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Dimensione demografica: le comunità della dioces

CAPITOLO IV Trivento e il suo territorio

IV.3. Dimensione demografica: le comunità della dioces

Estesa tra le province di Contado di Molise, Abruzzo Ultra e Abruzzo Citra la diocesi di Trivento era tra le più grandi e più popolate del Molise di età moderna e le sue quarantacinque comunità avevano un patrimonio demografico di oltre 4.461 fuochi, pari a circa 20.075 anime, nel 1532. Dopo Trivento la diocesi più grande del Contado di Molise era quella di Boiano, la cui giurisdizione si estendeva su ventinove comunità gravitanti attorno a Campobasso, il maggior centro della provincia, per un totale di circa 3.800 fuochi al 1532. Si trattava di valori demografici nella media rispetto alle diocesi circostanti o comunque dell’area appenninica interna.

La diocesi de L’Aquila, per esempio, che comprendeva settantatré centri, aveva una popolazione di 45.000 anime e Sulmona con 36.000 anime aveva una giurisdizione estesa su quarantatre comunità. Scendendo più a sud di Trivento, le condizioni demografiche si riducevano sensibilmente. Le altre diocesi della provincia di Molise, infatti, oltre a comprendere un numero inferiore di comunità avevano anche una più bassa densità demografica. Isernia e Venafro, per esempio, contavano tra le 10.000 e le 12.000 anime. Larino, nel 1613, contava 7.000 anime e Guardialfiera, confinante con Trivento, ne aveva ancora meno, circa 4.000 anime e, così via, in altre diocesi della Capitanata48. La situazione non cambiò neanche in seguito. Stando ai dati forniti dal Galanti, la diocesi di Trivento nella prima metà del Settecento aveva una popolazione di oltre 70.000 abitanti, seguita ancora una volta da Boiano che ne aveva comunque circa 10.000 in meno49.

Utilizzando le numerazioni dei fuochi, a noi note per il tramite del Dizionario storico- geografico del Giustiniani, possiamo in parte definire una linea evolutiva della popolazione diocesana nel lungo periodo dell’età spagnola, almeno dal 1532 al 1669 (tab. 5 in appendice al paragrafo).

Stando a questi dati notiamo un primo aumento della popolazione diocesana nel 1545, quando si contavano oltre 27.000 anime. Le numerazioni successive avrebbero presentato dati di poco inferiori nella numerazione del 1561 quando in tutta la diocesi vi erano poco più di 25.000 anime e poi alla fine del XVI secolo quando arrivò a contare oltre 28.000 anime. Gli effetti della crisi e delle epidemie del XVII secolo avrebbero inciso anche sulla popolazione

48 Per un’analisi delle strutture demografiche nei territori circostanti la diocesi di Trivento si veda R. Colapietra, Omogeneità e differenziazioni nella società religiosa post-tridentina del Mezzogiorno medio

adriatico, in «Ricerche di storia sociale e religiosa», 31/32 (1987), pp. 65-95. Per le diocesi molisane si rinvia

anche a L. Carnevale Caprice, Chiesa e società a Larino tra XVI e XVIII secolo, cit.; G. Di Rocco, La diocesi di

Guardia Alfiera. Relazioni ad Limina (1594-1800), Ripalimosani, La Regione, 1997, p. 28.

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della diocesi di Trivento che, stando alla numerazione dei fuochi del 1648, aveva quasi 22.000 anime e nel 1669 poco più di 22.000.

Ricaviamo dati sulla popolazione anche dalla relazione ad limina del 1643, del vescovo Scaglia. In quel caso, per la prima volta vi è un riferimento al numero complessivo della popolazione presente all’epoca nella diocesi, diversamente dalle relazioni dei predecessori, che solitamente scrivevano informazioni più specifiche solo sui due maggiori centri della diocesi, Trivento e Agnone. Lo Scaglia, invece, scriveva che in tutta la diocesi vi erano 35.000 anime, di cui 25.000 da comunione. Lo stesso dato, poi, sarebbe stato replicato nella relazione presentata dieci anni dopo dal vescovo spagnolo Juan de la Cruz. Senza tener conto della relazione del vescovo spagnolo, scritta da Roma, prima che lo stesso prendesse possesso della diocesi, in un’evidente ripetizione della relazione del suo predecessore, possiamo utilizzare - con le dovute cautele - i dati sulla popolazione forniti dal vescovo Scaglia, quale integrazione a quelli che abbiamo già detto.

La densità demografica fornita dal vescovo, in effetti, si può collocare in una fase in cui ancora non si verificava la recessione per effetto della crisi, in una linea evolutiva in cui le strutture demografiche della diocesi erano in aumento e di lì a qualche anno avrebbero smesso di crescere per iniziare una caduta quasi a picco. È comunque certo che il vescovo Scaglia diede un’approssimazione per eccesso, a nostro dire anche troppo elevata, della popolazione diocesana. D’altronde, però, è notorio che rispetto a queste notizie le relazioni ad limina rappresentano una fonte a “responsabilità limitata”, come sono state definite da Pietro Caiazza, proprio in funzione del loro utilizzo per la storia demografica di un luogo50.

Con le dovute differenze da un centro all’altro, devono notarsi in tutta la diocesi comunità con strutture demografiche deboli. Secondo i calcoli da noi fatti, stando alla numerazione dei fuochi del 1532, in media, i centri abitati potevano contare intorno ai novantanove fuochi ciascuna, ossia circa 440 anime. Vanno poi notati e registrati, com’è ovvio, picchi più elevati e, all’opposto, picchi più bassi rispetto a questa media. In alcune comunità, infatti, si registrarono valori della popolazione molto più alti rispetto alla stessa città vescovile (fig. 11).

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Sulle problematiche per l’utilizzo delle relazioni ad limina nel campo della demografia storica cfr. P. Caiazza, Una fonte a “responsabilità limitata”?, cit., pp. 43-77; M. Aymard, Relationes ad limina et états des

âmes. L’exemple de l’Italie méridionale, in «Mélanges de l’Ecole Française de Rome», 86 (1974), pp. 379-412;

M. Milagros Cárcel Ortí, V. Cárcel Ortí, Historia, derecho y diplomatica de la visita ad limina, València, Conselleria de Cultura-Educació i Ciència, 1990.

Fig. 11 – Andamento demografico di centri più popolati della diocesi

Il grafico che proponiamo mette in evidenza l’andamento demografico dei centri maggiori della diocesi, in cui sempre primeggia Agnone. Trivento, nel 1532, aveva una popolazione di 232 fuochi. In seguito, e fino al 1595, la popolazione sarebbe aumentata, arrivando a registrare 425 fuochi nel 1595. Le due numerazioni del XVII secolo, però, segnano un brusco calo demografico con 280 fuochi nel 1648, evidente segno della crisi che stava colpendo il Regno. La popolazione sarebbe tornata a crescere, ma di poco, contando una quarantina di fuochi in più nel 1669. È difficile stimare se e in che misura incise la peste, ma non ci sono dubbi che una crisi demografica e socio-economica certamente già iniziava a segnare la società triventina del Seicento.

Dopo Trivento le comunità di Agnone, Frosolone e Castel di Sangro superarono anche del doppio la popolazione della sede episcopale.

Agnone, per esempio, passò dai 695 fuochi del 1532 agli 813 della fine del secolo. Successivamente è da notare che mancano dati circa la numerazione dei fuochi del 1648. Il vescovo Carlo Scaglia nelle relazioni ad limina del 1636 e del 1640, riporta indicazioni demografiche su Trivento e Agnone, seppure anche in questo caso il vescovo restituì valori in eccesso. Il presule, evidentemente, era fortemente intenzionato a dimostrare la superiorità del

centro abruzzese rispetto alla città vescovile e per questo scriveva che Trivento aveva appena 150 fuochi per un totale di 1.000 anime, di cui 600 da comunione e Agnone contava 1.000 fuochi, che secondo i suoi calcoli corrispondevano a 7.000 anime. Le dichiarazioni del vescovo vanno prese con le dovute cautele, come segnale certamente di una volontà episcopale a trasferire la sede episcopale, d’altronde lo Scaglia era il secondo vescovo che risiedette anche nel palazzo di Agnone. Esse servono, però, ad attestare la netta superiorità demografica di Agnone, che mantenne un primato indiscusso a partire dal XVII secolo.

Agnone era seguita, per estensione demografica, da Frosolone, comunità di pastori e artigiani assai fiorente nell’età moderna e fino a tutto il XVIII secolo. Quello di Frosolone sembra essere l’andamento demografico più lineare e meno altalenante tra quelli presentati. Qui nel 1532 si contavano 382 fuochi; valore che scese di poco nel 1595, con 349 fuochi, per tornare a crescere fino a 432 fuochi nel 1669.

Anche Castel di Sangro era uno tra i centri maggiori della diocesi, la cui popolazione superava quella della sede episcopale. Questo almeno fino al picco massimo di crescita della popolazione alla fine del Cinquecento, quando a Castel di Sangro si contavano 448 fuochi. Nel XVII secolo si registrò poi un brusco calo demografico, evidente conseguenza del dilagare dell’epidemia di peste che ridusse la popolazione di Castel di Sangro ad appena 148 fuochi nel 1669.

I dati che abbiamo presentato vanno generalmente inseriti in quelli che erano i comuni trend demografici registrati in tutto il Regno di Napoli e di cui gli studi di Giovanna da Molin offrono delle utili sintesi per un confronto51. Vanno segnalati, infatti, anche per la popolazione della diocesi, al pari di quella del resto del Regno di Napoli, gli stessi momenti di crescita e di decrescita della popolazione per effetto prima dell’espansione tra il tardo Quattrocento e tutto il primo Cinquecento e, in seguito, il drastico calo durante il ciclo di crisi/epidemia della metà del XVII secolo che interessò tutta l’Italia meridionale52.

Al lato opposto di un ipotetico grafico sull’andamento demografico di tutta la diocesi si trovavano comunità davvero molto piccole, come San Biase, con appena quindici fuochi di

51 Citiamo in particolare G. Da Molin, Famiglia e matrimonio nell’Italia del Seicento, Bari, Cacucci, 2000.

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Per una visione d’insieme dei trend demografici della popolazione italiana nell’età moderna rinviamo a A. Bellettini, La popolazione italiana. Un profilo storico, a cura di F. Tassinari, cit.. Per gli effetti della peste nelle province abruzzesi e molisana, invece, cfr. I. Fusco, Gli effetti della peste del 1656 negli Abruzzi e nel

Contado di Molise, in «Nuova Economia e Storia», 1-2 (1999), pp. 43-85. Casi specifici di confronto con altre

realtà del Regno sono offerti da A. De Matteis, L’Aquila e il contado. Demografia e fiscalità, secc. XV-XVIII, Napoli, Giannini, 1973; M. A. Visceglia, Territorio feudo e potere locale, cit. pp. 53-92; G. Delille, Famiglia e

proprietà nel Regno di Napoli (XV-XIX secolo), trad. it., Torino, Einaudi, 1988, pp. 161-172; G. Galasso, Economia e società della Calabria del Cinquecento, cit., pp. 125-140.

“schiavoni” nel 1532 . La comunità rimase per tutto il periodo dell’età spagnola il centro con la più scarsa densità abitativa e che, a tutt’oggi, è tra le meno popolate del Molise54.

San Biase non era, comunque, l’unica comunità della diocesi e tanto meno del Contado ad aver avuto origine da colonie albanofone. Nella prima età moderna, infatti, l’esigenza di vitalizzare aree disabitate o devastate da eventi calamitosi, diede il via alla fondazione di comunità albanofone. Si trattava, più in generale, di flussi migratori provenienti dai Balcani e che, per sfuggire alla pressione turca, tra la fine del Medioevo e il XVII secolo, raggiunsero l’Italia adriatica, da Venezia alla Puglia, e si insediarono in aree disabitate. In Molise diverse furono le comunità, perlopiù nell’area del basso Molise che presero origine dallo stanziamento di comunità albanofone, sollecitate anche dalle istituzioni ecclesiastiche e, in primis, dai vescovi locali. Casi esemplari, in tal senso, sono offerti dai feudi ecclesiastici di Ururi e di San Giacomo degli Schiavoni, rispettivamente delle mense episcopali di Larino, il primo e di Termoli, il secondo55.

Non è noto, invece, se e in che modo potè contribuire la mensa episcopale di Trivento al popolamento e al sostentamento delle comunità slave che si stanziarono nella diocesi.

Nel territorio diocesano poi non mancarono casali e villaggi rurali sorti in prossimità di luoghi di culto e la cui consistenza demografica era talmente insignificante da non essere neanche menzionati nelle numerazioni dei fuochi, come nei casi di Castelluccio di Agnone, Castiglione di Carovilli, Giuliopoli e Sant’Angelo in Crisone.

Studi di demografia storica hanno operato su grande scala la divisione delle comunità in classi di ampiezza che tengono conto proprio di quella fragilità insediativa che caratterizzava il Regno di Napoli. Rispetto alla più generale composizione della provincia di Contado di Molise, dunque, si tratta di comunità che rientrano tra le prime classi di ampiezza e riconducibili, dunque, alla microsignoria - per i feudi che avevano da 1 a 100 fuochi - e alla

53 L. Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato, cit., ad vocem.

54 Sui flussi migratori dai Balcani e, più in generale, sulle comunità albanofone che giunsero nell’Italia meridionale cfr. Storia d’Italia. Annali, XXIV, Migrazioni, a cura di P. Corti, M. Sanfilippo, Torino, Einaudi, 2009, p. 52; R. Perrone Capano, Sulla presenza degli slavi in Italia e specialmente nell’Italia meridionale, in «Atti dell’Accademia Pontaniana», 12 (1963), pp. 1-34; V. Giura, Storie di minoranze. Ebrei, Greci, Albanesi

nel Regno di Napoli, Napoli, Esi, 1984; L’Italia delle migrazioni interne. Donne, uomini, mobilità in età moderna e contemporanea, a cura di A. Arru, F. Ramella, Roma, Donzelli, 2003; G. Brancaccio, Aspetti storici delle comunità albanofone del Molise, in Minoranze linguistiche. Prospettive, strumenti, territori, a cura di C.

Consani, P. Desideri, Roma, Carocci, 2007, pp. 103-12. Da ultimo, sulle comunità albanesi tra Abruzzo e Molise si veda anche M. D’Urbano, Le comunità albanesi nel contesto feudale degli Abruzzi e del Contado di Molise in

età moderna (secoli XV-XVIII), in Il feudalesimo nel Mezzogiorno moderno, a cura di G. Brancaccio, cit., pp.

241-312.

55 Sul feudo ecclesiastico di San Giacomo degli Schiavoni e sulla feudalità ecclesiastica in Molise, si vedano i contributi di R. Pazzagli, Ambienti e sistemi agrari nell’Italia moderna. Per una storia ambientale del

feudo, e V. Cocozza, I feudi ecclesiastici nel Molise moderno, in Baroni e vassalli, a cura di E. Novi Chavarria,

piccola signoria - che arrivavano fino a 500 fuochi -, che comprendeva gran parte del territorio molisano56. Avevano una popolazione compresa tra i 201 e gli 800 fuochi i feudi di Trivento, Agnone, Frosolone e Castel di Sangro. Comprendevano, invece, una popolazione compresa tra i cinquantuno e 200 fuochi le comunità di Castelluccio di Agnone, Castiglione di Carovilli, Castiglione Messer Marino, Guardiabruna, Molise, Pescolanciano, San Biase e San Giovanni Lipioni. Tutte le altre comunità, infine, avevano una densità demografica inferiore ai cinquanta fuochi. Per questo la fragilità insediativa e demografica sommata agli effetti degli eventi naturali e alla riorganizzazione territoriale e amministrativa ebbe come conseguenza l’abbandono di villaggi come Castiglione di Agnone o Castiglione di Carovilli, scomparsi nel XIX secolo, o nel caso di Giuliopoli, Guardiabruna, Roccaspromonte uniti, in tempi più recenti, alle attigue comunità, rispettivamente, di Castropignano, di Torrebruna e di Rosello.

A Trivento i segni del lento declino si continuarono a leggere anche oltre l’età spagnola57. A partire dal primo Settecento nel Contado di Molise si registrò un rilancio socio- economico e culturale della provincia nel suo complesso, che consentì, almeno in parte, di uscire da quell'isolamento in cui, per lungo tempo, fu confinato il territorio provinciale, lontano dai centri del potere decisionale e privo di qualsiasi ramificazione dell'apparato burocratico58. Trivento, invece, continuò a subire un decremento demografico via via sempre più sensibile. Nel 1732 contava 1.300 anime, superata ancora una volta da Agnone con i suoi 3.200 abitanti e da Frosolone con 2.000 abitanti e, nel resto della provincia, da Campobasso, Isernia (con 2.500 abitanti ciascuno) e Venafro (2.300)59.

56 Cfr. M. A. Visceglia, La dislocazione territoriale delle signorie, in Ead. Identità sociali, cit., pp. 72- 87; G. Brancaccio, Il Molise medievale e moderno, cit., pp. 155-156.

57 Cfr. R. Colapietra, Temi e spunti per la storia di Trivento, cit..

58 Emblematico, in tal senso, è il caso di Campobasso che, raggiunta una certa maturità e una certa articolazione socio-economica, conquistò il primato di maggior centro della Provincia, per questo cfr. R. Colapietra, Il Settecento, in Campobasso. Capoluogo del Molise, a cura di R. Lalli, N. Lombardi, G. Palmieri, I,

Storia. Evoluzione urbanistica. Economia e società, cit., pp. 67-82

59 Cfr. R. Colapietra, Temi e spunti per la storia di Trivento, cit., p. 333. Chiaramente non è questo un caso isolato nella più ampia trama della rete diocesana di regio patronato e nel contesto del Regno di Napoli. In altre realtà, come per esempio la Basilicata, ancora nel Settecento mancarono forti esempi di identità urbane in grado di assumere il ruolo di preminenza e di coordinamento, nonostante vi fossero città, almeno secondo i termini demografici di cui si diceva. Per questo si vedano A. L. Sannino, Per una cartografia storica dei centri

lucani in età moderna e M. Morano, Fazioni civiche e lotte sociali a Matera nel XVI secolo in Le città del Mezzogiorno, a cura di A. Musi, cit., pp. 123-144, pp. 239-274.

Tab. 5 - Popolazione diocesana in età spagnola 1532 1545 1561 1595 1648 1669 Agnone 695 734 813 667 - 613 Alfedena 57 79 101 145 - 145 Bagnoli 98 127 157 161 110 106 Belmonte 95 117 133 167 150 101 Borrello - - - - - - Caccavone 48 59 69 97 97 90 Capracotta 118 134 164 243 254 183 Carovilli 151 166 206 252 220 47 Casal ciprano 109 115 123 82 72 112

Castel del giudice 51 51 61 68 91 82

Castel di sangro 237 291 329 448 300 148 Castel guidone 77 87 101 33 33 33 Castelluccio di Agnone 33 36 45 23 26 27 Castiglione de' Carovilli - - - - - - Castiglione di Messer Marino - - - - - - Castropignano 107 133 154 189 170 149 Celenza 105 141 146 147 140 144 Chiauci 55 59 65 66 60 29 Civitanova 118 153 174 173 160 129 Civitavecchia 58 63 62 57 44 38 Fossaceca 123 153 183 207 185 167 Frosolone 382 315 319 349 340 432 Giuliopoli - - - - - - Guardiabruna 28 32 34 22 16 19 Molise 28 33 32 36 40 44 Montefalcone 132 157 166 253 160 130 Montenero 80 62 69 93 93 83 Pescolanciano 32 38 41 54 44 31 Pescopennataro 144 158 172 213 199 137 Pietrabbondante 57 78 92 103 90 82 Pietracupa 64 89 69 73 40 38 Rionero 52 66 74 48 50 43 Roccaspromonte 41 42 47 58 58 131 Roccavivara 75 66 44 105 80 54 Roio 77 100 126 169 180 146 Rosello 77 97 108 103 173 151 Salcito 79 80 100 99 58 71 Schiavi 113 173 150 153 120 75 San Biase 15 19 16 34 20 15 Sant'Angelo in Crisone - - - - - -

Tab. 5 - (continuazione) S. Giovanni Lipioni 31 41 45 50 50 61 Torella 90 107 117 115 180 75 Torrebruna 57 77 85 97 90 93 Trivento 232 379 327 425 280 325 Vastogirardi 108 125 149 300 382 337 Tot. in fuochi 4.461 6.071 5.608 6.360 4.855 5.054 Tot. in anime * 20.075 27.320 25.236 28.620 21.847 22.743

* Il numero delle anime è stato da noi calcolato moltiplicando il numero dei fuochi per il coefficiente 4,5, secondo il numero di componenti che mediamente componevano un nucleo familiare nell’età preindustriale, cfr. per questo G. Da Molin, Popolazione e società. Sistemi demografici nel Regno di Napoli in età moderna, Bari, Cacucci, 1995, pp. 58 e 73.