CAPITOLO IV Trivento e il suo territorio
IV.1. Trivento nella rete diocesana del Regno di Napol
Dell’importanza che ebbe la diocesi di Trivento agli inizi dell’età spagnola e alla firma del Trattato di Barcellona abbiamo già discusso nel precedente capitolo e lo abbiamo fatto alla luce delle più generali e importanti questioni politiche che interessarono la Corona spagnola agli inizi del XVI secolo.
Le pagine che seguono vogliono essere una sorta di chiave di volta tra quanto abbiamo detto fino ad ora sulle dinamiche della politica spagnola nelle diocesi di regio patronato e quanto seguirà dopo, nell’analisi degli aspetti socio-religiosi del territorio. Un giro di boa che porta a domandarci, se la diocesi di Trivento fu solo “momentaneamente” importante nella scacchiera politica dell’Italia delle guerre franco-spagnole o se, piuttosto, l’importanza strategica di Trivento possa farsi risalire ancora prima nel tessuto geopolitico dell’Italia meridionale o eventualmente vada di volta in volta ridefinita, epoca per epoca. La risposta potrebbe essere abbastanza semplice, ma riteniamo che un’analisi complessiva e sul lungo periodo degli aspetti socio-economici che caratterizzarono il territorio della diocesi possa in qualche modo fornirci qualche chiave di lettura in più. Un esame sviluppato seguendo angolature diverse ma complementari (aspetti socio-economici, storia del paesaggio, strutture demografiche, geografia ecclesiastica) ci sembra necessario per notare l’anomala evoluzione - o forse è meglio parlare di “involuzione” - della storia della diocesi di Trivento e del suo territorio all’indomani del Trattato del 1529. Perché, in effetti, da un’analisi più attenta sembrerebbe che il regio patronato e il XVI secolo rappresentino per la diocesi il picco massimo di un immaginario grafico a linee sulle vicende diocesane, che subito dopo si mantenne stazionario andò poi a calare verso il basso. Nell’ambito della storia del territorio diocesano, rispetto alla sua dimensione, al contesto provinciale del Contado di Molise, alle relazioni tra città e campagna, tra centro e periferia, può darsi che l’inclusione di Trivento nella rete del regio patronato di età spagnola derivi da un’eredità medievale, alla quale poi
non seguì un’effettiva prosperità socio-economica ma neanche socio-religiosa nei restanti secoli dell’età moderna.
Sin dalle origini, la maggior parte delle circoscrizioni diocesane italiane ricalcavano l’estensione dei più antichi municipia romani in una perfetta corrispondenza tra geografia amministrativa e geografia ecclesiastica, proseguita anche in età medievale1. Da questo processo non fu esclusa neanche la diocesi Trivento, la cui circoscrizione ricalcava quella dell’antico municipio di Terventum2.
La corrispondenza tra confini amministrativi ed ecclesiastici sarebbe rimasta tale anche nella formazione della contea di Borrello nel X secolo, come avvenne in tutte e sei le contee longobarde sorte sul territorio dell’attuale Molise3.
Giovanni Vitolo riconduce l’origine della diocesi di Trivento al 946, quando cioè troviamo le prime attestazioni documentarie sulla diocesi. Secondo questa tesi, si trattò di una nuova istituzione diocesana e non, come credono alcuni, frutto di una riorganizzazione territoriale della geografia ecclesiastica e della formazione della diocesi triventina sull’antico episcopio abruzzese di Alfedena4.
La diocesi mantenne la stessa estensione per tutto il periodo normanno senza subire alcuna modifica neanche durante il riordino della geografia ecclesiastica avviato dagli Altavilla e finalizzato al rafforzamento del potere del Mezzogiorno d’Italia.
Trivento, oltre a essere tra le più antiche cattedre episcopali del Molise era anche la più vasta. La sua circoscrizione si estendeva fino ai vicini Abruzzi (fig. 9). A nord e a nord-est la diocesi di Trivento confinava rispettivamente con le diocesi abruzzesi di Sulmona e di Lanciano; a est vi era la diocesi di Termoli e a sud-est la povera e piccola diocesi di Guardialfera. Il confine meridionale era poi interrotto dall’enclave di Limosano, pertinente alla diocesi di Benevento, che spezzava il confine Sud con la diocesi di Boiano. A occidente vi erano le diocesi di Isernia e Venafro, oltre le quali vi era il ricco e potente complesso di Montecassino. Da quest’ultima dipendeva il feudo ecclesiastico di San Pietro Avellana, che
1
Sulla geografia ecclesiastica e diocesana del Regno di Napoli cfr. G. Brancaccio, La geografia
ecclesiastica, in Id., Il trono la fede e l’altare, cit., pp. 85-91. Per il Molise cfr. anche G. Brancaccio, Il Molise medievale e moderno, cit., pp. 42-46; E. Novi Chavarria, Comunità e istituzioni ecclesiastiche in Molise, cit., pp.
411-429; S. Moffa, Le origini delle diocesi del Molise, in «Almanacco del Molise», 1990/I, pp. 107-116. 2
Cfr. M. Matteini Chiari, Terventum, in Quaderni dell’Istituto di Topografia Antica dell’Università di
Roma, VI, 1974, pp. 143-182; G. Fratianni, Terventum. Carta archeologica della media valle del Trigno,
Galatina, Congedo Editore, 2010.
3 La contea prendeva nome dalla località omonima, che a detta del Sacco era tra le più antiche Terre del Regno e la Contea di Borrello era tra le più estese nell’età medievale, cfr. F. Sacco, Dizionario geografico-
istorico-fisico del Regno di Napoli, Napoli, Vincenzo Flauto, 1796, I, p. 123. Per la formazione delle contee cfr.
G. Brancaccio, Il Molise medievale e moderno, cit., pp. 30-33.
4 Si veda a questo proposito G. Vitolo, Vescovi e diocesi, in Storia del Mezzogiorno, III, Alto medioevo, Napoli, Edizioni del Sole, 1990, p. 77.
rompeva la continuità territoriale interna alla diocesi. Posta nella fascia nord-occidentale della diocesi, San Pietro Avellana, con gli attigui casali di Valle Sorda, San Martino e Cantalupo, aree boschive destinate agli usi civici, era stato tra i primi feudi donati nel X secolo al monastero di Montecassino, il più grande feudatario del Regno, che ne detenne il possesso fino all’eversione della feudalità5.
Un altro grande complesso badiale nelle vicinanze del nostro territorio era stato, nell’età medievale, il complesso benedettino di San Vincenzo al Volturno situato tra le diocesi di Isernia e di Venafro. È evidente, dunque, che Trivento, tra la fine del Medioevo e i primi anni dell’età moderna, fosse stretta ai margini da complessi monastici e diocesani di una certa importanza per quel che atteneva le dinamiche e gli equilibri dei poteri politici nell’Italia meridionale6. Tutto questo, sommato alla sua posizione strategica di cui abbiamo già parlato rispetto alla sua collocazione in un’area prossima all’accesso terrestre al Regno, il territorio della diocesi di Trivento era ambito dal potere regio, anche per la necessità di sottrarre questa zona sensibile ai poteri ecclesiastici che la “stringevano” ai confini. L’estensione della diocesi rimase immutata fino a tutto l’Antico Regime, come gran parte della geografia ecclesiastica della provincia di Contado di Molise. Salvo pochissime eccezioni, infatti, caratterizzate dall’unione di piccole diocesi unite a quelle attigue, la rete diocesana del Molise medievale non subì significative ristrutturazioni e rimase invariata per tutta l’età moderna. Una riorganizzazione dei confini diocesani si ebbe solo con il Concordato del 1818, allorché ad essa fu annessa la soppressa diocesi di Guardialfiera7. La continuità interna del territorio, invece, fu raggiunta solo in tempi a noi molto recenti, nel 1977, quando anche San Pietro Avellana passò alle dipendenze della diocesi di Trivento.
Rispetto all’importanza strategica della diocesi e alla continua necessità ora del potere pontificio ora dei poteri politici del Regno di Napoli di garantirsi il controllo di questo territorio, va collocata una questione assai rilevante, a lungo documentata e dibattuta per la diocesi molisana. Stiamo parlando della discussa questione relativa all’effettiva suffraganeità della diocesi di Trivento dalla metropolita di Benevento o l’immediata dipendenza di Trivento
5 Su San Pietro Avellana si veda lo studio di E. Jannone, San Pietro Avellana. Storia di una badia
multisecolare, Isernia, Centro servizi culturali, 1984; V. Cocozza, I feudi ecclesiastici del Molise moderno, cit.,
pp. 140-141. 6
Sul ruolo e i poteri esercitati dai grandi sistemi badiali che sopravvissero all’età medievale, come Montecassino e S. Sofia, cfr. E. Novi Chavarria, La feudalità ecclesiastica: fenomeno “residuale” o feudalesimo
moderno? Una questione aperta, in Studi in onore di Orazio Cancila, cit., II, pp. 623-638; Ead., I feudi ecclesiastici nel Regno di Napoli: spazi, confini e dimensioni (XV-XVIII), in Feudalità laica e feudalità ecclesiastica nell’Italia Meridionale, a cura di A. Musi, M. A. Noto, cit., pp. 352-384; Baroni e vassalli, a cura
di Ead, V. Fiorelli, cit..
7 Cfr. V. De Vitiis, Il Concordato del 1818 e la proprietà ecclesiastica: restituzione e ristrutturazione
dalla Santa Sede. Le fonti tramandate dalla memorialistica ecclesiastica lasciano intendere che, a partire dal X secolo, la diocesi di Trivento fu una delle diciassette diocesi dichiarate suffraganee di Benevento8. Scorrendo date e dati contenuti nelle cronache ecclesiastiche non restiamo di certo sorpresi nel notare che, in effetti, almeno per tutta l’età medievale si registrò una vera e propria “altalena” tra momenti in cui Trivento fu dichiarata suffraganea di Benevento e momenti in cui fu dichiarata immediata subiecta alla Santa Sede. Fonti a stampa più recenti - il Cappelletti per esempio - dicono che il vescovo di Trivento:
«fu suffraganeo di Benevento sino al 1474, anno in cui da papa Sisto IV fu dichiarato immediatamente soggetto alla Santa Sede, con l’obbligo tuttavia d’intervenire al Concilio provinciale di quella metropolitana. Perciò esistono atti giurisdizionali degli arcivescovati beneventano su questa chiesa, finchè ne fu suffraganea. Ed hannosi memorie dell’intervento dei suoi vescovi ai sinodi provinciali»9.
Questo è quanto viene per altro confermato da altre fonti ufficiali. Per esempio, da un memoriale del 1726 redatto dall’allora vescovo di Trivento, Alfonso Mariconda, dal quale ricaviamo informazioni su questa intricata vicenda10. In quell’occasione il vescovo rispondeva all’interrogazione del viceré, il conte de Harrach, in merito all’obbligo o meno del vescovo di Trivento di partecipare all’elezione dell’arcivescovo di Lanciano. Le richieste vicereali furono il pretesto per spiegare e provare a porre fine alla diatriba che affondava le sue radici ormai lontane nel tempo. Fino al 1473, scriveva il Vescovo, la diocesi era stata suffraganea dell’arcivescovo di Benevento e l’anno seguente con bolla di Sisto IV fu dichiarata esente e soggetta in perpetuo alla Santa Sede11. Da quel momento Benevento non smise mai di rivendicare la suffraganeità di Trivento e di chiedere la partecipazione dei vescovi ai Concili Provinciali, neanche dopo che la diocesi molisana fu aggregata, nel 1584, a Lanciano, da poco elevata ad arcidiocesi. Dagli studi fatti da Michele Miele, però, non è nota la convocazione di alcun concilio provinciale a Lanciano. Lo stesso Autore, per altro, giustificava l’annessione di Trivento alla metropolita abruzzese come l’unica via, per Trivento, di sottrarsi
8 Cfr. P. I. Kehr, Italia pontificia sive repertorium privilegiorum et litterarum a Romanis Pontificibus
ante annum 1198 Italiae ecclesiis, monasteriis, civitatibus singulisque personis concessorum inbente regia Societate Gottingensi, IX, Samnium - Apulia - Lucania, Berolini, Weidmannos, 1962, p. 54; P. Sarnelli, Memorie cronologiche de' vescovi ed arcivescovi della S. Chiesa di Benevento, Napoli, presso Giuseppe Roselli, 1691.
9 G. Cappelletti,Le chiese d’Italia, cit., XXI, pp. 469-470. 10
ASNa, Cancelleria e Consiglio Collaterale, Consulte originali, Pandetta, vol. 4, carta 21.
11 Cfr. G. Picasso, Erezione, traslazione, unione di diocesi in Italia (sec. XIV- XVI) e M. Miele, Concili
provinciali e rapporti interdiocesani tra ‘400 e ‘500, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo. Atti del VII convegno di Storia della chiesa in Italia (Brescia, 21-25 settembre 1987), a cura di G. De
orgogliosamente da Benevento e tentare di mettere a tacere le rivendicazioni dell’arcidiocesi campana e, per Lanciano, metropolita senza suffraganei, di ottenere supporto dalla chiesa episcopale molisana12.
Nel 1694 l’arcivescovo di Benevento, cardinale Pietro Francesco Orsini avanzò, invano, presso la Congregazione del Concilio la pretesa che il vescovo di Trivento partecipasse al Sinodo provinciale «come vero e rigoroso suffraganeo». La Congregazione romana, però, si pronunciò in favore del vescovo molisano, non ritenendolo obbligato a partecipare ai concili beneventani. In seguito l’Orsini, divenuto papa con il nome Benedetto XIII, nel 1724, tentò di far valere nuovamente la tesi di suffraganeità senza alcun esito neanche questa volta. Anche in questa occasione si disse che i vescovi di Trivento non erano tenuti a partecipare ai Concili provinciali di Benevento e, difatti, nessun vescovo vi prese mai parte13.
Le fonti locali non fanno menzione alcuna di tale vertenza. Esse si limitano a ribadire che i vescovi di Trivento potevano partecipare ai Concili provinciali di Lanciano. Nel 1594 Giulio Cesare Mariconda nel trasmettere la relazione ad limina alla Curia romana faceva sapere di aver partecipato a un Concilio di Lanciano. In realtà, come si evince dagli studi di Michele Miele, in quegli anni non era stato indetto alcun Concilio nella diocesi abruzzese. La nota del Mariconda va letta, certamente, come un desiderio del presule a dipendere da Lanciano, piuttosto che da Benevento, secondo informazioni e preferenze attestate anche dai successori del Mariconda14.
12
Sull’aggregazione di Trivento a Lanciano e, più in generale, sulla situazione degli Abruzzi nell’ambito delle convocazioni dei Concili provinciali cfr. M. Miele, I concili provinciali del Mezzogiorno, cit., p. 207-213. Sul caso di Trivento si veda anche quanto si dice in Cfr. P. Caiazza, Tra Stato e papato. Concili
provinciali post-tridentini (1564-1648), Roma, Herder editrice e Libreria, 1992, pp. 115-116.
13 ASNa, Cancelleria e Consiglio Collaterale, Consulte originali, Pandetta, vol. 4, carta 21; sulla partecipazione del vescovo di Trivento ai Concili provinciali di Benevento si veda M. Miele, I concili provinciali
del Mezzogiorno in età moderna, cit., pp. 146-147.
14
Fig. 9 - Le diocesi degli Abruzzi e del Molise15
15 Tratta da Aprutium, Molisium: le decime dei secoli XIII-XIV. Con carta topografica delle diocesi, a cura di P. Sella, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana , 1936.