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Il dibattito sull'inoculazione del vaiolo nel Settecento: dall'Inghilterra degli anni '20 alla Francia degli anni '50.

NUOVI ORIZZONTI, NUOVE POSSIBILITÀ: IL SOGGIORNO FRANCESE (1760-1771)

2. Il dibattito sull'inoculazione del vaiolo nel Settecento: dall'Inghilterra degli anni '20 alla Francia degli anni '50.

Il dibattito sull'inoculazione del vaiolo nacque molti anni prima dell’arrivo di Gatti in Francia.177 La tecnica, nata e perfezionata in Oriente nel corso dei secoli, deve il suo

ingresso ufficiale in Europa, come abbiamo accennato nel capitolo precedente, a Lady Mary Montague che, dopo aver provato l'efficacia della pratica sui propri figli, si adoperò affinché l'inoculazione fosse introdotta anche in Inghilterra. In seguito al suo ritorno in patria da Costantinopoli, nel 1721, iniziarono le prime inoculazioni di vaiolo prima su volontari e poi su detenuti e orfani inglesi, in accordo con il re Giorgio I. I risultati positivi di questi esperimenti portarono, nel 1722, alle inoculazioni di due principesse reali, Amelia e Carolina, nipoti del re, che si conclusero con pieno successo. L'esito positivo delle inoculazioni reali fu turbato però dalla notizia della morte di due giovani, avvenuta in seguito all'inoculazione. A queste morti si aggiunsero quelle di altri inoculati a Boston per mano del dottor Boylston.178 Queste ultime vicende dimostravano quanto la pratica

dell'inoculazione, da arma preventiva contro la malattia, potesse facilmente trasformarsi anche in uno strumento di morte soprattutto se usata in maniera inconsapevole o poco ponderata.

Tutte quelle personalità che avevano guardato all'inoculazione con sospetto, trovarono terreno fertile per avanzare le loro critiche nei confronti della tecnica: se i suoi sostenitori la ritenevano l'unico mezzo possibile per prevenire il vaiolo, i suoi detrattori contrapponevano molteplici obiezioni, sostanzialmente riconducibili a due ambiti: scientifico e ideologico. Dal punto di vista medico-scientifico l'inoculazione dava corso ad una malattia che, per quanto trasmessa in forma controllata, poteva di fatto portare alla morte, proprio come il vaiolo naturale; inoltre non c'erano garanzie sulla sicurezza della trasmissione di un solo virus in quanto il paziente poteva essere inconsapevolmente infettato con altre malattie. C'era inoltre chi, tra i detrattori, avanzava perplessità sulla reale trasmissione del vaiolo tramite l'inoculazione e chi dubitava che con essa il soggetto divenisse realmente immune. Pendeva infine sugli inoculati la grave accusa di andare ad alimentari i focolai di vaiolo,

177Per l'approfondimento sul dibattito, di cui qui mi limiterò a tracciare le tappe fondamentali, rimando alle opere di P. Darmon, La longue traque de la variole, op. cit., J.-F. Raymond, Querelle de l'inoculation, op. cit. e G. Miller, The adoption of inoculation for smallpox in England and France, Philadelphia University Press, 1957. Un'altra opera molto valida è quella di B. Fadda, L'innesto del vaiolo. Un dibattito scientifico e culturale dell'Italia del Settecento, op. cit., che offre un'analisi approfondita sull'evoluzione del dibattito italiano inerente all'inoculazione.

malattia all'epoca endemica.179

Sul piano ideologico l'inoculazione veniva condannata su due fronti: religioso e deontologico. Il primo a condannare moralmente la pratica fu il reverendo Massey durante il suo sermone tenuto a Londra l'8 luglio 1722, il quale sostanzialmente fondava la sua tesi sul principio secondo cui soltanto Dio è padrone del nostro destino ed ogni pratica che si intrometta nel disegno divino è da considerarsi fonte di peccato.180Secondo la deontologia

medica del tempo che si rifaceva alla più antica tradizione ippocratica, il medico aveva il dovere di preservare la salute del suo paziente e l'idea di provocare di proposito una malattia potenzialmente mortale per poi curarla, andava contro questo principio consolidato ormai da secoli. Rifacendosi proprio alla tradizione ippocratica il 30 dicembre 1723, Louis Duvrac, un laureando in medicina, discusse una tesi dal titolo: Est-il permis de propager l'inoculation de la petite vérole?, nella quale affermava: “La médecine a pour objet de guérir, […] mais tant que tout est dans l'ordre, elle reste tranquille et oisive, et elle ne sait pas faire usage de ses armes pour enfanter des ennemis qu'elle combatte ensuite.”181

L'intervento della medicina in campo preventivo apriva quindi spinose questioni di carattere etico sul rapporto tra uomo e progresso scientifico, tema quest'ultimo caro all'illuminismo. In Francia il dibattito sull'inoculazione trovò da subito terreno fertile, e questo nonostante il numero ancora esiguo di inoculazioni praticate rispetto all'Inghilterra. Nel 1723 M. de la Coste, medico francese di ritorno da Londra, pubblicò una lettera indirizzata al primo medico del re, M. Dodard, nella quale illustrava i meriti dell'inoculazione.182 La lettera

pubblicata con l'approvazione della Facoltà di Medicina di Parigi e il cauto parere favorevole di nove dottori della Sorbona, trovò consensi anche tra i più importanti medici parigini dell'epoca tra cui Claude-Adrien Helvétius183, personaggio a cui Angelo Gatti fu in

seguito molto legato. Un altro illustre e convinto sostenitore dell'inoculazione del vaiolo fu

179In Inghilterra uno tra i primi medici ad avanzare pubblicamente delle obiezioni nei riguardi dell'inoculazione fu William Wagstaffe, membro della Royal Society di Londra, che nel 1722 pubblicò Letter to Dr. Freind, Shewing the danger and uncertainty of inoculating the smallpox, London, Butler, 1722. Tra coloro invece che sostenevano l'inoculazione ricordo John Crawford autore di The case of inoculating the smallpox considered and its advantages asserted in a review of Dr. Wagstaffe's letter, wherein every thing that Author has advanced against it is fully confuted and inoculation proved a safe, beneficial and laudable practice, London, Warner, 1722 e James Jurin, uno dei primi a studiare le statistiche di morte sul vaiolo e sull'inoculazione in An account of the success of inoculating the small-pox in Great Britain, for the year 1725 with a comparison between the miscarriages in that practice, and the mortality of the natural small-pox, London, Peele, 1726.

180Cfr. Rev. Edmund Massey, A sermon against the dangerous and sinful practice of inoculation, London, Meadows, 1722.

181Cit. in L. Duvrac, Est-il permis de propager l'inoculation de la petite vérole?, Paris, Delaguette, 1755, p. 3.

182M. de La Coste, Lettre sur l'inoculation de la petite vérole comme elle se pratique en Turquie et en Angleterre addressée à M. Dodart, conseiller d'État et premier médecin du roy, Paris, Laboittier, 1723.

183L'interesse di Helvétius riguardo al vaiolo e alla sua cura è testimoniato dalla sua opera Idée générale de l'économie animale et observations sur la petite vérole, Paris, Rigaud, 1722. Sul legame tra Gatti e Helvétius si veda D. Smith, Correspondance générale d'Hélvetius, Toronto, University of Toronto Press, Oxford, Voltaire Foundation, 1981-

Voltaire, che nel 1734 diede alle stampe la Lettre sur l'insertion de la petite vérole, nella quale, ripercorrendo le origini circasse della pratica, la lodava per la sua capacità di prevenire una malattia così diffusa e pericolosa.184 Tra l'inizio degli anni '30 e la fine degli

anni '40 del secolo ci fu una significativa flessione della pratica inoculatoria, che tuttavia non cessò del tutto. Gli storici segnalano infatti casi d'inoculazioni nelle colonie americane e in Inghilterra, dove nel 1743 la pratica venne resa obbligatoria e gratuita per i bambini dell'ospedale Foundling di Londra.185

Il dibattito trovò nuova energia nel 1754 quando Charles de La Condamine lesse, in occasione della seduta inaugurale dell'Accademia delle Scienze di Parigi, il suo primo Mémoire historique et critique en faveur de l'inoculation.186 In occasione del suo viaggio

nell'America del Sud, la Condamine era stato testimone di una violenta epidemia di vaiolo nei pressi di Parà ed aveva constatato come gli indios inoculati dai missionari risultassero immuni al vaiolo. Tornato in patria divenne uno dei più importanti sostenitori dell'inoculazione e si adoperò affinché tale pratica fosse conosciuta e diffusa anche fuori dalla Francia. Nel 1755 La Condamine fece un viaggio in Italia e fu proprio nel Granducato di Toscana che la sua opera di promotore dell'inoculazione dette i maggiori frutti. Giovanni Targioni Tozzetti, che nel 1756 guidò gli innesti pubblici di vaiolo a Firenze eseguiti con il beneplacito della Reggenza Lorenese, affermava:

“La nostra Firenze fu tra le prime città d’Italia, che restasse informata di questa verità – l'inoculazione – mentre in essa fu stampata nel 1725 e ricevuta con plauso la Relazione ed Istruzione del celebre Carlo Maitland, volgarizzata dal Cav. Tommaso Derbeam […]. Fortunatamente nella primavera dell’anno 1755 il Sig. de la Condamine […] si trattenne per alcune settimane in Firenze, dove colla sua utilissima dissertazione stampata, ma molto più colle convincenti ragioni addotte nei famigliari discorsi avuti con diverse persone, dissipò certi dubbi e risvegliò il desiderio di porre in pratica l’Innesto.”187

A queste parole sull'importanza dell'opera di La Condamine nella pratica dell'inoculazione in Toscana si aggiungono quelle di un medico, Giovanni Calvi, che qualche anno dopo scrisse:

184Cfr. Voltaire, IX. Lettres sur l’insertion de la petite vérole, in Lettres philosophiques, Amsterdam, E. Lucas au livre d’or, 1734, pp. 44-48.

185Cfr. P. Darmon, La longue traque de la variole, op. cit., pp. 89-90.

186Ch. M. de la Condamine, Mémoire sur l'inoculation de la petite vérole. Lu a l'assemblée publique de l'Academie Royale des Sciences, le mercredi 24 Avril 1754, par M. De La Condamine, Avignon, F.B. Merande, 1755.

“La prima dissertazione o sia memoria la quale in favore dell'innesto del vaiolo fu dal Signore de la Condamine […] letta a Parigi, all'adunanza pubblica dell'Accademia reale delle Scienze, fu come la fondatrice dell'innesto in qualche parte della Romagna e della Toscana, particolarmente dopo che essendosi in Toscana il med. Signore trattenuto nel 1755, […] e dopo che rimastone persuaso singolarmente l'eruditissimo Mons. Prevosto delle Chiese di Livorno, il Sig. Marchese Filippo Venuti di Cortona, tradusse quella memoria e ne fece nell'istesso anno 1755, con note concludenti fare in quella città marittima una edizione in idioma toscano che fu utilissima […]”.188

Angelo Gatti frequentava le conversazioni letterarie tenute a Livorno dal Venuti e non è da escludere che proprio in queste occasioni abbia partecipato al dibattito sull'inoculazione e conosciuto di persona La Condamine.189 Infatti, grazie all'incarico di docente di medicina

presso lo Studio pisano e di matematica a bordo dei vascelli imperiali, Angelo Gatti era, già all'epoca, una personalità stimata e spesso veniva invitato a prendere parte a discussioni ed esperimenti scientifici. Proprio nell'estate del 1755 Gatti partecipò, a Firenze, ad alcuni esperimenti sulla sensibilità animale, promossi da Cesareo Pozzi, abate olivetano e lettore di matematica presso la Sapienza di Roma.190

Nel frattempo in Francia, in special modo a Parigi, le inoculazioni si susseguirono tra alti e bassi fino al 12 marzo 1756, anno in cui Louis Philippe Duca d'Orléans chiamò il medico svizzero Théodore Tronchin per inoculare i suoi due figli, Louis Philippe Joseph, futuro Philippe Égalité e Louise Marie Thérèse Bathilde, futura principessa di Condé; l'operazione si concluse con pieno successo. Come è noto dal 1752 il duca di Orléans era divenuto primo principe di sangue in linea di successione al trono di Francia subito dopo la famiglia reale, ed è per questo motivo che il suo dichiarato e convinto appoggio alla pratica dell'inoculazione era destinato ad avere un forte impatto sull'opinione pubblica.

Una semplice analisi dei numeri potrebbe risultare fuorviante, visto che ancora nel 1758 il totale degli inoculati superava di poco le duecento unità. Tuttavia è fondamentale rilevare che molti nobili avevano seguito e continuarono a seguire l'esempio del duca d'Orléans facendo inoculare i propri figli o sottoponendosi in prima persona all'inoculazione.

188G. Calvi, F. R. Adami, G. L. Berti, G. Veraci, Tre consulti, fatti in difesa dell'innesto del vaiolo da tre dottissimi teologi toscani viventi, Milano, Galeazzi, 1762, prefazione, p. 1.

189Cfr. a questo proposito F. Pera, Curiosità livornesi inedite o rare, Livorno, Giusti, 1888, p. 318 e sul presunto incontro tra La Condamine e Gatti si veda R. Laulan, Les Mémorables séances d'inoculation de Gatti à l'Ecole Militaire en 1768, extrait de “La Presse Médicale”, 59e Année, N°34, 19 mai 1951, p. 2.

3. Il dibattito si riaccende: la querelle dell'inoculazione a Parigi nei primi anni