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DAL GRANDUCATO DI TOSCANA AL REGNO DI NAPOL

3. Al servizio dei Lorena

La partenza di Gatti da Napoli il 6 maggio 1772 sembrò rispondere definitivamente alle insistenti richieste di Mme d'Épinay e degli amici comuni francesi sulla necessità del ritorno del medico toscano in Francia. Gatti lasciò la capitale partenopea in gran segreto e senza rendere nota la destinazione del suo viaggio neanche a Galiani, il quale dopo quaranta giorni scriveva preoccupato a Mme d'Épinay di non aver più avuto notizie sull'amico comune:

“[...] Il nostro Gatti è partito almeno quaranta giorni or sono. Non ho più ricevuto sue notizie, non più di quante ne abbia ricevute dalla milady che viaggia con lui. La cosa mi avrebbe assai meravigliato, se non conoscessi il mio uomo. Ignoro se sia vivo o morto. Se è vivo, e se arriverà a Parigi, non mancherà di darvi mie notizie. A Parigi, lui capirà subito come comportarsi. La cosa che mi manda in collera è che da quando lui è partito da Napoli non si è più fatto inoculare nessuno. È accaduto quello che avevo pronosticato. Amo la mia patria e temo la meschinità dei miei compatrioti: ecco il motivo per cui la sua partenza mi ha addolorato.”634

Mme d'Épinay, seppur in un primo momento molto scettica sulla reale possibilità che Gatti facesse ritorno in Francia, iniziò a cambiare idea.635 La nobildonna, oltre alle notizie dategli

dal Galiani sulla partenza di Gatti, aveva probabilmente saputo da Mme du Deffand che anche la duchessa di Choiseul lo stava aspettando, fornendo una ulteriore prova

633Sui carteggi settecenteschi cfr. M. L. Betri, D. Maldini Chiarito (a cura di), Dolce dono graditissimo: la lettera privata dal Settecento al Novecento, Milano, F. Angeli, 2000; A. Postigliola (a cura di), Epistolari e carteggi del Settecento: edizioni e ricerche in corso, Roma, Società Italiana di Studi sul secolo XVIII, 1985; P.-Y. Beaurepaire, La plume et la toile. Pouvoirs et réseaux de correspondance dans l’Europe des Lumières, Arras, Artois Presses Université, 2002.

634L. d' Épinay – F. Galiani, Epistolario, op. cit., Galiani a Mme d'Épinay, Napoli, 19 giugno 1772, p. 520. 635Ivi, Mme d' Épinay a Galiani, lettere del 16 e 23 maggio 1772, rispettivamente pp. 508 e 510.

dell'imminente arrivo del medico in Francia; Mme Du Deffand chiese infatti per ben due volte alla duchessa quando Gatti sarebbe arrivato a Chanteloup, sottintendendo con ciò che il medico avesse comunicato il suo arrivo a Mme de Choiseul.636 Stando alle fonti ad oggi

disponibili, la duchessa non rispose mai all'amica su un eventuale arrivo del medico toscano a Chanteloup e nei mesi successivi le due nobildonne non parlarono più di Gatti se non in merito a ricordi di episodi condivisi in passato. Se il celebre inoculatore fosse arrivato in Francia Mme de Choiseul sarebbe sicuramente stata una delle prime a saperlo ed a trasmettere la notizia a Parigi. Alla luce di queste considerazioni il silenzio della duchessa può significare quindi che Gatti non arrivò mai a Chanteloup, tesi questa avvalorata dalle parole del cavalier Mozzi il quale, alla fine di luglio, scriveva da Firenze a Paolo Frisi: “Gatti andrà in Francia nel prossimo mese di ottobre; a Napoli stette sempre con noi, e quasi inoculò il Regno.”637 Questo breve accenno a Gatti fatto dal cav. Mozzi a Frisi può essere di

aiuto per avanzare alcune ipotesi su cosa sia successo al medico, atteso ma mai giunto in Francia: in primo luogo la misteriosa milady a cui fa allusione Galiani nella sua lettera alla d'Épinay del 19 giugno potrebbe semplicemente essere stata milady Walpole. Non è da escludere che la Walpole, con la quale Gatti viaggiava, avesse deciso di cambiare itinerario ritardando così il rientro del medico in Francia. Un'altra ipotesi plausibile è che il gruppo si fosse fermato a Firenze dove, ricevendo la notizia della prossima inoculazione di due figli di Pietro Leopoldo, l'arciduca Francesco e l'arciduchessa Maria Anna, Gatti sia stato costretto a rimandare il suo viaggio per assistere all'operazione, ipotesi questa avvalorata dalle parole di Galiani che il 22 agosto comunicava alla d'Épinay:

“Gatti è a Firenze, ove dovrà trattenersi fino alla fine del mese di ottobre o di novembre, per assistere Ingenhausen nella inoculazione degli arciduchi. Sono fermamente convinto che non tornerà in Francia, malgrado la sua decisione. L'avversione che lui ha maturato nei confronti della Francia mi è sembrata insormontabile, e il suo amore per la pigrizia e per il villaggio natio sono davvero incredibili. Del resto, l'avventura del signor d'Arpajon contribuirà non poco a disgustarlo, ancor più dell'idea di mostrarsi nuovamente a Corte.”638

636“[...] Est-il vrai que vous allez voir Gatty? Tant mieux si vous pouvez le garder cet hiver; j'aimerais mieux qu'il e ût choisi cette saison-là que celle-ci, s'il ne peut être que quelque mois avec vous. [...]” e “[...] Quand attendez vous Gatti?” Cit. in M. de Sainte-Aulaire, Correspondance complète de Mme Du Deffand avec la Duchesse de Choiseul, l'abbé Barthélemy et M. Craufurt, op. cit., t. II, Mme Du Deffand alla Duchessa di Choiseul, Parigi, 11 e 17 luglio 1772, pp. 205 e 214.

637BAM, Y 149 sup., c. 284r, il cavalier Giulio Mozzi a Paolo Frisi, Firenze, 28 luglio 1772.

Gatti era a tutti gli effetti un suddito del Granducato di Toscana e avrebbe, quindi, potuto ignorare con estrema difficoltà la richiesta, probabilmente avanzata dallo stesso Pietro Leopoldo,639 di assistere alle inoculazioni dei suoi figli: si trattava infatti di un evento di

importanza pari all'inoculazione del Granduca, avvenuta nel 1769.640 In merito

all'inoculazione di Pietro Leopoldo e alla possibile presenza di Gatti a tale evento, sostenuta da alcuni storici,641 le carte e i documenti rinvenuti rendono questa ipotesi altamente

improbabile se non addirittura inverosimile. Gatti accolse l'invito del Granduca di presenziare all'inoculazione dell'erede non solo per il prestigio e l'onore che da esso ne sarebbe derivato ma, probabilmente, anche alla luce dei forti dubbi nutriti in merito

d'Épinay aveva raccontato a Galiani il caso Arpajon in una lettera datata 26 luglio. Il giovane cavaliere era morto dopo aver contratto per via naturale il vaiolo, nonostante fosse stato precedentemente inoculato da Gatti. Questa notizia, se fosse giunta agli orecchi di Gatti, non avrebbe certamente contribuito a convincerlo a tornare in Francia anche se Mme d'Épinay si chiedeva allora il perché della partenza di Gatti da Napoli, così come risulta dalla sua lettera a Galiani sopra citata: “Il piccolo cavaliere d'Arpajon s'è ammalato di vaiolo, benché porti in tasca un bel certificato di Gatti, nel quale si dichiara che se l'è procurato con l'inoculazione. La cosa ha destato parecchio scalpore, come potete ben immaginare. Sulla sorte di Gatti non ne so più di voi. Silenzio fitto. Perché lasciare Napoli, se non voleva andarsene dritto dritto a Chanteloup?” Ivi, p. 534. Del caso del piccolo cavaliere d'Arpajon, parlò anche la futura regina di Francia Maria Antonietta alla madre, in una lettera datata 17 luglio 1772, cit. a p. 145, nota 465 della tesi. A fare da contraltare a questa notizia ci fu quella di alcuni allievi della Scuola Militare di La Flèche che, seguendo il metodo di Gatti, avevano inoculato con successo altri allievi, così come Gatti aveva auspicato che potesse accadere in occasione della sua campagna d'inoculazioni alla suddetta Scuola nella primavera del 1769: “[...] Je viens d'apprendre qu'au Collège militaire de la Fleche, il y a eu 32 élèves qui se sont inoculé entr'eux, sans aucun secour de medecin ou chirurgien, sans se jamais coucher que la nuit, et sans qu'il leurs soit arrivé aucun inconvenient. M. Gatti qui y a inoculé il y a deux ans par ordre du Roy predit cet evenement, il fraya meme la route à cette pratique par les discours aux Regents de ce College. Il sera bien aise d'apprendre qu'elle y a été établie. [...]” ASF, Segreteria e Ministero degli Esteri, 2334, fasc. 1771, c.n.n., Niccoli a Piccolomini, Parigi, 20 aprile 1772. Il medico Ingenhausen citato è Jan Ingehousz (1730-1799), primo medico di corte a Vienna.

639Secondo quanto scritto dal medico Giovanni Gentili nei suoi Zibaldoni, fu Gatti in prima persona ad illustrare al Granduca le sue idee in merito all'inoculazione: “L'anno 1772 si trova il D.r Gatti al Teatro di Via della Pergola [...] disse di aver parlato al Granduca delle sue pruove, e che il suo libro era stato tradotto in spagnuolo. Credeva di poter propagare l'inoculazione a tal segno di levarla dalle mani dei medici.” Cit. in M. A. Morelli Timpanaro, Per una storia di Andrea Bonducci (Firenze, 1715-1766), op. cit., p. 552.

640Dietro alla decisione dell'inoculazione del Granduca ci fu quasi sicuramente la madre, l'imperatrice Maria Teresa. L'imperatrice voleva essere costantemente aggiornata sulla salute dei figli e non mancava di elargire loro consigli e chiedere loro notizie, anche una volta sposati e sovrani di un proprio regno, come nel caso di Pietro Leopoldo. Illuminanti in questo senso sono le istruzioni date da Maria Teresa al figlio in partenza per la Toscana, in cui l'Imperatrice specificava nel dettaglio la condotta da seguire riguardo alla salute e ai medici della futura famiglia granducale. Cfr. A. R. von Arneth, Briefe der Kaiserin Maria Theresia an ihre Kinder und Freunde, Wien, Braumüller, 1881, vol. I, p.p. 14-21, Maria Teresa a Pietro Leopoldo, Innsbruck, prima metà di agosto 1765. Maria Teresa seguì con apprensione e interesse l'inoculazione del figlio Pietro Leopoldo, come testimonia la corrispondenza con un altro figlio, Giuseppe II il quale, durante il suo viaggio in Italia decise di trattenersi a Firenze finché suo fratello Pietro Leopoldo non si fosse completamente ristabilito dall'inoculazione. Cfr. A. R. von Arneth, Maria Theresia und Joseph II. Ihre Correspondenz, sammt Briefen Joseph's an seinen Bruder Leopold, Wien, Carl Gerold's Sohn, 1867, t. I, in particolare le lettere di Giuseppe alla madre del 16 e 22 maggio 1769, rispettivamente pp. 266-271 e 271-276.

641Cfr. G. Baccini, Il cav. Prof. Angiolo Gatti di Ronta, “Bollettino storico letterario del Mugello”, n. 2, anno II, luglio 1893 in particolare pp. 28-29 dove lo storico ottocentesco affermava: “A di 13 maggio 1769 – Sua Altezza Reale il Granduca [Pietro Leopoldo] non avendo avuto vaiolo, e volendo evitare i pericoli di una tale pericolosa malattia, ha voluto, secondo il consiglio materno, subire l'inoculazione, essendole stata fatta dal celebre professore Gatti alla presenza dell'archiatro di Corte dott. Giorgio de Lagusius e di altri professori. In tal circostanza l'abate Felice Fontana per dar conto dei sintomi di una tal malattia, nell'istesso momento della fatta inoculazione ha subita anch'esso una tale operazione, ed è passato ad abitare nel quartiere statogli espressamente destinato.”

all'opportunità di rientrare o meno in Francia.642

Le inoculazioni granducali si svolsero, come per Pietro Leopoldo, alla villa di Poggio Imperiale, dove Francesco e Maria Anna furono trasferiti il 5 settembre. Nei documenti ufficiali gli unici due medici menzionati sono Ingenhousz che già aveva inoculato nel 1769 il Granduca, e Lagusius, protomedico di corte; non c'è traccia invece della presenza di Gatti.643 L'incipit del documento in questione, una sorta di diario giornaliero degli

avvenimenti di corte, è molto significativo poiché sottolinea ancora una volta l'appoggio di Pietro Leopoldo ad una così controversa e discussa tecnica preventiva:

“Volendo S.S.R. il Serenissimo nostro Sovrano prevenire colle fraterne sue cure le perniciose conseguenze, che cagiona bene spesso la malattia del vajuolo, e procurare alla sua Real Famiglia, mediante l'inoculazione del medesimo un corso meno pericoloso, sull'esempio di quella fatta l'istesso nostro Real Sovrano […].”644

Con questo gesto il Granduca dimostrava di riporre piena fiducia nell'inoculazione del vaiolo non solo perché vi si era sottoposto in prima persona, ma anche perché aveva deciso di farla praticare sui suoi figli, in particolar modo sul primogenito Francesco designato per diritto di nascita a prendere un giorno il posto del padre. L'inoculazione dell'arciduca e dell'arciduchessa venne eseguita il 9 settembre ed il 28 dello stesso mese Francesco e Maria Anna vennero dichiarati fuori pericolo.645 I documenti ufficiali ad oggi ritrovati non 642La presenza di Gatti all'inoculazione di Pietro Leopoldo del maggio 1769 è assai improbabile visto che non c'è traccia di lui né nei documenti ufficiali (ASF, Imperiale e Reale Corte, 2120, Registro dell'anno 1769, cc. 29-39) né in quelli privati come le Effemeridi del Pelli il quale, in una nota all'evento affermava: “A dì 13 detto sabato [maggio 1769]. In questa mattina il Granduca si è inoculato il vaiolo [in nota: L'ha eseguito il signor Ingenhous venuto da Vienna. È olandese, ed ha studiato in Inghilterra]. Spero, e desidero che abbia quell'esito felice, che tutti bramano.” Cit. in BNCF, G. Pelli-Bencivenni, Effemeridi, op. cit, serie I, vol. XXIII, p. 186. Esiste poi un altro documento settecentesco in cui l'autore, riferendosi all'Imperatore Giuseppe II e all'inoculazione del Granduca Pietro Leopoldo affermava: “Il di lui soggiorno fu prolungato dall'avere voluto assistere all'inoculazione del vajuolo, che il Granduca imitando 1'esempio della magnanima Caterina II Imperatrice delle Russie, fece fare sopra se stesso e i suoi figli. Il Dott. Gatti Mugellano era stato uno di quelli che propagata l'avea in Francia ed altrove; ma questa restò eseguita dal professore Ingenhous Olandese fatto venire apposta e creduto più celebre di ogni altro perchè non era Italiano.” Cit in F. Becattini, Vita pubblica e privata di Pietro Leopoldo d'Austria Granduca di Toscana poi Imperatore Leopoldo 2, Siena, all'insegna del Mangia, 1797, p. 83. Infine, dalle lettere stesse di Gatti indirizzate a Galiani risulta che il medico si trovava a Chanteloup nel maggio del 1769. Cfr. F. Nicolini, Amici e corrispondenti, op. cit., Gatti a Galiani, Chanteloup, 30 maggio 1769, p. 65. Inoltre, se fosse stato a Firenze per l'inoculazione di Pietro Leopoldo avvenuta il 13 maggio, non avrebbe potuto lasciare così presto l'illustre paziente per rientrare in Francia e anche nel caso in cui l'avesse fatto, non sarebbe potuto arrivare così velocemente a Chanteloup visti i tempi di viaggio dell'epoca.

643ASF, Imperiale e Reale Corte, 2123, cc. 57-59.

644Ivi, c. 57. Da questo documento datato 5 settembre 1772, risultava essere compresa nel progetto delle inoculazioni anche l'arciduchessa Maria Teresa. Alla fine, per motivi non specificati, si decise di escluderla dall'operazione. 645Ivi, c. 62. In realtà si apprende dal Pelli che a seguito dell'inoculazione dei due eredi granducali ci furono non poche