CAPITOLO III Profili processual
5. Profili patologici: la revoca della misura
L’art. 54 O.P. prevede una espressa ipotesi di revoca della liberazione anticipata, ovverosia la condannata per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio.
L’art 47 comma 12 bis O.P., estende espressamente tale ipotesi di revoca nel caso di riduzione di pena all’affidato in prova al servizio sociale.
Si deve correttamente ritenere che , la revoca a seguito di condanna per delitto non colposo, travolga non la somma dei benefici via via conseguiti, bensì solo quello cui si riferisce il provvedimento di concessione della misura che sia stata revocata. La soluzione contraria non risulta coerente con la finalità incentivante della liberazione anticipata, connotandola, al contrario, come un beneficio finale di ratifica dei risultati del trattamento157.
Si deve distinguere l’istituto della revoca nel caso di liberazione anticipata e nel caso delle altre misure alternative: in questi ultimi casi, essa assume un ruolo non tanto punitivo, bensì di verifica dei risultati conseguiti, che hanno rivelato come i progressi del soggetto siano insufficienti, smentendo il giudizio prognostico fatto in sede di concessione.
La revoca nella libertà anticipata, invece, non risponde a tali finalità, ma agisce da condizione risolutiva, apposta in funzione di esortazione a persistere nella scelta che, dal tempo entrato in valutazione, si estende al corso della successiva prosecuzione dell’esecuzione. la logica è legata ad un’esigenza di responsabilizzazione dell’interessato che, se viola il patto, gli viene revocato quanto gli è stato concesso.
La sussistenza di una sentenza di condanna irrevocabile, la cui efficacia è attribuita al decreto penale di condanna irrevocabile, opera come una presunzione iuris et de iure con riguardo alla prova della violazione.
Due precisazioni si rendono necessarie: per delitto non colposo, si intende un delitto volontario punibile, non devono quindi ricorrere cause di giustificazione, in quanto, solo in detta ipotesi si ha la certezza della volontà di adottare una condotta contraria alle regole della società civile; mentre l’espressione utilizzata dal legislatore “nel corso dell’esecuzione”, fa riferimento alla pendenza di un rapporto esecutivo, anche se sospeso, o in esecuzione attraverso una misura alternativa.
Inoltre, la Corte suprema ha in più occasioni precisato come la revoca della detrazione di pena, riguarda l’intero arco temporale di espiazione di pena, e non certo un asola parte della stessa, come il semestre nell’arco del quale è stato commesso il delitto non colposo; ciò in quanto, il semestre è utilizzato come unità di misura a cui riferire i 45 giorni di riduzione; d’altro canto, continua la Corte, la commissione di un delitto non colposo rappresenta il
venir meno, da parte del condannato, all’opera di rieducazione che aveva indotto il tribunale di sorveglianza a concedere il beneficio158.
È invece indifferente in momento in cui interviene la irrevocabilità della sentenza di condanna, potendo ben essere questa pronunciata anche dopo la scadenza del termine finale della pena, quando il condannato è stato liberato159. Il corollario è che il soggetto dovrà essere riarrestato per l’0espiazione di una pena di durata pari alla durata della liberazione anticipata concessa.
L’art. 54 3° comma O.P., è stato oggetto di un’importante sentenza della Corte costituzionale, sotto il profilo dell’automatismo della revoca.
La questione di legittimità costituzionale fu sollevata dal tribunale di sorveglianza di Firenze, il quale obiettò come, sussistendo l’automatismo, non si dava la possibilità al giudice di valutare la partecipazione all’opera di rieducazione, nel corso dell’esecuzione successiva alla concessione del beneficio, provocando così, una ingiustificata disparità di trattamento, rispetto alle analoghe fattispecie disciplinanti i benefici penitenziari; essendo pure idonea a provocare una difformità di giudizi secondo il momento nel quale l’abbuono è deciso, rispetto alla condanna per il nuovo delitto. A ciò, il giudice rimettente, aggiungeva come dall’automatismo della revoca potevano scaturire ulteriori effetti deleteri a cascata, per la possibilità che alla revoca conseguisse quella delle misure alternative già concesse, per il venire della
158 Cass. Sez I, 1 marzo 1998, in Cass.pen. 1989, pag. 473.
condizione temporale per l’ammissione. Inoltre il corollario per cui, se la sentenza fosse intervenuta dopo la scarcerazione del soggetto, comportava una nuova carcerazione, provocava una interruzione del processo di reinserimento160.
La Corte costituzionale, in linea con le critiche da parte del giudice a quo, dichiarò la parziale illegittimità costituzionale del 3° comma dell’art. 54 O.P., nella parte in cui prevedeva la revoca automatica della liberazione anticipata già concessa, in caso di commissione, in corso di esecuzione, di un delitto non colposo, anziché prevedere siffatta revoca se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subìta, appare incompatibile col mantenimento del beneficio.
La censura della Consulta, si incentra sulla indifferenza della disposizione sotto il profilo della finalità di rieducazione della pena, cui anche la liberazione anticipata è deputata; una scelta legislative che esclude un minimo apprezzamento da parte del giudice in ordine alla compatibilità o meno degli effetti che scaturiscono dalla liberazione anticipata con l’intervenuta condanna, lascia presupporre che, attraverso un meccanismo meramente sanzionatorio, il legislatore abbia inteso assicurare solo la buona condotta, relegando l’essenza dell’istituto, ovverosia la funzione di impulso e di stimolo ad una efficace collaborazione.
160 Corte cost. 23 maggio 1995, n. 186, con nota di Maiorano, In tema di revoca automatica della liberazione anticipata, in Cass.pen. 1995, pag. 2771 ss.
In forza di tale decisione, la revoca della liberazione anticipata, non opera più in seguito alla intervenuta irrevocabilità della sentenza di condanna, ma anche dalla congiunta valutazione della condotta del soggetto che porta a rilevare la mancanza di ravvedimento e, quindi, del non meritato anticipato rientro nella vita sociale161.
La decisione della Corte costituzionale, non sembra in linea con i proposito del legislatore, il quale aveva previsto la revoca della liberazione anticipata a garanzia della serietà dello scambio, ancorando l’impegno del beneficiario al mantenimento della condotta, ritenuta meritevole del premio.
Così come alla base del provvedimento di concessione, vi è un comportamento fattuale he deve essere valutato come tale, il legislatore ha specularmente previsto lo stesso puro accertamento fattuale, una presa d’atto, nel momento patologico. Parte della dottrina sottolinea come, in seguito alla decisione della Corte, venga vanificata lo spirito della norma, ovverosia quello di sollecitare la partecipazione del condannato all’esecuzione, con la concessione di premi a breve tempo162.
La consulta sembra tradire quello che essa stessa ha adottato come filo conduttore in tema di revoca, ossia che la stessa può aversi solo di fronte al venir meno dei presupposti in base ai quali è stata concessa la misura163.
161 Corte cost. 23 dicembre 1998, n. 418, in Cass.pen. 1999, pag. 1088.
162 Vedi Margaritelli, I limiti applicativi della liberazione anticipata, cit., pag. 2517.
163 Vedi Oliva, L’incostituzionalità della revoca automatica delle riduzioni di pena: un nuovo contributo alla valorizzazione del principio del finalismo rieducativo, in Legis.pen. 1996, pag. 268.
Se non sussistono dubbi in ordine alla efficacia risolutiva del decreto penale di condanna, equiparato, pertanto, alla sentenza irrevocabile di condanna prevista dall’art 54 co. 3°, dottrina e giurisprudenza si sono interrogate, sulla possibilità che anche la sentenza di patteggiamento, comportando una implicita ammissione di responsabilità da parte dell’imputato, potesse essere condizione per applicare la revoca.
L’iniziale orientamento della Corte di cassazione, che optava per una risposta affermativa, è stato oggetto di un vero e proprio revirement.
La sentenza di svolta è quella della sezione I, datata 4 dicembre 1999, in cui si precisa come nell’art. 444 c.p.p., non sono presenti quegli elementi richiesti per la revoca della liberazione anticipata, ossia un accertamento pieno ed integrale del fatto di reato, della riferibilità oggettiva dello stesso al reo, nonché della declaratoria penale di responsabilità.
Tale orientamento non è condiviso da chi mette in luce come, non è per niente scontato che l’applicazione di pena patteggiata non comporti una implicita ammissione di colpevolezza dell’imputato, né che la pronuncia non contenga un accertamento pieno, neppure, infine che la pronuncia di patteggiamento non sia equiparabile alle altre sentenza di condanna.
Sviluppando i punti di critica, si a notare come intanto, le sezioni unite dalla corte di cassazioni, in altre occasioni, hanno letto la equiparazione operata dall’art. 445 c.p.p, ad una pronuncia di condanna, salve diverse disposizioni di legge, nel senso che ciò impone un lavoro ermeneutico volto
all’individuazione degli elementi entro i quali sia consentita una tale equiparazione, con conseguente estensione degli effetti; la stessa corte stabilisce che, nella pronuncia di patteggiamento, manca l’accertamento della responsabilità; pertanto, l’equiparazione sotto questo aspetto, si avrà in tutti i casi in cui non sia necessario un accertamento pieno, ma si richieda il più modesto presupposto dell’applicazione della sanzione penale in corrispondenza di un fatto reato.
Per quanto riguarda, poi, l’assunto per cui la scelta di patteggiare non implicherebbe una ammissione di colpevolezza, non si può non notare come , una tale costruzione non possa essere avvallata alla luce dell’art. 27 Cost., sotto il profilo della presunzione di innocenza, con la conseguente necessità che la colpevolezza debba essere sempre accertata e provata ciò deve valere anche per la pronuncia di patteggiamento per cui il giudice comunque, dovrà acquisire un minimo di certezza in ordine alla responsabilità dell’imputato: lo Stato, con l’art.444 c.p.p., non rinuncia certo ad accertare la responsabilità per il fatto di reato,, semplicemente, offre all’imputato dei vantaggi derivanti dall’affermazione implicita della colpevolezza, non accontentandosi, peraltro della sola affermazione, ma comportando, per il giudice del patteggiamento, una valutazione sulla congruità della pena, secondo i parametri di cui all’art. 133 c.p.p., che necessariamente tocca aspetti relativi all’accertamento del fatto di reato.
Alla luce di queste considerazioni, si dovrebbe approdare alla soluzione contraria a quella prospettata dalla corte di cassazione, soprattutto anche in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale, che rende libero il tribunale di sorveglianza dai condizionamenti del giudicato penale. Ma vi è di più: una lettura che escluda la pronuncia di patteggiamento dall’ambito di applicazione dell’art 54 3° comma in tema di revoca, rischia di suscitare forti dubbi di legittimità costituzionale in relazione all’art. 3 Cost che si prospetterebbe nella situazione in cui, a parità di cause, dei due soggetti beneficianti della riduzione di pena, l’uno, condannato con sentenza di condanna rischi la revoca, mentre l’altro che ha scelto di utilizzare il rito dell’applicazione di pena su richiesta di parte; godrebbe di una preclusione alla revoca164.
Per terminare l’analisi dei profili patologici, resta da analizzare l’ipotesi di revoca nel caso di cui all’art. 47 comma 12 bis O.P., e nel caso di cui all’art. 4
bis O.P..
Con riguardo al primo punto, particolari problemi si pongono nel caso in cui le ragioni della revoca si intrecciano con quelle dell’affidamento in prova. Si deve distinguere tra l’ipotesi in cui la revoca della riduzione di pena interviene nel corso dell’affidamento e l’ipotesi contraria. In quest’ultimo caso, si realizza una ipotesi molto vicina alla revoca della liberazione anticipata, semplicemente il tribunale dovrà tenere conto della diversità di prestazioni richieste come contropartita.
164 Vedi ampiamente F.Fiorentin, La revoca della liberazione anticipata in relazione alla sentenza di patteggiamento, inserito in Diritto&Diritti nl luglio 2004.
Nel caso di condanna per delitto non colposo commesso in corso di esecuzione che prosegue nelle forme dell’affidamento, invece, la condotta antigiuridica rileva sia ai fini della riduzione di pena, sia ai fini dell’affidamento stesso. Dovendo giudicare un medesimo fatto in relazione a due distinti istituti, il tribunale dovrà dare preminenza al giudizio di revoca dell’affidamento che, importando un mancato riconoscimento come pena espiata, di tutto o parte del tempo trascorso nell’esecuzione secondo questa misura, travolgerà anche l’abbuono, ai fini del quale non si potrà tenere conto del periodo in affidamento su cui è intervenuta la revoca165.
Per quanto riguarda infine, i delitti di cui all’art. 4 bis, è stata riscontrata nell’art 15 comma 2°, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito i legge 7 agosto 1992, n. 356, una ipotesi speciale di revoca della liberazione anticipata.
Il 2° comma art. 15, prevede la revoca delle misure alternative, del lavoro all’esterno e dei permessi premio se manca il requisito della collaborazione ex art. 58 ter O.P..
Ad oggi, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che ciò non travolga le riduzioni di pena, vista l’esclusione della liberazione anticipata dal comma 1° art.4 bis. Infatti, le ragioni giustificative della revoca sono riferite all’accertata assenza di un presupposto essenziale per le misure alternative, ma non per la liberazione anticipata.
Una tale conclusione è avvallata da una contestualizzazione della norma, che ci fa comprendere la ratio che ha portato alla costruzione dell’art. 15 d.l.
306/1992: in un momento di aperto attacco allo Stato da parte della criminalità organizzata, si ritenne opportuno restituire alla detenzione carceraria i soggetti che ammessi a fruire di misure alternative, dimostravano di aver ancora collegamenti attuali con l’associazione mafiosa166.