1. GLI ANTEFATTI: LA REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA E IL NUCLEARE DAL DOPOGUERRA ALL’INIZIO DELLA DISTENSIONE
1.2. Il nuclear‐sharing dall’hardware al software
rinunciare a tale piano di nuclear sharing per favorire un percorso autonomo francese, alla BRD non restava che cercare di assicurarsi un maggior peso in materia nucleare nel contesto di un auspicato progetto di compartecipazione nell’ambito dell’Alleanza Atlantica.23
concepire un’inferiorità tedesca permanente in questa dimensione, nel segno della “volontaria astinenza” del 1954.27 Seguendo una logica improntata al multilateralismo, la MLF avrebbe dovuto mantenere i limiti imposti alla Repubblica Federale in termini di possesso e produzione nazionale di armi atomiche, permettendo tuttavia una sensibile evoluzione dello status della stessa BRD, tramite la partecipazione di quest’ultima ad una forza nucleare integrata transatlantica.28
La proposta di una forza nucleare multilaterale all’interno della NATO sembrava rispondere agli obiettivi della BRD di aumentare la propria influenza nel sistema di difesa transatlantico, rafforzare la coesione dell’Alleanza e scongiurare un disengagement degli Stati Uniti dalla sicurezza del continente europeo.29 Il possesso (o almeno la co‐gestione) di armi nucleari rappresentava in particolare per la classe politica della Germania Ovest un tema riguardante essenzialmente lo status del proprio paese all’interno del blocco occidentale e la costante aspirazione tedesca ad un’uguaglianza nei confronti degli alleati europei, comprese la Gran Bretagna e la Francia ormai dotate di un proprio deterrente nucleare nazionale.30
27 C. M. Kelleher, Germany & the politics of nuclear weapons, cit., p.7; S. Schrafstetter, “The long shadow of the past”, cit., p.137.
28 Hal Brands, “The United States, Germany and the multilateralization of international relations”, in D. Junker (ed.), The United States and Germany in the era of Cold War, cit., p.50.
29 Christoph Hoppe, Zwischen Teilhabe und Mitsprache. Die Nuklearfrage in der Allianzpolitik Deutschlands, 1959‐1966 (Nuclear History Program – NHP; Baden Baden: Nomos Verlagsgesellschaft, 1993), pp.371‐375. McGeorge Bundy sostiene che il motivo principale del sostegno tedesco al progetto MLF fosse legato proprio all’interesse della BRD di evitare un distacco statunitense dalla sicurezza europea. McGeorge Bundy, Danger and survival. Choices about the bomb in the first fifty years (New York;
Toronto: Random House, 1988), p.503.
30 Wilhelm G. Grewe, “Über den Einfluß der Kernwaffen auf die Politik”, in Europa Archiv, Folge 3/1967, p.91; Hal Brands, “Non‐Proliferation and the dynamics of the Middle Cold War: the Superpowers, the MLF, and the NPT”, in Cold War History, vol.7, n.3 (2007), p.392. La prima esplosione nucleare britannica risaliva al 1952, mentre la Francia raggiunse una propria capacità atomica nel 1960.
Come si evince da un’analisi interna del Ministero della Difesa tedesco‐
occidentale, risalente al 1965, la Repubblica Federale riteneva che l’Alleanza Atlantica dovesse affrontare la questione nucleare con la dovuta urgenza e cautela, per evitare conseguenze pericolose per la coesione dello stesso campo occidentale. Si diceva:
Una sistemazione della questione nucleare è urgente, dal punto di vista dell’equiparazione dei diritti tra tutti i partner della NATO. Una responsabilità comune può essere ottenuta o attraverso la creazione di una forza nucleare multilaterale oppure con la partecipazione alla pianificazione e all’utilizzo delle armi nucleari strategiche.31
Un altro documento del 1965, preparato dal Ministero della Difesa tedesco‐occidentale per la visita del 28‐29 maggio 1965 del Segretario della Difesa statunitense McNamara nella BRD, si riferiva al progetto MLF e più in generale al fattore nucleare, enunciando alcuni principi fondamentali che avrebbero dovuto guidare la politica della Repubblica Federale in quell’ambito.32 In tale fonte si affermava che la soluzione del problema nucleare rappresentava un importante obiettivo della BRD, la quale dal suo punto di vista non poteva
“rinunciare ad ottenere una corresponsabilità circa la pianificazione, la formulazione dei principi di impiego, la scelta degli obiettivi e la decisione relativa all’uso di armi nucleari”, dalle quali, come si legge, dipendeva in ultima istanza la propria sicurezza. Nello stesso documento venivano esposti altri due concetti fondamentali. Il primo sottolineava l’opportunità di porre sempre la questione nucleare come un problema comune degli stati della NATO, per evitare che la
31 Ministero della Difesa, “Führungsweisung nr.1. Deutsche Auffassung zum strategischen Konzept der NATO“, 21/7/1965, Dok.159, scatola 6, Fondo NHP, MGFA Potsdam. A metà del 1965 il progetto di MLF era, come si vedrà, già in seria crisi. E’ significativo pertanto sia il modo in cui esso veniva ancora menzionato in un importante documento ufficiale tedesco, sia il fatto che a tale opzione si cominciava ad affiancare quella di second best, consistente in una partecipazione tedesca alla pianificazione nucleare della NATO.
32 Ministero della Difesa, NHP Dok. Bonn 154, scatola 5, MGFA‐Potsdam, “Sprechzettelbeitrag für den Besuch des US‐Verteidigungsministers McNamara am 28/29.5.65 in der Bundesrepublik“, 18/5/1965, pp.38‐40.
Repubblica Federale si trovasse “in una situazione poco chiara che avrebbe potuto destare il sospetto che la BRD perseguisse in realtà un’ambizione nucleare nazionale”.33 L’altro tema fondamentale trattato nella nota del Ministero della Difesa era collegato invece alle preoccupate considerazioni tedesche circa il crescente deterioramento dei rapporti tra la Francia e gli Stati Uniti. Nell’analisi in questione si esprimeva di conseguenza la necessità di evitare di trovarsi, per la soluzione della questione nucleare, in una situazione che imponesse alla Repubblica Federale di prendere parte in tale contrasto franco‐statunitense, compromettendo inevitabilmente il rapporto con uno dei due preziosi alleati.34
Per quanto riguardava invece i paesi della NATO, se da una parte temevano che negare ogni opzione nucleare alla BRD avrebbe potuto dar luogo a tendenze nazionaliste e/o neutraliste nella stessa Germania, dall’altra questi non celavano il timore opposto, ovverosia che concedere una parziale capacità nucleare alla Repubblica Federale avrebbe potuto riportare alla luce un pericoloso militarismo tedesco.35 L’acquisizione di un eventuale status nucleare da parte della Repubblica Federale rappresentava inoltre il maggior timore sovietico fin dalla costituzione dello stato tedesco occidentale e pertanto era una questione molto delicata e sottoposta ad un rigido veto dell’URSS.36 Il progetto MLF era di conseguenza fortemente avversato dall’Unione Sovietica che, considerandolo un
33 “Sprechzettelbeitrag für den Besuch des US‐Verteidigungsministers McNamara am 28/29.5.65 in der Bundesrepublik“, NHP Dok. 154, cit., p.39.
34 “Sprechzettelbeitrag für den Besuch des US‐Verteidigungsministers McNamara am 28/29.5.65 in der Bundesrepublik“, NHP Dok. 154, cit., p.39.
35 Sul rischio per la stabilità del sistema internazionale insito nell’attuazione di un containment troppo punitivo nei confronti della Germania sconfitta (“another Versailles leading to another Hitler”) si veda S. Schrafstetter, “The long shadow of the past”, cit., pp.127‐128; 137. L’autrice sottolinea poi come sia i fautori sia gli oppositori della MLF attingessero alla storia tedesca per argomentare la propria posizione, i primi considerando con preoccupazione la prospettiva di una BRD frustrata nel suo ruolo di inferiorità rispetto agli alleati e gli altri temendo quella di un’acquisizione della capacità nucleare da parte della Germania.
36 M. Trachtenberg, A Constructed Peace, cit., pp.251‐256 e 399‐400.
espediente per nuclearizzare la BRD, lo reputava un ostacolo ad un potenziale accordo con gli USA sulla non proliferazione.37
L’opzione della Multilateral Force fu progressivamente abbandonata dall’Amministrazione Johnson tra il 1965 e il 1966. Questo accadde sia a causa di risposte piuttosto scettiche da parte degli alleati europei (rispecchianti il timore di Gran Bretagna e Francia nei confronti di una capacità nucleare della BRD)38 sia per la mancanza di convinzione della stessa Casa Bianca che ‐ specialmente dopo il test nucleare cinese del 1964 ‐ era sempre più interessata ad un trattato di non proliferazione tra le due superpotenze.39 La MLF si stava pertanto trasformando da panacea dei problemi nucleari interni all’Alleanza Atlantica ad ostacolo nel percorso di una distensione con l’Unione Sovietica.40
Dal punto di vista statunitense diventava infatti sempre più difficile trovare un equilibrio coerente tra il percorso verso un auspicato accordo con i sovietici volto a limitare la proliferazione nucleare (che aveva avuto una prima tappa con il Partial Test Ban Treaty del 1963)41 e i piani interni alla NATO per una maggiore
37 C. Hoppe, Zwischen Teilhabe und Mitsprache, cit., pp.379‐380; Helga Haftendorn, NATO and the nuclear revolution. A crisis of credibility, 1966‐1967 (Oxford: Clarendon Press, 1996), pp.130‐131.
38 Secondo la Haftendorn, la principale ragione del fallimento della MLF consisteva nella mancanza di un convinto supporto da parte dei paesi dell’Europa occidentale (Repubblica Federale Tedesca a parte), H. Haftendorn, NATO and the nuclear revolution, cit., p.145. Sulle posizioni degli stati europeo‐occidentali si vedano anche: S. Schrafstetter, “The Long Shadow of the Past”, cit., p.128; M.
Bundy, Danger and survival, cit., pp.495‐498.
39 Marilena Gala, Il paradosso nucleare. Il Limited Test Ban Treaty come primo passo verso la distensione (Firenze: Polistampa, 2002), pp.282; 292; 310. Scrive l’autrice: “L’arsenale nucleare, nel momento in cui cessava di essere la garanzia dell’incontestabile protezione assicurata da ciascuna superpotenza ai propri alleati per diventare, paradossalmente, strumento privilegiato di dialogo con l’avversario, diventava il principale fattore destabilizzante dei rapporti che non fossero quelli fra Casa Bianca e Cremlino. In altri termini, l’elemento unificatore si trasformava necessariamente in motivo di disputa e viceversa.”
40 Haftendorn definisce efficacemente la MLF una “apparent panacea”, H. Haftendorn, NATO and the nuclear revolution, cit., p.115.
41 M. Gala, Il paradosso nucleare, cit.; sulla difficile adesione della BRD al PTBT si vedano in particolare M. Küntzel, Bonn and the bomb, cit., pp.32‐35, S .Schrafstetter, “The Long Shadow of the Past”,