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Design&Rito: cultura del progetto e valore simbolico del colore negli artefatti ritual

1Giulia Pils, 2Raffaella Trocchianesi

1Politecnico di Milano, Dipartimento di Design, giulia.pils@gmail.com 2Politecnico di Milano, Dipartimento di Design, raffaella.trocchianesi@polimi.it

1. Introduzione

Nell’ambito della relazione tra Design e Humanities, il paper indaga il rapporto tra rito e design a partire dagli intrecci interdisciplinari tra antropologia, sociologia e cultura del progetto. Dopo una prima ampia contestualizzazione sulle potenzialità di questo approccio si mette a fuoco la mise-en-scène quale “dimensione allestita” dei fenomeni rituali e le strategie cromatiche ad essa riferibili con l’obiettivo di evidenziarne il valore simbolico, archetipico e culturale del colore.

Il contributo intende quindi mettere in luce come l’utilizzo del colore all’interno del sistema di comunicazione rituale, oltre ad attivare le consuete funzioni connesse all’ambito estetico-sensoriale, possa ricoprire anche un ruolo “morale” trasformandosi in generatore di identità, vero e proprio elemento simbolico- connotativo e strumento amplificatore del significato stesso del rito.

Ciascun fenomeno rituale incorpora infatti diversi elementi segnici legati al colore - più o meno espliciti- che di volta in volta sono capaci di valore propiziatorio o di scongiuro, sono carichi di poteri positivi o nefasti, riescono a soddisfare il desiderio di riconoscibilità e ad alimentare il senso di appartenenza o a sottolineare quello di esclusione; sono comunque sempre in grado di riassumere e condensare il significato più profondo del rito in quella che si potrebbe definire una precisa strategia cromatica. Queste strategie sono elementi centrali dell’impianto rituale e, se analizzate, sono in grado di fornire informazioni sul codice espressivo e di conseguenza sui valori simbolici, estetici e culturali contestuali alla pratica.

Il percorso si snoda attraverso l’osservazione della mise-en-scène, ovvero la “dimensione allestita” dei fenomeni rituali, e delle strategie cromatiche che la caratterizzano, qui intese come chiavi fondamentali di significazione e ri- significazione del rito. L’osservazione di una rosa di casi studio particolarmente significativi, permette di evidenziare la varietà delle esperienze cromatiche legate al rito e di approdare ad una mappatura ragionata di una serie di atteggiamenti progettuali spontanei o convenzionali, impliciti o espliciti che influenzano la progettazione, la produzione e l’uso di oggetti e/o sistemi di artefatti legati al fenomeno rituale. In particolare si propone una lettura critica di casi studio relativi ad oggetti e sistemi di artefatti “ad alto gradiente rituale” analizzando la modalità con cui la componente cromatica risulta essere una fondamentale chiave di significazione e ri-significazione del rito secondo le seguenti linee interpretative:

- il colore scenico: l’elemento cromatico diventa strumento amplificatore e spettacolarizzante della rappresentazione celebrativa del rito ed elemento facilitatore del senso di condivisione e appartenenza;

- il colore nativo: l’elemento cromatico è il risultato di un processo di perpetuazione di un set di dati culturali e innesta con essi un rapporto insieme identitario, vitale e inscindibile;

- il colore archetipo: l’elemento cromatico si definisce come forma tipica e costante di una determinata manifestazione rituale.

2. Design e rito

Da tempo immemore il rito -in quanto espressione individuale e/o collettiva di valori sociali e culturali condivisi- è presente tanto nella sfera privata quanto in quella pubblica. Essendo nell’ambito del design è particolarmente interessante analizzare questa pratica archetipa nel Contemporaneo che -alla luce dei nuovi paesaggi merceologici- è sempre più complessa in termini di tipologie di oggetti, spazi, nonché atteggiamenti e comportamenti rituali da questi generati.

Nonostante la difficoltà di approdare ad una univoca definizione, è appurato considerare il rito sia un momento fondativo per creare e mantenere l’armonia sociale, sia uno strumento utile a garantire il rapporto tra unicità e universalità, rapporto fondamentale per stabilire una proficua connessione tra diverse culture. Il rito può essere considerato una pratica “sostenibile” in quanto contribuisce alla coesione sociale e facilita il senso di identità e responsabilità, valori che aiutano l’individuo a sentirsi parte di una comunità e -in senso più ampio- di una società. Riconoscere un ruolo così importante e complesso al rito significa identificare un ambito di esplorazione di grande interesse per la disciplina del design ed evidenziare la necessità di ridefinire strumenti e pratiche al fine di decodificare il genoma rituale e potenziare il valore socio-economico di questa modalità di trasmissione di conoscenza. Il rito risulta quindi un tema cruciale per la disciplina del design da un lato perchè l’etereogeneità del fenomeno rituale chiama ad un approccio interdisciplinare in grado di dare significato ad elementi “multiversi”; dall’altro perchè il rito -per sua stessa natura- è legato ad oggetti, luoghi e comportamenti ricchi di senso tali da stabilire un’area fertile in cui indirizzare strategie design oriented.

In questa logica è interessante mostrare come il rito si configuri come elemento chiave e motore per la costruzione dell’identità culturale e come il design thinking possa incrementare questo potenziale attraverso processi di valorizzazione del valore culturale, soaciale ed economico del rito stesso.

Analizzando il rito con gli strumenti propri del design si evidenziano le sue caratteristiche morfologiche e quelle relative a contesti specifici sia in termini di tempo che in termini di spazio nella produzione di significato in una dimensione collettiva per uno specifico gruppo di persone.

Il concetto di rito nasce in seno all’antropologia e si sviluppa interessando l’ambito sociologico, necessariamente si andranno quindi ad evidenziare alcuni contributi di matrice umanistica cercando di comprenedere e facilitare possibili e proficui rapporti interdisciplinari tra design e humanities. Attraverso la selezione e l’analisi di casi studio si tenterà inoltre di individuare come il design è presente (in modo implicito o esplicito) nella dimensione rituale.

È interessante comprendere le modalità con cui -nella società contemporanea- si “generano” continuamente nuovi riti. Acune importanti aziende creano infatti prodotti, servizi o specifiche tipologie di luoghi in grado di stimolare veri e propri comportamenti rituali; allo stesso tempo l’ambito delle nuove tecnologie propone servizi, social network, nuovi prodotti “performativi” volti a creare nuove forme di relazione tra persone. In questo contesto di continua trasformazione sociale, merceologica e comportamentale, l’innovazione guidata dal design prende avvio grazie ad un approccio interdisciplinare. Come riportato in fig. 1 il rito si colloca idealmente nel punto d’intersezione di tre aree: la sociologia che studia i comportamenti e i cambiamenti sociali nel contesto contemporaneo, l’antropologia e l’etnografia che studiano le caratteristiche e i comportamenti umani, il design focalizzato sui processi innovativi. La parte centrale è un territorio “ibrido” che incorpora valori e potenzialità leggibili da diversi punti di vista: se ci si colloca nell’area della cultura del progetto e si intende produrre innovazione (studiando, “usando” e reinventando riti) si devono necessariamente creare relazioni e dialoghi interdisciplinari.

Fig. 1 - Relazioni interdisciplinari intorno al tema del rito (schema di R. Trocchianesi)

Un aspetto interessante della relazione tra rito e design è basata sul potenziale narrativo che sottolinea il significato simbolico e umanistico di questo campo. Si possono infatti evidenziare sei linee di intervento in cui è riconoscibile un approccio design driven: progettare scenari e visioni; inventare nuovi usi; inventare nuovi tipi di spazio; inventare nuovi tipi di oggetti; attivare nuovi comportamenti; potenziare il valore narrativo dell’oggetto.

2.1. Progettare scenari e visioni

Spesso una lettura analitico-critica di dati statistici fa emergere tendenze e comportamenti utili nella progettazione di scenari permettendo di comprendere valori significativi e nuovi possibili rituali. Il libro Visionary Cities [1] propone una serie di dati statistici di tipo sociologico sintetizzati attraverso assunti e collage di immagini rappresentative al fine di far emergere alcuni possibili “corridoi”