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R IFORMA STATUTARIA VS RIFORMA COSTITUZONALE : GLI S TATUTI DI A UTONOMIA DELLE C OMUNITÀ A UTONOMICHE ‘ SE HACEN C ONSTITUCIÓN ’

SPAGNOLO: UN SISTEMA AUTONOMICO ‘IN

2.2. I L ‘ PODER CONSTITUYENTE ’ DELLE C OMUNITÀ A UTONOMICHE : LA NUOVA “ CURIOSIDAD DEL JURISTA PERSA ”

2.2.1. R IFORMA STATUTARIA VS RIFORMA COSTITUZONALE : GLI S TATUTI DI A UTONOMIA DELLE C OMUNITÀ A UTONOMICHE ‘ SE HACEN C ONSTITUCIÓN ’

La natura autonomica dello Stato spagnolo viene messa in discussione con l’apertura di processi di riforma statutaria destinati ad innovare non solo il proprio quadro di regolazione interna, ma lo stesso quadro costituzionale. Il Plan

Ibarretxe489 prima, e il progetto di riforma catalano, dopo, prospettano uno ‘scenario confederale’490 che comporta inevitabilmente un cambiamento – se non una rottura491 – della natura autonomica dello Stato.

Il punto di partenza è la mancanza di una definizione del modello di Stato, il che non significa che non esista una realtà statale o che questa è priva di principi e regole di base che consentano il funzionamento e, in qualche modo, la stabilità. Il problema è la duplice natura della struttura statale, ovvero, la configurazione dello Stato come risultato di un processo costituente che termina con l’approvazione di un testo formale di Costituzuine che non definisce il modello di Stato, e di un processo ‘statuente’ che inizia il giorno dopo all’entrata in vigore del testo costituzionale e non può dirsi ancora terminato492. Per questo non è possibile individuare esclusivamente la struttura statale sulla base della Costituzione, ma è necessario considerare tanto questa che gli Statuti di autonomia.

Cosa comporta questo carattere di ‘complementarietà’ tra i due processi? Non è facile rispondere a questa domanda per il semplice fatto che non è possibile

489

Il 25 ottobre del 2003 veniva approvata dal governo basco la Propuesta de Estatuto Político de la Comunidad de Euskadi fortemente orientato in senso ‘autodeterminazionista’ (comporta una trasformazione dei Paesi Baschi in in Stato libero associato alla Spagna), ovvero ispirato dalla pretesa più volte avanzata dal Presidente della Comunità basca, Juan José Ibbaretxe, di riconoscere alla regione la possibilità di decidere liberamente del proprio futuro. Una proposta di riforma statutaria che ha visto schierarsi contro intere frange del mondo politico e accademico nonché lo stesso Parlamento nazionale (proposta rigettata il 1 febbraio del 2005)..

490

Seconda la ricostruzione effettuata da R. BLANCO VALDÉS, “El Estatuto catalán: texto y pretextos”, cit.

491

Si esprime in termini di “ruptura frontal de los elementos esenciales de la articulación del poder territorial” BUSTOS GISBERT con riferimento al progetto di riforma dello Statuto autonomico basco, un discorso applicabile anche al ‘caso catalano’ e, in generale, alla situazione di trasformazione in cui si troverebbe lo Stato autonomico. Cfr. R. BUSTOS GISBERT, “Las tenciones del Estado Autonómico ante el proceso de reforma estatutaria”, in Revista Jurídica de Castilla y Léon número especial: “La Reforma de los Estatutos de Autonomía”, 2004, p. 85.

492

affermare con certezza fino a che punto il processo costituente è terminato o in che misura il processo ‘statuente’ è andato sostituendosi a quest’ultimo. Questo perché gli spazi lasciati aperti dal costituente nella disciplina del futuro processo di decentramento si sono riempiti di senso solo nella fase ‘statuente’. In tal senso “el poder estatuyente de las autonomías se convertío, de hecho, en una prolongación inevitable del poder coinstituyente, distorsionando la lógica del Estado constitucional”493. Segue a tale riflessione il fatto che, specialmente in questo momento, lo sviluppo del processo autonomico ha luogo essenzialmente a livello statutario, ovvero, nelle riforme della norma ‘institucional básica’ delle Comunità autonome che potrebbe arrivare a porre una nuova struttura statale senza un cambiamento formale della Costituzione. Se dal punto di vista formale le Comunità autonome stanno seguendo i procedimenti di riforma previsti nei rispettivi Statuti, , “materialmente, sin embargo es patente que, al menos hasta ahora, no es tanto que se estén reformandos los Estatutos, como que se están

sustituyendo unos Estatutos por otros”, ovvero ci troviamo dinanzi ad una

“reforma total de los Estatutos”494. In tal senso il costituzionale e lo statutario sono “dos planos que sin duda forzosa y forzadamente interactúan pero que contienen postulados, fines y lógicas diferenciadas, cuando no enfrentadas”495.

Anche se gli Statuti autonomici rappresentano uno sviluppo delle stesse norme costituzionali con le quali vivono una relazione di complementarietà – non dimentichiamo, d’altra parte, che entrambi i piani sono integrati nel c.d. ‘bloque

de constitucionalidad’496 o “Constitución territorial”497 – e da cui deriva, in ultima

493

Così P.DE VEGA GARCÍA, “Prólogo” a la aportación de A.CABO DE LA VEGA, Constitución española de 27 de Diciembre de 1978, Madrid, 1996, p. XXV.

494

Cfr. P. CRUZ VILLALÓN, “La reforma del Estado de las Autonomías”, cit., p. 80. 495

Cfr. M. A.APARICIO PÉREZ, “La adecuación de la estructura del Estado a la Constitución (Reforma constitucional vs. Reforma de los Estatutos)”, in Revista Catalana de Dret Públic, n. 31, 2005, p. 28.

496

Espressione con la quale si fa riferimento al “contendo esencial de la Constitución total del Estado”, totalità intesa come l’insieme delle componenti fondamentali che integrano l’ordinamento giuridico composto spagnolo. Cfr., F.RUBIO LLORENTE, La forma del poder, Madrid, 1993, p. 99 (corsivo mio). Tale categoria è stata utilizzata dalla giurisprudenza e dalla dottrina costituzionale spagnola per dar conto dell’esistenza di diverse norme giuridiche sul piano della distribuzione competenziale tra Stato ed entità regionali e, soprattutto dal Tribunale costituzionale, come parametro di costituzionalità (vd. Art. 28 della Ley Orgánica 2/1979, de 3 de octubre, del Tribunal Constitucional). In realtà non si tratta di un ‘calderone’ giuridico di cui fanno parte con egual posizione e forza normativa tutte le norme dell’ordinamento giuridico, ma, come lo stesso TC sottolinea, all’interno di questo «la Constitución conserva intacta su fuerza normativa dominante como “lex superior” de todo el ordenamiento» (STC, 20/1998 de 18 de febrero), per cui le norme che integrano tale ‘blocco’ devono essere interpretate in funzione della Costituzione medesima. D’altra parte, come sottolinea ARAGÓN REYES, “no todas las normas de ese amplio conjunto desempeñan una función constitucional [...] Esta función constitucional sólo la desempeñan, pues, la propia Constitución y los Estatutos de Autonomía. Las demás normas de concreción competencial son, si se quiere, “desarrollo” de la Constitución, pero no complemento necesario de

istanza, il fondamento della legalità, bisogna dire che non corrispondono ad un unico modello. Al di là dei diversi procedimenti di accesso alla autonomia previsti dalla Costituzione, la reale differenza si gioca sul piano delle finalità e degli obiettivi politici e giuridico-costituzionali iniziali. Se da un lato abbiamo le Comunità ‘(inclusa Andalusia) caratterizzate da una dinamica di integrazione, dall’altro le rimanenti Comunità autonome di ‘derivazione costituzionale’ rispondono ad una logica differente, che possiamo definire di ‘decentramento’. Una volta conseguito l’obiettivo iniziale, ovvero l’integrazione, si procede seguendo la via del decentramento. Due momenti caratterizzati da una difficile convivenza lungo lo sviluppo autonomico: “un modelo constitucional incabado o, posiblemente estancado (el de integración); y otro modelo, el de descentralización, en continuo desarrollo”498. Un intreccio rispondente ad una logica irrazionale in quanto “a la presión del vector integración se responde con el vector descentralización” e dato che quest’ultima implica una “exigencia de igualidad o uniformidad territorial y, en consecuencia, de generalización a todos los territorios, su puesta en escena genera un proporcional descenso de la capacidad integradora de la estructura territorial del Estado”499.

Anche se questo ‘momento’ di riforma statutaria ci porta, in un certo senso, alla iniziale fase di approvazione, in realtà, ci troviamo davanti ad un processo qualitativamente differente, ‘distinto’, prima di tutto, proprio in virtù delle previsioni costituzionali, ovvero essenzialmente ‘statuente’ nel senso che non è più legato al momento ‘costitutivo’ delle Comunità autonome ma si inserisce in un quadro costituzionale che, grazie soprattutto all’opera del TC, risulta fondamentalmente definito negli aspetti essenziali. Se inizialmente il consenso costituì il principio fondatore della integrazione, l’elemento ‘básico’ che dalla sede costituente trapassa alle singole sedi statutarie, nella fase attuale il

ella, en cuanto que no “constituyen” el sistema de organización territorial y, por lo mismo, no lo “preservan” (por no estar formalmente blindadas) frente a la actuación ordinaria de los poderes públicos”. Cfr. M. ARAGÓN REYES, “La construcción del Estado autonómico”, in Atti del convegno Asimmetria o uniformità? L’esperienza spagnola e le tendenze del regionalismo in Europa, Pontignano-Siena, 9-10 giugno, 2006 (in corso di pubblicazione). In tal senso l’A. utilizza la formula ‘bloque constitucional’ invece di ‘bloque de constitucionalidad’ di cui fanno parte, invece altre leggi attributive o delimitative di competemze ma non caratterizzate da particolrare rigidità. A tal riguardo si veda ID., “La reforma de los Estatutos de Autonomía”, e “El Estado autonómico ¿modelo indefinido o modelo inacabado?”, in Estudios de Derecho Constitucional, cit., pp. 383-424.

497

Espressione di P.CRUZ VILLALÓN, “La construcción del Estado en Comunidades Autónomas (1979-1983)”, in ID.,La curiosidad del jurista persa y otros estudios sobre la Constitución, cit., pp. 430-438.

498

Cfr. M.A.APARICIO PÉREZ, “La adecuación de la estructura del Estado...”, cit., p. 28. 499

carattere essenziale è costituito, soprattutto, dalla comparazione tra le norme statutarie medesime e la Costituzione, anche questa coinvolta in un processo riformatore che fa venir meno, limitatamente a questa fase, il carattere di limite intransitabile.

2.2.2.

IL ‘CASO CATALANO’: LA ‘EUROPEIZZAZIONE’ DELLA METODOLOGIA DI RIFORMA. ¿DELANTE UN FRACASO O UNA ‘MODERNIZACIÓN’ DEL MODELO AUTONÓMICO?

La riforma dello Statuto catalano, approvata dalle Corteses Generales il 30 marzo del 2006 con Ley Orgánica 6/2006, ratificata dal referendum confermativo del 18 giugno appena trascorso500, ha costituito, e continua a costituire, un oggetto di ‘scontro’ e di ‘ricomposizione’ tra le diverse definizioni dello Stato autonomico finora date dalla dottrina. Le differenti teorie e interpretazioni dell’‘innominato’ modello statale delineato dal costituente del 1978, hanno dovuto fare o conti con le reali esigenze e dinamiche presenti nel territorio. Il ‘modello catalano’ rappresenta un importante ‘caso studio’ che ci consente di capire come si intersecano sul terreno autonomico le dinamiche esterne di europeizzazione e quelle interne di decentramento e come questo ‘intreccio’ vada poi ad impattare sul sistema costituzionale statale.

Per questo il riferimento non è tanto e solo alla norma statutaria così come definitivamente riformata dopo le fasi di ‘negoziazione’ intergovernativa, ma, anche al progetto di riforma statutaria approvata dal Parlamento catalano nel settembre del 2005. Questo per sottolineare le ‘reali’ intenzioni dello statuente catalano e i risultati conseguiti a seguito delle procedure ‘contrattualistiche’ intervenute tra gli esecutivi nazionale e autonomico per evitare di giungere ad un blocco della norma, per via del Parlamento statale, la quale, nella sua versione originaria, rischiava di trasformarsi in una grave ferita nella struttura statale501.

500

La riforma dello Statuto di autonomia della Catalogna sostenuta dal governo tripartito nato dal c.d. ‘Pacto del Tinell’ (partiti PSC, ERC e ICV-EUiA) è entata in vigore con Ley Orgánica 6/2006 dopo l’espletamento positivo dell’iter procedurale ex art. 56 della precedente norma statutaria (Ley Orgánica 4/1979) che prevede l’approvazione della proposta di riforma da parte dei due terzi del Parlamento catalano; l’approvazione del Parlamento nazionale mediante legge organica e, infine, il referendum regionale confermativo degli elettori catalani a seguito del quale la riforma entra in vigore.

501

Nella fase di passaggio della proposta di riforma statutaria dal Parlamento catalano alle Cortes Generales, ovvero dalla bozza approvata dal Parlamento autonomico alla legge organica statutaria si sono verificati diversi ‘cambiamenti’ proprio a seguito degli accordi intervenuti tra il Presidente del Governo Zapatero e Artur Mas, leader di CiU (Convergengia i Union), un partito,

La prima cosa che si nota leggendo lo Statuto, in entrambe le versioni, è la consistenza e la lunga estensione delle norme che supera la Costituzione, approssimandosi, piuttosto, al Trattato costituzionale europeo (TCe). si abbandona, infatti, l’essenzialità e il carattere sintetico del testo statutario, dando vita ad una disciplina generale e completa del potere autonomico, svolgendo, in tal senso, una funzione di regolazione quasi ‘costituzionale’. Questa possibilità di definire, o meglio, precisare i contenuti e i limiti del potere autonomico non fa che attestare ulteriormente il carattere ‘decostituzionalizzato’ della struttura territoriale che. Sempre nei limiti di costituzionalità, consente una molteplicità di letture. Potremo dire di essere in presenza di una ‘Costituzione in negativo’, ovvero, un riflesso del testo costituzionale finalizzato alla chiusura della clausola autonomica tramite una lettura unilaterale del testo costituzionale medesimo.

La cultura nella quale si inserisce il progetto iniziale di riforma si conforma, specificamente, ad un logica confederale, quindi, molto vicina al riconoscimento di un potere di autodeterminazione – «la vocación y el derecho de

los ciudadanos de cataluña de determinar libremente su futuro como pueblo» – e,

in ultima analisi, di un similare potere di secessione. Nel Preambolo, in effetti, si è dato ampio spazio alla definizione della natura ‘nazionale’ della Catalogna definita come ‘Nación’, invece che ‘nacionalidad’. Questa immagine ‘costituente’ è confermata dal contenuto concreto della norma in esame, dall’amplissima dichiarazione dei diritti alla dettagliata disciplina relativa alle istituzioni autonomiche, due elementi tipici dei testi costituzionali. Il fulcro del sistema gira intorno ad esigenze ben precise dirette alla ‘minimalizzazione’ del ruolo dello Stato, alla progressiva caratterizzazione bilaterale delle relazioni con lo Stato e al consolidamento della presenza stessa della Comunità nelle sedi istituzionali centrali, a conferma del carattere confederale al quale si rimette lo statuente. Principi che trovano completa realizzazione nel c.d. ‘blindaje competencial’, ossia nella precisa definizione delle materie di competenza ‘esclusiva’ della Comunità ma, ancor più, nella specificazione delle diverse categorie competenziali relative non solo alla Comunità autonoma ma, anche, allo Stato. Funzione, quest’ultima, che ripercorre il tentativo fallito dalla Ley Orgánica (LOAPA) di dare una definizione sistematica delle categorie più problematiche e conflittuali come quella di ‘legislación básica’. A ciò si aggiunga un ambizioso sistema di finanziamento caratterizzato dalla bilateralità e dalla scarsa presenza del livello

quest’ulitmo, che sosteneva il progetto di riforma statutaria pur non essendo al governo della Catalogna.

statale; un esplicito riferimento ai ‘derechos históricos’ e una differente disciplina delle relazioni tra Comunità e Stato.

Sulla base di questo progetto i procedimenti di negoziazione hanno seguito una dinamica abbastanza peculiare, producedo, in un certo senso, la storica tensione tra le due tendenze, ‘centralizzazione’ e decentramento, cui possiamo riconnettere da un lato il conservatorismo, a volte esasperato, del Partito Popolare, completamente assente dalla elaborazione e adozione del ‘patto statuente’ e, dall’altro, il ruolo di dominio esercitato dalle componenti nazionaliste. Il risultato di tali procedimenti convenzionali è quello che, giustamente, un attento studioso del fenomo autonomico definisce “Estatuto apocrifo”, nel senso utilizzato da C. Schmitt “para caracterizar algunos compromisos que habían abierto el camino a la Constitución de Weimar, en 1919: unos compormisos apócrifos, consistentes «en alejar y aplazar la decisón». Termino aquí utilizado por el autor para indicar el compromiso que estriba «en encontrar una fórmula que satisfaga todas las exigencias contradictorias y deje indecisa en un a expresión anfibológica la cuestión litigiosa misma»”502. Compromessi che “tienden sólo «a contentarse con una fórmula dilatatoria» que tenga en cuenta «todas las pretensiones»”503. La problematica definizione della Catalogna come ‘Nación’ viene sostituita dall’espressione ‘realidad nacional’ che, chiaramente, anche se cambia la forma non muta la ‘sostanza’504. Tuttavia, soprattutto a livello competenziale l’intervento delle forze centripete si è concretizzato nella riduzione degli spazi che la Generalità aveva aperto per sé in tale ambito riorganizzando le potenzialità implicite del c.d.‘blindaje competencial’, ovvero la stringente determinazione in termini di contenuti e categorie delle competenze autonomiche (esclusive e condivise) e, di riflesso, delle ‘restanti’ competenze statali. Dopo la ‘contrattazione’ anche i ‘toni’ del sistema competenziale vengono in parte attenuati; da una ‘blindatura per fissazione’ delle categorie competenziali si passa ad una ‘blindatura per descrizione’ che, tuttavia, pone seri problemi nel sistema di

502

Cfr. R.BLANCO VALDÉS, “El Estatuto catalán: texto y pretextos”, cit. In realtà tali modifiche hanno sortito una riduzione del consenso politico autonomico alla riforma statutaria, lo dimostra la bassa affluenza degli elettori catalani alle urne (lo Statuto è stato approvato con il 73, 9 % di voti ion favore del si a fronte di un’astensione pari al 50,58% circa del corpo elettorale) e l’uscita dall’esecutivo catalano di ERC con la conseguente messa in minoranza del governo Maragall. 503

Ibidem. 504

L’art. 1 della norma statutaria novellata si limita a riconoscere alla Catalogna lo status di ‘nacionalidad’ venendo meno il riconoscimento di ‘nación’ presente nel progetto approvato dal Parlamento catalano, in armonia, quindi, a quanto disposto dall’art. 2 CE (“La Costituzione […] riconosce e garantisce il diritto alla autonomia delle nazionalità e regioni che la compongono e la solidarietà fra tutte le medesime”). Il termine ‘nación’ compare solo in sede di Preambolo, privo di efficacia giuridica, dove si afferma che “il Parlamento catalano ha definito in modo ampiamente maggioritario la Catalogna come nazione”

distribuzione competenziale505. Una regolazione, dunque, che si pone in stretta connessione al sistema statale di distribuzione competenziale svolgendo un ruolo ‘complemetare’ o, in forma più grave, ‘usurpando’ il ruolo del legislatore organico e del Tribunale costituzionale in merito alla determinazione dei confini e degli effetti dei poteri territoriali In questo quadro generale di riduzione anche le pretese relative alla confìgurazione di un sistema di finanziamento ‘speciale’ si infrangono. Costituzionalmente lo Statuto non è la sede deputata alla regolazione del sistema di finanziamento territoriale, trattandosi, chiaramente, di una tematica di ‘interesse generale’ (si veda l’art. 157.3 CE506) particolarmente importante nella conformazione e funzionamento di uno Stato composto e, per di più, tendenzialmente asimmetrico. Il nucleo essenziale della proposta catalana si concretizzava nella determinazione di un sistema finanziario fortemente territorializzato, ovvero organizzato secondo i termini della bilateralità e della massima riduzione del ruolo dello Stato in cui la Comunità medesima avrebbe partecipato, in posizione d’uguaglianza con lo Stato, alla determinazione dell’apporto catalano alle casse dello Stato. Si metteva in discussione, quindi, uno dei principi cardine del sistema di solidarietà interterritoriale sui cui si basa l’ordinamento autonomico dal momento che si affermava la più piena e totale territorialità dell’imposta, avvicinando il sistema catalano al regime speciale di finanziamento previsto per i Paesi Baschi e la Navarra. Dunque, la presunta ‘singolarità’ in ambito finanziario si attenua ma si prosegue in ordine al rafforzamento della capacità finanziaria catalana sui tributi tanto statali che autonomici riscossi sul territorio e rimane specificamente la definzione ‘catalana’ del criterio di solidarietà, il cui ambito risulta fortemente ridotto a servizi di ‘naturaleza básica’ (come istruzione, salute… etc.).

Dopo questa breve disamina delle novità introdotte dalla riforma catalana, il punto sul quale vorrei richiamare l’attenzione, in ultimo, concerne l’infleunza che il processo di integrazione europea ha esercitato su tale riforma, premettendo che la Catalogna rappresenta una delle Regioni principlamnete implicata in quello che potremo definire un processo di integrazione europea di tipo ‘orizzontale’,

505

La tecnica a tal fine utilizzata consiste nel fissare in maniera dettagliata la portata delle funzioni – legislativa, regolamentare e di gestione – e delle materie rientranti nelle competenze della Comunità autonoma. Si stabilisce, infatti, una precisa tipologia delle competenze – esclusive (art. 110 EAC), ‘condivise’ (art. 111 EAC) ed esecutive (art. 112 EAC) – venendo meno il carattere della ‘forma excluyente’ relativa alla esclusività competenziale della Generalità e volta a limitare l’ambito d’azione dello Stato (formula presente nel progetto statutario autonomico).

506

L’art. 157.3 CE che demanda ad una legge organica la disciplina delle competenze finanziarie delle Comunità autonome, si tratta esattamente della Legge organica 8/1980 sul Finanziamento delle Comunità autonome, come modificata dalla successiva legge organica 7/2001.

ovvero volontariemnte condotto dalle Regioni su impulso della stessa Unione europea, che va al di là dei circuiti più specificamente istituzionali.

In tale prospettiva il primo elemento che notiamo è la presenza di un ampio catalogo di diritti introdotto nella norma statutaria secondo modalità che sembrano seguire quanto fatto dallo stesso TCe con riferimento alla incorporazione della Carta di Nizza. Così come nel TCe si afferma che dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non derivano nuove competenze per l’Unione (quindi, da questo punto di vista, non si realizza un’alterazione della Costituzione della Comunità europea) e che questa non può comprimere le libertà e i diritti di cui già godono i cittadini dell’Unione, in virtù delle rispettive Carte costituzionali, lo stesso accade nello Statuto catalano dove si afferma che “Los

derechos y principios del presente Título no supondrán una alteración del régimen de distribución de competencias” (art. 37.4 EAC), quindi la Catalogna

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