il lavoro nei penitenziari italiani
5. Lavoro penitenziario e privati: il caso di Bollate
Nel corso della nostra indagine etnografica nell’ambito del progetto Crime Repression Costs
in context (supra capitolo 2) abbiamo potuto vedere da vicino una delle realtà del nord Italia
che costituiscono un’eccezione nel panorama dell’organizzazione del lavoro penitenziario. Si tratta del Carcere di Bollate, situato nella periferia di Milano al confine con il Comune di Bollate.
203 Dati dell’amministrazione penitenziaria, www.giustizia.it
Semiliberi in proprio (1,3%)
Semiliberi per datori lavoro esterni (36,1%) Lavoro dall’esterno (Art. 21 O.P. - 22,1%) Lavoratori in carcere per conto di imprese (13,5%) Lavoranti in carcere per conto di cooperative (27,1%) Distribuzione lavoranti non alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria
1,3%
36,1%
22,1% 13,5%
27,1%
Grafico 9 - Distribuzione lavoranti non alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria al 31.12.08. Elaborazione dati dell’Amministrazione Penitenziaria.
Secondo quanto riferito dall’Osservatorio di Antigone204 si tratta del Penitenziario più grande d’Europa per superficie complessiva. Nonostante il carcere sia stato inaugurato nel 2000, non si tratta di una nuova costruzione dal momento che la sua progettazione è iniziata alla fine degli anni ‘70. La struttura presenta le caratteristiche tipiche dell’edilizia penitenziaria degli anni ’80: gli edifici sono distribuiti a blocchi su un’ampia superficie, i cortili e le aree destinate all’ora d’aria ed al passeggio dei detenuti sono costruiti in cemento. Di recente è stato ristrutturato per ade-guarlo alle norme introdotte dal Re del 2000 e per creare spazi adatti alle lavorazioni. Il carcere è nato come progetto sperimentale finalizzato all’inserimento dei detenuti in lavorazioni inter-ne gestite da privati o dalla stessa amministraziointer-ne su commesse esterinter-ne.
Bollate ha sei reparti di detenzione. Nel primo e nel terzo sono raccolti i detenuti comuni. Il secondo è dedicato ai tossicodipendenti. Il quarto detiene giovani di età compresa tra i 21 e i 25 anni che provengono dal carcere minorile Beccaria, in virtù di un’apposita convenzione sottoscritta tra le direzioni dei due istituti. Nel quinto vi sono detenuti assegnati al lavoro all’esterno ex articolo 21 Op. Il sesto reparto contiene, invece, i sex offenders205.
A dicembre del 2008 il carcere aveva circa 750 detenuti (su 870 posti disponibili), dei quali ben 550 erano assegnati al lavoro, oltre il 70% del totale (la media nazionale è del 24%).
204 Antigone, Osservatorio nazionale sulle condizioni della detenzione, www.associazioneantigone.it
205 Normalmente i sex offenders vengono ristretti in sezioni speciali che non permettono alcun contatto con i delinquenti comuni. Nel carcere di Bollate, invece, non è applicato il regime delle così dette sezioni “protette” dal momento che i sex offenders possono incontrarsi e lavorare con i detenuti comuni.
350 300 250 200 150 100 50 0 Abruzz o Basilica ta CalabriaCampani a Emilia Romagna Friuli Venezia Giuli a Lazio Liguri a Lomba rdia March e Molis e Piemo nte Puglia
Sardegna Sicilia Tosca na Trentino Al to Adig e Umbri a Valle D’Aost a Vene to
Lavoranti non per l’Amministrazione Penitenziaria Distribuzione numerica su base regionale
N um er o la vo ra nt i Lavoro ex art. 21
In carcere per privati Semilibertà
Grafico 10 - Lavoranti non per l’Amministrazione Penitenziaria, distribuzione numerica su base regio-nale al 31.12.08. Elaborazione dati dell’Amministrazione Penitenziaria..
Di questi 70 erano assunti da ditte private grazie alla misura dell’assegnazione all’esterno ex articolo 21 Op206. Circa 120 erano assunti con contratti di lavoro subordinato da soggetti che hanno lavorazioni all’interno (2 call center, 6 cooperative sociali che si occupano di attività come il cathering o manutenzione verde). In molti casi il primo committente delle imprese o 206 Tale dato da solo sarebbe già rilevante dal momento che in tutta la Lombardia i detenuti in articolo 21 sono 110, 403 in tutta Italia. Il carcere di Bollate ha, dunque, da solo il 63% degli articolo 21 della Lombardia e il 17% di quelli presenti su tutto il territorio nazionale.
Lavoranti non per l’amministrazione penitenziaria distribuzione numerica per tipo di lavoro su base regionale
semilibertà all’esternolavoro lavoranti in carcere per conto di
totale regione in proprio per datori esterni ex art. 21 L. 354/75 imprese cooperative
abruzzo 0 1 3 0 0 4
Basilicata 0 2 4 0 0 6
Calabria 1 24 1 5 20 51
Campania 2 80 5 0 0 87
emilia romagna 3 53 36 1 18 111
friuli Venezia Giulia 1 8 2 0 0 11
Lazio 1 61 34 11 64 171 Liguria 3 28 17 2 3 53 Lombardia 2 92 110 156 139 499 Marche 0 6 9 0 0 15 Molise 0 1 2 0 4 7 Piemonte 1 52 50 0 49 152 Puglia 2 73 4 0 18 97 Sardegna 0 15 8 0 5 28 Sicilia 5 22 25 2 11 65 toscana 2 74 60 1 25 162
trentino alto adige 0 6 0 0 0 6
umbria 0 13 4 0 2 19
Valle d’aosta 0 0 0 0 0 0
Veneto 1 47 29 68 136 281
totale nazionale 24 658 403 246 494 1.825
tabella 4 - Lavoranti non per l’Amministrazione Penitenziaria distribuzione numerica per tipo di lavoro su base regionale. Elaborazione dati dell’Amministrazione Penitenziaria.
delle cooperative è la stessa amministrazione che nel caso del cathering, ad esempio, acquista i prodotti e li vende agli stessi detenuti o alle famiglie nel corso delle visite. Vi erano, inoltre, circa 30 soci-lavoratori di cooperative, 30 lavoratori in affitto, 25 assunti con varie tipologie di contratto lavorativo da privati e, infine, circa 300 detenuti addetti a lavori domestici alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria207. In totale vi erano, dunque, circa 200 lavo-ranti in carcere alle dipendenze di terzi, che rappresentano circa il 68% del totale dei detenuti lavoranti per privati in Lombardia ed il 27% circa del totale nazionale.
Esistono una pluralità di ragioni in grado di spiegare le eccezionali performance del model-lo Bollate. In primo luogo vengono in rilievo l’assenza di sovraffollamento e il fatto che la po-polazione detenuta, prevalentemente composta solo da condannai definitivi con pene lunghe comprese tra i 4 ed i 20 anni, è poco soggetta al fenomeno del turn over. Questa situazione consente allo staff del carcere di conoscere approfonditamente il detenuto e progettare un percorso di inserimento lavorativo.
In secondo luogo, l’eccezionalità del caso Bollate si spiega con il fatto che lo staff del carcere ha la possibilità di ammettere solo i detenuti che hanno tenuto una buona condotta nel carcere di provenienza. Formalmente la richiesta di ammissione a Bollate deve essere in-viata dal detenuto al Prap (Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria) della Lombardia se è ristretto in un altro carcere della regione, al Dap se si trova in un’altra regione. Le domande di ammissione a Bollate sono valutate dallo staff del carcere (personale educati-vo e di polizia) che normalmente acquisisce il fascicolo redatto nel carcere di provenienza e, in taluni casi, si reca a fare un colloquio con il detenuto. In seguito esprime un parere, anche se la decisione finale spetta al Prap. La selezione garantisce una popolazione carceraria omo-genea, composta da detenuti “non problematici”, per i 2/3 italiani, spesso in possesso di una rete socio-familiare di riferimento208 e, in ogni caso, con adeguate capacità psico-fisiche per poter lavorare e prender parte alle altre attività del carcere.
Nel corso della nostra indagine è emerso che l’idoneità psico-fisica è uno degli elementi che condizionano maggiormente la selezione dei detenuti. Lo staff tende in effetti ad esclu-dere detenuti prigionizzati, dal momento che non sono in grado di avere un sufficiente grado di autonomia nel gestire le responsabilità che derivano dal lavoro e dal regime di sorveglianza a custodia attenuata, e i detenuti tossicodipendenti che abbiano in corso una terapia di disin-tossicazione, poichè non sono ritenuti in possesso di quell’integrità psicofisica necessaria per sopportare un regime carcerario basato sul lavoro209. In ogni caso sono esclusi i detenuti non appartenenti ai circuiti comuni, come quelli in regime di 41bis o di alta sicurezza.
Fino al 2007 giungevano a Bollate anche detenuti sfollati dal carcere di San Vittore, i quali erano ristretti principalmente in due reparti appositamente dedicati. Questo fenomeno aveva de-207 I dati ci sono stati riferiti dalla Direzione del carcere a dicembre del 2008.
208 Nel corso dell’intervista fatta alla Direzione dell’Istituti è stato, infatti, confermato che la gran parte dei dete-nuti effettua regolari colloqui con i familiari.
terminato la creazione di un “doppio circuito” detentivo, uno dedicato ai detenuti “selezionati” dallo staff del carcere e ai quali erano rivolte la gran parte delle offerte trattamentali, e un circuito dedicato ai detenuti “sfollati” che era composto per il 90% da stranieri che rimanevano per periodi relativamente brevi in carcere e godevano di una minima parte dei privilegi del sistema Bollate. At-tualmente, dopo l’interruzione degli sfollamenti dalla Cc di San Vittore, la percentuale di detenuti stranieri si è assestata sul 35%, una percentuale corrispondente alla media nazionale, ma che è la metà di quella delle carceri del centro nord nelle quali tendenzialmente oscilla tra il 60 ed il 70%. Secondo la direzione non vi è alcuna discriminazione intenzionale nei confronti dei dete-nuti stranieri. Il numero relativamente basso sarebbe, piuttosto, conseguenza di fattori strut-turali. Gli stranieri sono meno selezionabili per Bollate perché la loro presenza negli istitu-ti penitenziari, sebbene in termini quanistitu-titaistitu-tivi rappresenistitu-ti 1/3 della popolazione detenuta complessiva, è poco stabile a causa sia del turn over causato dal rapido susseguirsi ingressi ed uscite che della mobilità carceraria interna. Inoltre, gli stranieri di solito sono poco motivati ad adattarsi al regime penitenziario, dal momento che sono consapevoli di non poter benefi-ciare di quei vantaggi che normalmente conseguono al rispetto delle regole disciplinari. Nel gran parte dei casi, infatti, non hanno alcuna prospettiva di reinserimento a fine pena, a causa dei divieti posti dagli articoli 5 e 9 del T.U. sull’immigrazione (infra capitolo 5), e hanno bassis-sime possibilità di beneficiare di misure alternative alla detenzione a causa dell’assenza di reti socio-familiari di supporto e di un domicilio.
Abbiamo detto sinora delle caratteristiche del sistema di selezione della popolazione de-tenuta, esiste, però, un’altra ragione che ha facilitato la creazione delle lavorazioni peniten-ziarie gestite da privati. Abbiamo già avuto modo di dire che uno dei motivi per cui di solito le esigenze del carcere e quelle degli imprenditori privati mal si conciliano, sono essenzialmente di tipo logistico ed organizzativo. La disciplina del carcere è di solito rigidamente finalizzata a garantire le esigenze di sicurezza e custodia. Essa si realizza attraverso un capillare controllo su corpi che si muovono entro spazi e con tempi scanditi. Questo approccio mette in secondo piano le attività trattamentali in nome della sicurezza: se l’ordine rischia di essere compro-messo a causa di un contingente problema di carattere tecnico-organizzativo (si pensi ad esempio alla carenza di personale preposto alla sorveglianza o ad una protesta dei detenuti), si sospendono tutte le attività non strettamente necessarie all’andamento dell’istituto (come ad esempio l’istruzione, le lavorazioni, le attività sportive, ecc). Un’impresa privata, però, non può subordinare il suo funzionamento a tali tipi di ragioni.
A Bollate è praticato un regime detentivo di custodia attenuata che ha consentito il supe-ramento di quest’empasse. Esso si basa sulla concessione progressiva della libertà di potersi muovere all’interno dell’istituto dalle ore 9 alle 19. Di conseguenza, i detenuti possono recarsi nei reparti del carcere dedicati alle lavorazioni senza bisogno di una sorveglianza specifica. Sul punto la Direttrice di Bollate chiarisce che:
abbiamo un regime di sicurezza integrata, la sicurezza è non più il controllo dei corpi, ma è sinonimo di organizzazione del servizio. Sono chiamati a fare sicurezza anche gli educatori. Sia nella
sele-zione che nella allocasele-zione dei detenuti, che nella gestione degli eventi critici, educatori e poliziotti collaborano. Tutte le decisio-ni sono prese congiuntamente. È la sicurezza è data non tanto dal controllo sui corpi, quanto dalla comunicazione e dallo scambio di informazioni tra le varie figure professionali coinvolte nella ge-stione della sicurezza. Bisogna cambiare il concetto di sicurezza, si passa da marcarli a uomo a marcarli a zona.210
Volendo sintetizzare quanto detto sinora, possiamo affermare che le ragioni del successo del modello Bollate sono le seguenti: un contesto territoriale economico e di mercato favo-revole allo sviluppo delle lavorazioni all’interno del carcere; una popolazione detenuta com-posta prevalentemente da condannati definitivi a pene lunghe; una popolazione detenuta stabile e l’assenza di turn over di nuovi ingressi/uscite e di mobilità carceraria interna; nessun problema di sovraffollamento; la possibilità di selezionare solo detenuti “non problematici” adatti ad un regime penitenziario in cui il lavoro riveste un ruolo centrale; un regime di custo-dia attenuata che facilita gli spostamenti dei detenuti nel penitenziario e concilia le esigenze di sicurezza con quelle di efficienza delle imprese.