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Tra Molise e Abruzzo: paesaggio agrario del territorio diocesano

CAPITOLO IV Trivento e il suo territorio

IV.2. Tra Molise e Abruzzo: paesaggio agrario del territorio diocesano

Nell’ambito della produzione storiografica sul Molise e sulle storie diocesane, scarsa - o per meglio dire del tutto nulla - è stata l’attenzione rivolta a Trivento, almeno dall’età moderna in poi. Si riducono a un numero davvero molto esiguo i lavori svolti tanto sul territorio di Trivento, quanto sulla diocesi. Neanche nella, pur copiosa e continua, produzione di storie municipali che, dalla fine del Seicento, hanno interessato anche il Molise, si trovano lavori su Trivento e tanto meno sul suo territorio16. Mancano, altresì, diversamente da quanto si riscontra in altri contesti diocesani, anche molisani, le consuete cronache o memorie scritte dal paziente ed erudito impegno di qualche vescovo sensibile e attento17. Si deve aspettare il XIX secolo perché il clero diocesano del posto si impegni a scrivere una cronotassi dei vescovi della cattedra molisana o, perlomeno, compili cenni sulla storia della diocesi, seppur questi mantengano un carattere perlopiù divulgativo18.

Un punto di partenza per raccogliere informazioni utili allo studio del territorio è offerto dalle relazioni di viaggio prodotte per il Regno di Napoli dalla seconda generazione di illuministi napoletani formatisi nella scuola di Antonio Genovesi19. Dalle Historie e

16

Si veda per questo l’utile sintesi e panoramica dell’analisi bibliografica del Molise fatta da I. Zilli,

Per una storia della città e delle città del Molise, in Le città del Regno di Napoli, a cura di G. Galasso, cit., pp.

577-603. L’Autrice analizzando la produzione storiografica molisana mette bene in evidenza come la copiosa produzione di monografie municipali in Molise si caratterizzi per la presenza di pochi contributi realmente apprezzabili ed effettivamente utili a ricostruire le storie cittadine. Per altro i lavori esistenti fanno riferimento ai centri minori, con l’evidente carattere di “piccole monografie dedicate”. Si vedano, per questo, anche G. Palmieri, Le monografie municipali molisane. Una rassegna della recente produzione (1990-1995), in «Rivista storica del Sannio», 3 s., 2 (1995), pp. 247-255; Id., Per una bibliografia topografica del Molise, in Atlante delle

emergenze culturali del Molise. Primi risultati di un censimento, a cura di I. Zilli, Campobasso, Palladino

editore, 2011, pp. 145-158.

17 Sulle memorie diocesane, in generale, cfr. M. A. Rinaldi, Le storie ecclesiastiche in Il libro e la

piazza. Le storie locali dei Regni di Napoli e di Sicilia in età moderna, a cura di A. Lerra, Manduria-Bari-Roma,

Piero Laicata Editore, 2004, pp. 211-250. Esempi, in tal senso, si sono registrati in Molise nel corso del Settecento per le diocesi di Larino e di Termoli, nel primo caso con l’opera di Giovanni Andrea Tria vescovo di Larino dal 1726 al 1740 e per Termoli grazie al lavoro, edito solo in tempi a noi recenti, del vescovo Tommaso Giannelli, che governò la diocesi dal 1753 al 1768. Cfr. G. A. Tria, Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche

della città, e diocesi di Larino metropoli degli antichi Frentani raccolte da Giovanni Andrea Tria ... divise in cinque libri, e sua appendice; colla serie de' proprj vescovi: carta topografica della città, e sua diocesi, Roma,

per Gio. Zempel presso monte Giordano, 1744; T. Giannelli, Memorie, Grafiche Di Rico, San Salvo 1986. 18 Cfr. G. Maselli, La diocesi di Trivento, Agnone, Sammartino-Ricci, 1934; E. DeSimone, I vescovi di

Trivento, cit.; G. M. Berardinelli, Cenni storici sulla Chiesa vescovile di Trivento, cit..

19

Per le “relazioni di viaggio”, relative al Molise, prodotte dagli illuministi napoletani e che rappresentano una produzione letteraria utile a fornire informazioni descrittive dei luoghi, si rinvia ai saggi di L. Biscardi, Linee della cultura molisana tra Settecento ed Ottocento, G. Brancaccio, Geografia, cartografia e

storia del Mezzogiorno, E. Sarno, Relazioni di viaggio e geografia molisana nel Settecento, contenuti in Verso la modernità. Il Molise nel tardo Settecento. Atti del convegno di Campobasso, 9 e 10 marzo 2006, Benevento,

Vereja, 2009, pp. 35-52, 191-196, 207-224. Cfr. anche I. Zilli, La realtà economica molisana nelle descrizioni

dei contemporanei (secc. XVIII-XIX), in Fra spazio e tempo. Studi in onore di Luigi De Rosa, II, Settecento e Ottocento, a cura di Ead., Napoli, Esi, 1995, pp. 859-864.

descrizioni - che si inseriscono nella più antica tradizione di studi e ricerche condotte da geografi, viaggiatori, cartografi, etc.21 - si evincono alcuni utili riferimenti, per esempio, dal patrimonio simbolico delle identità cittadine o genericamente municipali, sulle tradizioni mitiche, sulle origini o sulla vita del santo protettore, secondo i canoni tipici di quel genere letterario volto a esaltare istituzioni e personaggi che avevano dato lustro alle stesse comunità22.

Una prima descrizione della città di Trivento e del territorio circostante è data dall’abate Pacichelli nel 1703, che fornì anche una raffigurazione della città vescovile23 (fig.

10):

«La natura l’ha colmata di feraci delitie, nel poggo, e nel piano con le viti, gli olivi, ed ogni spetie di frutti, oltre il pascolo per le fiere, e per gli uccelli, che con util’ e con diletto li predano. Si cinge da forti mura, con le torri e bastioni, punto non alterati dal corso lungo degli anni. Le sue tre porte chiamansi maggiore dall’oriente, l’altra del piano e della valle quella che guarda non troppo discosto il mare. Ben disposti son gli edifizi nelle lor vie e commode le case ancor minori. Sontuoso il palazzo del conte, fabbricato da’ Caldori, i quali annoveravanla fra’ lor feudi, col qual titolo vine’hora posseduta dalla chiara fameglia d’Afflitto … Decoroso è anche il Palazzo Prelatizio e confacevole alla Cattedrale. Questa è partita in due corpi, cioè a dire nell’inferiore composto di tre ale in volta e dedicato a S. Casto, e nel superiore non dissimile col titolo de’ santi martiri Nazario e Celso e le loro teste accennate, insieme col corpo di S. Vittore, oltre diverse altre sagre reliquie. Frequentata però non poco, fuori delle

20 Sulle descrizioni del Regno di Napoli si vedano S. Mazzella, Descrittione del Regno di Napoli, Napoli, Gio. Battista Cappello, 1601; G. B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, cit.; G. M. Galanti,

Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, Napoli, nel Gabinetto letterario, 1786-1792, V, pp. 7-80; F.

Sacco, Dizionario geografico-istorico-fisico, cit.; L. Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato, cit.. Descrizioni specifiche sulle province su cui insisteva la diocesi - il Contado di Molise e gli Abruzzi Citeriore e Ulteriore - sono contenute in G. M. Galanti, Descrizione dello stato antico ed attuale del Contado di Molise, Napoli, Società Letteraria e Tipografica, 1781; A. L. Antinori, Raccolta di memorie istoriche delle tre provincie

degli Abruzzi, 4 vv., Napoli, presso Giuseppe Campo, 1781-1784; F. Longano, Viaggio dell'abate Longano per lo contado di Molise nell'ottobre dell'anno 1786, Napoli, Antonio Settembre, 1788.

21

Cfr. G. Brancaccio, Geografia, cartografia e storia del Mezzogiorno, Napoli, Guida, 1991.

22 Prendiamo in prestito questa scansione dei caratteri tipici delle prime monografie di storia locale da A. Musi, Storie “nazionali” e storie locali, in Il libro e la piazza, a cura di A. Lerra, cit., pp. 13-26.

23 Delle comunità molisane l’abate raffigurò le sole sedi diocesane. Era evidentemente una scelta dettata dalla scarsa densità insediativa oltre che dalla totale assenza di veri e propri centri cittadini nel Molise di età moderna. In tal senso, le sedi diocesane erano le uniche in cui risiedeva da tempo assai risalente e in modo stabile una forma di potere tale da conferire alle stesse comunità una dimensione “cittadina”. Assai veloce è per altro la descrizione di qualche altra comunità nella diocesi. Viene, per esempio, dedicato qualche brevissimo cenno alle comunità di Agnone e a quella di Molise. Una descrizione più particolareggiata è rivolta, invece, ad Alfedena. Cfr. G. B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, cit., III, pp. 22, 89. A proposito del paesaggio molisano si veda quanto chi scrive ha detto in Molise: paesaggi nel Settecento, in La costruzione del paesaggio

agrario nell’età moderna. Lezioni e pratiche della Summer School “Emilio Sereni”. (III Edizione, 23 - 28 agosto

altre chiese, è quella de’ Padri Cappuccini in aperta campagna, e in sito pur vago, che con la semplicità degli adobbi desta i fedeli, etiandio lontani, a’ veri affetti di Devotione»24.

Fig. 10 - Giovanni Battista Pacichelli, Veduta di Trivento, 1703

Posta sopra un colle, distante 18 miglia da Campobasso e 15 dal mare Adriatico, Trivento è esposta ai venti da ogni lato e, proprio da questa sua caratteristica, secondo alcuni dovrebbe derivare l’etimo del nome, come ricordava anche il vescovo Carlo Scaglia nella relazione ad limina del 1638. Quest’ultimo si soffermava, per altro, a dare una breve descrizione corografica del territorio circostante la città episcopale, ricordando la presenza del fiume Trigno, che scorre ai piedi della città vescovile e sin dagli inizi del XIII secolo era stato lo spartiacque ecclesiastico tra la realtà chietino-abruzzese e quella triventina. Il vescovo Scaglia ricordava anche l’impegno dei cittadini di Trivento a rinsaldare gli argini del fiume, il cui rapido corso procurava danni ai terreni circostanti25.

Dalle altre descrizioni della città di Trivento, perlopiù settecentesche, ricaviamo dati sulla salubrità dell’aria e altre informazioni in merito alle attività economiche svolte a Trivento, di tipo agro-pastorale, secondo una vocazione dominante in gran parte delle

24 G. B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, cit., III, p. 85.

25 Cfr. ADST, Visite ad limina, b. 1, fasc. 3, Carlo Scaglia, Agnone 8 ottobre 1638. Sul fiume Trigno cfr. L. Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato, cit., XI, p. 192.

provincie di Contado di Molise e degli Abruzzi. Elementi che si riscontrano anche nella descrizione di Trivento fatta da Lorenzo Giustiniani, come si legge di seguito:

«Il suo territorio è molto esteso, e bastamente fertile in frumento, legumi, vino, olio ed oltre all’agricoltura esercitano quei naturali puranche la pastorizia. Non vi manca la caccia di lepri, volpi, lupi e di più specie di pennuti. Il Trigno dà pure il pesce. Vi è bastante commercio con altre popolazioni della provincia e fuori ancora, alle quali vendono i loro soprabbondanti prodotti. Nel sudetto territorio, come già fu detto, vi erano due feudi disabitati. In quello denominato Rocca dello vescovo o di episcopo, posseduto in oggi dall’Università, tuttavia vi si veggono gli avanzi di fabbriche»26.

Il vescovo di Trivento estendeva la sua giurisdizione su quarantacinque comunità. Di queste, trentuno ricadevano nella provincia di Contado di Molise ed erano: Bagnoli (del Trigno)27, Caccavone (odierna Poggio Sannita), Capracotta, Carovilli, Casalciprano, Castel del Giudice, Castelguidone, Castelluccio di Agnone (casale, ed attuale Castelverrino), Castiglione di Carovilli (casale), Castropignano, Chiauci, Civitanova (del Sannio), Civitavecchia (odierna Duronia), Fossaceca (odierna Fossalto), Frosolone, Guardiabruna, Molise, Montefalcone (nel Sannio), Montenero (Valcocchiara), Pescolanciano, Pescopennataro, Pietracupa, Rionero (Sannitico), Roccaspromonte, Roccavivara, Salcito, San Biase, Sant’Angelo in Crisone (antico casale di Pescopennataro e odierna San’Angelo del Pesco), Torella (del Sannio), Trivento e Vastogirardi.

Appartenevano, invece, alla provincia di Abruzzo Citra: Agnone, Alfedena, Belmonte (del Sannio), Borrello, Castel di Sangro, Castiglione Messer Marino, Celenza (sul Trigno), Giuliopoli, Pietrabbondante, Rosello, San Giovanni Lipioni, Schiavi (d’Abruzzo), Torrebruna.

La diocesi si estendeva, poi, in Abruzzo Ultra con la sola comunità di Roio (del Sangro).

Le origini di tutti questi centri si riconducono, perlopiù, alle più antiche fasi sannitico- romane e solo in pochi casi all’età moderna.

Come suggeriva Giuseppe Galasso, in un saggio su “insediamenti e territorio”, ai fini della ricostruzione del processo di localizzazione degli insediamenti nell’età medievale, in assenza di fonti, un «indizio indiretto, ma di valore sostanziale viene dalla toponomastica»28. La diffusa colonizzazione del territorio dell’Italia meridionale e del Molise risale ai secoli X-

26 Ivi, IX, pp. 257-259.

27 Tra parentesi abbiamo aggiunto i suffissi o i toponimi secondo le denominazioni correnti. Nel testo, però, si riporta sempre il nome della comunità secondo l’uso nel periodo dell’età spagnola.

28

XIII, quando la geografia umana assunse articolazioni e caratteristiche che l’avrebbero segnata per tutta l’età moderna. Chiaramente diverse furono le fasi di fondazioni. Molti dei centri abitati presistevano sulle più antiche fondazioni romane - perlopiù nei casi di abitati rimasti in pianura - ma molte altre sorsero, nel corso del medioevo, a partire da ristretti gruppi umani preesistenti e, talvolta, come nel caso del Molise, dietro la spinta della fitta trama del monachesimo benedettino che caratterizzava il territorio. Galasso, tenendo conto delle denominazioni dei luoghi contenute nel Dizionario del Giustiniani, constatava che nel 42,13% dei casi ricorrevano elementi toponomastici che evocavano caratteristiche dell’inurbamento a stampo medievale29.

Come mero esercizio di confronto e di conferma di questo dato, abbiamo estrapolato gli elementi toponomastici per il territorio triventino, con l’esito che segue:

Elementi toponomastici Casi

Casa, Casale 1 Castello 6 Castro 1 Civita 2 Fossa 1 Guardia 1 Monte 3 Pesco 2 Pietra 2 Rio 1 Rocca 2 Santo 3 Toro 1 Torre 1 Vasto 1 Totale 28

In più della metà dei casi, la matrice dei toponimi richiama elementi della forma insediativa e del territorio di origine medievale. Gli elementi toponomastici Castello, Castro e Civita stavano a indicare il processo di incastellamento, che fu alla base delle forme insediative del Molise medievale caratterizzate da centri fortificati e che, insieme, ai toponimi Rocca e Monte, connotavano la posizione in altura. Avevano un’accezione propriamente militare e difensiva i toponimi con matrice Guardia o Torre. I restanti elementi toponomastici

29 Giovanni Brancaccio mutuando lo stesso metodo utilizzato dal Galasso ha esaminato la localizzazione e le strutture dei centri abitati molisani nel corso del X e XIII secolo, sulla scorta nel suo caso della Descrizione del Regno di Napoli del Ottavio Beltrano del 1671, contenente la descrizione di 104 centri abitati descritti per il Molise. Egli rilevava, così, la presenza di elementi toponomastici in grado di attestare l’origine medievale degli abitati nel 55% di essi. Cfr., per questo, G. Brancaccio, Il Molise medievale e moderno, cit., p. 50-52.

sono da ricondurre, comunque, a toponimi frequenti nel Regno e con cui si sottolineavano particolari caratteristiche geomorfologiche dei siti in cui sorgevano gli abitati. In prossimità di un corso d’acqua si trova Rio-nero, in una zona molto rocciosa sono situate Pietra-abbondante e Rocca-vivara, e così via.

I restanti toponimi esclusi da questa classificazione avevano origini diverse e alcuni anche più recenti. Per esempio, Giuliopoli e Castiglion Messer Marino furono delle fondazioni di età moderna volute dai Caracciolo. Per questo il toponimo Giuliopoli ricordava il componente della famiglia feudale che ne aveva favorito la fondazione, Giulio Caracciolo, II duca di Celenza. Nel caso di Castiglione Messer Marino, riprendendo l’elemento toponomastico castello si coniugava nuova e vecchia tradizione toponomastica ricordando il sito in altura e il nome del fondatore, Marino Caracciolo, IV Principe di Santobuono.

Nella sua complessità il paesaggio agrario della diocesi era segnato prevalentemente dalla montagna e, per questo, date le caratteristiche geomorfologiche del terreno, perlopiù roccioso, non era sempre adatto alla messa a coltura. Scorrendo le descrizioni delle Terre che componevano la diocesi a partire dai dizionari storico-geografici del Sacco e del Giustiniani, lo scenario che si ripete vede centri abitati posti su “aspri monti” rocciosi o sassosi. In essi la produzione agricola, laddove era differenziata, si caratterizzava da grani, granodindia, frutta, vino, olio, ghiande, ma che in ogni caso, ancora dippiù dove non vi era spazio per distese di campi da coltivare, vi erano sempre «erbaggi per pascolo di greggi»30. Le comunità erano poste tutte al di sopra dei 700 metri sul livello del mare con strutture insediative fragili, composte da piccoli agglomerati umani, distanti e isolati tra loro. I borghi erano caratterizzati da abitazioni addossate le une alle altre e attraversate da vie tortuose. Generalmente, gli edifici si sviluppavano al massimo su due livelli e presentavano nelle vicinanze uno o più appezzamenti di piccole dimensioni, inferiori a un tomolo di estensione, destinati a orti, prati, vigne, canneti e pagliari31.

30

Sulle descrizioni del Gustiniani. cfr. L. Piccioni, Insediamenti e status urbano nel Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani, in «Società e storia», 99 (2003), pp. 45-58.

31 Resta un riferimento importante per lo studio delle strutture insediative nel Regno di Napoli in età moderna il lavoro di G. Galasso, Gli insediamenti e il territorio, cit.. Interessanti spunti per lo studio tanto del paesaggio agrario, quanto delle strutture urbane e dell'organizzazione del territorio da parte della feudalità napoletana si colgono anche tra le ricche informazioni contenute negli apprezzi feudali, fonte documentaria unica nel suo genere per il Mezzogiorno d'Italia, per questo rinviamo a G. Labrot, Quand l’histoire murmure.

Villages et campagnes du Royaume de Naples (XVI-XVIII siécle), Roma, École Française de Rome, 1995. Delle

comunità ricadenti nella diocesi di Trivento si conservano gli apprezzi delle comunità di Alfedena (1643), Caccavone (1644), Salcito (1652), Capracotta (1671), Fossaceca (1681), Montenero Valcocchiara (1685) e Torella del Sannio (1693), cfr. per questo Ivi, pp. 585-627. Un utile apporto per lo studio delle strutture insediative del Molise di età moderna è offerto oltre che dal lavoro già citato di Giovanni Brancaccio; cfr. anche E. Novi Chavarria, Identità del Molise moderno e I. Zilli, L'economia in Per una lettura di Il Molise medievale e

Poche comunità della diocesi, quelle più grandi per densità demografica come Trivento, Agnone, Frosolone e Castel di Sangro, erano i centri maggiori in cui poteva contarsi qualche notabile e una porzione, più o meno nutrita e significativa, di artigiani, le cui attività erano direttamente connesse alle attività pastorali. In questi centri si producevano funi, basti, bardi, selle di cuoio, barilotti di legno o di terracotta per il trasporto dell’acqua e del vino, collari di ferro e cavezze, oggetti di rame o coltellerie di vario genere e per diversi usi32. La maggior parte dei centri minori, villaggi e casali della diocesi presentavano una società fortemente ruralizzata per la presenza di soli braccianti, pastori-contadini, che a seconda della stagione si dedicavano a differenti attività, ora all’orto e ora alla pastorizia transumante. Gli impegni e le attività primarie tenevano il bracciante stanziale presso la propria comunità, nei tempi della potatura, della raccolta delle olive e dell’uva e della loro lavorazione per ottenere tutti i prodotti necessari e utili al sostentamento della famiglia. Attività secondarie, non stanziali erano, invece, quelle svolte lontano dalle proprie abitazioni e dalle proprie famiglie: la transumanza o altri lavori agricoli con contratti agrari33. Si trattava di realtà paesaggistiche e agrarie che riguardavano gran parte del Regno di Napoli e che si contrapponevano alla popolatissima e fedelissima Capitale34.

Ciascuna comunità produceva quasi esclusivamente quei beni di prima necessità che potevano servire alla popolazione locale e, solo in pochi casi, smaltivano le quantità in eccesso nei mercati e nelle fiere dei centri più vicini. In quest’ultimo caso, sotto forma di baratto, avvenivano gli scambi di prodotti durante i mercati e le fiere nelle comunità limitrofe. In linea di massima ciascuna comunità aveva almeno un mercato settimanale e solo in pochi

moderno. Note in margine al libro di Giovanni Brancaccio, Campobasso, Università degli studi del Molise, 2007, pp. 27-46.

32 Per i circuiti commerciali del Mezzogiorno in età moderna si veda B. Salvemini, M. A. Visceglia,

Fiere e mercati. Circuiti commerciali nel Mezzogiorno, in Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea,

a cura di P. Bevilacqua, III, Mercati e istituzioni, Venezia, Marsilio, 1991, pp. 65-122. Sull’artigianato e sulle forme commerciali prevalenti in questi territori, si rinvia a A. Bulgarelli Lukacs, Mercati e mercanti in Abruzzo

(secoli XV-XVIII), in Abruzzo. Economia e territorio in una prospettiva storica, a cura di M. Costantini, C.

Felice, Vasto, Cannarsa, 1998, pp. 226-236. 33

Sugli aspetti socio-economici connessi al sistema tratturale si veda I. Diomede, Attività economiche

vita civile e riti religiosi sui percorsi della transumanza in età moderna, Torino, Giappichelli, 1998; P. di Cicco, Gli armentari del Molise, in La civiltà della transumanza. Storia, cultura e valorizzazione dei tratturi e del mondo pastorale in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata, a cura di E. Petrocelli, Isernia, Cosmo

Iannone, 1999, pp. 107-114. Per il paesaggio agrario abruzzese cfr. A. Bulgarelli Lucaks, Economia rurale e

popolamento del territorio nell’Abruzzo tra ‘500 e ‘600, in Abruzzo e Molise. Ambienti e civiltà nella storia del territorio, a cura di M. Costantini, C. Felice, «Cheiron», 19-20 (1993), pp. 151-194; J. A. Marino, L’economia pastorale nel Regno di Napoli, Napoli, Guida, 1992; L. Piccioni, Montagne appenniniche e pastorizia transumante, in «Annali dell’Istituto Italiano di Studi Storici», XI (1989-90), pp. 147-234.

34 Un’utile sintesi e confronto sull’attività contadine nell’Italia Meridionale è contenuta in B. Salvemini,

Sui presupposti materiali dell’identità locale in Antico Regime: le città della Puglia Centrale fra XVI e XVIII secolo, in Le città del Mezzogiorno nell’età moderna, a cura di A. Musi, cit., pp. 13-24. Cfr. anche G. Poli, Città contadine. La Puglia dell’olio e del grano in età moderna, Bari, Progedit, 2004, pp. 1-65.

centri vi erano anche delle fiere. Abitualmente quest’ultime, celebrate nei momenti topici del calendario agro-pastorale, si svolgevano fuori dagli abitati con cadenza annuale e