• Non ci sono risultati.

Per una didattica della lingua e della letteratura greca: una testimonianza

Discipline classiche e formazione dei docenti: un’occasione mancata

4. Per una didattica della lingua e della letteratura greca: una testimonianza

Ai pregi di questo consolidato segmento ultradecennale (nel periodo compreso tra gli anni accademici 1999-2000 e 2008-2009 si sono svol- ti i nove cicli biennali della SSIS e negli anni accademici 2011-2012 e 2014-2015 i corsi annuali di TFA) della formazione del docente di scuola secondaria, in particolare, intendo dedicare alcune riflessioni, a partire da un esempio concreto attinto dalla mia esperienza di docente titolare dei Laboratori di Didattica della Lingua e della Letteratura greca nei percorsi abilitanti. Una parte di questi laboratori veniva, infatti, da me consacrata alla progettazione degli interventi didattici da svolgere nel corso del tiroci- nio diretto, condotto, cioè, in classe dallo specializzando sotto la guida di un docente tutor.

Rammento, in particolare, un intervento didattico realizzato al termine dell’anno scolastico da uno specializzando tirocinante in una classe del triennio di un Liceo Classico di Bari sotto la guida di una docente tutor di Lingua e cultura greca. Il tirocinio ha preso il via in coincidenza con la conclusione delle lezioni frontali della docente tutor sulla produzione tragica euripidea e con l’introduzione allo studio della commedia attica del quinto secolo a.C. Durante l’osservazione tanto delle verifiche orali degli studenti quanto delle lezioni frontali lo specializzando ha avuto modo di osservare le strategie didattiche adottate: in particolare, la panoramica offerta dalla docente tutor sulla storia dell’istituzione degli agoni comici, sulla periodizzazione della commedia attica, sulla struttura dell’opera co- mica si è fondata sulla lettura di brani in traduzione della Poetica di Ari- stotele e di saggi critici da cui gli studenti stessi hanno potuto estrapolare interpretazioni di segno diverso in relazione all’esame di dati controversi. Il medesimo approccio, centrato più sulla lettura e sul confronto di testi in traduzione e di studi specialistici che sulla mera trattazione teorica su base manualistica, è stato adoperato nelle lezioni dedicate allo studio di alcune commedie della prima produzione aristofanea: Acarnesi, Cavalieri, Nuvo-

le. Particolarmente utile ai fini della focalizzazione delle tematiche e della memorizzazione dei contenuti si è rivelata la lettura collettiva di brani delle su menzionate commedie che ha coinvolto gli studenti, i quali, ripartendosi le battute dei personaggi, hanno partecipato attivamente alla lezione.

Su questa feconda fase di osservazione del contesto classe e delle di- namiche relazionali tra studenti e insegnante, lo specializzando ha potuto basare la progettazione del suo intervento didattico, concepito, in accordo con la docente, come un approfondimento tematico organico al percorso didattico curricolare. Il tirocinante ha scelto, dunque, di approfondire le diverse declinazioni del tema dell’utopia nella commedia di Aristofane e,

in particolare, negli Uccelli, nella Lisistrata e nelle Ecclesiazuse: un tema che bene si prestava a focalizzare alcune peculiarità che distinguono la produzione comica successiva al 415 a.C. da quella, già approfondita dal docente, degli anni 425-416 a.C. Il percorso selezionato si configura dun- que come intratestuale (basato cioè sul confronto tra commedie diverse del medesimo autore), intertestuale (perché favorisce il dialogo tra opere afferenti a generi letterari diversi e di epoche e persino di letterature diver- se) ed extratestuale (perché attiva utili connessioni con il contesto storico e socio-culturale ateniese): un simile esercizio presuppone una fertile osmosi tra le competenze acquisite dagli studenti in ambiti disciplinari apparente- mente eterogenei.

Mi pare evidente che precisamente nel corso della progettazione e dell’attuazione di un intervento di questo genere il tirocinante aveva l’op- portunità di mettere a frutto e intersecare tutte le sollecitazioni ricevute durante i corsi e i laboratori previsti dal percorso abilitante, nella consape- volezza che la diversificazione dei linguaggi e delle forme di comunicazio- ne favorisce un ambiente di apprendimento più efficace.

Nel caso di specie, il tirocinante ha avuto modo di verificare l’adegua- tezza dei supporti didattici che, non essendo curvati sulle specificità del contesto classe, possono offrire talvolta quadri astratti o disorganici sulle questioni affrontate. Dopo aver introdotto le peculiarità tematiche delle commedie aristofanee della cosiddetta seconda fase, al fine di sondare i prerequisiti cognitivi degli studenti in merito al tema scelto e di rilevare eventuali conoscenze pregresse da valorizzare, lo specializzando ha fatto ricorso a un rapido brainstorming sulla parola utopia, coniata dall’uma- nista e filosofo inglese Tommaso Moro nell’omonimo romanzo del 1516, nel quale si delinea il modello umanistico di una società ideale fondata su principi comunistici di uguaglianza: rifiuto dell’ascetismo medioevale, rivalutazione del mondo terreno, tolleranza religiosa, orrore per la pena di morte, sogno di una civile convivenza. Il luogo in cui tale società doveva prendere corpo era evidentemente immaginario: utopia significa infatti “luogo che non esiste” (dal greco οὐ e τόπος), ciò che è oggetto di un’a- spirazione ideale non suscettibile di realizzazione pratica; e, in particolare, il termine designa un ideale politico ed etico che non può realizzarsi sul terreno storico delle istituzioni ma che ha la funzione di modello a cui ten- dere e di denuncia critica della società esistente. Chiarito il significato del termine e la sua storia, individuati gli aspetti fondanti di una realtà defini- bile utopica, il tirocinante è entrato nel merito della produzione del com- mediografo ateniese presentando la prima delle commedie da esaminare, a partire da una riflessione sul contesto storico in cui Aristofane porta in scena gli Uccelli, che vede due cittadini ateniesi farsi promotori della fon-

dazione della città di Nubicuculia, “la città degli Uccelli”, appunto, in una dimensione iperurania che preconizza il platonico “mondo delle idee”.

A fronte della difficoltà, subito emersa, degli studenti a mettere in relazione la produzione poetica dell’autore con gli eventi storici più signi- ficativi della Guerra del Peloponneso e, in particolare, della sua seconda (quella che va dalla pace di Nicia del 421 alla spedizione in Sicilia) e terza fase (quella dell’che va dall’occupazione spartana di Decelea del 413 alla conclusione del conflitto nel 404), lo specializzando ha calibrato il suo intervento didattico, offrendo una dettagliata panoramica del quadro sto- rico interessato e, in particolare, delle vicende che dominano la situazione politica ateniese dal 415 al colpo di stato del 411. Assoluta centralità ha poi assunto nel corso dell’intervento la lettura di passi scelti della commedia, particolarmente significativi in relazione al contesto politico, e di pagine critiche relative ai medesimi passi. La complessità delle letture critiche proposte e la fitta trama di riferimenti ivi contenuti ad altre opere della let- teratura italiana ed europea hanno determinato la scelta di far precedere la lettura da un rapido brainstorming sulla metafora dell’uomo-uccello e sulle ragioni per cui Aristofane sceglie di assegnare proprio agli alati un ruolo protagonistico nella commedia. Lo specializzando ha potuto così constata- re che gli studenti erano in grado di stabilire connessioni particolarmente pertinenti con i testi della tragedia greca – la metamorfosi in uccello si caratterizza, infatti, come un topos, in particolare, della tragedia euripidea, dove ricorre come espressione di disagio rispetto alla realtà contingente ovvero come desiderio di evasione (Ifigenia in Tauride 1094-1096, Elena 1478-1486, Ippolito 732-741) – e delle altre letterature antiche e moderne studiate nei percorsi scolastici curricolari: emblematiche, tra altre, le nume- rose occorrenze di immagini ornitologiche declinate in questa medesima direzione all’interno delle Metamorfosi di Ovidio, e non meno incisiva la riflessione sull’infelicità della condizione umana contenuta nel celebre Elo-

gio degli uccelli di Giacomo Leopardi.

La ricostruzione del quadro storico già proposta dallo specializzando ha consentito agli studenti di inquadrare agevolmente la seconda com- media aristofanea selezionata, la Lisistrata, portata in scena nel 411 a.C., appena prima dall’assemblea con cui Pisandro diede avvio al colpo di stato oligarchico dei Quattrocento: una commedia che segna una svolta tematica significativa nella produzione teatrale aristofanea, giacché, se nella prima fase della sua attività teatrale non contemplava la presenza di personaggi femminili protagonisti, ora Aristofane attribuisce alle donne un ruolo deci- sivo nello svolgimento della trama. Alla luce di questa circostanza, alcuni critici hanno interpretato la Lisistrata come opera proto-femminista, in cui si intende dar voce a nuove esigenze sociali affermatesi in seguito ad un vero e proprio movimento di emancipazione femminile, altri ritengono

che, pur continuando a trarre ispirazione dall’attualità, le vicende portate in scena da Aristofane dopo il 415 a.C. rivelino una consistente presenza di motivi carnevaleschi. Attribuendo alle donne affermazioni, comporta- menti, espressioni maschili, il commediografo rappresenta sulla scena della

Lisistrata un mondo utopico, che si caratterizza per il giocoso ribaltamento

delle regole vigenti nella città reale: assumendo comportamenti maschili, le donne riaffermano di fatto la stabilità del modello sociale vigente. Gli spettatori che avevano assistito alla rappresentazione, dopo aver riso della trovata dello sciopero sessuale a fini pacifisti messo in atto da Lisistrata (“Colei che scioglie gli eserciti”), lasciando il teatro potevano “se retour- ner pour s’assurer que dans la citadelle la Parthénos n’accueille, en fait de femmes, que quelques jeunes arrhéphores; bref, que tout est en place” (N. Loraux, Les enfants d’Athéna. Idées athéniennes sur la citoyenneté

et la division des sexes, Paris 19902, p. 196). Dopo aver proposto ancora

una volta la diretta lettura dei passi più significativi della commedia, lo specializzando ha poi costruito un percorso intertestuale sull’immagine tradizionale della donna nel mondo greco dall’età arcaica all’ultimo scorcio del quinto secolo, al fine di rendere ancor più perspicua la portata utopica e i risvolti paradossali delle parole proferite da Lisistrata al v. 538 della com- media (“alla guerra penseranno le donne”).

L’esame delle Ecclesiazuse, introdotto, come le precedenti, da un’accu- rata introduzione storica, ha offerto l’opportunità agli studenti di riflettere sul quadro politico, profondamente mutato, che, a vent’anni di distanza dalla rappresentazione della Lisistrata, fa da sfondo alla messa in scena. nel 392-391 a.C., dopo la capitolazione di Atene al termine della guerra del Peloponneso, di quella che è l’ultima commedia “femminile” di Aristofane pervenutaci per intero: a fronte del progressivo degenerare della situa- zione politica ateniese, i personaggi femminili della commedia, travestiti da uomini, occupano il luogo dell’assemblea e si appropriano del potere politico con un incruento colpo di stato guidato da Prassagora (“Colei che indice l’assemblea”). Dopo aver posto in luce le novità strutturali che di- stinguono la commedia dalle precedenti, lo specializzando è poi passato a illustrare le tematiche principali della commedia mettendo in relazione le

Ecclesiazuse con le due precedentemente analizzate e, in particolare, con

la Lisistrata, l’altra, ancor più celebre, commedia femminile di Aristofane: se Lisistrata e le congiurate ateniesi riescono sempre a preservare l’inte- grità della realtà utopica da esse stesse creata, allontanando i disturbatori, la scomparsa della protagonista Prassagora nella seconda parte delle Ec-

clesiazuse – una trovata drammaturgica che rappresenta un unicum nella

produzione aristofanea – compromette invece la possibilità che il suo pro- gramma politico si concretizzi ed è pertanto funzionale alla critica ovvero alla parodia dell’utopia. Normalmente infatti l’eroe comico, che ha conce-

pito un anti-cosmo cittadino, può essere il solo garante della buona riuscita del suo progetto; in sua assenza, la realtà contro la quale Prassagora ha messo in moto l’invenzione comica è libera di riproporsi e di riprendere il sopravvento. A partire poi dall’analisi del programma politico presentato e approvato dalle donne in assemblea, che prevede la distruzione dei pilastri – la famiglia e la proprietà – della società androcentrica, la famiglia e la proprietà, ineludibile si è rivelato il riferimento alle consonanze tematiche tra l’opera aristofanea e il quinto libro della Repubblica platonica, nel qua- le viene teorizzata l’abolizione della proprietà privata e la comunione dei beni e delle donne: consonanze generalmente ricondotte alla circolazione di idee affini verosimilmente favorite dai profondi turbamenti economici e sociali conseguenti alla guerra.

Documenti correlati