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detenuti stranieri e lavoro

Nel documento Carcere e diritti sociali (pagine 126-131)

il lavoro nei penitenziari italiani

7. detenuti stranieri e lavoro

Gli stranieri sono iper rappresentati in carcere: al 31 dicembre 2008 gli stranieri rappre-sentavano il 6.5% del totale dei residenti in Italia (Fonte: Istat) e il 37,1% dei detenuti (Fonte: Ministero della Giustizia). Dal 1990 al 2008 la presenza dei detenuti stranieri in Italia è più che quadruplicata: Nel 1990 gli stranieri erano poco più che 5.000 (il 15% del totale) oggi sono oltre 21.000 (il 37% del totale)225.

I detenuti stranieri hanno diritto al lavoro come gli italiani. L’articolo 1 dell’Op stabilisce, infatti, che il trattamento penitenziario, di cui il lavoro è parte, non può discriminare i dete-nuti sulla base della “nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali” (infra capitolo 5). Nel 2008 i detenuti italiani presenti erano il 62,9% del totale e avevano il 63,6% dei lavori alle dipendenze dell’amministrazione, mentre i detenuti stranieri erano il 37,1% ed avevano il 36,4% dei lavori. La distribuzione dei posti di lavoro in relazione alla nazionalità appare, dunque, ben bilanciata. Dai dati forniti dallo Sportello Documenti e Tutele, anche all’interno del carcere di Sollicciano questa proporzione sembra essere sostanzialmente rispettata. I detenuti stranieri presenti nel 2008 erano, infatti, il 62% ed avevano il 64% dei lavori226, mentre quelli italiani presenti erano il 38% ed avevano il 36% dei lavori.

Questo dato nasconde, però, il fatto che i lavori meglio retribuiti e più qualificati sono assegnati ai detenuti italiani. Lo Sportello Documenti e Tutele ha calcolato che, nel carcere di Sollicciano, nel 2008 i detenuti italiani lavoranti, il 34% del totale, hanno ricevuto il 44,4% dell’importo totale delle mercedi annue. Le retribuzioni per i lavori più qualificati, rientranti nella categoria A, si aggirano, infatti, intorno ai 23 euro giornalieri, mentre quelle per i lavori meno qualificati sono comprese tra i 10 ed i 13 euro227. Dai calcoli effettuati dallo Sportello risulta che la retribuzione annua media di un detenuto è di 1.109e, ma quella degli stranieri si aggira intorno ai 930e, quella degli italiani, invece, è di 1.459e. Le spiegazioni di questo diffe-rente trattamento retributivo sono molteplici.

Innanzitutto viene in rilievo il fatto che il sistema di assegnazione al lavoro, basandosi esclusivamente sull’anzianità di detenzione, privilegia i detenuti che hanno una presenza sta-bile all’interno degli istituti penitenziari (supra capitolo 2 paragrafo 4). I detenuti stranieri hanno in genere una presenza poco stabile dal momento che sono maggiormente interessati

225 Fonte: Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

226 Così riparititi: 17% a detenuti marocchini, 8% albanesi, 8% tunisini, 7,7% rumeni, 5% algerini, 3% brasiliani, 2 % cinesi, 2% provenienti dall’area della ex Jugoslavia, 1% francesi, 1% nigeriani, 3% nazionalità ignota, 8% altre nazio-nalità.

227 Lo Sportello Documenti e Tutele si occupa delle pratiche per il riconoscimento delle indennità di disoccupa-zione e gli assegni familiari per i detenuti lavoranti. Ha dunque accesso autorizzato ai dati relativi alle retribu-zioni dei detenuti. Le retriburetribu-zioni sono calcolate sulla base delle mercedi percepite dai detenuti e sono quindi al lordo dei prelievi di cui abbiamo parlato al paragrafo 6 del capitolo 2.

dal turn over di ingressi/uscite dalla libertà e dalla mobilità carceraria interna. L’indice da cui si deduce il maggior turn over dei detenuti stranieri rispetto agli italiani è rappresentato dal numero degli ingressi in carcere dalla libertà. Come si evince dalla tabella 5, infatti, la percen-tuale dei nuovi ingressi in carcere di detenuti stranieri è molto più alta di quella della loro presenza. Prendiamo ad esempio i dati relativi al 2008: sono entrati in carcere circa 43.009 stranieri (il 46% circa dei 92.900 nuovi ingressi annuali), mentre a fine anno ne erano presenti solo 21.562 (il 37% circa dei 58.127 presenti)228.

Il maggior turn over dei detenuti stranieri è dovuto al fatto che ad essi si applica più facil-mente la custodia preventiva in carcere: al 31 dicembre del 2008 il 61% dei detenuti stranieri era in attesa di giudizio, mentre solo il 45% degli italiani lo era. La percentuale di detenuti stranieri non definitivi è proporzionalmente più alta della loro presenza percentuale, come si evince dalla tabella 6. Le misure cautelari alternative alla detenzione, come ad esempio quella degli arresti domiciliari, sono di solito concesse ad imputati che hanno un domicilio stabile e verificabile. La gran parte degli stranieri imputati, però, sono privi di titolo di soggiorno e non sono quindi in possesso dei requisiti necessari per l’accesso alle misure non detentive.

228 Le percentuali si riferiscono al 2008 (Fonte: Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria).

totale

ingressi stranieridi cui

% ingressi stranieri

tot. det.

Presenti % stranieri presenti

2005 89887 40606 45,2 59.523 33,3 2006 90714 43228 47,7 39.005 33,7 2007 90441 43977 48,6 48.693 37,5 2008 92900 43009 46,3 58.127 37,1 detenuti stranieri imputati detenuti italiani imputati tot. imputati % stranieri imputati % italiani imputati italiani

presenti stranieri presenti tot. det. Presenti % stranieri presenti % italiani presenti 2005 9.780 11.882 21.662 45,1 54,9 39.687 19.836 59.523 33,3 66,7 2006 9.568 12.577 22.145 43,2 56,8 25.853 13.152 39.005 33,7 66,3 2007 12.919 15.269 28.188 45,8 54,2 30.441 18.252 48.693 37,5 62,5 2008 13.276 16.560 29.836 44,5 55,5 36565 21562 58.127 37,1 62,9

tabella 5 - Ingressi di detenuti stranieri dalla libertà.

tabella 6 - Detenuti stranieri ed italiani imputati. Elaborazione di dati dell’Amministrazione Peniten-ziaria.

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 % stranieri condannati* 11,70% 13,20% 09,50% 13,20% 14,20% 19,10% 26,60% 17,20% 21,40% 26,00% 21,90% 26,23% % stranieri presenti in carcere** 17,77 % 19,65% 22,32% 25,04% 27,13% 29,31% 29,48% 30,16% 31,36% 31,78% 33,32% 33,70% tabella 7 - Stranieri condannati e detenuti. * (Fonte: Istat, giustiziaincifre.istat.it); ** (Fonte: Diparti-mento dell’Amministrazione Penitenziaria).

Un’ulteriore conferma di questo fenomeno viene dal rapporto tra numero di condanne e presenza di stranieri in carcere. Nella tabella sotto abbiamo elencato i dati più recenti che ab-biamo a disposizione relativi alla percentuale di stranieri condannati sul totale dei condannati e la presenza percentuale di detenuti stranieri sul totale dei presenti.

Dalla tabella si evince, in primo luogo, che l’andamento della presenza in carcere di stra-nieri è indipendente dal numero di condanne inflitte: il numero di condanne inflitte è aumen-tato nel corso degli anni ’90, ma si è poi stabilizzato su una media del 22%, mentre la presenza di stranieri in carcere ha continuato a crescere in maniera costante. In secondo luogo che nonostante gli stranieri rappresentino meno di un quarto dei condannati essi sono oltre un terzo degli incarcerati. È evidente, dunque, che per uno straniero imputato la probabilità di finire in carcere è più alta che per un italiano.

L’iper-rappresentazione degli stranieri tra gli imputati comporta che essi siano reclusi in reparti del carcere, come ad esempio il “giudiziario” di Sollicciano, dove sono concentrati i la-vori meno qualificati e peggio retribuiti. Lala-vori più qualificati, come quelli della cucina o della Mof, vengono dati in genere a detenuti dei reparti “penali”.

La scarsa stabilizzazione della presenza dei detenuti stranieri negli istituti penitenziari, poi, è dovuta al fatto che essi sono più facilmente colpiti dalla mobilità carceraria interna. Secondo il III Rapporto sulle condizioni della detenzione dell’Associazione Antigone, per prassi i trasferi-menti dei detenuti da un carcere ad un altro (i così detti “sfollatrasferi-menti”) colpiscono maggiormen-te i demaggiormen-tenuti stranieri e sono solitamenmaggiormen-te giustificati con l’adozione di provvedimenti disciplinari o per motivi di sovraffollamento (Sbraccia 2004). Gli operatori penitenziari che abbiamo inter-vistato hanno confermato l’esistenza di tale prassi e hanno sostenuto che essa è spesso facilitata dal fatto che gli stranieri normalmente hanno meno legami socio-familiari sul territorio rispetto agli italiani. Questa prassi ha portato ad un aumento della presenza degli stranieri in alcuni isti-tuti penitenziari del sud, in territori dove la criminalità straniera locale incide sul tasso dei reati in maniera marginale. Si pensi, ad esempio, alla Casa Circondariale di Castrovillari229, in Calabria, dove ad aprile del 2009 erano presenti circa 150 detenuti stranieri su un totale di 250, tutti

provenienti per “sfollamento” da carceri del centro-nord italia oppure alla casa di Reclusione di Mamu, in Sardegna, dove ad agosto del 2009 gli stranieri erano 305 su 390230.

Le ragioni per cui agli stranieri non vengono assegnati lavori qualificati non si esauriscono, però, nel fatto che la loro presenza negli istituti è meno stabile rispetto a quella degli italiani. Nel corso della nostra indagine etnografica abbiamo, infatti, riscontrato l’opinione diffusa de-gli operatori secondo i quali i detenuti stranieri sono raramente in possesso della competenza e dell’esperienza necessaria per svolgere lavori qualificati.

A quanto appena detto va poi aggiunto che gli stranieri hanno una minore capacità, rispet-to ai detenuti italiani, di accedere alle offerte trattamentali del carcere come, ad esempio, l’istruzione, il lavoro o i corsi di formazione. Questo si verifica per varie ragioni. L’offerta di occasioni trattamentali o semplicemente ricreative è di gran lunga inferiore rispetto alla do-manda e i criteri di assegnazione sono ampiamente discrezionali e, spesso, poco trasparenti. A ciò consegue che i detenuti più abili nel muoversi entro le maglie del sistema penitenziario riescono a procurarsi più facilmente vantaggi e privilegi, come ad esempio l’accesso ad un lavoro più qualificato. Gli stranieri vengono più facilmente schiacciati da questo meccanismo competitivo perché sono in possesso di un capitale umano (inteso come status personale determinato dal livello di istruzione, dal lavoro, dall’ambiente sociale e familiare) mediamen-te più basso e hanno una scarsa conoscenza della lingua italiana e delle norme giuridiche. La maggiore difficoltà degli stranieri a comprendere le regole formali ed informali del carcere, è un handicap evidente soprattutto nella fase dell’ingresso in carcere (Vitelli 2004), quella in cui vengono raccolte le informazioni biografiche eventualmente utili per l’assegnazione a posti di lavoro qualificati (supra capitolo 2 paragrafo 4).

Nel corso della nostra indagine etnografica abbiamo chiesto agli operatori intervistati se nel selezionare i detenuti da ammettere al lavoro, all’istruzione o ad altri momenti ricreativi, si facciano condizionare dalle chances di reinserimento a fine pena. L’assenza di tali chances per gli stranieri potrebbe fornire, infatti, un’ulteriore spiegazione al fenomeno dell’iniqua di-stribuzione dei lavori qualificati. È opinione diffusa che le offerte trattamentali del carcere abbiano uno scarso contenuto riabilitativo e non siano quindi finalizzate al reinserimento so-ciale, ma siano piuttosto strumenti di intrattenimento e di svago utili per superare l’ozio e la noia della detenzione. A ciò consegue che i criteri di distribuzione dell’offerta trattamentale non sono orientati dall’assenza di prospettive di reinserimento dei detenuti stranieri.

L’inserimento lavorativo dei detenuti stranieri, infine, può essere ostacolato dal fatto che essi, nella gran parte dei casi, sono sprovvisti di un titolo di soggiorno e dei documenti ne-cessari per l’avviamento al lavoro. Come avremo modo di spiegare nel capitolo 5, i detenuti stranieri anche se privi di titolo di soggiorno sono da considerarsi regolarmente soggiornanti per tutto il periodo in cui dura la detenzione. Questo non comporta che venga rilasciato loro un permesso di soggiorno ad hoc, ma solo che la loro presenza è considerata regolare 230 Dati dell’Osservatorio ondine sulle condizioni delle carceri italiane dell’Associazione Antigone, www.antigone.

e consente l’avviamento al lavoro. Nonostante ciò, di frequente accade che l’avviamento è ostacolato dalla mancanza del codice fiscale, che è un documento necessario per identificare la persona all’anagrafe tributaria e per consentire il pagamento dei relativi contributi fiscali e previdenziali. Una circolare del Ministero della Giustizia del 12 aprile 1999 n. 547671/10 ha stabilito che nel caso di assenza di documenti l’attribuzione del codice fiscale deve avvenire sulla base dell’identità dichiarata dalla persona o di quella eventualmente accertata nel corso del processo231 (infra capitolo 5 paragrafo 5) . Nonostante la circolare del Ministero alcuni istituti di pena non si sono attivati per definire una procedura per la richiesta del codice fisca-le ai detenuti stranieri. Questa inadempienza comporta che i detenuti stranieri non vengano ammessi al lavoro o che lo siano ma senza il codice fiscale. Nel secondo caso, il detenuto non risulterà iscritto all’anagrafe tributaria e, pertanto, non potrà mai godere dei contributi previ-denziali versati a suo nome (infra capitolo 4).

231 Come è riferito dallo Sportello Documenti e Tutele, spesso accade che i detenuti stranieri dichiarino ad ogni arresto un’identità differente e, pertanto, l’avviamento al lavoro avviene ogni volta con un nome ed un codice fiscale differente. Mostreremo che questo ha delle importanti conseguenze sulla posizione contributiva dei detenuti lavoratori (infra capitolo 4)

Carcere e diritti sociali

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