2. UNA NUOVA STRATEGIA PER LA NATO: LA “RISPOSTA FLESSIBILE” COME ADATTAMENTO AL MUTATO CONTESTO INTERNAZIONALE
2.3. Il dilemma di sicurezza tedesco e la posizione della Bundesrepublik nel dibattito strategico occidentale: “the duty to make our own contribution” 93
2.3. Il dilemma di sicurezza tedesco e la posizione della Bundesrepublik nel
cominciò ad accompagnarsi, in misura crescente, all’insistente richiesta del governo di Bonn che gli altri membri della NATO dessero un maggiore peso al punto di vista tedesco.95
Il discorso di McNamara ad Atene nel maggio 1962 aveva riscosso un iniziale scetticismo da parte della Germania. Del resto l’Amministrazione Kennedy stava cercando di indurre la Repubblica Federale Tedesca ad accettare una strategia che, racchiudendo i concetti di “risposta flessibile” e “guerra limitata”, sembrava contraddire gli interessi nazionali di quest’ultima.96 L’interpretazione dominante tedesca vedeva infatti nell’iniziativa statunitense un segnale di rischioso allentamento del legame tra il potenziale nucleare degli USA e la difesa degli stati dell’Europa occidentale.97 Un’analisi del Ministero della Difesa tedesco‐
occidentale risalente al 1963 è particolarmente esplicativa in tal senso.98 Dopo aver esposto i punti fondamentali del concetto strategico dell’Amministrazione Kennedy, il documento analizzava i pericoli insiti in questa evoluzione: il rischio di una guerra limitata in Europa, la sopravvalutazione delle prospettive di successo in conflitti convenzionali e l’eccesivo ritardo nell’uso delle armi nucleari in caso di una guerra in Europa. Si trova scritto:
L’interesse della BRD è nel fatto che le unità nemiche che provocano un attacco vengano combattute subito al superamento del confine, con tutti i mezzi che sono
95 B. Heuser, NATO, Britain, France and the FRG, cit., pp.146‐147.
96 D. Krüger, “Schlachtfeld Bundesrepublik?“, cit., p.172. Krüger sostiene che la combinazione del cambiamento di strategia statunitense con la politica di non proliferazione nucleare contemporaneamente avviata dagli Stati Uniti, rappresentasse una linea chiaramente discriminatoria della superpotenza egemone nei confronti della Germania occidentale.
97 C. Bluth, Britain, Germany and Western nuclear strategy, cit., p.109.
98 Documento del „Nuclear History Program“ NHP, Collezione di documenti declassificati provenienti dal Ministero della Difesa, Militärgeschichtiliches Forschungsamt ‐ (MGFA) (Istituto di ricerca per la storia militare); Potsdam, (d´ora in poi NHP Dok.). Ministero della Difesa, “McNamara‐Rede Athen”, NHP Dok. Bonn 140, scatola 5, streng geheim, 1/8/1963.
necessari a ripristinare l’integrità del territorio. (…) C’è il pericolo che un attacco limitato contro il territorio della BRD non venga affrontato con tutti i mezzi adeguati.99 Oltre che per alcuni aspetti relativi al contenuto, quello che i tedeschi occidentali contestavano era poi il metodo utilizzato dagli Stati Uniti, che era più simile ad un’imposizione della potenza egemone che non ad una consultazione tra alleati.100 Questo atteggiamento da parte del governo statunitense ebbe l’effetto di rafforzare la costante richiesta della BRD di venire maggiormente consultata dagli USA.101
Particolarmente sensibile a tale impostazione era ‐ come prevedibile ‐ l’ala gollista dei partiti conservatori CDU/CSU, rappresentata autorevolmente da Adenauer (Cancelliere fino al 1963) e da Franz Josef Strauß, Ministro della Difesa CSU nei governi dello stesso Adenauer fino allo “Spiegel‐Affair” del 1962.102 Un fattore responsabile infatti della tiepida accoglienza riservata in Germania occidentale alla Risposta Flessibile era la volontà dei governi tedeschi di non allontanarsi troppo dall’alleato francese, le cui critiche all’iniziativa statunitense
99 “McNamara‐Rede Athen”, NHP Dok. 140, cit., pp.1‐2.
100 J. E. Stromseth, The origins of Flexible Response, cit., p.128.
101 La richiesta della Repubblica Federale Tedesca di maggiori consultazioni nell’ambito dell’Alleanza Atlantica è stata talmente significativa durante tutto l’arco temporale della Guerra Fredda da far intitolare a Beatrice Heuser proprio “Consultation” il capitolo dedicato alla BRD nel suo: B. Heuser, NATO, Britain, France and the FRG, cit.
102 Nell’ottobre del 1962 il settimanale tedesco “Der Spiegel” rese pubblico l’esito – strettamente confidenziale ‐ di un’esercitazione della NATO relativa ad una simulazione di un conflitto in Europa (“Fallex 62”). Da tale esercitazione risultava evidente la situazione di estrema vulnerabilità del territorio della Germania occidentale nei confronti di un’eventuale aggressione da parte del Patto di Varsavia, stanti le presenti condizioni del sistema transatlantico e soprattutto la grave insufficienza delle forze convenzionali schierate da parte della NATO (Bundeswehr compresa) nel continente europeo. La pubblicazione di un articolo molto dettagliato su tale tematica innescò una gravissima crisi politico‐istituzionale. Franz Josef Strauß ‐ all’epoca Ministro della Difesa e fautore di un potenziamento delle forze nucleari dell’Alleanza Atlantica anche a discapito di quelle convenzionali ‐ reagì infatti all’episodio in modo violentissimo, procedendo a far sequestrare gli uffici dello Spiegel e a far arrestare gli editori dello stesso giornale e l’autore dell’articolo, accusandoli di alto tradimento nei confronti dello stato. Tali azioni provocarono disordini e proteste in tutta la Germania occidentale e una dura opposizione dei liberali del FDP ‐ che erano al governo con CDU/CSU ‐ costringendo infine il Cancelliere Adenauer a formare un nuovo governo dal quale lo stesso Strauß (che peraltro inizialmente aveva negato il proprio coinvolgimento nella questione) veniva estromesso, proprio a causa delle gravi illegalità di cui si era reso responsabile. Al suo posto Adenauer affidò il Ministero della Difesa a Kai‐Uwe von Hassel (CDU).
erano severissime.103 La tempistica stessa del riesame strategico degli Stati Uniti aveva inoltre messo seriamente in difficoltà i governi tedeschi, che avevano appena superato la difficile decisione di adeguarsi al “New Look” statunitense, approvando la nuclearizzazione (sotto il controllo di Washin) delle forze NATO dislocate sul proprio territorio.104 Il declino dell’enfasi sul nucleare, di cui si ventilava in ambito statunitense, creava di conseguenza un problema di consenso domestico nella Germania occidentale, che richiedeva quanto meno un necessario periodo di adeguamento.105
La Repubblica Federale Tedesca dimostrò pertanto una certa resistenza al nuovo cambiamento strategico ‐ che sembrava delineare il passaggio da una difesa “incondizionata” dell’Europa ad una “condizionata” ‐ 106 e auspicava che gli stati europei maggiormente vulnerabili rimanessero coesi e non si distaccassero dalla precedente dottrina.107 Con la formazione del governo di Ludwig Erhard nel 1963 le tendenze più radicalmente golliste persero influenza, in favore dell’affermazione di una linea più decisamente filo‐atlantica e quindi più vicina alla politica statunitense. Pur cercando di mantenere uno stretto rapporto con la Francia, il governo Erhard prendeva spesso le distanze da de Gaulle, al fine di non irritare l’Amministrazione statunitense e di rinvigorire l’ancoraggio tedesco agli Stati Uniti.108
103 J. E. Stromseth, The origins of Flexible Response, cit., p.121.
104 C. Bluth, Britain, Germany and Western nuclear strategy, cit., pp.30‐42.
105 Sulle difficoltà del continuo processo di adattamento tedesco alle modifiche strategiche statunitensi si veda: B. Heuser, NATO, Britain, France and the FRG, cit., pp.126‐129.
106 “Geschichte des angloamerikanischen Disengagements auf dem europäischen Kontinent“, da Referat III A/6 al Cancelliere, 23/2/1967, BArch Koblenz, B 136/6915 (4.21.1‐Reduzierung des US Streitkräfte in Europa).
107 “McNamara‐Rede Athen”, NHP Dok. 140, cit.
108 Ministero della Difesa, NHP Dok. Bonn, 158, scatola 6, streng geheim, 15/6/1965, sul colloquio tra il Cancelliere Ludwig Erhard e il Presidente francese Charles de Gaulle avvenuto l’11 giugno 1965. Il Cancelliere Erhard in questa occasione prese le distanze dai severi giudizi francesi relativi al calo di
Per quanto riguarda il cambiamento strategico della NATO, a partire dal 1965 la posizione tedesca risulta essere più convergente con quella degli Stati Uniti, come dimostrano alcuni documenti del Ministero della Difesa tedesco dello stesso anno. Nella “Führungsweisung (Direttiva concettuale) Nr. 1: Opinione tedesca sul concetto strategico della NATO” 109 elaborata nel 1965 ‐ vale a dire un documento interno relativo alla posizione ufficiale tedesca nel dibattito strategico
‐ la BRD sembrava ad esempio pronta al compromesso e ammetteva che la Risposta Flessibile rappresentasse la migliore possibilità disponibile a quel tempo.110 Tuttavia questo era vero solo a certe condizioni, che nel documento sono enunciate chiaramente: il mantenimento di un rischio incalcolabile per l’aggressore come cardine della deterrenza (con l’imprevedibilità della reazione occidentale a qualsiasi aggressione) e il connesso controllo della NATO sul processo di escalation, relativamente sia ai tempi sia ai mezzi impiegati.
Negli anni seguenti, soprattutto in seguito alla costituzione della Grande Coalizione, i contrasti strategici tra gli Stati Uniti e la Repubblica Federale Tedesca si attenuarono. Il contributo dell’SPD, per la prima volta al governo nella Grande Coalizione, fu infatti determinante per presentare nell’Alleanza una diversa visione della politica di sicurezza tedesca (rappresentata soprattutto da Egon Bahr, Fritz Erler ed Helmut Schmidt) rispetto a quella dei partiti conservatori che avevano governato con grandi maggioranze fino a quel momento.111 Un’evoluzione significativa, attuata specialmente dall’SPD nell’ambito di una più ampia revisione della politica estera tedesca, fu la constatazione degli sviluppi
credibilità della garanzia statunitense, dichiarando di non dubitare in alcun modo dell’affidabilità degli Stati Uniti nei confronti dei propri alleati nell’Alleanza Atlantica.
109 Ministero della Difesa, “Entwurf der Führungsweisung Nr.1‐ Deutsche Auffassung zum strategischen Konzept der NATO”, NHP Dok. Bonn 159, scatola 6, streng geheim, 21/7/1965.
110 „Entwurf der Führungsweisung Nr.1‐ Deutsche Auffassung zum strategischen Konzept der NATO”, 21/7/1965, NHP 159, cit., p.19.
111 C. Bluth, “Reconciling the irreconcilable”, cit., p.81.
della linea sovietica in una direzione apparentemente meno aggressiva e quindi dell’improbabilità di un attacco generale a sorpresa dell’URSS nei confronti dell’Europa occidentale.112 Tali osservazioni si inserivano nel segno del complessivo adeguamento politico‐strategico della BRD rispetto al contesto internazionale, rappresentando una netta presa di distanza dagli assunti dell’epoca di Adenauer, che i conservatori continuavano ad evocare per ostacolare la generale politica di distensione e giustificare il mantenimento di un’intransigente politica di forza.113 Nonostante a partire dalla seconda metà degli anni ’60 si possa registrare un quadro di maggiore convergenza strategica tra la politica tedesco‐occidentale e la linea di Washington, anche in quel periodo permasero una forte volontà della BRD di far valere il proprio punto di vista nell’Alleanza e l’insistente richiesta dei governi di Bonn di venire maggiormente consultati e ascoltati.114
Ciò considerato, un testo fondamentale di Helmut Schmidt utile per comprendere l’evoluzione del pensiero strategico dell’SPD negli anni ’60 è
“Defense or Retaliation. A German contribution to the consideration of NATO’s strategic problem”.115 Nonostante il volume di Schmidt sia stato pubblicato nel 1962, le osservazioni in esso contenute appaiono attuali anche in riferimento alla seconda metà degli anni ’60, in quanto focalizzavano già le tendenze evolutive di medio periodo che divennero poi cruciali nella politica strategica del governo della Grande Coalizione. Schmidt, anche prima di diventare Ministro della Difesa
112 Egon Bahr, “Aufzeichnung: Mögliche militärische Konfrontationen in Europa“, 20/6/1968, Dep.
Bahr, AdsD, 1/EBAA000835, (ex 316 – Mappe 3, Europäische Sicherheit), A 10.
113 Per un’analisi della Politik der Stärke dell’era Adenauer dal punto di vista della politica di sicurezza si veda: C. Bluth, Britain, Germany and Western nuclear strategy, cit., pp.18 e segg.
114 A. F. Gablik, Strategische Planungen in der Bundesrepublik Deutschland, 1955‐1967, cit., p.467.
115 Helmut Schmidt, Defence or retaliation. A German contribution to the consideration of NATO’s strategic problem (Edinburgh and London; Oliver and Boyd: 1962). Il titolo originale è: Verteidigung oder Vergeltung: ein deutscher Beitrag zum strategischen Problem der NATO.
del governo Brandt nel 1969 (e poi Cancelliere nel 1974), era indubbiamente uno dei politici di spicco nell’ambito della politica di sicurezza del Partito Socialdemocratico tedesco. Già dall’inizio degli anni ’60 le sue idee mostravano una spiccata capacità di interpretare il contesto internazionale contemporaneo. Il suo impegno parlamentare fu molto significativo in questo campo e lo fece diventare una delle personalità più autorevoli ed esperte nel settore della difesa.
Ricostruendo accuratamente l’evoluzione del contesto strategico internazionale degli ultimi anni, Schmidt metteva in luce quali fossero le linee che dovevano guidare un’efficace politica di sicurezza tedesca, e quale potesse essere il contributo della BRD nel dibattito occidentale.
Nell’analisi del politico tedesco emerge chiaramente la consapevolezza che l’Alleanza Atlantica si trovava ad affrontare una fase di difficoltà di carattere politico e “psicologico”, dovuta alla perdita di due vantaggi competitivi da parte degli Stati Uniti: l’inaccessibilità geografica e la superiorità militare.116 L’ambito nucleare era poi sicuramente al centro dei cambiamenti strategici dell’ultimo decennio. Proprio il concetto di “nuclear stalemate”, o “stallo nucleare” era alla base della crisi di credibilità occidentale e del successivo riesame strategico.117 La consapevolezza che il raggiungimento di un pareggio o stallo nucleare tra le superpotenze fosse un evento di carattere rivoluzionario e che in seguito sarebbe stato impossibile continuare a ragionare in base agli schemi del passato era già chiara in Schmidt nei primi anni ’60, come si nota dai documenti di quel periodo.118
116 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., pp.55 e segg.
117 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., p.37. Schmidt definisce qui la situazione di “nuclear stalemate” come quella in cui “both nuclear (super)powers are in a position to inflict an unacceptable retaliatory blow on the enemy”.
118 Helmut Schmidt, “Aufzeichnung für Willy Brandt: Verteidigungspolitik“, 11/7/1964, HSA ‐ AdsD, 1/HSAA005121, (Politische Tätigkeit 1961‐1965), Bd.1.
Schmidt era convinto ‐ come McNamara ‐ che si potesse considerare altamente improbabile il ricorso sovietico ad una guerra nucleare generale.119 Se tuttavia tale ipotesi appariva poco verosimile, il pericolo di un conflitto di quel tipo era ancora insito nella possibilità di una cattiva interpretazione delle proprie reciproche intenzioni da parte delle superpotenze e in quella di un’estensione di guerre limitate.120 Molto più probabile era però lo scenario di un conflitto circoscritto, rispetto al quale la NATO sembrava gravemente impreparata.121 Pertanto Schmidt, come anche altri politici ed esperti tedeschi, auspicava una modifica strategica dell’Alleanza Atlantica, proprio perché:
Nella strategia di un’esclusiva nuclear retaliation si trova un rischio terribile. Fin quando è efficace, la pace può essere preservata bene. Ma se in un singolo caso eccezionale la deterrenza dovesse fallire nel suo obiettivo, la nostra dipendenza completa e unilaterale dalle forze nucleari strategiche ci condurrebbe direttamente ad una catastrofe completa.122
E ancora, come scrive sempre Schmidt poco più avanti, a proposito del cambiamento dello scenario bellico (il cosiddetto “Kriegsbild”) e dell’obsolescenza della dottrina strategica fino allora in vigore:
Noi crediamo che sia una questione di necessità urgente esprimere la nostra convinzione che la NATO si sia preparata in Europa per una guerra sbagliata.123
Riconoscendo l’insensatezza di rimanere ancorati ad una strategia dell’ “all‐or‐
nothing”124 e la necessità di consolidare la deterrenza a livelli più bassi rispetto
119 Helmut Schmidt, “Aufzeichnung für Willy Brandt: Verteidigungspolitik“, 11/7/1964, HSA ‐ AdsD, 1/HSAA005121, (Politische Tätigkeit 1961‐1965), Bd.1.
120 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., p.52.
121 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., pp.73; 106. Schmidt parla addirittura di “criminal neglect of NATO conventional armament”.
122 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., p.109.
123 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., p.112. Sull’evoluzione della percezione relativa agli scenari di guerra possibili si veda anche l’opinione di von Baudissin, Generale tedesco che fino al 1967 era stato Deputy Chief of Staff nello SHAPE: Wolf Graf von Baudissin, “NATO‐Strategie im Zeichen der Friedenserhaltung. Politische und militärische Überlegungen zur Strategie der „flexiblen Reaktion“„, Europa Archiv, Folge 17/1968, pp.627‐638.
all’ipotesi di conflitto generale, quello che invocava Schmidt nel suo Defence or Retaliation era sorprendentemente in linea con la futura Risposta Flessibile.
Ciò che era inoltre auspicabile e che poi divenne l’obiettivo costante di Schmidt anche nei ruoli che si trovò a ricoprire in seguito, era il perseguimento di un equilibrio politico e militare tra Est e Ovest. Questo non doveva consistere in una “tregua” tra i due campi o in un appeasement occidentale, trattandosi invece di una condizione che, riconoscendo le esigenze di entrambi i blocchi, doveva garantire una reciproca sicurezza. L’equilibrio, secondo Schmidt, rappresentava il presupposto più importante per ogni politica di difesa e di distensione politico‐
militare.125 Insiti in tale concetto di equilibrio vi erano quindi il rifiuto di ogni brama di superiorità occidentale e le basi stesse dell’arms control, quasi profeticamente definito “imperativo cruciale degli anni ’60”.126
Anche dopo il 1967, quando divenne Presidente del Gruppo Parlamentare dell’SPD e Presidente del Sicherheitsausschuss (Commissione Sicurezza) del partito), Helmut Schmidt continuò a rappresentare un punto di riferimento molto ascoltato per la definizione della politica di sicurezza del partito, che poi avrebbe attuato in veste di Ministro della Difesa e poi di Cancelliere. Negli appunti e nei documenti che risalgono a quegli anni erano chiaramente esposti sia la sua convinzione della necessità di aggiornare la linea strategica della NATO sia i timori connessi alle evoluzioni in atto nell’Alleanza.127 Nonostante le intenzioni del Patto
124 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., p.210. Scrive Schmidt: “Continued maintenance of the general conception of strategic nuclear retaliation is foolish. (…) The theory of the inevitability of nuclear defence is fatally wrong.”
125 Helmut Schmidt, „Entwurf: Memorandum zu aktuellen verteidigungspolitischen Fragen des Spätsommers 1967“, HSA ‐ AdsD, 1/HSAA005093 (Fraktionsvorstand; Sicherheitsfragen), Bd.1.
126 H. Schmidt, Defence or retaliation, cit., pp.123‐128.
127 Schmidt sosteneva che, nonostante fosse ancora formalmente valido il concetto di Rappresaglia Massiccia, gli stati della NATO (ad eccezione della Francia) ne avevano già di fatto preso le distanze, sotto la pressione dei cambiamenti delle condizioni internazionali. Una revisione ufficiale della strategia pertanto era non solo doverosa, ma avveniva anzi in ritardo, a causa dell’ostruzionismo operato
di Varsavia a metà degli anni ’60 sembrassero meno aggressive, Schmidt sottolineava inoltre come si dovesse però mantenere alta l’attenzione sul suo potenziale militare, che doveva rimanere la base per la pianificazione della NATO.
Questa idea sembra essere stata condivisa trasversalmente nella classe politica tedesco‐occidentale. Negli ambienti conservatori tuttavia tale concetto era espresso solitamente con un’enfasi ancora maggiore, come confermato dalle parole di Wilhelm Grewe, diplomatico dell’area conservatrice e Rappresentante Permanente della BRD presso il Consiglio della NATO dal 1962 al 1971:
Che la probabilità di un grande attacco sovietico all’Europa occidentale fosse ampiamente svanita, era riconosciuto e noto anche per noi. Solo che noi non potevamo trarre la conclusione che anche la minaccia si fosse volatilizzata. Noi abbiamo sempre – sotto qualsiasi governo – rappresentato l’opinione che la minaccia debba essere misurata non secondo le intenzioni del potenziale nemico, ma piuttosto dalle sue effettive forze militari. Le intenzioni possono cambiare rapidamente, il potenziamento della forza tuttavia richiede tempo. (…) Non siamo mai stati disponibili ad ottenere una distensione che permettesse di trascurare gli sforzi della difesa.128
In tutta la storia della Guerra Fredda si possono rintracciare alcune costanti circa la posizione della BRD nel sistema di sicurezza occidentale: il desiderio di preservare una chiara indivisibilità nella deterrenza e difesa transatlantica129 e la preoccupazione per lo squilibrio nel contesto sub‐strategico europeo a vantaggio dell’Unione Sovietica. La combinazione di questi due aspetti rendeva essenziale, secondo i tedeschi occidentali, il mantenimento dell’ “incalcolabilità del rischio” a carico dell’aggressore.130
dalla Francia. Helmut Schmidt “Aufzeichnung: NATO Strategie”, Maggio 1967, HSA ‐ AdsD, 1/HSAA008129, (Militaria), Bd.8.
128 Wilhelm G. Grewe, Rückblenden, 1976‐1951. Aufzeichnungen eines Augenzeugen deutscher Außenpolitik von Adenauer bis Schmidt (Frankfurt am Main, Berlin, Wien: Propyläen, 1979), p.686.
129 J. E. Stromseth, The origins of Flexible Response, cit., p.146.
130 A. F. Gablik, Strategische Planungen in der Bundesrepublik Deutschland, 1955‐1967, cit., pp.479‐480; W. G. Grewe, Rückblenden, 1976‐1951, cit., p.683; un documento sulla politica di difesa del governo di Grande Coalizione che mette al centro questo concetto è: „Entwurf: Regierungserklärung für die Verteidigungsdebatte des Deutsche Bundestages am 6/12/1967“, 4/12/1967, Dep.Bahr ‐ AdsD, 1/EBAA001060, (ex 401), A 10.
L’interesse vitale di Bonn era infatti quello di evitare che il campo comunista, osservando il venir meno dell’automaticità di una reazione nucleare da parte degli Stati Uniti, fosse tentato di innescare un conflitto convenzionale limitato al contesto europeo, in cui gli USA stessi potessero sentirsi meno coinvolti.131 Data la superiorità numerica delle truppe sovietiche stanziate nel continente, un tale scenario sarebbe stato terribilmente pericoloso soprattutto per la Germania occidentale, il paese più esposto dell’Alleanza Atlantica. Il mantenimento della minaccia di un’automatica ritorsione nucleare statunitense a qualsiasi aggressione, secondo una “tripwire‐strategy”, rappresentava dunque un presupposto dal quale i tedeschi facevano fatica ad allontanarsi.132 Hans‐Georg Wieck, influente funzionario del Ministero della Difesa dal 1966 (dal 1970 al 1974 a capo del relativo Planning Staff e in seguito Ambasciatore), ha sostenuto come il timore tedesco che il territorio della BRD non potesse essere difeso in senso integrale a causa della condizione sfavorevole occidentale nel rapporto di forza nel continente europeo, fosse proprio l’elemento che plasmava l’interesse della Germania a difendere l’applicazione della Rappresaglia Massiccia.133
La maggior parte della classe dirigente politica e militare tedesco‐
occidentale era poi convinta che l’accento che gli Stati Uniti intendevano porre sulle forze convenzionali avrebbe avuto come effetto controproducente quello di
131 Aufzeichnung des Referats II A7, „NATO‐Verteidigungsplanung”, 3/5/1967, geheim, AAPD 1967, vol.II, Dok.157, pp.704‐710. In quest’analisi relativa all’imminente adozione della Risposta Flessibile si riportano anche le preoccupazioni di Grewe, Rappresentante Permanente della BRD presso il Consiglio NATO, circa un eccessivo accento statunitense sulla difesa convenzionale che avrebbe potuto – a suo avviso ‐ spingere un potenziale aggressore ad intraprendere un attacco limitato, non correndo più il rischio di un’escalation nucleare.
132 Ministero della Difesa, NHP Dok. Bonn 153, scatola 5, (MFGA‐Potsdam) streng geheim, 12/5/1965, “Strategische Auffassungen in der NATO und der deutsche Standpunkt”, p.41; in cui vengono auspicati piani per “un uso tempestivo di armi nucleari”, definendo necessaria una difesa nucleare “quasi automatica”; si veda anche C. Tuschhoff, Deutschland, Kernwaffen und die NATO, 1949‐1967, cit., p.217.
133 Hans‐Georg Wieck, Atti non pubblicati del Convegno “The third study and review conference of the Nuclear History Program), Ebenhausen, Germania, 26‐29 giugno 1991, discussione del Panel III, pp.137‐138; documenti del NHP, scatola 38, MGFA ‐ Potsdam.
indebolire la solidità del deterrente occidentale.134 Il modello di “escalation deliberata e graduale” ‐ che gli Stati Uniti cercavano di imporre ‐ sembrava contenere i concetti di fasi ben distinte del conflitto e di una pausa prima di passare all’utilizzo di armi nucleari, per dare modo all’aggressore di invertire il proprio comportamento.135 La prospettiva di una “guerra limitata”, portata avanti con forze convenzionali nel continente europeo, prima che (o senza che) la NATO rispondesse innalzando il livello di conflitto e attuando quindi una escalation controllata, era alquanto difficile da prendere in considerazione per i tedeschi.136
Il concetto di “pausa” era inoltre considerato “bedenklich”, ovverosia
“inquietante” dagli esperti della BRD, in quanto avrebbe potuto rappresentare una “intollerabile e pericolosa perdita di tempo” per la NATO e una situazione di cui l’aggressore avrebbe potuto facilmente approfittare ai danni della Germania.137 Secondo la Repubblica Federale Tedesca era essenziale quindi evitare che l’Europa Centrale potesse divenire il teatro di una battaglia convenzionale, proprio a causa di una “strategia della pausa”.138 Mentre la Germania occidentale considerava un’eventuale pausa utile solo a preparare militarmente l’impiego di armi nucleari, gli Stati Uniti immaginavano di poterla sfruttare anche per “crises‐management” ossia per intraprendere una discussione politica sulle possibili opzioni da attuare nel conflitto in corso.139 Ogni accenno a
134 J. E. Stromseth, The origins of Flexible Response, cit., p.121.
135 H. Haftendorn, NATO and the nuclear revolution, cit., pp.36; 39.
136 J. E. Stromseth, The origins of Flexible Response, cit., p.149; B. Heuser, NATO, Britain, France and the FRG, cit., p.143.
137 “McNamara‐Rede Athen”, NHP Dok. 140, cit., p.3. „La pausa nel caso di un attacco contro il territorio della BRD deve essere estremamente breve, altrimenti può essere usata dall’aggressore ai fini di una continuazione o un ampliamento della sua aggressione. L’aggressore potrebbe sentirsi invitato, dalla
‘tesi della pausa’, ad assicurarsi bottini (territoriali) maggiori”.
138 Ministero della Difesa, “Strategische Auffassungen in der NATO und der deutsche Standpunkt”, 12/5/1965, NHP Dok. Bonn 153, scatola 5, p.41.
139 C. Tuschhoff, Deutschland, Kernwaffen und die NATO, 1949‐1967, cit., pp.226‐227.