” del gruppo che per preservare il possesso simbolico e la presenza fisica in un dato territorio urbano – permane quale segno di distintivo, sebbene non sia l’unica forma di devianza che si sviluppa all’interno delle gang (Klein 2001).

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Nel tentativo di fornire strumenti di analisi utili a classificare, differenziare e comparare, altri autori di Eurogang insistono sui momenti di incontro e confronto tra i membri di una banda, descrivendo la regolarità dei meeting, l’impiego di regole scritte o tramandate oralmente. Per questi autori la figura del leader è considerata pressoché essenziale, in quanto escludono – o per meglio dire producono l’assioma – che non si diano mai gang gerarchicamente non strutturate. Altri raffronti, tra gli autori del gruppo, si basano sulle attività svolte dalle gang: si individua sempre un tratto distintivo, una specializzazione nelle attività illecite finalizzate al profitto, specie in relazione al mercato degli stupefacenti. Altri autori si soffermano sulla gestione di relazioni esterne al gruppo, ad esempio con bande di altre città, con il vicinato, con i membri della stessa gang finiti in carcere (Weerman 2009).

Maxson e Klein già nel 1995 proponevano una “griglia” formata da cinque tipologie distinguibili di bande, classificate per loro dimensione, longevità, radicamento nel territorio, specializzazioni, e così via8.

Nel gruppo di ricerca spicca un’ipotesi di lettura riferita al rapporto tra welfare e processi di globalizzazione, suggerita da John M. Hagedorn (1998), prima che costui si muovesse su versanti opposti al formalismo metodologico di Eurogang. Questa suggestione comparativa, poi sostanzialmente sconfessata dallo stesso Hagedorn (2011), muove dall’idea che paragonare la realtà europea a quella statunitense può essere molto difficile se non si tiene debito conto di quanto la deindustrializzazione abbia influito nel trasformare il modello descritto negli anni Venti da Frederic Thrasher. «La realtà “post-industriale” americana, il decentramento produttivo, lo sviluppo sconfinato del terziario, lo smantellamento del welfare state costruito nei decenni precedenti, ha determinato un cambio di paradigma per le gang, che esisterebbero adesso quasi esclusivamente in relazione allo svolgimento di attività economiche illegali» (Basile 2014).

8 «Le traditional gang [sono] quelle che esistono da almeno venti anni, contano centinaia di membri e

contengono sottogruppi formati in relazione all’età e alla durata dell’affiliazione del membro. Si distinguono per la strenua [e violenta] difesa del loro territorio di riferimento. Altrettanto "territoriali" sono le Neo-traditional gang, che hanno invece solo una cinquantina di membri, una durata nel tempo prossima ai dieci anni, e sono divise in sottogruppi, sebbene la definizione di questi tenda ad essere meno marcata. Le Collective gang, invece, sarebbero caratterizzate dalla coesistenza poco strutturata di una massa di adolescenti e di “giovani adulti” che, pur esistendo da parecchi anni, non hanno simboli distintivi così evidenti, e tendenzialmente esercitano un presidio territoriale più blando. Infine, spiccano le Speciality gang, la cui esistenza è riconducibile sostanzialmente a ragioni meramente criminali più che sociali. Le loro dimensioni sarebbero ridotte e l’ambito di interesse solo quella zona in cui sviluppano i loro propositi criminali. Un esempio tipico, secondo i ricercatori, sarebbero i gruppi di spaccio o gli skinhead» (Basile 2014).

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