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Il viaggio a Napoli del 1771 e le prime inoculazioni nella capitale partenopea

DAL GRANDUCATO DI TOSCANA AL REGNO DI NAPOL

2. Il viaggio a Napoli del 1771 e le prime inoculazioni nella capitale partenopea

Il soggiorno a Ronta durò probabilmente poco più di un mese in quanto già l'8 novembre 1771 Piccolomini informava Niccoli che Gatti era partito per Napoli in compagnia di Lady Orford583 e del Cavalier Mozzi,584 con l'intento di restarvi tre mesi.585

Instancabile viaggiatrice, Lady Orford, conosciuta anche come Lady Walpole per aver sposato in prime nozze Sir Robert Walpole, secondo conte di Orford, conosceva Gatti probabilmente già prima della sua partenza per la Francia, dove continuò a frequentarlo, sempre in compagnia del cavalier Mozzi.586 La nobildonna inglese era arrivata a Firenze agli

inizi degli anni '50 divenendo l'amante del capo della reggenza lorenese, il conte di Richecourt, nonché membro attivo della comunità di residenti inglesi vicini agli ambienti massonici, frequentati anche da Antonio Cocchi, maestro di Gatti. Negli stessi anni Lady

583Margaret Rolle, quindicesima baronessa di Clinton (1709-1781), originaria di una nobile famiglia del Devonshire. All'età di 15 anni Margaret sposò Sir Robert Walpole, secondo conte di Orford (1701-1751), figlio di Sir Robert Walpole, primo conte di Orford (1676-1745), primo Primo Ministro del Re d'Inghilterra dal 1721 al 1742. Dal matrimonio tra Margaret e Robert Walpole nacque un solo figlio, Sir GeorgeWalpole, terzo conte di Orford, (1730- 1791), eccentrico falconiere, morto senza eredi legittimi. Il matrimonio fu molto burrascoso e finì con una separazione legale. Margaret si sposò una seconda volta con Sewellis Shirley, (?-1765) figlio di Robert Shirley, primo conte di Ferrers. Lady Walpole viene ricordata soprattutto per la sua eccentricità e per la sua vivace vita sentimentale. Su Lady Walpole ed i suoi anni fiorentini si veda F. Borroni Salvadori, Personaggi inglesi inseriti nella vita fiorentina del '700: Lady Walpole e il suo ambiente, op. cit.; W. S. Lewis (edited by), The yale Edition of Horace Walpole's correspondence, op. cit., ad nomen; Doran, “Mann” and Manners at the court of Florence, 1740- 1786, London, Richard Bentley and Son, 1876, vol. I.

584Giulio Giuseppe Mozzi del Garbo (1730-1813), matematico e uomo politico fiorentino. Come studioso di fisica e di meccanica il suo nome resta legato ad un'opera in particolare, Discorso matematico sopra il rotamento momentaneo dei corpi (1763) pubblicato presso Donato Campo a Napoli, dove si era provvisoriamente trasferito. In questo trattato dedicato all'amico Frisi, Mozzi espone il teorema sulla meccanica dei corpi rigidi che ancora oggi porta il suo nome. Come uomo politico Mozzi ricoprì varie cariche sotto il governo granducale toscano, tra cui si ricorda soprattutto la carica di Primo Ministro del Regno d'Etruria (1801), carica che conservò fino al 1808. Alla sua morte, Lady Walpole lasciò tutti i suoi beni in eredità proprio al cavalier Mozzi, tramite un testamento redatto quando la nobildonna era ancora in vita ma valido solo dopo la sua morte. (ASF, Notarile moderno, notaio Clemente Del Pace, 28060, cc. 55-56, Firenze, 4 ottobre 1777). La casa abitata da Lady Walpole a Firenze si trovava nel Fondaccio di San Niccolò e nel popolo di Santa Lucia de Magnoli, confinante con il palazzo Mozzi. Dopo la morte della Walpole il Mozzi prese possesso della casa della nobildonna (1781) e seguendo le volontà espresse nel suo testamento di dimenticarla dopo la morte, si sposò con Luisa Bartolini Salimbeni (1767-?). Si veda a questo proposito il loro annuncio di matrimonio pubblicato nella “Gazzetta Toscana”, n. 41, Firenze, 9 ottobre 1784, p. 162. I due ebbero un figlio, Pietro Giannozzo Domenico, nato nel 1787. Su Mozzi si vedano J. Duff-Gordon Ross, Florentine Palaces and their Stories, London, J.M. Dent & Co.-New York, E.P. Dutton & Co., 1905, pp. 151-154 e M. A. Morelli Timpanaro, Per una storia di Andrea Bonducci (Firenze, 1715-1766): lo stampatore, gli amici, le loro esperienze culturali e massoniche, op. cit., pp. 143-145, nota 294. Il cavalier Mozzi fu per Lady Walpole quello che nel Settecento veniva chiamato cicisbeo o cavalier servente. Su questa figura si veda R. Bizzocchi, Cicisbei, morale privata e identità nazionale in Italia, Bari, Laterza, 2008.

585ASF, Segreteria e Ministero degli Esteri – Appendice, 2, Piccolomini al Niccoli, Firenze, 8 novembre 1771, c.n.n.: “Il S. Dottor Gatti è partito due giorni sono per Napoli in compagnia di Miledy Orford, e del Cav. Mozzi con idea di trattenersi in quella città tre mesi. [...]”

586F. Nicolini, Amici e corrispondenti Francesi, op. cit., p. 74, lettera n. VIII, Gatti a Galiani, Parigi, 1° agosto 1769: “Milady e Mozzi son qui, come sapete, e parliamo di voi ogni giorno. Milady parte domani per l'Inghilterra. Mozzi la seguirà fra pochi giorni”.

Walpole conobbe probabilmente anche quello che sarebbe divenuto il suo più fedele amico, Giulio Mozzi, matematico e uomo politico toscano, a cui Gatti fu molto legato.

Il segretario Piccolomini non specificava nella sua lettera al Niccoli i motivi del viaggio a Napoli di Gatti, ma possiamo supporre che oltre a cogliere l'occasione di fare un viaggio in compagnia di due vecchi amici, il medico toscano volesse anche rispettare la promessa fatta all'amico Galiani fin dalla sua partenza dalla Francia nell'estate del 1769:

“Spero che vi consolerete d'aver lasciato Parigi; ma io ho più pena che non avrei creduto a consolarmi della vostra perdita. Io non penso come voi; sospiro per l'Italia; e certamente ci tornerò fra non molto, e farò un viaggio a Napoli per abbracciarvi.”587

Dopo una breve sosta a Roma, di cui troviamo testimonianza nella corrispondenza intercorsa tra Alessandro e Pietro Verri,588 Gatti giunse a Napoli il 22 novembre,589 per la

gioia di Galiani che, entusiasta per l'arrivo dell'amico, non nascondeva tuttavia a Mme d'Épinay quanto il medico toscano fosse combattuto tra la felicità di essere tornato in Italia ed il dispiacere per la situazione degli amici lasciati in Francia:

“Gatti è qui a Napoli, felice di essere in Italia. Trema per la sorte degli amici filosofi che sono rimasti in Francia: nutre per loro un affetto profondo, ma non nostalgia. Il suo cuore è fatto così, ama senza rimpiangere. Vorrebbe ritornare in Francia, e promuovere una crociata, per convincere tutti gli amici a trasferirsi a Napoli. Se potessi contare sulla sua eloquenza, sarei ben lieto di pagargli io stesso le spese di viaggio, ma Gatti ha più persuasione interiore che eloquenza.”590

587F. Nicolini, Amici e corrispondenti Francesi, op. cit., p. 74, lettera n. VIII, Gatti a Galiani, Parigi, 1° agosto 1769. Il Galiani era stato informato da Gatti del suo arrivo e ne dava notizia ad un amico comune, Pietro Paolo Celesia (1732-1806), intellettuale illuminista e diplomatico, che Gatti conosceva fin dai tempi dello Studio pisano. Pietro Paolo Celesia scriveva al Galiani da Genova, il 16 novembre 1771: “V'invidierò la conversazione di Gatti che so da molto tempo in Toscana, e continuerò a sopportare l'assenza di tanti stimabili amici. [...]”. Cit. in S. Rotta, L'illuminismo a Genova: lettere di P.P. Celesia a F. Galiani, tomo secondo, “Miscellanea storica ligure”, V (1973), n. 1, p. 93. Su Celesia si veda anche la voce biografica a lui dedicata contenuta nel volume 23 del DBI a cura di S. Rotta e la biografia di V. Corti, Ritratto di un giovane illuminista. Pietro Paolo Celesia, Roma, Lo Faro, 1986. 588“È a Roma il dottor Gatti inoculatore. Egli, dopo esser stata in Francia sedici anni ed aversi fatta l'entrata di più di

mille zecchini, ritorna a casa, lasciando l'inoculazione alla Sorbona ed alla Facoltà. Qui vive con Milady Walpole ed il cavalier Mozzi. Io non l'ho ancora veduto. Dillo a Frisi, se mai non lo sapesse.” Cit. in E. Greppi - A. Giulini, Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, op. cit., vol. IV, p. 287, Pietro ad Alessandro, Roma, 20 novembre 1771. 589“Il mio caro Gatti è arrivato ieri sera. Potete ben immaginare la mia gioia. Ne avevo un grande bisogno, per

consolarmi della partenza di Gleichen. Poi verrà Grimm a dargli il cambio, e poi ancora toccherà a voi, di venirmi a trovare.” Galiani a Mme d'Épinay, Napoli, 23 novembre 1771, cit. in L. d' Épinay – F. Galiani, Epistolario, op. cit vol. I (1769-1772), p. 427.

590Ivi, p. 430. Galiani a Mme d'Épinay, Napoli, 7 dicembre 1771. Oltre a Galiani, Gatti trovò a Napoli anche un altro amico conosciuto in Francia, il conte di Gleichen, e sempre dall'abate si apprende come, poco tempo dopo, fosse arrivato anche il barone Grimm. Ivi, p. 433, Galiani a Mme d'Épinay, Napoli, 14 dicembre 1771.

Pochi giorni dopo, l'8 dicembre, il medico toscano venne presentato ufficialmente ai sovrani di Napoli, come riferito da Giuseppe Bonechi, Segretario di Legazione e Console generale del Granducato di Toscana a Napoli591 e dalla Gazzetta Toscana:“[...] Il sig. Dottore Gatti,

che in compagnia di Myledi [sic] Orford passò a Napoli, ebbe l'onore di esser presentato a S.M. Siciliana, da cui fu graziosamente ricevuto.”592

Così come il Granduca Pietro Leopoldo, anche Maria Carolina, sua sorella e regina di Napoli, doveva nutrire una certa curiosità nel conoscere il celebre inoculatore Angelo Gatti, viste le numerose morti avvenute nella famiglia imperiale a causa del vaiolo, tra cui quelle delle due sorelle, Maria Giovanna e Maria Giuseppina, che erano state designate prima di lei come spose di Ferdinando IV di Borbone. Oltre a questo presunto interesse, la presentazione a corte doveva in qualche modo servire anche ad ufficializzare il viaggio a Napoli di Gatti, un'ottima occasione per attuare il progetto, condiviso da Galiani e dal Ministro plenipotenziario Tanucci, di diffondere la pratica dell'inoculazione del vaiolo nel Regno. Galiani era stato da sempre, sia un grande sostenitore di Gatti che della diffusione dell'innesto e ne aveva parlato più volte nei suoi dispacci da Parigi al Tanucci, il quale, dal canto suo, si era dimostrato favorevole ad introdurre tale tecnica anche a Napoli, arrivando a sostenere in una sua lettera al Galiani che “l'inoculazione dovrebbe esser legge”.593

Nella seconda metà del Settecento, il vaiolo era, nel Regno di Napoli come in gran parte d'Europa, una malattia endemica che ciclicamente si acuiva sotto forma di vere e proprie epidemie causando la morte di migliaia di persone senza distinzione di ceto sociale. A Napoli, seppur con poca risonanza, si iniziò a parlare d'inoculazione soprattutto in seguito alla pubblicazione, nel 1755, della traduzione italiana del Mémoire sur l'inoculation de la

591ASF, Segreteria e Ministero degli Esteri, 2337, fasc. 26, c. 4r, Bonechi a destinatario sconosciuto, Napoli, 10 dicembre 1771. Su Giuseppe Bonechi si veda la breve biografia che ne fa il Pelli nelle sue Effemeridi, op. cit., serie II, vol. I, p. 156v, 10 ottobre 1773.

592“Gazzetta Toscana”, 1771, n. 52, p. 206, Firenze, 28 dicembre.

593B. Tanucci, Epistolario, Napoli, Società napoletana di storia patria, 2003, vol. XX (1768), pp. 247-248. Tanucci a Galiani, Portici, 16 aprile 1768: “L'inoculazione dovrebbe esser legge; e siam d'accordo dell'impossibile. Cura ariosa e refrigerante; siam pur d'accordo. L'ho letta in Sydenam, ove rapporta il miracolo del freddo inglese risuscitato; morto cioè fu ormai creduto nel letto; morto creduto fu trasportato in una tavola, e come cadavere coperto col solo lenzuolo; torna a casa la governante; le dicono la morte, corre a piangerlo, e vederlo; si accorge del moto del cuore; mentre si piange, si dubita, si teme, non si ardisce, il freddo opera; viene il miglioramento, e la salute. Il Tilli medicò in Livorno il Re Cattolico con tener l'aria della camera lontana da tutto camino e braciere; ei col termometro la manteneva, diceva esso, qual suol essere nel principio di primavera; non usò farmacia; nutrì con una libbra e mezzo in due volte delle 24 ore di brodo lunghissimo, sciolto e chiarito come acqua, ove si fossero cotti e stracotti o starnotti, o tordi, o merli. Già vedo al solito dei settentrionali costì passata la cosa a sistema, e più passerà colla guarita Elvezia da Gatti. Sarà bene averlo qui dettagliato il più copiosamente. Se il caso arriva in vita mia, lo proporrò. Pregherò i medici della corte. Forse persuaderò e mi lamenterò se si farà il contrario, o il diverso. Non ardisco il prognostico.” Sullo stesso argomento si veda anche Tanucci a Galiani, Venafro, 4 marzo 1768, ivi, p. 153.

petite vérole di Charles Marie de La Condamine e della sua breve permanenza di tre settimane nella capitale partenopea.594 Tra il 1758 ed il 1768 l'epidemia di vaiolo si

manifestò a Napoli in numerose e ripetute occasioni, delle quali rese conto il medico Michele Sarcone, futuro Segretario della Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere, nella sua opera Del contagio del vajuolo, e della necessità di tentarne l'estirpazione, pubblicata a Napoli nel 1770.595 In quest'opera Sarcone, che nell'epidemia del 1758 aveva perso due figli,

calcolò che il vaiolo aveva ucciso nel corso di un secolo circa 200.000 sudditi del Regno, con chiari effetti sul decremento della popolazione e di conseguenza anche sull'economia. Risultava quindi evidente quanto fosse importante trovare una soluzione per sconfiggere il vaiolo, non solo dal punto di vista della preservazione della salute pubblica ma anche per la prosperità del Regno, aprendo così la strada all'inoculazione.596

Il 3 gennaio 1772 Gatti praticò il primo innesto mai eseguito nella capitale partenopea sui figli di una illustre famiglia nobile napoletana, come riferisce Galiani a Mme de Belsunce:597

“Ieri Gatti ha inoculato i figli del principe di Sant'Angelo Imperiale. È la prima inoculazione che sia mai stata eseguita qui a Napoli e mi illudo che questa pratica inizierà gradualmente a diffondersi.”598

594Ch. M. De la Condamine, Memoria sull'innesto del vajuolo letta nell'Assemblea pubblica dell'Accademia Reale delle Scienze di Parigi il mercoledì 24 aprile 1754. Trasportata dal Francese, corretta, e aumentata dall'Autore. Edizione prima napoletana dedicata al merito singolare dell'illustrissimo signore D. Gio. Aubry, Napoli, Gessari, 1755. Sulla permanenza a Napoli di La Condamine si veda il suo Extrait d'un Journal de voyage en Italie, “Histoire de l'Académie Royale des Sciences. Année MDCCLVII”, Paris, de l'imprimerie Royale, 1762, pp. 336-410

595M. Sarcone, Del contagio del vajuolo e della necessità di tentarne l'estirpazione, Napoli, Stamperia Simoniana, 1770. L'anno prima, un altro medico napoletano, Domenico Cotugno, aveva dato alle stampe un'opera sull'inoculazione dal titolo De sedibus variolarum syntagma, Napoli, Stamperia Simoniana, 1769. Negli anni '60 erano inoltre state ristampate a Napoli alcune opere sull'inoculazione, che contribuirono senza dubbio ad alimentare il dibattito sulla pratica, tra cui Ch. M. De la Condamine, Seconda memoria sull'inoculazione del vajuolo contenente la sua storia dall'anno MDCCLIV. Letta nell'Adunanza pubblica dell'Accademia delle scienze di Parigi il 15 novembre 1758. Traduzione dal francese, Napoli, Gessari, 1763; T. Dimsdale, Il presente metodo d'innestare il vajuolo. Al quale sono aggiunti alcuni sperimenti, istituiti colla mira di scoprire gli effetti d'una somiglianza condotta nel vajuolo naturale. Tradotto in italiano dalla terza edizione di Londra. Con alcune osservazioni, e note di Tommaso Houlston, Napoli, Gravier, 1768.

596Sull'inoculazione a Napoli si veda A. Borrelli, Dall'innesto del vaiolo alla vaccinazione jenneriana: il dibattito scientifico napoletano, “Nuncius. Annali di storia della scienza”, XII, 1997, pp. 69-87.

597Angélique Louise Charlotte Pauline Lalive d'Épinay (1749-1804), figlia di Louise Florence Pétronille de Tardieu d'Esclavelles, marquise d'Épinay (Mme d'Épinay) e Denis Lalive de Dreux d'Épinay (?-?). Nel 1764 Angélique sposò Dominique, visconte di Belsunce (1726-1802) dal quale ebbe Marie Thérèse Émilie de Belsunce (1766- 1814). Mme d'Épinay curò personalmente l'educazione della nipote ed a lei dedicò le Conversations d'Émilie, pubblicate nel 1773.

598 L. d' Épinay – F. Galiani, Epistolario, op. cit., p. 450, Galiani a Mme de Belsunce, Napoli, 4 gennaio 1772. Galiani comunicò la stessa notizia a Mme d'Épinay pochi giorni dopo, l'11 gennaio (ivi, p. 453), mentre la Gazette de France la rese pubblica circa un mese e mezzo dopo. Sempre grazie a Galiani l'eco delle inoculazioni napoletane si diffuse anche in Italia come risulta dalla corrispondenza tra l'abate e Padre Celesia, il quale il 24 gennaio rifletteva sull'inoculazione scrivendo all'amico: “[...] Salutatemi moltissimo il dottor Gatti, e ditele che se egli ed io fossimo nati 10 anni dopo, forse mi avrebbe inoculato il vajuolo, e con ciò sarei potuto andare a Parigi cosa diplomatica.”

Gli Imperiale o Imperiali, anticamente originari di Genova, appartenevano ad una delle famiglie nobili più importanti di Napoli e d'Italia:599 la decisione presa dal Principe di

Sant'Angelo ebbe quindi una forte valenza simbolica che portò altre famiglie nobili napoletane a seguirne l'esempio e ad affidare i propri figli all'inoculazione.

Le previsioni di Galiani sulla diffusione della pratica tra la nobiltà si rivelarono esatte: dopo i principi di Sant'Angelo altre illustri famiglie napoletane decisero di far inoculare da Gatti i propri figli così come riferisce Galiani a Mme d'Épinay600 e, più nel dettaglio, Michele

Buonanni, medico del Corpo generale della Reale Artiglieria, che aveva seguito Gatti durante le sue inoculazioni a Napoli. Tra il 1773 ed il 1778 Buonanni redasse tre Rapporti delle osservazioni occorse nell'innesto del vaiuolo ed è nel primo di essi che si trova l'elenco601 dei nobili inoculati da Gatti tra i quali, oltre ai già citati principi di Sant'Angelo

Imperiale, ci furono:

“[...] tre figliuoli del Signor D. Antonio Spinelli de' signori Principi di Cariati;602 la figliuola

unica del Signor Principe di Baranello;603 il figliuolo unico del Signor Principe di Caramanica;604

una figliuola del Sig. D. Antonio Liquier;605 tre figliuoli del Sign. D. Francesco Palomba;606 l'unico

maschio del Signor Marchese di S. Marco Cavaniglia Capitano delle Guardie del Re nostro

Cit. in S. Rotta, L'illuminismo a Genova: lettere di P.P. Celesia a F. Galiani, tomo secondo, op. cit., p. 99. Nella stessa lettera Padre Celesia comunicò a Galiani la morte di Agostino Sorba, il diplomatico genovese con cui Gatti sarebbe dovuto andare a Londra in missione diplomatica nel 1761.

599Nella lettera a Mme de Belsunce Galiani si riferisce probabilmente al principe Placido Imperiali di Sant'Angelo dei Lombardi (1727-1786), latifondista e celebre per la fondazione di Poggio Imperiale, colonia agricola sorta in una regione geografico-culturale dell'odierna Puglia denominata Capitanata nella zona del Gargano. Galiani non fornisce dettagli sui figli del Principe inoculati da Gatti. I figli di Placido Imperiale furono: Giulio (1752-1818), Beatrice (1755- ?), Gaetano Imperiali (1761-1798), Domenico (1762-1829), Giuseppe (1769-1818), Maria (?-1820), Argentina (?-1831), Vittoria (1768-1786) e Giuseppe (1769-1818).

600L. d' Épinay – F. Galiani, Epistolario, op. cit., Galiani a Mme d'Épinay, p. 461 (5 febbraio 1772), p. 471 (22 febbraio 1772), p. 480 (14 marzo 1772): “Gatti deve inoculare, entro questa Quaresima, la metà della nostra nobiltà di sangue.”

601M. Buonanni, Rapporto delle osservazioni occorse nell'innesto del vaiuolo, Napoli, Raimondi, 1773, p. 5, n. 1. 602Potrebbe trattarsi dei figli di Don Antonio Spinelli dei Principi di Cariati ( 1720-1790). Figli maschi: Scipione IV

(1754-1797); Don Cesare (1755-1786); Don Gaetano (1756-1816). Figlie femmine: Donna Maria (1752-1834), Donna Maria Giuseppa (1757-1805).

603Si tratterebbe dell'unica figlia femmina di Don Vincenzo, 3° duca di Baranello e 8° Principe di Sant'Antimo (1734- 1802), donna Giovanna (1770-1849).

604Dovrebbe trattarsi del figlio di Francesco Maria Venanzio d'Aquino, Principe di Caramanico (1738-1795), ambasciatore del re di Napoli a Londra e Parigi, poi viceré di Sicilia. L'unico suo figlio fu Don Tommaso Landolfo (1768-?)

605Si dovrebbe trattare della figlia del console delle Province Unite a Napoli Marc-Antoine Liquier, la cui nomina risale al 1769. Nessuna notizia sulla figlia. Sul console si veda G. Bancarel, Autour du rouergat Liquier, lauréat de l'Académie de Marseille en 1777, “Studi settecenteschi”, 21, 2001, pp. 141-158.

Signore;607 due figliuoli del Sign. Principe di Alliano;608 due figliuoli del Signor Duca di Popoli;609

una figliuola del Signor Marchese di Salsa Berio;610 il figliuolo unico del Signor Duca di Cassano

Serra;611 una figliuola del Sign. Duca di Serra Capriola;612 e due figliuoli del Sign. Consigliere

Patrizio.”613

Le inoculazioni fatte da Gatti a Napoli contribuirono notevolmente ad accrescere la fiducia nella tecnica ed anche, fatto non meno importante, a formare altri medici in grado poi di praticarla in modo autonomo. Tra questi il più celebre rimane Michele Buonanni che dopo aver assistito alle inoculazioni fatte a Napoli da Gatti tra il gennaio e l'aprile del 1772, mutuò in tutto e per tutto il metodo del medico toscano praticandolo poi a sua volta su altri pazienti, come riferiva nel suo primo Rapporto:

“[...] Quello, che senza verun'ombra di adulazione è commendabilissimo in questo, degnissimo Uomo [Gatti], si è, che i suoi belli e profondi sentimenti, e le sue fondate osservazioni di ben lungo tempo, con gentile dimestichezza e soavità, senza invidia o riserva, amava a tutti comunicare: di maniera che in brevissimo tempo non pochi hanno appreso il suo mirabil metodo; ed io fra gli altri, che alla sua sincera benevolenza, e alla sua dotta conversazione sono estremamente tenuto. Mentre in Napoli e' dimorava io innestai colla sua guida taluni, come poco appresso narrerò; e andò bene sì l'innesto, che la cura. Dopoché di qui si partì, seguitai a innestare, e sempre con pari felice evento. Nella scelta de' soggetti solamente ho badato allo stato di salute ch'essi avevano, che fosse sano, e in buon punto; e poi senza apparecchio di sorta alcuna ho comunicato il veleno, facendo uso del semplice metodo del soprallodato Signor Gatti, dal quale infinite volte io avea sentito dire: Non