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Fotografia e Arti Performative: per una sinestesia concettuale dello sguardo tra colore e movimento scenico.

“Claudio Abbado” Roberta Zios

3. Fotografia e Arti Performative: per una sinestesia concettuale dello sguardo tra colore e movimento scenico.

Se risulta da sempre difficile, quindi, definire lo statuto poetico ed estetico della fotografia artistica, ancora più complesso risulta abbozzare tale statuto per il repertorio della fotografia di scena. In prima istanza è bene precisare che per fotografia di scena in questo scritto si intende quella teatrale, in quando l’accezione generalmente comprende sia quella teatrale che cinematografica. In effetti, i meccanismi produttivi, artistici, estetici e comunicativi che governano i due repertori sono differenti sotto molti punti di vista che qui non affronteremo, per ovvie ragioni, se non per quanto attiene la fotografia teatrale e non in termini di confronto tra repertorio per il teatro e repertorio per il cinema.

Ma ripartiamo dai trascorsi con la Pittura. Barthes ne La chambre Claire, [3] ha sottolineato come il “pitturalismo” sia solo un’esagerazione di ciò che la Foto pensa di se stessa, e quanto invece lo statuto artistico della Fotografia affondi le sue radici non tanto dall’Arte Pittorica quanto dall’Arte scenica, evidenziando così il rapporto semantico profondo tra Arte fotografica e Arti performative.

La collocazione della produzione fotografica teatrale all’interno del modello estetico ‘bipolare’, tra rappresentazione e presentazione del reale, a cui sopra si è accennato si definisce soprattutto sul piano di incontro dei due media, sul punto di intersezione fra palcoscenico, sala teatrale e macchina fotografica. Si gioca sulla capacità della fotografia di superare il ‘qui ed ora’ dell’evento performativo dal vivo, di cogliere momenti sintetici del senso complessivo dell’opera agita sulla scena, della specificità della sua messa in scena, generando un ‘unicum’ permanente della vitalità comunicativa della rappresentazione e, al contempo, si gioca nella sua capacità di divenire oggetto d’arte, espressione del progetto artistico, individuale del fotografo.

La fotografia di scena nella sua natura di sintesi dell’estetica e poetica dell’evento teatrale passa anche fortemente attraverso la relazione tra forma e colore, tra colore e negazione delle stesso (la scelta del bianco e nero) e la possibilità del fotografo di intervenire successivamente sul ‘codice colore’ nel generare una più forte significazione soggettiva, la sua personale “visione della visione” dell’‘evento spettacolo’, unico, mai uguale a se stesso, mai ‘copia di sè seppure replicabile. Una visione che si struttura spesso partendo dalle diverse sollecitazioni esterne

(committenze) e istanze interne, individuali del fotografo: artistica, in relazione al suo progetto, alla sua personale visione, funzionale/comunicativa, che si costruisce spesso sulla richiesta di uno specifico committente (si pensi ad una mostra o un allestimento).

A queste finalità si associa anche la relazione con lo spazio, con i materiali che la fotografia utilizza nei diversi contesti per ‘mostrarsi’, concretizzando la ‘traccia’, ossia i supporti di stampa. Nello specifico si pensi, ad esempio, all’utilizzo delle foto che i teatri o gli stessi artisti fanno dei servizi fotografici per pubblicizzare le stagioni, i singoli spettacoli, per realizzare mostre tematiche a scopo didattico o pensate specificamente per la fotografia stessa come prodotto artistico (situazioni sfortunatamente più rare). Un ruolo, questo funzionale e comunicativo che, in realtà ha permesso alla fotografia teatrale, attraverso processi di commercializzazione, di svilupparsi e crescere sotto il profilo artistico e definire – seppure ancora a fatica – i tratti di un proprio statuto estetico.

Parlando della fotografia di scena diviene inoltre fondamentale distinguere tra senso della fotografia e senso dell’oggetto fotografato, tra ‘traccia’ e oggetto reale al fine di identificare le relazioni che si creano tra i due oggetti artistici sia sul piano semantico che estetico. Il reale fotografato, ‘tracciato’ nella fotografia di scena è già un’‘irreale realtà’, un progetto artistico la ‘rappresentazione‘ e la ‘presentazione’ non replicabile di se stesso.

Uno spettacolo teatrale è uno spettacolo sinestetico - si pensi all’opera in musica - composto da linguaggi differenti che sincreticamente sulla scena producono un unicum che, a sua volta, genera un valore aggiunto di senso attraverso la compresenza di questi linguaggi, in una visione che si muove nel tempo e nello spazio: la durata della performance e lo spazio della scena. Inoltre, è un oggetto artistico finito, conchiuso, che poi sulla scena si apre allo sguardo interpretativo dello spettatore e del fotografo-spettatore per generare la propria unicità di evento anche in quelle singole interpretazioni.

Il colore è uno dei codici semantici presenti ed eloquenti di questo oggetto ed interagisce solitamente con altri linguaggi altamente significativi: dalla narrazione all’astrazione, dalla scena alla messa in scena, dai costumi ai profili dei personaggi. Esso si presenta attraverso l’utilizzo delle luci (light design) e la concretezza delle scene, dei costumi e del trucco, degli oggetti di scena, degli strumenti musicali, dei corpi degli artisti.

Il fotografo che concepisce un suo progetto artistico su uno spettacolo teatrale deve interagire con questi colori nella loro veste di colori reali del soggetto fotografato, ma non può ignorare al contempo, nella costruzione del suo progetto, anche l‘irrealtà del loro utilizzo’ sulla scena, la loro funzione semantica all’interno dell’opera d’arte, all’interno dello spettacolo. Ossia, non può ignorare il comunicato artistico che essi acquisiscono all’interno della performance. Tuttavia, il fotografo pur conoscendo e conservando attraverso un’estetica ‘rappresentativa’, questo comunicato artistico può nel suo progetto negarlo, abbracciando al contempo un’estetica ‘presentativa’. È proprio in questo scambio tra reale e rappresentato che si gioca l’estetica ‘bipolare’ della fotografia teatrale. E, in questo processo, il colore si impone come codice di grande rilevanza per definirne alcuni tratti caratterizzanti.