1. GLI ANTEFATTI: LA REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA E IL NUCLEARE DAL DOPOGUERRA ALL’INIZIO DELLA DISTENSIONE
1.1. Riarmo e rinuncia
Konrad Adenauer – primo Cancelliere della Germania occidentale ‐ era convinto che l’aspetto più interessante delle nuove armi nucleari fosse il loro valore come strumento politico e diplomatico.5 Dal punto di vista specifico della BRD, essere in grado di poter esercitare un’opzione nucleare come leva diplomatica con l’URSS nell’ambito di un’eventuale riunificazione tedesca risultava infatti più significativo dell’aspirazione (non realistica) di disporre di armamenti nucleari soggetti al proprio controllo nazionale.6 La mera possibilità di utilizzare un’opzione nucleare sul piano diplomatico, oltre ad essere coerente con l’ambizione della BRD di ottenere sia una completa sovranità nel sistema internazionale sia un’uguaglianza nei confronti dei suoi partner all’interno dell’Alleanza Atlantica, era considerata particolarmente rilevante dal Cancelliere, come parte integrante della propria idea di Politik der Stärke (politica di forza).7
Reputando che fosse utile tenere aperta una seppur remota ipotesi nucleare, Adenauer ‐ come la maggioranza della classe politica tedesco‐
occidentale ‐ era pertanto restio ad accettare lo status di nuclear‐have‐not che la comunità internazionale voleva imporre alla Repubblica Federale nell’ambito delle clausole per un inserimento di quest’ultima nel sistema di difesa del campo
5 Annette Messemer, “Konrad Adenauer: defence diplomat on the backstage”, in John Lewis Gaddis Philip H. Gordon, Ernest R. May, Jonathan Rosenberg (eds.), Cold War statesmen confront the bomb. Nuclear diplomacy since 1945 (New York: Oxford University Press, 1999), pp.242‐243.
6 H. Haftendorn, Abrüstungs‐ und Entspannungspolitik, cit., p.110. L’autrice mette in risalto il significato prevalentemente politico‐diplomatico del desiderio dei governi della BRD di mantenere aperta un’opzione nucleare, parlando a tal proposito del possibile valore della stessa opzione in ambito negoziale come “Tauschobjekt”, ovvero “oggetto di scambio”.
7 Susanna Schrafstetter, “The long shadow of the past: history, memory and the debate over West Germany’s nuclear status, 1954‐1969”, in History & Memory, vol.16, n.1, spring/summer 2004, pp.120‐121.
occidentale.8 Tuttavia, il 3 ottobre 1954, il Cancelliere annunciò con una ufficiale dichiarazione unilaterale che la Germania Ovest si impegnava a rinunciare alla produzione di armi atomiche, biologiche e chimiche (spesso definite complessivamente con l’acronimo di ABC) nel proprio territorio.9
Tale atto, definito efficacemente da Matthias Küntzel “the involuntary renunciation”,10 si può considerare l’ultima di una serie di misure stabilite dai vincitori della Seconda Guerra Mondiale per tenere sotto controllo la Germania, paese sconfitto, diviso e non ancora pienamente sovrano.11 L’impegno del 1954 ebbe luogo infatti nel contesto dei negoziati per la fine del regime di occupazione in Germania occidentale e fu in particolare una precondizione posta dalle potenze vincitrici occidentali (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) per la successiva inclusione della BRD nelle strutture di difesa transatlantiche e per il suo processo di riarmo.12 La rinuncia unilaterale del 1954 rientrava dunque nell’ambito della
8 Matthias Dembinski, “Differences on Arms Control in German ‐ American relations”, in Detlef Junker (ed.), The United States and Germany in the era of Cold War, 1945‐1990. A handbook, vol.2, 1968‐
1990 (New York: Cambridge University Press, 2004), p.142. Dembinski sostiene che, dal punto di vista di Adenauer, rinunciare alla produzione di armamenti nucleari rappresentasse “a necessary evil”, indispensabile per liberare la Germania occidentale dal peso dello Statuto di Occupazione. Sullo stesso tema si veda anche Matthias Küntzel, Bonn and the bomb. German politics and the nuclear option (London; Boulder, Colorado: Pluto Press, 1995), pp.1‐22.
9 “Freiwilliger Verzicht der Bundesrepublik Deutschland auf die Herstellung von ABC – Waffen vom 23/10/1954”, in Abrüstung und Rüstungskontrolle, Dokumentation. Dokumente zur Haltung der Bundesrepublik Deutschland (Bonn: Herausgegeben im Auftrag des Auswärtigen Amts: Köllen Druck &
Verlag GmbH, 1978), dok. 3, pp.15‐16.
10 La rinuncia avvenne in realtà nella forma di una “concessione volontaria” rilasciata da Adenauer alla Conferenza di Londra di fine settembre/inizio ottobre 1954, tuttavia rispondeva alle sensibilità e alle pressanti richieste degli alleati della BRD. Si veda, tra gli altri, M. Küntzel, Bonn and the bomb, cit., p.2.
L’autore, che intitola proprio “The involuntary renunciation” un paragrafo del suo volume, afferma che
“sebbene furono attentamente evitati i segni di un diktat degli Alleati, la rinuncia alle armi ABC da parte della Repubblica Federale Tedesca poteva difficilmente venire considerata come un atto volontario".
11 Catherine McArdle Kelleher, Germany & the politics of nuclear weapons (New York; London:
Columbia University Press, 1975), p.11.
12 L’ingresso della Repubblica Federale nella NATO ebbe luogo nel 1955. Si vedano: Mark Smith, NATO enlargement during the Cold War. Strategy and system in the Western Alliance (Houndmills:
Palgrave, 2000), pp.96‐126; Helga Haftendorn, “50 anni fa la Germania aderiva alla NATO”, in Rivista della NATO (Estate 2005), http://www.nato.int/docu/review/2005/issue2/italian/history.html; M.
politica di “double‐containment” perseguita a partire dall’immediato dopoguerra dagli alleati della BRD, oltre che verso l’URSS, anche nei confronti della Germania stessa.
Se infatti da una parte il blocco occidentale aveva bisogno del contributo della Repubblica Federale Tedesca alla ricostruzione europea e al sistema di difesa della NATO, dall’altra parte si reputava anche necessario cercare di imporre delle restrizioni al processo di riarmo tedesco.13 Questa convinzione aveva le radici nel recente passato di aggressione che aveva caratterizzato la politica nazista e nel conseguente retaggio in termini di timori, presenti in tutta la comunità internazionale, connessi ad una possibile rapida ricomparsa di un forte stato tedesco.14
Un’altra tappa importante nella storia del rapporto della Germania occidentale con gli armamenti nucleari fu quella della nuclearizzazione delle forze dell’Alleanza Atlantica dislocate sul suolo europeo. A partire dall’inizio degli anni
‘50, parallelamente ai rapidi sviluppi sovietici nel settore militare‐tecnologico, l’Amministrazione Eisenhower avviò infatti una nuclearizzazione delle forze
Trachtenberg, A constructed peace, cit., pp.125 e segg.; Christoph Bluth, Britain, Germany and Western
nuclear strategy (Oxford: Clarendon Press, 1995), pp.16‐17; 30.
13 Sull’inserimento della BRD nella NATO come soluzione del dilemma di sicurezza del campo occidentale, consistente secondo Christian Tuschhoff nella ricerca di un compromesso tra “la sicurezza per la Germania e la sicurezza dalla Germania”, si vedano, tra gli altri proprio Christian Tuschhoff, Deutschland, Kernwaffen und die NATO, 1949‐1967. Zum Zusammenhalt von und friedlichem Wandel in Bündnissen (Nuclear History Program – NHP, Internationale Politik und Sicherheit, Stiftung Wissenschaft und Politik SWP; Baden Baden: Nomos Verlagsgesellschaft, 2002), pp.385‐391; e M. Smith, NATO enlargement during the Cold War, cit., pp.122‐125, in cui, a tal proposito, l’autore parla di „channeling“
della questione tedesca, affermando che „the accession was a case of both Germany being used to solve NATO’s problems, and NATO being used to solve the German Question”.
14 Per quanto riguarda il modo in cui il peso della recente storia nazionale tedesca influenzò durante la Guerra Fredda il dibattito su un possibile status nucleare della Germania occidentale, si veda S.
Schrafstetter, “The long shadow of the past”, cit.
statunitensi presenti in Europa.15 Tale processo, mirante a rassicurare gli alleati (scongiurandone contemporaneamente scelte nucleari indipendenti) e a rafforzare la difesa occidentale, investì dal 1954‐1955 anche la BRD, con un massiccio schieramento di armi nucleari tattiche a corto raggio sul suo territorio.16 Per quanto riguardava il regime a cui avrebbero dovuto essere sottoposti tali armamenti, era in via di definizione un sistema di sicurezza di
“doppia‐chiave”, che aveva lo scopo di riservare agli Stati Uniti la responsabilità effettiva sulle nuove armi affidate alla Bundeswehr. La Repubblica Federale Tedesca si trovò perciò ricca di testate atomiche NATO stanziate sul proprio suolo ma priva di un controllo politico‐militare su tale arsenale.17
Tale sviluppo, benché godesse dell’ampio sostegno tedesco‐occidentale per l’inserimento della BRD nell’Alleanza Atlantica, vide l’opposizione di parte della sinistra e la nascita di un movimento di protesta pacifista e antinucleare (Kampf der Atomtod).18 La protesta aveva origine proprio dalla consapevolezza di parte della società civile tedesco‐occidentale che ‐ con la nuclearizzazione delle forze NATO ‐ la sicurezza degli europei diveniva sempre più dipendente da armamenti sui quali essi non avevano un reale controllo, tra l’altro nello stesso periodo in cui la credibilità della garanzia nucleare statunitense sembrava in parte affievolirsi per effetto dei progressi tecnologici sovietici. In particolare, il
15 Per il processo di nuclearizzazione delle forze NATO in Europa occidentale si rimanda soprattutto a Marc Trachtenberg, History & Strategy (Princeton, New Jersey: Princeton University Press, 1991), pp.153‐168.
16 Per quanto riguarda la nuclearizzazione delle forze NATO dislocate in Germania occidentale si vedano soprattutto: C. Bluth, Britain, Germany and Western nuclear strategy, cit., pp.30‐42; Robert S.
Norris, William M. Arkin, William Burr, “Where they were”, in The Bulletin of Atomic Scientists, (November‐December 1999), pp.26‐35.
17 Wolfram Hanrieder, Germany, America, Europe. Forty years of German foreign policy (New Haven: Yale University Press, 1989), p.58.
18 Mark Cioc, Pax Atomica. The nuclear defense debate in West Germany during the Adenauer era (New York: Columbia University Press, 1988); Jeffrey Boutwell, “The politics and Ideology of SPD Security Policies”, in Barry M. Blechman, Cathleen S. Fisher (eds.), The silent partner. West Germany and arms control (Cambridge Mass.: Ballinger Publishing Company, 1988), pp.130‐131; 145; 151‐152.
movimento di protesta antinucleare tedesco si raccolse in quella fase intorno al tema della “sopravvivenza nazionale” e alla convinzione che gli specifici interessi nazionali della Repubblica Federale (come la riunificazione) dovessero venir presi maggiormente in considerazione dallo stesso governo tedesco e dagli Stati Uniti.19
La nuclearizzazione implicava poi la trasformazione della presenza americana in Europa in un impegno di fatto permanente, necessario a controllare le forze NATO là dislocate e a gestire la prosecuzione del riarmo tedesco.20 Sebbene gli Stati Uniti volessero evitare una propria sovraesposizione e auspicassero un più equo burden sharing con gli alleati, la suddivisione degli oneri della difesa era però complessa anzitutto per il settore nucleare, sul quale gli europei desideravano ottenere un maggior controllo, che gli USA erano invece restii a concedere.
Nonostante la rinuncia del 1954, per la Germania occidentale rimanevano comunque possibili l’alternativa di acquisire armamenti nucleari prodotti altrove e quella, molto dibattuta nella BRD, di una coproduzione e cogestione (nuclear sharing) con altri paesi.21 D’altra parte, dopo l’esplorazione di un progetto europeo di cooperazione trilaterale22 e la successiva scelta di de Gaulle di
19 Holger Nehring, “Diverging perceptions of security. NATO, nuclear weapons, and social protest”, in Andreas Wenger, Christian Nuenlist, Anna Locher (eds.), Transforming NATO in the Cold War.
Challenges beyond deterrence in the 1960's (London: Routledge, 2007), pp. 131‐147; si veda anche S.
Schrafstetter, “The long shadow of the past”, cit., pp.121‐124, in cui l’autrice sottolinea come lo schieramento delle armi nucleari statunitensi nel territorio della Repubblica Federale Tedesca venisse considerato alla fine degli anni ’50 in modo molto critico da una parte della società tedesco‐occidentale, in quanto sembrava diminuire le possibilità di un’auspicata riunificazione nazionale.
20 M. Trachtenberg, History & Strategy, cit., p.165.
21 M. Küntzel, Bonn and the bomb, cit., pp.7‐16; C. M. Kelleher, Germany & the politics of nuclear weapons, cit., in particolare i capitoli 5‐7; C. Bluth, Britain, Germany and Western nuclear strategy, cit., pp.52‐58.
22 Il protocollo di cooperazione nucleare franco‐italo‐tedesco fu sottoscritto il 28 novembre 1957.
Su tale argomento si rimanda soprattutto a: Leopoldo Nuti, “The F‐I‐G story revisited”, in Leopoldo Nuti, Cyril Buffet (eds.), Dividing the Atom. Essays on the history of nuclear proliferation in Europe, num.
speciale di Storia delle Relazioni Internazionali, vol.13, n.1 (1998), pp.69‐100.
rinunciare a tale piano di nuclear sharing per favorire un percorso autonomo francese, alla BRD non restava che cercare di assicurarsi un maggior peso in materia nucleare nel contesto di un auspicato progetto di compartecipazione nell’ambito dell’Alleanza Atlantica.23