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L A DIMENSIONE VERTICALE DELLA ‘ MAPPA RELAZIONALE ’ AUTONOMICA

SPAGNOLO: UN SISTEMA AUTONOMICO ‘IN

3.2. L A ‘ RELAZIONALITÀ INTRA ORDINEM ’: UN ’ APPROSSIMAZIONE ALLA STRUTTURAZIONE TRA MULTILATERALISMO E BILATERALISMO

3.2.1. L A DIMENSIONE VERTICALE DELLA ‘ MAPPA RELAZIONALE ’ AUTONOMICA

La forte preminenza della dimensione verticale si connette automaticamente all’altra evidenza che caratterizza tale sistema, ovvero il predominio ‘indiscusso’ della bilateralità dei rapporti tra Stato e singola Comunità autonomica rispetto al livello multilaterale dove le procedure negoziali si svolgono contemporaneamente tra lo Stato e le Comunità autonomiche complessivamente considerate. Gli strumenti e le tecniche di cooperazione che si inseriscono all’interno delle dinamiche bilaterali-multilaterali sono differenziati e molteplici sicchè operare una ricognizione complessiva dell’intero ‘apparato’ relazionale risulta un lavoro ‘certosino’ e privo di significativa valenza analitica, sarebbe, infatti, impossibile individuare precise categorie attraverso cui classificare le diverse ‘pratiche’ cooperative. Tale complessità dà conto della frammentazione e della variegata realtà relazionale interna allo Stato autonomico da cui emergono, comunque, delle linee tendenziali sulle quali ci soffermeremo e che costituiscono l’oggetto specifico della nostra riflessione.

Generalmente, così come si osserva a livello comparato, le relazioni si articolano attraverso la creazione di organi di incontro precipuamente previsti (cooperazione organica o istituzionale) e mediante atti o prassi (cooperazione funzionale) che a seconda dei soggetti partecipanti possono caratterizzarsi in senso verticale o orizzontale. Le modalità concrete variano, chiaramente, da un ordinamento all’altro in virtù della struttura costituzionale, la tradizone culturale, la culture e le tendenze politiche e burocratiche545 In Spagna il peculiare contesto giuridico e politico condiziona notevolmente la strutturazione della ‘mappa relazionale’ connotandola di un debolezza ‘endemica’ in merito alla precisa individuazione e regolazione di sedi di incontro di tipo multilevel, ovvero tali da coinvolgere i diversi livelli governativi, in maniera eguale, nella gestione delle problematiche con spiccato carattere ‘trasversale’, tali da presupporre un necessario sistema di cooperazione per la loro risoluzione ed effettiva implementazione. I meccanismi cooperativi orientati alla formalizazione delle sedi di incontro per la discussione e l’esame di temi di interesse comune hanno dato luogo alla creazione di organi permanenti di carattere multilaterale di diverso tipo tra cui le c.d. Conferencias Sectoriales (CS). Si tratta di «órganos de encuentro para el examen de problemas comunes y para la discusión de las oportunas líneas

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Si veda in tal senso F.MORATA, “Políticas públicas y relaciones intergubernamentales”, in Documentación Administrativa, 1991, pp. 153-166.

de acción»546. Cretate con la Ley del Proceso Autonómico 12/1983, de 14 de octubre (LPA)547 – una trasposizione dell’art. 8 del Proyecto de Ley Orgánica de Armonización del Proceso Autonómico (la c.d. LOAPA) uscito indenne dal giudizio di costituzionalità del TC548 – allo scopo di «asegurar en todo momento la necessaria coherencia de actuación de los poderes públicos y la imprescindibile coordinación» (art. 4), le CS ebbero un forte impulso sopratutto a partire dagli

Acuerdos Autónomicos del 1992 che ne rafforzano notevolmente il ruolo

configurandole come «medio habitual y normal, en términos de relación institucional, para articular las actuaciones de las diversas Administraciones públicas»549. Caratteri ancor più formalizzati dal legislatore ordinario nella successiva LRJAP-PAC 30/1992, de 26 de noviembre, che delinea maggiormente la ‘figura’ di tali organi, soprattutto a seguito della modifica del suo art. 5 (relativo alle CS) avvenuta con Ley 4/1999 . Sulla base di tali interventi legislativi le CS si configurano, quindi, come organi collegiali di cooperazione di composizione multilaterale e di ambito settoriale, ovvero integrate da rappresentanti del governo tanto statale che autonomici del più alto livello. Sono infatti presiedute dal Ministro corrispondente al settore specifico di cui ciascuna CS è competente e ne

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STC 76/1983, de 5 de agosto. 547

L’art. 41 della LPA prevedeva, infatti che «a fin de asegurar en todo momento la necessaria coherencia de la actuación de los poderes públicos y la imprescindible coordinación, de reunirán de forma regular y periódica, al menos dos vecesa al año, Coinferencias Sectoriales de los Consejeros de las distintas Comunidades Autónomas y del Ministro o Ministros del ramo, bajo la presidencia de uno de éstos, con el fin de intercambiar puntos de vista y examinar en común los problemas de cada sector y las acciones proyectadas para afrontarlos y resolverlos».

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Il Titolo I del Progetto legislativo del 1982 sopra menzionato preveda all’art. 8 la creazioni di alcuni organi – le Conferencias Sectoriales de Ministros y Consejeros autonómicos – al fine di assicurrare un’attuazione coerente e coordinata dei poteri pubblici. Si trattava di sedi di incontro tra esponenti dell’esecutivo statale e rappresentanti degli esecutivi autonomici all’interno delle quali poter scambia i rispettivi punti di vista, esaminare in maniera congiunta le problematiche di ciascun settore e le azioni da progettare per la relativa risoluzione Convocate e presiedute dallo Stato avrebbero dovuto riunirsi due volte l’anno. La legge in esame fu oggetto di ricorso costituzionale davanti al TC che, tuttavia, nella STC 76/1983, de 5 de agosto, ‘salvò’ proprio la parte relativa alle relazioni di cooperazione tra Stato e CCAA ritenendo che le Conferencias Sectoriales fossero necessarie per rendere ‘fluido’ il rapporto tra i principi di unità e autonomia su cui si basa l’organizzazione territoriale dello Stato. (fj 13).

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Negli Acuerdos Autónomicos stipulti tra il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) e il Partido Popular (PP) nel febbraio del 1992 si riconosce il carattere ‘volontaristico’ delle parti nella costituzione e nella previsione dei contenuti delle norme e del funzionamento delle Conferenze. Tali Accordi fissavano, inoltre, una serie di criteri relativi al carattere che le Conferenze avrebbero dovuto assumere, così, ad esempio il carattere consultivo e la funzione partecipativa nei processi decisionali al fine di garantire la presenza delle CCAA negli ‘affari’ statali e nelle politiche comuni così da conseire l’integrazione dei problemi regionali negli interessi dello Stato. Ed ancora il principio del consesno delle parti come criterio di funzionamento in base alla quale gli accordi vengono adottati per unanimità, regola generale che può essere disattesa e sostituita con regole maggioritarie in quegli ambiti di interesse comune considerati dalle parti attuazioni imprescindibili o ad efficacia e implementazione necessaria, regola che dovrà essere stabilita nella norme di funzionamento .

fanno parte gli assessori responsabili della materia corrispondente alla singola Conferenza. L’iniziativa e, conseguentemente, la convocazione spetta al Ministro medesimo competente in materia, un dato questo che sottolinea il carattere segnatamente ‘statale’ della cooperazione che introduce più di qualche dubbio se si pensa che questo meccanismo è quello maggiormente utilizzato nella strutturazione del sistema relazionale Stato-CCAA550. Tuttavia, la pratica dimostra come sia poco conveniente in termini di consenso far valere unilateralmente, da parte dello Stato, la volontà di cooperazione551. La natura di questi organi dotati di funzioni per lo più consultive è fondamentalmente politica anche se la portata giuridica delle decisoni può variare notevolmente, intensificandosi nel caso in cui lo Stato possa vantare un preciso titolo competenziale rispetto alla concreta materia oggetto di cooperazione, senza che ciò comporti, tuttavia, una limitazione o un condizionamento – «más allá de lo que la estricta coordinación demanda» – delle competenze autonomiche552. Sulla base di tali considerazioni si è avanzata in dottrina una sorta di ‘classificazione’ interna delle CS che vede accanto alle CS ‘generali’ così come definite dalle leggi sul tema, altri tipi di organi di natura simile creati dallo Stato in materie rispetto alle quali questo possiede un titolo competenziale di coordinazione – “Conferencias coordianadoras” – o dove lo Stato apre la partecipazione alle CCAA in alcune funzioni la cui realizzazione spetterebbe a quest’ultimo – “Conferencias de partecipación”553 –. Si tratta, in questo caso, di organi regolati quanto a composizione e funzionamento espressamente dalla elegge che li istituisce. Diversamente le CS, propriamente intese, vengono costituite mediante in accordo di istituzionalizzazione e sono dotate di una discrezionalità autoorganizzativa(art. 5.3 LRJAP-PAC554), ovvero della possibilità di dotarsi di uno specifico Regolamento interno attraverso cui dettagliare essenzialmente la natura giuridica, la composizione e le funzioni,

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D’altra parte tale disposizione trova conferma anche nella giurisprudenza costuzionale, in particolare nella STC 76/1983, più volte citata, il TC afferma che «no cabe discutir la posición de superioridad que constitucionalmnete le corrisponde al Esatto como consecuencia del principio de unidad y de la supremacía del interés de la nación». Termini su cui sarebbe interessante riflettere per capire la portata del principio di unità e dell’interesse nazionale, problematiche, queste, che riguardano un po’ tutto il panorama degli Stati territorialmente composti.

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Come lucidamente sottolinea LOZANO MIRALLES, “il fallimento può essere (o è) il risultato naturale di una convocazione decisa unilateralmente”. Cfr. J. LOZANO MIRALLES, “La cooperazione in uno Stato asimmetrico”, cit., p. 435.

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STC 103/1989, fj 9.° b). 553

Così E.ALBERTÍ ROVIRA, “Relaciones entre las Administraciones públicas”, in J.LEGUINA VILLA e M. SÁNCHEZ MORÓN (dir.), Nueva Ley de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común, Madrid, 1993, p. 60.

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L’art. 5.3 della LRJAP-PAC, come modificato dalla Ley 4/1999, prevede che «el régimen de cada Conferencias Sectorial es el establecido en el correspondiente acuerdo de institucionalizazción y en su reglamento interno».

attestandosi anche in questo ambito una similarità nella disciplina del funzionamento di ciascuna Conferenza.

La cooperazione attraverso lo strumento delle CS si concretizza formalmente attraverso l’adozione di accordi di cooperazione che devono essere firmati dal Ministro o Ministri competenti e dai rappresentati degli organi di governo delle rispettive Comunità che, «en su caso» potrebbero assumere la denominazione di «Convenio de Conferencia Sectorial» (art. 5. 3 LRJAP-PAC). Una disposizione normativa piuttosto vaga che non specifica ulteriormente le circostanze e i fattori che determino la diversa qualificazione degli accordi adottati in seno alla Conferenza. Non si tratta di una mera questione di ‘nominalismo formale’. Il problema riguarda, infatti, i possibili effetti giuridici – e l’efficacia medesima degli atti adottati – derivanti da una siffatta differenza. Sulla base della normativa e delle pronunce del TC, proprio in virtù della essenziale funzione attribuita a tali organi – «intercambiar puntos de vista y examinar en común problemas de cada sector» – gli accordi delle CS non potranno che avere “una efficacia como declaraciones políticas” senza effetti diretti nella sfera competenziale dei soggetti partecipanti555, tuttavia nel caso in cui l’accordo venga formalizzato come ‘Convenio’, seguendo la ricostruzione operata da Ruiz-Rico Ruiz e Ruiz Ruiz, conformemente a quanto stabilito dall’art. 8.2. della Ley 30/1992, tale atto ‘obbliga’ le Ammnistrazioni firmatarie. Si tratterrebbe, quindi, di “compromisos «justiciables»” la cui efficacia potrebbe essere fatta valre ricorrendo alla giustizia amministrativa556. Una circostanza, questa, che qualifica in senso duplice la natura di tali organi dal momento che le decisioni adottate possono essere vincolanti non solo da un punto di vista meramente politico.

Maggiormente sviluppata nel panorama relazionale spagnolo è la dimensione bilaterale della cooperazione che si esplica essenzialmente nella creazione di ‘Commissiones bilaterales de cooperación’, previste dalla medesima LRJAP-PAC, come fori di incotro istituzionalizzati tra i rappresentanti dello Stato e ciascuna Comunità singolarmente considerata. Una composzione coerente alla specifica ratio di tali organismi: la risoluzione di problematiche ‘individuali’ relative a singole Comunità autonome. Tali Commissioni – con l’eccezione della

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Così G.RUIZ-RICO RUIZ, J.J. RUIZ RUIZ, “La Cooperación del Estado y las Comunidades Autónomas: La problemática constitucional del Título Primero de la Ley 30/1992”, in Revista de Estudios de la Administración Local y Autonómica, n. 266, 1995, p. 408-409.

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‘Junta de Cooperación’ navarra557 – nascono per volontà delle parti mediante un accordo che ne disciplina il relativo funzionamento ed il ‘campo d’azione’, limitato ad uno solo o diversi ambiti materiali di carattere generale. L’esigenza sottostatnete alla previsione di questo ulteriore mezzo di cooperazione era quello di strutturare il sistema relazione multilaterale attraverso l’istituzione di meccanismi complementari che garantissero una più stretta conoscenza delle singole problematiche autonomiche e, conseguentemente, una risposta ‘mirata’ ed in quanto tale maggiormente efficace. Le Commisioni, quindi, rappresentavano lo strumento più idoneo per realizzare uno scambio continuo di informazioni, negoziazioni e accordi per dare risposta alle precise necessità derivati dalle peculiarità geografiche, culturali, o semplicemente statutarie di ciascuna Comunità558. Uno strumento, quindi, che ben si sposava – e in un certo senso incrementava – con il carattere asimmetrico dello Stato autonomico, proprio questa particolare connessione rappresenta il principale fattorre di successo delle Commissioni bilaterali tanto da essere istituzionalizzate come «órganos de

cooperación de composición bilateral y de ámbito general»559 (a differenza delle CS la cui competenza ricade solo su ambti settoriali), assicurandosi una importante funzione ‘para-giurisdizionale’ nella risoluzione dei conflitti – come previsto dalla Ley Orgánica 1/2000 – al fine di evitare il ricorso al canale di giustiza costituzionale560. Tale previsione se da un lato va a consolidare il sistema di cooperazione tra Stato e soggetti territoriali rifacendosi ad un ‘monito’ più volte ricordato dal TC – «buscar entre todos, dentro del respectivo e indisponible marco competencial, métodos flexibles y adecuados de convergencia que disminuyan la conflictividad»561–, dall’altro risponde, principalmente, all’esigenza di ‘alleggerire’ il sovraccarico di lavore del TC nell’ambiro relativo alle questioni di ordine competenziale. D’altra parte, come ricordavamo all’inizio, la cooperazione riveste un duplice ruolo: promotore della partecipazione al ‘centro’ della

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Nel caso della Comunità autonoma di Navarra la Ley Organica 13/1982 de Reintegración y Amejoramento del Régimen Foral de Navarra (LORAFNA) prevede all’art. 69 la c.d. Junta de Cooperación, successivamente regolata dal Real Decreto 1507/1984, de 1 de agosto.

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Così gli Acuerdos Autonómicos del 1992. 559

Così l’art. 5 della Ley 32/1990 come modificato dalla Ley 4/1999. 560

L’art. 33 della Ley Orgánica 2/1979, de 3 de octubre, del Tribunal Constitucional, a seguito delle modifiche apportate dalla Ley Orgánica 1/2000, de 7 de enero, ha dotato le Commissioni bilaterali di una nuova funzione, prevedendo che all’interno delle stesse possano essere adottati accordi di risoluzione dei contrasti al fine di evitare, in tal caso, il ricorso di incostituzionalità. Il termine per la proposta di ricorso davanti al TC viene ampliato a nove mesi proprio per consentire l’eventuale adozione di un accordo attraverso la Commissione bilaterale di cooperazione.

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‘periferia’ e di compensazione alla ‘strutturale’ componente conflittuale dgli ordinamenti composti.

La concretizzazione del dovere-principio di cooperazione avviene non solo attraverso la manifestazione organica del principio medesimo ma, anche, mediante la dimensione funzionale. In tale prospettiva la formula ‘archetipica’ maggiormente utilizzata è quella dei c.d. ‘Convenios de colaboración’. Si tratta di una tecnica di cooperazione tradizionalmente usata dalle amministrazioni pubbliche consistente nella stipulazione di ‘convenzioni’ attraverso cui le parti – in posizione di parità – si impegnano a realizzare quanto stabilito nel testo dell’accordo firmato. Tale meccanismo rappresenta, in un certo senso, l’‘eje’ principale intorno al quale “se desarrolla la cooperación bilateral Estado- CCAA”562, in quanto, a differenza delle CS, la logica che ne sta a fondamento è il rapporto di esclusività della singola Comunità autonomica con lo Stato. Sebbene si tratti dello strumento maggiormente usato, in realtà è quello più scarsamente disciplinato nella sua ‘veste’ verticale. Dopo un primo ‘Accordo sui Convenios de colaboración’ approvato dal Consiglio dei Ministri nel febbraio del 1990563 al fine di garantire un minimo di omogeneità e coerenza nell’utilizzo di questa pratica, la formalizzazione avviene tramite la Ley 30/1992, che non fa altro che riconoscerne l’esistenza, e la successiva Ley 4/1999 che perfeziona l’iniziale e debole disciplina specificando i soggetti competenti alla stipula delle convenzioni. L’oggetto delle convenzioni può essere estremamente differenziato, l’unico limite cui devono attenersi è, anche in questo caso, il divieto di creare alterazioni nella distribuzione competenziale; un ‘paletto’ spesso superato nella concreta realizzazione delle convenzioni che presuppongono un trasferimento di esercizio competenziale da un soggetto all’altro. Il problema fondamentale che si pone in merito a questo specifico strumento è la natura giuridica rispetto alla quale ci si chiede se siamo in presenza di una nuova tipologia normativa o, piuttosto, ci troviamo diananzi a disposizioni pattizie di carattere eminentemente politico. Un quesito a cui non è facile rispondere date le scarse previsioni legislative e il carattere prevalentemente ‘programmatico’ delle previsioni in questo contenute. Anche se, in via di principio, accanto a ‘Protocolos generales’ – che si limitano a stabilire un orientamento politico generale, il quadro d’azione o la metodologia

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Cfr. G. RUIZ-RICO RUIZ, J.J. RUIZ RUIZ, “La Cooperación del Estado y las Comunidades Autónomas...”, cit., p. 413.

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Cfr. la Resolución de 9 de marzo de 1990 de la Secretaría del Estado para las Administraciones Territoriales mediante cui si ordina la pubblicazione dell’ Accordo del Consiglio dei Ministri del 2 marzo 1990 sui Convenios de colaboración entre la Administración del Estado y las Comunidades Autónomas, BOE, n. 65, 16 marzo 1990.

per lo sviluppo della cooperazione nell’area interessata dalla collaborazione tra i soggetti564 – non possiamo escludere la presenza di “Convenios self-ecuting” che non prevedono, quindi, “medidas complementarias de aplicación por parte de quines suscribieron el pacto”565. In ogni caso che si tratti di un atto in sé completo o bisognoso di successive implementazioni giuridiche al fine di garantire la ‘certezza del diritto’ e la successiva giustiziabilità delle disposizioni in esso previste, è necessaria la pubblicazione sulle corrispondenti Gazzette Ufficiali e la comunicazione al Senato a titolo meramente informativo.

3.2.2.

L’“AUTONOMISMO COOPERATIVO HORIZONTAL”:‘MATIZ’ E ‘DESLINDE

Se il sistema relazionale risulta debolmente strutturato sotto il profilo verticale, ovvero relativamente ai rapporti tra Stato e CCAA, ancor più carente se consideriamo le connessioni stabilite a livello ‘orizzontale’ tra le medesime CCAA. Paradossalmente, a differenza di altri ordinamenti comparati566 in cui la potestà di stipulare accordi tra enti territoriali di medesimo rango si considera una facoltà implicita, la Costituzione spagnola che, ricordiamo, non menziona in modo esplicito neanche il principio di cooperazione, contiene, invece la disciplina normativa di base della cooperazione orizzontale, ovvero dei c.d. Convenios

orizontales. Convenzioni che le CCAA possono stipulare tra loro «para la gestión

y prestación de servicios propios de las mismas», nonché «acuerdos de

comperación» (art. 145.2 CE). Si tratta di una norma che suscitò sin dalla sua

prima apparizione nel dibattito costiuente numerose remore, nelle parole di Entrena Cuesta “pocos artículos como el ahora nos ocupa occasionarono tantos debates y fueron objeto de tan larga y minuciosa elaboración”567. Il problema fondamentale consisteva, principalmente nel rischio che attraverso gli accordi

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Cfr. A. HERNÁNDEZ LAFUENTE, “Técnicas y Fórmulas de Cooperación en el Estado Autonómico”,in AA.VV., El funcionamento del Estado Autónomico, Madrid, 1999, p. 610.

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Così S.MUÑOZ MACHADO, Derecho Público de las Comunidades Autónomas, Madrid, 1982, p. 232.

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In tal senso P.SANTOLAYA MACHETTI, Descentralización y cooperacin (Introducción al estudio de los mecanismos de cooperación en los Estados basados en la descentralización; su aplicación al caso español), Madrid, 1984.

567

Cfr. R.ENTRENA CUESTA, “Comentario al artículo 145”, in GARIDO FALLA (dir.), Comentarios a la Constitución, Madrid, 1980, p. 1566. per una nalisi dettagliata della genesi dell’art. 145 si veda, tra gli altri, J. I., LÓPEZ GONZÁLEZ, “La posición de las Cortes antes los convenios interregionales”, in AA.VV., Comunidades Autónomas, Sevilla, 1980, pp. 223 e ss.

interautonomici le CCAA potessero dar vita ad una sorta di ‘Stati paralleli’568, per questo il costituente spagnolo fece precedere tale possibilità da un divieto: «en ningún cas se admitirá la federación de Comunidades Autónomas», mantendo il precetto già previsto dalla Costituzione del 1931569. Tuttavia se pur gode di una posizione di ‘privilegio’ costituzionale a differenza della cooperazione verticale tale strumento si inserisce in un quadro regolativo che “adolece de una excesiva rigidez y de formalismo” che hanno come conseguenza immediata “un freno considerable a la hora de decidir transitar por este camino”570. In effetti, il richiamo alla norma statutaria, che potrà prevedere «le ipotesi, i requisiti ed i termini» della stipula degli accordi, si completa con l’obbligo di comunicazione alle Cortes Generales e, in tutti gli altri casi, con la necessaria ‘autorizzazione’ del Parlamento nazionale. In tal senso la dottrina è unanime nel criticare il regime giuridico cui è sottoposta tale pratica cooperativa; una disciplina eccessivamente rigorosa e inadeguata571 che ne promuove, al contrario, l’‘abbandono’. A livello comparato è difficile individuare una formula di controllo statale così pregnante sulla formazione di convenzioni e accordi tra i soggetti territoriali572. Nell’ordinamento spagnolo si verifica una situazione paradossale: non solo è più

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La ragione profonda che probabilmente orientò il costituente in tal senso risiede probabilmente

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