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L A ‘ DIMENSIONE RELAZIONALE ’ NELLE SCIENZE GIURIDICHE : VERSO UNA NUOVA CATEGORIA COSTITUZIONALE

2.2 ‘R ETI ’ E ‘ GOVERNANCE ’: NUOVO PARADIGMA DI LETTURA DEI SISTEMI POLITICO ISTITUZIONAL

2.3. L A ‘ DIMENSIONE RELAZIONALE ’ NELLE SCIENZE GIURIDICHE : VERSO UNA NUOVA CATEGORIA COSTITUZIONALE

Dopo aver ricostruito il quadro analitico entro cui si sviluppa la prospettiva relazionale, l’operazione immediatamente successiva consiste nella ‘trasposizione’ del concetto di ‘rete’ in ambito giuridico configurando il paradigma relazionale come una sorta di ‘nuova categoria’ giuridico- costituzionale attraverso cui ‘leggere’ i processi di ‘euro-regionalizzazione’ in atto.

L’uso della rete come metafora descrittiva non è inedito nel campo giuridico; gli studi amministrativi, infatti, utilizzano la nozione di rete per “identificare una figura (organizzativa e funzionale) complessa, composta da uffici pubblici non omogenei tra loro, che appartengono a enti o apparati amministrativi diversi ma che, comunque collaborano tra loro concertando la propria azione”173. Si tratta di uso metaforico del concetto che nel rappresentare la struttura amministrativa in tal senso organizzata, sottolinea il ruolo prevalente ricoperto da due dimensioni connesse alla rete: l’“appartenenza a entità o apparati diversi” e la “collaborazione o interdipendenza”174. Questi due elementi rimandano ad una organizzazione amministrativa composita e pluralista integrata da diverse strutture, diversi soggetti e diverse funzioni posti in una situazione necessariamente ‘relazionale’, ovvero imperniata sul criterio di collaborazione finalizzata ad una maggiore efficienza in termini di output rispondente alla realizzazione di obiettivi comuni. Tale modello organizzativo, infatti, data la sua articolazione in strutture operanti in sedi differenziate ma interconnesse, presume “un rapporto di integrazione tra gli ordinamenti”175. Estremamente interessante è – in tale prospettiva di ‘amministrazione a rete’ o ‘come rete’ – il superamento del paradigma gerarchico richiesto dal progressivo strutturarsi di relazioni tra soggetti

173

Così D.IELO, “Amministrazioni a rete e reti di amministrazioni…”, cit., p. 577. L’A. ricorda come il concetto di ‘rete’ sia stato utilizzato, ad esempio, dal 15° considerato del Regolamento CE n. 1/2003 – Proposta di regolamento concernente l’applicazione alle imprese delle regole della concorrenza di cui agli articoli 81 e 82, recante modifica dei regolamenti Ce n. 1017/68, n. 2988/74, n. 4056 e n. 3975/87, presentata dalla Commissione europea il 17 settembre del 2000 – laddove si prevede che «la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri dovrebbero formare insieme una rete di pubbliche autorità che applicano le regole di concorrenza comunitarie in stretta cooperazione».

174

Come evidenziato da S.CASSESE, “Le reti come figura organizzativa della collaborazione”, in A.PREDIERI,M.MORISI (a cura di), L’Europa delle reti, cit., p. 44.

175

Così S.CASSESE, “La signoria comunitaria sul diritto amministrativo”, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, n. 2-3, 2002, p. 295.

situati in un “ambiente organizzativo”176 di dimensioni globali. La crescente connessione tra i molteplici livelli di governo – locale, nazionale e sovranazionale (ovvero europeo) –, infatti, comporta un confronto costante tra interessi molteplici di cui ognuno dei livelli menzionati è portatore. Utilizzare l’immagine della rete per descrivere la natura dei sistemi organizzativi e i rapporti di scambio intercorrenti ci riporta automaticamente all’idea di una struttura aperta, flessibile, attraversata da estesi circuiti di comunicabilità.

La trama reticolare si sviluppa attraverso una molteplicità di “sistemi a rete di livello subnazionale e locale” assai complessi privi di un ‘punto focale’, ovvero di un “soggetto che si pone al centro della rete”, in cui “tutti i soggetti coinvolti hanno un cointeresse al conseguimento di un obiettivo comune”177. Siamo, quindi, immersi in una sorta di “network society”178 in cui le forme, e i modelli che le organizzazioni reticolari possono assumere sono molteplici così come gli strumenti attraverso cui si implementano le dinamiche di negoziazione degli interessi. Tuttavia, ciò che rileva è un tipo di strutturazione che non risponde al criterio gerarchico ma si caratterizza per lo sviluppo di intense relazioni tanto orizzontali che verticali in cui il coordinamento si realizza in base all’adattamento reciproco e alla condivisione di obiettivi e programmi comuni da parte dei soggetti coinvolti.

Passando dal piano amministrativo a quello giudico-costituzionale la rete viene utilizzata da alcuni autori come strumento d’analisi negli studi relativi ai processi di regionalizzazione/federalizzazione che in quest’ultima decade hanno interessato in maniera sempre più rilevante l’articolazione territoriale dei poteri degli Stati nazionali all’interno del più generale processo di integrazione europea. Seguendo tale filone analitico in tale sede si utilizza il concetto di ‘rete’ secondo la prima ed ‘ipotetica’ definizione datane da Toniatti , ovvero come “strumento

(prevalentemente) procedurale e (occasionalmente) istituzionale attraverso il quale si gestisce convenzionalmente il rapporto di complementarietà funzionale fra un pluralità di soggetti pubblici e privati in relazione alla gestione condivisa di interessi comuni”179. Le reti, infatti, si creano sulla base di vantaggi reciproci e scopi condivisi pur mantenendo la capacità di adattarsi al cambiamento dei problemi ed all’apprendimento di nuove risposte, determinando un maggiore decentramento e una espansione dei legami. Tale impostazione ‘relazionale’

176

Nei termini di S.CASSESE, “La signoria comunitaria sul diritto amministrativo”, cit., p. 295. 177

Cfr. D. IELO, “Amministrazioni a rete e reti di amministrazioni…”, cit., p. 382. 178

Come definita da P.PERULLI, La città delle reti, Torino, 2000. 179

predilige il profilo funzionale e strumentale dei modelli governativi poiché orientata ad analizzare il piano istituzionale relativamente all’aspetto di

governance, ossia con riferimento all’azione di governo che si esplica attraverso

modalità strettamente connesse alla trasformazione della tradizionale dicotomia “Stato-cittadino” nel paradigma dell’“arena pubblica”180. Un passaggio dalla ‘piramide’ al ‘cerchio’, poiché la ‘rete’ come l’‘arena pubblica’ indica una sfera in cui i soggetti che vi operano non hanno posizioni gerarchicamente prestabilite, le relazioni realizzabili al suo interno non sono tipizzate, né l’agire risulta vincolato a specifiche modalità di razionalizzazione, weberianamente intesa; “consente, al contrario, interscambiabilità dei ruoli” e “modificazione dei rapporti”181. Così delineata la nozione di rete “potrebbe assumere un proprio rilievo descrittivo” anche nell’ambito più propriamente giuspubblicistico, e “qualora la prospettiva funzionalista ad essa connaturata dovesse venire privilegiata, addirittura normativo”182. La dimensione della relazionalità ci consente di individuare e analizzare alcuni aspetti relativi ai rapporti tra i diversi livelli governativi all’interno di un framework organizzativo policentrico. La strutturazione a ‘rete’, infatti, è caratterizzata da una pluralità di ‘nodi’ – unità organizzative – autonomi che agiscono all’interno di un quadro altamente flessibile, dai confini poco marcati e non sempre formalizzato, in cui i diversi ‘segmenti’ godono tendenzialmente delle medesime opportunità. Si tratta di un ‘costrutto’ ambivalente: integrazione normativa essenziale per la costruzione e la stabilizzazione della rete, da un lato, e differenziazione interna, dall’altro. Le relazioni tra i vari ‘nodi’, infatti, hanno natura asimmetrica dovuta alla differente e plurale soggettività, nonché al tipo di risorse di cui gli attori dispongono, asimmetria che spinge ad una ‘competitività’ interna tra i soggetti funzionale alla costruzione di una propria specifica ‘identità competenziale’ che ne determini la ‘insostituibilità’ all’interno del reticolo. In modo specifico la tendenza all’‘institutional isomorphism’183 risulta particolarmente interessante ai fini della nostra ricerca poiché dá conto della tensione tra dinamiche di segno opposto cui sono sottoposte le strutture a rete. L’interazione tra gli attori e il progressivo consolidamento della rete fanno si che gli attori influenzandosi reciprocamente, attivino un processo di crescente omogeneizzazione che si ‘scontra’ con la

180

Espressioni utilizzate da S.CASSESE, La crisi dello Stato, Bari, 2002, pp. 74-136. 181

Ibidem, p. 81. 182

Cfr. R.TONIATTI, “Il regionalismo relazionale…”, cit. p. 184. 183

Concetto che prendiamo ‘in prestito’ dagli studi compiuti da P.DI MAGGIO e W.POWELL, “The iron cage revisited: Institutional isomorphism and collective rationality in organizational fields”, in American Sociological Review, vol. 48, 1983, pp. 147-160.

propensione alla differenziazione e alla complementarietà dei singoli ‘nodi’. Questi ultimi, infatti, se da un lato tendono a creare convergenza ed uniformità all’interno della rete, dall’altro, nella costruzione della propria ‘identità, spingono ad una ‘specializzazione’ che determina l’asimmetria.

Tralasciando per ora le ‘zone d’ombra’ connesse alla prospettiva ‘relazionale’ del regionalismo (di cui si tratterà nell’ultimo capitolo), ciò che in questa sede rileva sottolineare è la potenzialità interpretativa insita nel concetto di rete al fine di comprendere il fenomeno oggetto della nostra analisi, ovvero processi quali la cooperazione interregionale europea che implicano una ‘sovrapposizione’ e costante intersecazione tra distinti livelli di governo e differenti piani competenziali. Il criterio gerarchico, infatti, non riesce a dar conto del contesto giuridico multidimensionale e della crescente ‘trasversalità’ delle materie tradizionalmente rientranti nella potestà esclusiva delle unità statali (costituisce un esempio il cd. ‘treaty-making power’ regionale, di cui si tratterà nel capitolo seguente). Né il criterio competenziale risulta di per sé idoneo ad analizzare un contesto siffatto caratterizzato dalla preminenza di ‘relazioni de

facto’ piuttosto che ‘de iure’, ovvero nel quale “alla carenza di una

formalizzazione si viene a reagire soprattutto sul piano operativo…privilegiando l’efficienza del risultato rispetto alla garanzia delle aspettative ed esaltando, piuttosto che la titolarità di competenze formali, l’aspetto della “capacità politica” delle regioni”184.

L’individuazione di questo criterio di lettura non pretende avere una valenza ‘assoluta’ al pari delle classiche categorie interpretative del fenomeno giuridico, ma si pone accanto a queste in funzione d’ausilio per la comprensione di quei fenomeni ‘dinamici’ che altrimenti sfuggirebbero alla lente del ‘microscopio’ giuridico in virtù di una ‘presunta’ estraneità all’ambito del diritto.

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