I vescovi di regio patronato: spazi, tempi e modalità di nomina
III.4. e Parabola discendente: verso la fine dell’età spagnola (1677-1707)
Dopo il trasferimento del Piccolomini a Otranto, la diocesi di Trivento sarebbe rimasta vacante per circa cinque anni e per questo dal capitolo della cattedrale si nominava come vicario generale Francesco Pecorelli di Agnone137. La storia episcopale di Trivento stava ormai volgendo al declino, come dimostrano le difficoltà incontrate per trovare un ecclesiastico disposto ad accettare il governo della diocesi.
Le preferenze del sovrano, questa volta, sembravano orientate verso soggetti proposti dal viceré, il marchese de los Velez - figlio dell’educatrice del sovrano e molto vicino alle simpatie del valido di Carlo II Juan Everardo Nithard138 -, probabilmente per non aver più interesse a conferire la diocesi di Trivento a propri leali e fedeli sudditi. Nel luglio del 1677 il Re nominava Geronimo Delitala y de Castelvì. Si trattava del canonico della cattedrale di Cagliari, figlio di Angelo di Girolamo Delitala e Maria Amat di Castelvì. La famiglia Delitala y Castelvì, era di origine corsa e si stabilì a Cagliari nel corso del XVII secolo, entrando da subito nelle grazie della corona spagnola. Geronimo era secondogenito di tre figli, tutti inseriti nelle trame burocratiche del sistema imperiale. Il primo, Emanuele, fu consigliere del re e del tesoriere generale in Sardegna. Il terzo, invece, Giuseppe, all’età di quindici anni andò in Spagna e fu decorato dell'ordine di Calatrava. Fu poi nominato nel 1672 governatore del capo di Cagliari e Gallura e, in seguito, nel 1686 nominato viceré ad interim del Regno di Sardegna139.
Il marchese de los Velez aveva proposto l’ecclesiastico corso anche l’anno precedente a Brindisi e, nel gennaio del 1677, lo presentò per il posto di Cappellano Maggiore di Napoli. Assieme al Delitala il Viceré propose altri cinque ecclesiastici: il trinitario Francisco de Mendieta, Diego Sicilia, Juan de Andaya, Nicola Lozano e Antonio de Favara y Santillana. Si trattava di spagnoli che avevano ricoperto perlopiù incarichi di vario genere in Andalusia, tra Murcia e Granada. Valutata la proposta vicereale, il Consiglio di Italia ridusse il numero di
137 ASCT, fasc. 280, carta del 12 giugno 1675. 138
Sul Valido Juan Everardo Nithard si veda Los validos, editado por J. A. Escudero, cit., pp. 323-352. 139
La lealtà del Delitala y Castelvì alla corte vicereale del Regno di Sardegna, in realtà, fu premiata assai prima, quando il de los Velez, divenuto Viceré a Napoli portò, con sè i ministri sardi che gli erano stati più vicini e nominò Giuseppe Delitala y Castelvì reggente della Vicaria, cfr. G. Galasso, Il Regno di Napoli, II, Il
Mezzogiorno spagnolo e austriaco (1622-1734), cit., p. 665-666; R. Turtas, La chiesa durante il periodo spagnolo, in Storia dei sardi e della Sardegna, II, L'età moderna. Dagli aragonesi alla fine del dominio spagnolo, a cura di M. Guidetti, Milano, Jaca Books, 1989, pp. 253-298, P. Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna. Storia della vita pubblica e privata di tutti i sardi che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti, II, Torino, Tipografia Chirio e Mina, 1838, pp. 9-12.
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candidati a tre, mantenendo al primo posto il nome del Delitala, al quale seguivano Nicola Lozano e il carmelitano Juan de Heredia.
Il canonico di Cagliari scelto dal sovrano, però, non accettò l’incarico che gli era stato conferito «por dezir se halla indigno de tan gran ministerio y ser su admnistracion en parase donde non piede lograr el servicio de nuestro señor sobre hallerse con casi extreme pobreza imposibilitado de soportar los gastos que se deven hazer». Non ritenendosi esaurito il processo di nomina, nel marzo del 1678, si riaprivano le consultazioni per Trivento con la proposta di altri extra-regnicoli. Il Viceré presentava altri tre spagnoli, che avevano benefici ecclesiastici di regio patronato in Italia. Si trattava di un altro ecclesiastico proveniente dalla Sardegna, tale Carlos Armaniach, del francescano Juan Faxardo e del decano di Lucera Diego Ibañez de Madrid y Bustamante. Il Consiglio di Italia, come accadeva ormai da tempo, intendeva dissociarsi dalla volontà vicereale avanzando una propria distinta terna. Per questo, attingendo da candidature già discusse in passato, proponeva al primo posto il carmelitano Juan de Heredia, seguito da Bernando de Santander e, per ultimo, da Juan Faxardo. L’unico reggente a disapprovare la graduatoria del Consiglio fu il duca di san German, che votò a favore del primo della terna vicereale, Carlos Armaniach. Quest’ultimo era rettore di molte parrocchie della arcidiocesi di Cagliari e di quella di Oristano. Inoltre, suo padre, Bernardino, era consigliere capo di Cagliari. In favore di Carlos si espresse anche la preferenza del Re, che neanche questa volta, però, incontrò l’approvazione del diretto interessato e, nell’ottobre del 1678, si riaprirono per la terza volta le consultazioni per la cattedra episcopale di Trivento.
Nel frattempo da Roma, il nunzio chiedeva di accelerare la presentazione per la mensa vescovile molisana, vacante da oltre due anni, con notevole danno per il governo pastorale. Infatti diceva: «han crezido los abusos y desordenes con gran prejuicio de la iglesias y disciplina christiana, cassi extinguida en el clero y pueblo y con gran detrimiento del govierno spiritual de aquella diocesis», chiedendo dunque di nominare un «zelante y exemplar pastor»140. A quel punto, preso atto dell’urgenza di provvedere alla nomina per Trivento, a Madrid si approvava senza obiezione alcuna la terna proposta dal Viceré. La stessa ripeteva in linea di massima i candidati della precedente risultando, in definitiva, composta dal francescano Juan Faxardo, da Diego Ibañez de la Madrid y Bustamante e, per ultimo, da un nuovo candidato, Marcos Muñoz. Dottore in ambo le leggi, il Muñoz era maestro in filosofia e avvocato del Consiglio Reale.
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Avendo sempre svolto ogni incarico con grandi meriti, presentato come «sugeto de virtud y calidad y digno» Carlo II si esprimeva in favore del decano di Lucera Diego Ibañez de la Madrid y Bustamante, che veniva così consacrato il 16 aprile 1679 nella chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli a Roma dal cardinale Carlo Pio di Savio, assistito da Francesco Casati, arcivescovo di Trebisonda e da Gregorio Carducci, vescovo di Valva141. Lo stesso giorno della consacrazione il vescovo inviava anche una lettera - in spagnolo – scritta di suo pugno al capitolo della cattedrale annunciando il suo arrivo in diocesi il più presto142. Il 1° giugno dello stesso anno faceva così il suo ingresso in città durante la celebrazione della festa del santissimo Corpo di Cristo143.
Nato il 7 febbraio 1649 a Comillas, nella provincia di Santader, Diego era figlio di Antonio Ibáñez e Isabel de la Torre, ricca e importante casata del nord della Spagna. Lo zio García de Bustamante y de la Torre, cui per altro fu conferito il titolo di marchese del Solar de Mercadal, viveva con la moglie Maria Teresa Carrion a Madrid, nella casa del conte di Monterrey ed è probabile quindi che sia stato proprio lui a intercedere affinchè il nipote ottenesse dei benefici ecclesiastici144. Diego si era laureato in diritto canonico all’Università di Salamanca nel maggio del 1672 e nella stessa Università fu anche lettore in diritto civile e canonico. Presso il collegio reale dell’ordine di Santiago a Salamanca fu nominato vicerettore e poi anche maestro di cerimonia. Fu anche visitatore in diverse province della Spagna. Al servizio della Corona fu nominato cappellano d’onore. Giunto in Italia svolse l’incarico di decano della cattedrale di Lucera dal 1677 a l 1679145. Veniamo a conoscenza del suo operato a Trivento dalle testimonianze lasciate dai chierici chiamati dalla Santa Sede per l’istruzione del processo informativo necessario al trasferimento del Bustamante a Pozzuoli nel 1684. Angelo Brunetti, don Domenico, don Geronimo, tutti chierici di Alfedena, don Leonardo Marucci, arciprete di Castropignano, Lorenzo de Colabuono, arciprete di Chiauci lo dipingevano come un vescovo diligente, attento al governo tanto degli adempimenti vescovili quanto alla cura delle anime. Di lui leggiamo che fu «acerrimo difensore dell’immunità ecclesiastiche, havendo sempre procurato d’augumentare et accrescere li beni della sua chiesa», che «ha visitata tutta la sua diocesi, come vigilante pastore ha procurato di
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V. Guitarte Izquierdo, Episcopologio Español (1500-1699), cit., p. 219. 142
ASCT, fasc. 364, carta del 16 aprile 1679.
143 La notizia è tratta da una nota giornaliera inserita nei bollari sulle nomine sacerdotali nella diocesi. Purtroppo, però, mancano altri riscontri che possano attestare il cerimoniale per l’ingresso dei vescovi in diocesi, ASDT, Bollari di nomina, VI, fol. 157v.
144 Per una genealogia della famiglia Bustamante y de la Torre si rinvia a M. de Asua y Campos, El
Valle de Ruiseñada. Datos para su historia. Los brachos y los Bustamantes, Palencia, Imp. Y lib. De Guitiérrez,
Liter y Herrero, 1909, pp. 104-117. 145
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provvedere alle correnti necessità di essa facendo li decreti che occorrevano quali poi ha procurato di farli mettere in esecutione … è stato frequentissimo in celebrare solennemente … Nel governo della sua chiesa ha mostrato sempre prudenza, charità et è stato esemplare si nelle parole et opere. È stato sempre zelante e diligente in difendere le ragioni della sua chiesa et beni di essa il che è pubblico e notorio»146. Il rigido clima invernale della diocesi, però, gli aveva causato malesseri fisici che lo allontanarono dal Contado di Molise, prima per brevi periodi, durante i quali si recò a Pozzuoli e, poi, in modo più stabile, finchè nel 1681 si trasferì definitivamente a Napoli. A quello stesso periodo, per altro, risalgono le trattative per la sua nomina a Cappellano Maggiore, dietro la presentazione dell’allora cappellano Girolamo della Marra, che chiedeva di rinunciare alla carica proprio in favore del Bustamante. Di fronte alle insistenze del cardinal Cybo che si opponeva, data l’incompatibilità degli incarichi di cappellano e vescovo, venivano negate tanto le dimissioni del della Marra quanto la proposta del Bustamante147.
Dopo appena tre anni dalla sua nomina a Trivento, nel 1682 il Bustamante fu proposto una prima volta dal Viceré per Otranto e, dopo tre mesi, dal Consiglio di Italia per la diocesi di Pozzuoli. Così, con la consulta del 14 settembre dello stesso anno il sovrano dispose il suo trasferimento alla diocesi di Pozzuoli148. Il vescovo sarebbe stato consacrato a capo della nuova diocesi due anni dopo. Lasciando la diocesi di Trivento, da Napoli, scriveva di nuovo al capitolo della cattedrale - questa volta in italiano - per annunciare il suo «cordoglio» nel lasciare la sua «prima sposa», come definì Trivento149. Scrisse ancora al clero triventino, tre anni dopo, quando da Pozzuoli fu nuovamente trasferito, questa volta a Ceuta nell’Africa Settentrionale150. Secondo Mario Spedicato questo trasferimento fu probabilmente una punizione inferta al vescovo che tanto si era prodigato per ridurre il carico delle pensioni sulla diocesi di Pozzuoli, ma questa è un’affermazione che non condividiamo, per essere assai frequente l’impegno dei vescovi nella riduzione delle pensioni sulle diocesi che governavano e molto poco dettato da “zelo pastorale”151. Per altro, il governo di Ceuta si presentava parecchio difficile. La diocesi era stata fondata dal re di Portogallo nel 1415, dopo aver cacciato i musulmani e aveva una valenza fortemente simbolica, per essere considerata il
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ASV, Dataria Apostolica, Processus datariae, vol. 61, ff. 127, 121 e ss.
147 AHNM, Estado, leg. 2109, Consulta per la nomina del Cappellano Maggiore di Napoli del 28 di marzo 1677.
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Per il trasferimento del Bustamante a Pozzuoli, cfr. AHNM, Estado, leg. 2069, Consulte per la nomina del vescovo di Pozzuoli del 22 maggio e del 14 settembre 1682
149 ASCT, fasc. 364, carta 12 ottobre 1684. 150 ASCT, fasc. 364, carta 31 ottobre 1687. 151
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centro di propulsione del cristianesimo nel continente africano. Con il Trattato di Lisbona del 13 febbraio 1668 la diocesi fu annessa alla Corona di Castiglia e si avviò per essa un processo di “hispanizzazione”. Stando agli studi fatti sulla diocesi, pare che venissero destinati a reggere la mensa africana vescovi con una buona preparazione e di spiccata personalità che, da qui, avrebbero intrapreso una carriera prestigiosa tra le diocesi di regio patronato in Spagna. La diocesi non era molto ricca, rispetto agli standard di quelle iberiche, avendo entrate di poco superiore ai 6.000 ducati152. Date le condizioni di salute, aggravate ulteriormente all’epoca del suo trasferimento in Africa, il Bustamante non si riteneva capace di governare degnamente una diocesi così “impegnativa”, per essere «presidio de Africa cerrado y rodeado por todas partes del mar y de los moros con peligro de continuas invasiones y de tan corta vecinidad que no pasa de quinientos vecinos»153. Per questi motivi, il vescovo provò più volte a sollecitare un trasferimento in una diocesi più tranquilla nella penisola spagnola. Non sappiamo quale fu il responso della Camara de Castilla alla richieste del Bustamante, che morì nell’aprile del 1694.
Intanto, il 5 dicembre 1682, il Consiglio di Italia si riuniva per l’ultima nomina per la diocesi triventina. Il mese prima da Napoli il marchese de Los Vélez aveva trasmesso una terna di nomi di regnicoli.
Sembra essersi ormai ancor dippiù ridimensionato il profilo dei candidati di cui si riconosceva perlopiù la carriera ecclesiastica a discapito delle trame familiari e clientelari che finora avevano guidato ogni singola candidatura. L’unica terna proposta in quest’occasione, infatti, vedeva al primo posto il francescano Antonio Tortorelli, seguito dal curato della parrocchia di S. Maria di Napoli Andrea di Pietro e Paolo e da Luigi de Filippis. Escludendo quest’ultimo il Consiglio anteponeva a tutti Luigi Perrini «religioso muy virtuoso docto y buen predicato». Il Re si pronunciava senza riserve in favore del primo candidato vicereale. Figlio di Donato Tortorelli e Annuccia Iapiro, Antonio era nato a San Giovanni Rotondo il 2 ottobre 1655 e, per questo, conosciuto come fra Antonio da San Giovanni Rotondo - nome con cui per altro è anche chiamato nelle consulte del Consiglio di Italia -. Novizio nel
152 Per la diocesi di Ceuta rinviamo a J. Szmolka Clares, Una nueva diocesis andaluza. La
incorporacion del obispado de Ceuta a la iglesia hispalense (1675-1680), in Estudios sobre iglesia y sociedad en Andalucía en la edad moderna, editado por A. L. Cortés Peña, M. L. López, Guadalupe Muñoz, Granada,
Editorial Universidad de Granada, 1999, pp. 197-207; Historia de las diócesis españolas, X, Iglesias de Sevilla,
Huelva, Jerez y Cádiz y Ceuta, editado por J. Sanchez Herrero, Madrid-Cordoba, Biblioteca de Autores
Cristianos, 2002, pp. 725-776; J. Xiques, Episcopologia de Ceuta, in «Boletin de la Real Academia de Historia», XVIII/V (1891), p. 410
153 BNE, ms. 134194, f. 66; A. Lopez, Obispos en el Africa septentrional desde el siglo XIII, Tanger, Tip. Hispano Arabiga, 1941, pp. 232-233; Diccionario de historia eclesiastica de España, dirigo por Q. A. Vaquero, T. M. Martinez, J. V. Gatell, Madrid, Istituto Enriquez Florez, 1972, ad vocem, p. 404.
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convento francescano di S. Matteo in Lamis, studiò teologia e filosofia, riportando il grado massimo, consentito nella religione francescana, di lettore giubilato. Esercitò nel suo ordine anche la carica di provinciale e di commissario generale. Fu anche visitatore per la provincia di Roma. Nominato a Trivento il 13 novembre 1684, rimase in Molise fino alla sua morte nel 1715154.
Il Tortorelli fu l’ultimo vescovo nominato a Trivento dalla Corona asburgica di Spagna155. Senza troppe esitazioni ci sembra di poter dire che all’indomani della fine dell’età spagnola la nomina dei vescovi delle ventiquattro diocesi tornò alla Curia Romana156. A Trivento, il successore del Tortorelli, il cassinese Alfonso Mariconda, fu nominato tre anni dopo, nel 1717, da Clemente XI con bolla del 12 luglio e avrebbe retto la diocesi fino al 1735157. In molte diocesi, il regio patronato rimase come titolo onorifico. Diversamente, per Trivento, come abbiamo già detto, nel 1754 fu sancito il trasferimento del diritto di regio patronato alla diocesi di Caserta.
154 ASV, Archivio Concistoriale, Processus Concistoriales, v. 82, ff. 883-891; Ivi, Dataria Apostolica,
Processus Datariae, vol. 61, ff. 121 e ss., 127.
155 La lacunosità dei lavori per il Viceregno austriaco è stata, in parte, colmata dal recente volume Il
Viceregno austriaco (1707-1734). Tra capitale e province, a cura di S. Russo, Niccolò Guasti, Roma, Carocci,
2010. Resta un importante punto di riferimento il lavoro di G. Galasso, Regno di Napoli. Il Mezzogiorno
spagnolo e austriaco (1622-1734), cit., pp. 823-1031. Sul viceregno austriaco si vedano anche L. Villari, Aspetti e problemi della dominazione austriaca sul Regno di Napoli (1707-1734), in «Annali della Scuola Speciale per
Archivisti e Bibliotecari dell’Università di Roma», IV (1964), pp. 45-80; A. Di Vittorio, Gli austriaci e il Regno
di Napoli (1707-1734), Napoli, Giannini, 1969, 2 vv..
156 È quanto, per esempio, si può facilmente dedurre dalle informazioni contenute in C. Eubel,
Hierarchia Catholica, cit., III, ad vocem.
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