• Non ci sono risultati.

V ERSO UNA POLITICA ESTERA REGIONALE : UNA MATERIA

COOPERAZIONE INTERREGIONALE PER LA CREAZIONE DI UN NETWORK REGIONALE

REGIONALE : UN ’ ANALISI DELL ’ ART 117, C 9, C OST

4.1. V ERSO UNA POLITICA ESTERA REGIONALE : UNA MATERIA

TRASVERSALE

DI INTERCONNESSIONE

Prima di passare ad un’analisi specifica del ‘treaty making power’ regionale (c. 9, art. 117 Cost.) è opportuno premettere alcune considerazioni di ordine generale riguardo alla materia‘politica estera’ come delineata dal legislatore di riforma.

Da un esame delle norme costituzionali ‘dedicate’ alla materia ‘estera’ delle Regioni sembra emergere un duplice profilo: partecipazione e ‘condivisione’ nella determinazione dell’indirizzo di politica estera statale (partecipazione regionale alle fasi ascendente e discendente), l’uno; esercizio ‘diretto’ delle proprie ‘prerogative’ in materia di politica estera, l’altro. Tralasciando il primo aspetto, non per ordine di importanza ma per esigenze di coerenza analitica, il secondo ambito riserva numerose potenzialità e contraddittorietà strettamente connesse alla più generale tematica del sistema competenziale – stricto sensu del rapporto tra competenza esclusiva statale, competenza concorrente e competenza ‘residuale’ delle Regioni – nella quale rientrano i rapporti internazionali e con l’Unione europea di dimensione regionale.

Le attività internazionale e comunitaria vengono configurate come ‘materie’ in senso proprio piuttosto che “poteri funzionali”349 da esercitarsi in

349

Espressione utilizzata da S.MANGIAMELI, La riforma del regionalismo italiano, Torino, 2002, p. 121, il quale rintraccia nel nuovo art. 117 oltre alle “materie”, tecnicamente intese, delle “funzioni” che “non consistono in oggetti ma attribuiscono allo Stato un potere che attraversa i

connessione alla ‘internazionalizzazione’ (nel senso di dimensione internazionale) delle differenti materie, dal momento che l’elenco di oggetti previsto dall’art. 117 non è di per sé esaustivo e solo parzialmente definisce ambiti materiali autonomi350, deducendosi, dunque, un carattere ‘trasversale’ delle stesse351. Le competenze legislative in tema di politica estera e rapporti internazionali delle regioni non avrebbero ad oggetto una ‘materia’, classicamente caratterizzata da omogeneità e specificità degli ambiti di disciplina, ma, piuttosto, un “ambito trasversale”352 che percorre direttamente o indirettamente tutte le attività estere delle regioni.

Da una prima lettura dell’art. 117 sembra emergere una sorta di ‘esclusività parallela’ che opera su un duplice binario: rapporti internazionali e politica estera di dimensione statale, da una parte, e rapporti internazionali e ‘politica estera’ di dimensione regionale, dall’altra; e rigida ripartizione normativa – principi-dettaglio – tra Stato e Regioni in merito alla proiezione estera delle stesse.

Dall’u.c. del citato articolo, sembra emergere, poi, un ulteriore criterio di parallelismo tra competenza normativa interna delle Regioni e competenza a stipulare intese e accordi internazionali, sicché il potere estero assume il profilo di ‘proiezione esterna di competenze interne’. Tuttavia la logica attorno alla quale ruota l’intero impianto della natura estera delle regioni non è quella della separazione – che, secondo buona parte della dottrina, costituirebbe il parametro della razionalizzazione competenziale operato con la riforma costituzionale353 – ,

campi materiali” sicché “a differenza delle materie della legislazione, per le quali può darsi una definizione oggettiva, le attribuzioni funzionali non presentano un contenuti neppure astrattamente predeterminabile”. Sul tema si vedano inoltre G.FALCON, “Il nuovo Titolo V della parte seconda della costituzione”, in Le Regioni, n. 5/2001 e A.ANZON, I poteri delle Regioni dopo la riforma costituzionale, Torino, 2002.

350

Così M.OLIVETTI, “Il potere estero delle Regioni”, cit. 351

Sul tema della trasversalità si veda R. TOSI, “La legge costituzionale n. 3 del 2001: note sparse in tema di potestà legislativa e amministrativa”, in Le Regioni, n. 6/2001, p. 1236 e ss.; S. MANGIAMELI, “Sull’arte di definire le materie dopo la riforma del Titolo V della Costituzione”, in Giur. Cost., 2002; A.D’ATENA, “Materie legislative e tipologia delle competenze”, in Quad. cost., n. 1/2003. Per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte costituzionale si prendano in esame le sentt. n. 282/2002, n. 407/2002 – nella quale si afferma che “non tutti gli ambiti materiali specificati nel secondo comma dell’art. 117 possono, in quanto tali, configurarsi come ‘materie’ in senso stretto” – e n. 536/2002.

352

Cfr., S.MANGIAMELI, La riforma.., cit., p. 127. 353

A sostenere questo orientamento soprattutto A.ANZON, “Il nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione – primi problemi della sua attuazione. Un passo indietro verso il regionalismo «duale»”, sul sito www.associazionedeicostituzionalisti.it. In senso opposto, invece,F.PIZZETTI, “Le nuove esigenze di governance in un sistema policentrico ‘esploso’”, cit., e soprattutto P. BILANCIA, “Ancora sulle competenze regionali in materia di rapporti internazionali”, sul sito

ma, si tratta, piuttosto, di un criterio concorsuale che pone in stretta relazione i due livelli governativi. Se la politica estera rimane una competenza esclusiva dello Stato e le Regioni, di contro, hanno la possibilità di esteriorizzare le proprie competenze, il grado di interferenza reciproca risulta fortemente incrementato e il “deficit di formalizzazione cooperativa”354, soprattutto in tale ambito, si riflette profondamente sullo sviluppo e sulla progressiva ‘autonomizzazione’ regionale in tale materia. Un “uso procedurale”355 della concorsualità competenziale potrebbe rappresentare, però, un’efficace soluzione al vulnus costituzionale di un sistema strutturato di cooperazione, in assenza del quale sarebbe impossibile percepire un mutamento rispetto alla situazione precedente che già si fondava – sulla base della ricostruzione e costante interpretazione giurisprudenziale – sul principio di collaborazione.

Res sic stantibus sorge il problema in merito alla sfera di competenza delle

norme procedurali relative all’esercizio dell’attività internazionale regionale: competenza statale esclusiva o concorrente? Dubbio chiarito ancora una volta dall’intervento della Corte356 che ‘restringendo’ i confini dell’autonomia regionale in materia estera riconduce nell’alveo della potestà esclusiva statale le norme di tipo procedurale determinando, quindi, un evidente ridimensionamento dell’intervento regionale orientato, diremo quasi a foritori, alla politica e agli obiettivi perseguiti dallo Stato357. La dimensione legislativa regionale, quindi, potrà essere definita solo in “chiave residuale” , ovvero solo dopo che lo “Stato avrà fissato le norme di procedura, i casi e le forme dell’attività estera delle

“lettura dei rapporti fra ordinamento nazionale e ordinamento internazionale (e comunitario) in chiave «monistica», e di «integrazione» (fra il livello internazionale/comunitario e quello interno, vuoi statale, vuoi regionale)” che consente di superare il “principio del «dualismo» e della «separazione»” .

354

Cfr.F.PALERMO, “Titolo V e potere estero delle Regioni”, cit.. p. 719. 355

Ibidem. 356

Si veda la sent. Corte Cost. n. 238/2004 la cui ratio sembra consistere – come afferma la stesa Corte – nel “salvaguardare gli interessi unitari che trovano espressione nella politica estera nazionale”.

357

Non si vuole con ciò mettere in dubbio l’importanza del principio di unitarietà dell’ordinamento, ma, si vuole semplicemente sottolineare il ‘rischio’ di un ‘appiattimento’ del ‘potere estero’ regionale potenzialmente delimitabile da una ‘gabbia’ procedimentale di natura statale. Come lucidamente sottolineato in dottrina “la riserva alla legislazione esclusiva della materia “politica estera e rapporti internazionali dello Stato” (materia dai contorni indefiniti) potrà fungere, se interpretata estensivamente, da presupposto giustificativo di interventi statali nelle sfere di competenza regionale”. Cfr. G.GERBASI, “I limiti alla potestà legislativa regionale nel passaggio dal vecchio a l nuovo Titolo V della Costituzione italiana”, cit., p. 81.

Regioni”358, palesandosi, quindi, una evidente asimmetria della materia de quo pur rimanendo comuni i limiti (1° c. art. 117).

Le nuove norme costituzionali, contravvenendo al quadro ‘di fatto’ delineatosi in materia di politica estera nel trentennio precedente, configurando i rapporti internazionali come materia a sé, ci portano ad una ulteriore considerazione circa i limiti della potestà legislativa residuale delle Regioni a rischio di “contaminazione internazionale”359 qualora le materie rientranti in tale ambito costituiscano l’oggetto di attività estere regionali, dal momento che, in tale ipotesi, rientrerebbero, per forza di cose, nella sfera concorrente. A fronte di tali perplessità potrebbe probabilmente funzionare la qualificazione “istituzionale” o “organizzativo-procedurale” – proposta da una parte della dottrina360 – dell’oggetto relativo alla materia in esame. Secondo tale prospettiva l’elemento contenutistico delle attività estere regionali, rientranti nei rapporti internazionali, non riguarderebbe la competenza legislativa concorrente rimanendo, invece, all’interno dell’ambito competenziale sottostante la specifica materia oggetto dell’iniziativa regionale361. Oggetto della competenza de quo sarebbe, quindi, la disciplina procedurale-organizzativa delle attività regionali internazionali362.

358

Così E.GRIGLIO, “La giurisprudenza costituzionale sulla definizione delle materie nel riaperto delle competenze legislative tra Stato e Regioni”, sul sito www.amministrazioneincammino.it. 359

Espressione ripresa da D.FLORENZANO, L’autonomia regionale…, cit., p. 224, secondo il quale questo “nuovo tipo di «contaminazione internazionale» declasserebbe la competenza legislativa da residuale a concorrente”. In tal senso anche A. RUGGERI, “Note minime, «a prima lettura», a margine del disegno di legge «La Loggia»”, in S.GAMBINO (a cura di), Il ‘nuovo’ ordinamento regionale, Milano, 2002.

360

A sostegno di questo orientamento si vedano, per tutti, A.RUGGERI, “ Riforma del Titolo V e ‘potere estero’ delle Regioni (notazioni di ordine metodico-ricostruttivo)”, sul sito

www.federalismi.it, F.PALERMO, “Titolo V e potere estero…”, cit. e A.ANZON, I poteri delle Regioni…, cit.

361

Conclusione cui giungono i sostenitori della ‘tesi procedurale’, per tutti A.RUGGERI, “ Riforma del Titolo V…”, cit. e T.GROPPI, “Regioni e Unione europea”, cit.

362

Tale prospettiva non è immune da perplessità – come qualche autore sottolinea in dottrina – soprattutto con riferimento all’operazione di automatico ‘incasellamento’ del contenuto di tali materie, comunque trasversali, in ambiti meramente organizzativi potendo, invece, andare oltre e ricomprendere il merito delle attività estere regionali. Il ‘rischio’ apparente che in tal caso correrebbero le Regioni sarebbe ridotto dalla funzione di ‘auto-limitazione’ svolta dai principi fissati in sede legislativa che, in tal modo, fungerebbero anche da “parametro e limite alle ingerenze del Governo in sede di coordinamento e controllo, poiché circoscriverebbero il potere di quest’ultimo, ancorandolo a precisi parametri di riferimento”, con la precisazione che tali principi “dovrebbero rigorosamente mantenere la dimensione di regole generali, al fine di non svilire il ruolo estero regionale affermato dalla Costituzione”. Così D. FLORENZANO, L’autonomia regionale…, cit., pp. 234-35.

4.2. A

CCORDI ED INTESE

:

GLI STRUMENTI OPERATIVI DEL

TREATY

-

Outline

Documenti correlati