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2.1 ‘N ASCITA ’ E SVILUPPO NELLE SCIENZE SOCIAL

La figura concettuale della ‘rete’ nasce e si sviluppa nell’ambito delle scienze economiche e sociali “probabilmente più attente a cogliere e descrivere il delinearsi di processi spontanei che corrispondono ad esigenze funzionali concrete”118. In particolare “mentre le relazioni sociali di scambio, e il sistema di mercato che ne derivava, venivano studiati dalla scienza economica, le relazioni

non di scambio (…)” costituivano “territorio assegnato senza contestazione alla

sociologia”119.

Il concetto originario di social network rimanda all’esistenza di un “campo sociale” che ha la ‘forma’ di un network, ovvero strutturato come un “insieme di punti alcuni dei quali sono collegati da linee. I punti rappresentano gli individui, o talvolta i gruppi, e le linee indicano quali persone interagiscono fra loro”120. Lo sviluppo sociologico di questo piano analitico si deve proprio all’utilizzo della rete come ‘unità d’analisi’, come ‘lente’ particolareggiata per la lettura di altri fenomeni – una sorta di “definizione operativa” o “operazionalizzazione” di altri concetti121 – secondo il paradigma funzionalista o strutturalista122. In tal senso l’analisi di rete “non è una teoria della società ma un approccio metodologico con dei presupposti teorici”123.

Nel contesto sociologico il concetto viene spesso utilizzato per descrivere la società post-moderna e post-industriale “associata all’immagine di un attore sociale immerso in un mondo di interdipendenze crescenti e globali, nel quale il

118

Cfr. R:TONIATTI, “Il regionalismo relazionale…”, cit., p. 179. 119

A.PIZZORNO,“Perché si paga il benzinaio. per una teoria del capitale sociale, inA.BAGNASCO, F.PISELLI,A.PIZZORNO,C.TRIGILIA, Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Bologna, 2001, p. 22.

120

Cfr. J.A.BARNES, “Class and committees in a Norvegian island parisch”, in Human Relations, vol. IV, 1954, p. 1.

121

Cfr.A.LIPPI, “Il policy making europeo come ‘rete’”, cit. p. 11. 122

Cfr. F.PISELLI, “Il network sociale nell’analisi del potere dei processi politici”, in Stato e mercato, n. 2, 1997, pp. 287-316. L’A. opera un ricostruzione della tematica della ‘rete sociale’ ripercorrendo i tratti ‘salienti’ delle due principali tradizioni di studio, ovvero la scuola di Manchester – il cui focus d’indagine è sulle “reti «egocentriche», e in particolare su reti di relazioni informali, indirette, che attraversano differenti gruppi o istituzioni” – e la scuola strutturalista americana – prende in considerazione tanto le “reti egocentriche” che i “networks totali” e sia le “reti di relazioni informali” che le “relazioni istituzionali o categoriali” – (p. 307). 123

Cfr. N.TICHY,C.FOMBRUN, “Network analysis in organizational setting”, in Human relations, 1979, p. 11.

ruolo del ‘centro’ e della ‘gerarchia’ risultano fortemente ridimensionati”124. Un insieme di connessioni e relazioni di interdipendenza, dunque, raffigurabile come una ‘rete’. Si tratta di un “concetto situazionale e dinamico” che non riferendosi “a un «oggetto» specifico, non può essere appiattito in rigide definizioni, ma deve essere interpretato di volta in volta, in relazione agli attori, ai fini che perseguono, e al contesto in cui agiscono”125. in tal senso è, piuttosto, “il risultato di un processo di interazione dinamica”, non una “entità specifica, identificabile e isolabile, circoscrivibile in una formula” ma un concetto che “si concretizza nell’azione creativa degli attori, nella realizzazione di progetti pratici”126. Da qui il forte legame interattivo con il contesto economico e l’utilizzo della lente prospettica ‘relazionale’ per studiare le dinamiche di sviluppo economico secondo coordinate che esulano le classiche ricostruzioni in termini di ‘sviluppo’e e ‘sottosviluppo’127. Il riferimento è, in particolare, agli studi economici relativi allo sviluppo locale che assumono come campo di indagine ‘privilegiata’ la ‘struttura istituzionale’ – ovvero “le regole del gioco in una società o, più formalmente, i vincoli ideati dall’uomo che modellano l’interazione umana. Di conseguenza, essi strutturano incentivi agli scambi tra gli uomini, sia politici che sociali o economici”128 – tradizionalmente trascurata dall’analisi economica. Le istituzioni – intendendo tanto le unità decisionali all’interno del sistema economico, quanto il quadro di riferimento delle decisioni, ovvero gli elementi relativi alla cultura, alla tradizione, alle norme sociali e ai sistemi fiscale e giuridico – risultano invece fondamentali per il comportamento delle economie e la loro interazione con il mercato è ricca e complessa. La crisi del modello fordista, basato sul dominio della grande impresa e sui consumi standardizzati di massa, ha determinato l’emersione di un ‘nuovo modello’ di ciclo produttivo, ovvero l’idea che il processo di produzione è territorialmente ‘situato’ ed è alimentato, quindi, dalle

124

Cfr. A.MUTTI, Capitale sociale e sviluppo. La fiducia come risorsa, Bologna, 1998, p. 62. 125

Così F. PISELLI in relazione al concetto di ‘capitale sociale’ la cui qualificazione come “concetto situazionale e dinamico” può a ben ragione essere utilizzato, ai fini della nostra ricerca, con riferimento al concetto di ‘relazionalità’; d’altra parte la stessa autrice successivamente afferma che se pur distinti concettualmente “capitale e networks sociali risultano strettamente legati” (p. 53). Cfr. F. PISELLI, “Capitale sociale: un concetto situazionale e dinamico”, in A. BAGNASCO,F.PISELLI,A.PIZZORNO,C.TRIGILIA, Il capitale sociale…, cit, p. 48.

126

Ibidem, p. 52. 127

Sulla tematica relativa alle connessioni tra fenomeno relazionale e implicazioni nel contesto economico si vedano gli studi di M. GRANOVETTER, “Economic action and social structure: The problem of embeddedness”, in American Journal of Sociology, 1985, pp. 481-510; J. COLEMAN, Foundations of sociology theory, Cambridge, 1990; A. PORTES, “Social capital: Its origins and applications in modern sociology”, in Annual Review of Sociology, 1998, pp. 1-24.

128

Cfr. D.C.NORTH, Institutions, Institutional Change and Economic Performance, Cambridge, 1990.

risorse specifiche dei contesti socio-culturali. La ‘qualità territoriale’ costituisce il punto di snodo di questi studi che pongono al centro delle ricerche, relative alle dinamiche di crescita economica, la ‘territorialità’ che dá conto delle peculiarità dei luoghi, del capitale umano localizzato, delle organizzazioni radicate, dei caratteri ambientali, delle norme e dei valori sedimentati e condivisi, delle trame relazionali, ovvero del contesto istituzionale locale. Lo sviluppo diventa una ‘costruzione sociale’129 derivante da una molteplicità di fattori ‘causali’ e di dimensioni che si intrecciano e influenzano reciprocamente; interpretabile solo attraverso la sfera delle peculiarità territoriali differenziate e ‘asimmetriche’ tanto nell’origine che nei processi evolutivi.

All’interno di tale prospettiva le reti rivestono un ruolo di primo piano, costituendo il fattore ‘mobile’ della interazione tra i diversi aspetti sopra menzionati in grado di determinare ‘esternalità’ positive o negative. In particolare in ambito economico le reti consentono la produzione di economie di scala anche per le imprese di piccole dimensioni, facilitano la diffusione del know-how e dell’innovazione poiché i soggetti, a prescindere dall’aspetto dimensionale e strutturale, sono parimenti coinvolti nel circuito ma, data la natura informale, implicano un alto livello di fiducia e di correttezza da parte degli attori che ne fanno parte. Negli studi sullo sviluppo regionale, quindi, i sistemi istituzionali costituiscono un elemento chiave dal momento che esercitano un’influenza fondamentale sulle questioni di natura economica attraverso la strutturazione delle scelte e degli incentivi che essi hanno. Le reti come modalità organizzativa e di azione degli agenti del sistema economico rappresentano lo strumento maggiormente adeguato atto a realizzare la combinazione tra economie di scala normalmente riservate alle grandi imprese e il dinamismo e la flessibilità delle piccole aziende, accrescendo, inoltre, il potenziale innovativo. L’utilizzo ‘metaforico’ della rete avanzato proprio dalla prospettiva economica dà conto della “configurazione, forme di coordinamento e/o regolazione tra Stato, economia e società”130. Se la dicotomia mercato-gerarchia costituiva il modus interpretativo privilegiato per descrivere la “regolazione dei rapporti economici”131, nell’interstizio tra questi due poli si situa una pluralità di ‘zone d’ombra’ che fa riferimento agli aspetti della cooperazione, del coordinamento e, quindi, della relazionalità che ‘sfugge’ dalle rigide e tradizionali categorie sopra

129

Si veda per tutti l’interessante ricostruzione di tale prospettiva operata da D.CERSOSIMO (a cura di), Istituzioni, capitale sociale e sviluppo locale, Soveria Mannelli, 2001.

130

Cfr. A.LIPPI,“Il policy making europeo come ‘rete’”, cit., p. 12. 131

indicate. In particolar modo questo approccio sottolinea l’esistenza di una diversa forma di ‘razionalità’ che legittima l’azione degli attori e il sistema di scambio. L’homo economicus dispone di un ventaglio di alternative non polarizzabili tra l’‘utile’ – le opportunità di mercato – o l’‘ordine’ – esercizio del potere – . Accanto a queste due ‘scelte’ si pone la dimensione della relazionalità (fiducia, interazioni, reciprocità), ovvero l’ambito delle relazioni sociali se e in quanto intese e comprese dagli attori come risorsa individuale e/o societaria. Un panorama fatto di intrecci tra agenti economici, politici e sociali che divengono sempre più intensi e rispetto al quale la figura della ‘rete’ risulta funzionale per dar conto della complessità e delle nuove risorse di cui possono disporre i sistemi economici. La rete diventa, quindi, una sorta di rappresentazione grafica e aggettivazione di una forma di capitale – ‘capitale relazionale’ – immateriale e fluido che nell’epoca della “modernità liquida”132incrementa e implementa il mero capitale ‘monetario’.

Al di là delle differenti rappresentazioni ‘sociografiche’133 – “rete centrata o stellare” o “rete magliata e senza centro” 134– ciò che rileva ai fini della nostra analisi è la ‘conformazione’ della rete ovvero la circolarità delle relazioni tra gli attori, caratteristica derivante dalla mancanza di un centro e di una struttura interna gerarchicamente orientata. In tal senso il “paradigma relazionale” costituisce un “elemento fisiologico, connotativo e sistematico per il quale l’azione pubblica esercitata dalle regioni consiste anche nel (ovvero implica il) porsi in relazione con altri soggetti”135.

132

Espressione ripresa dal titolo dell’opera di Z. BAUMAN, La modernità liquida, Bari, 2002. 133

Come sottolinea F.PISELLI, “le reti sociali possono essere considerate dal punto di vista delle caratteristiche morfologiche (ampiezza, densità, ecc.), dal punto di vista della natura dei legami (legami di parentela, amicizia, vicinato, ecc.), e dal punto di vista dei contenuti che transitano nella relazione (contenuti materiali e simbolici), con valenza positiva (costituiscono delle risorse per l’individuo) e valenza negativa (costituiscono dei vincoli). Cfr. F.PISELLI,“Capitale sociale: un concetto situazionale e dinamico”, cit., p. 53.

134

Così P. BASSETTI, “Reti a centro, reti senza centro”, in L’Europa, il Principe e le Reti. Quaderni europei della Camera di Commercio di Milano, n. 6/1991, p. 58 e ss. L’A. opera un distinzione tra le diverse figure di ‘rete’ in virtù del flusso di comunicazione tra i nodi della rete medesima.

135

2.2. ‘R

ETI

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GOVERNANCE

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NUOVO PARADIGMA DI LETTURA DEI

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