Analisi della fattispecie
3. Il semestre di pena scontata: unità di misura per la riduzione di pena
La scelta da parte del legislatore, di utilizzare come unità di misura il semestre, è in linea con i risultati dell’analisi psico- pedagogica, che registra maggiori risultati nel breve periodo, sicchè l’incentivo è più attendibile, così come maggiormente attendibile è il giudizio sulla condotta da valutare.
In base a questa impostazione, ne discende che non è possibile frazionare il premio proporzionalmente ad una espiazione di pena pari od inferiore ai sei mesi di arresto o di reclusione.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata con riferimento a quest’ultima ipotesi ritenendosi violato l’art. 3 Cost. stante la irragionevole disparità di trattamento tra condannati a seconda della coincidenza della pena da espiare con l’unità di misura temporale, semestre e suoi multipli.
La corte costituzionale, analizza il profilo richiamando la ratio dell’art.54 O.P.: un beneficio che persegue la finalità di un più efficace reinserimento del condannato nella società; per far ciò si richiede che il condannato << abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione>>. A questi fini il
legislatore ha fissato come periodo entro il quale è possibile fare una valutazione, sei mesi; l’infondatezza della questione deriva allora dal fatto che per i condannati a pene detentive pari od inferiori a sei mesi, non è possibile operare una valutazione sul presupposto per la concessione della liberazione anticipata 72. Anche per quanto riguarda la soglia semestrale, la Consulta, richiamando alcune pronunce della Cassazione, appoggia la scelta del legislatore ritenendo che la previsione di un periodo inferiore, inciderebbe sull’osservazione e sull’attendibilità del giudizio. Pur concordando con i principi esposti in questa sentenza, non manca chi ha sollevato qualche perplessità nel caso in cui tale logica debba applicarsi nei casi di carcerazione continua di maggiore durata del semestre o di un suo multiplo. Se è vero che una giustificazione esiste nel caso in cui si passi da un giudizio positivo ad uno negativo, nessuna logica esiste quando invece il giudizio continua ad essere positivo nella mancata possibilità di una riduzione di pena proporzionata ad un periodo di tempo73.
In tema di unità di misura per la concessione del premio, una questione assai dibattuta in dottrina e giurisprudenza riguarda la possibilità di una valutazione globale o frazionata della pena. Fin dall’emanazione della legge sull’ordinamento penitenziario, due tesi si sono contese il primato: la tesi c.d. atomistica, a cui si è informata la riforma Gozzini, e quella c.d. unitaria.
72 Corte cost. sent. 16 maggio 1983, n. 137, al punto 4 del considerato in diritto; In Cass.pen. 1983,
pag. 1728. La Corte precisa che in una visione globale, i condannati che a causa della brevità della pena non usufruiscono della liberazione anticipata, vedono controbilanciata questa esclusione con altre previsioni, quali l’art. 50, 1° co. in tema di semilibertà; oppure la possibilità di fruire di una sanzione sostitutiva ex l. 24 novembre 1981,n. 689.
A sostegno della prima, le sezioni dapprima e i tribunali di sorveglianza poi, hanno adottato il sistema di una valutazione frazionata, prendendo in considerazione cioè i singoli semestri di pena espiata dal condannato, addirittura introducendo la possibilità di operare accoglimenti/rigetti parziali nei confronti di vari periodi sottoposti al loro esame.
Per contro, la giurisprudenza di legittimità si attesta fin dall’origine su una posizione inamovibile, a favore, senza dubbi, della tesi unitaria; a favore di una valutazione globale dell’intero arco di detenzione. Esplicativa la sentenza della Corte di cassazione, 5 aprile 1977, sez I, la prima che si riferisce a questo tema fondamentale, che dimostra di non aver colto la reale portata dell’istituto. I giudici riconoscono che si debba interpretare l’art.54 O.P. alla luce dei princìpi informatori dell’ordinamento penitenziario, ma poi dimostrano di non aver saputo adeguatamente ricavarli. La necessità di operare un valutazione globale deriva dal fatto che <<il trattamento penitenziario, quale strumento
dell’opera di rieducazione, sebbene articolato nel tempo e sottoposto a vagli periodici, si presenta come un unicum inscindibile diretto al reinserimento nella società>>. La riduzione di pena rientra, nella sua disciplina, tra i criteri
del trattamento individualizzato; perciò essa può essere concessa solo se il condannato, partecipando all’opera rieducativa, abbia dimostrato di aver acquisito una rieducazione tale da giustificare il reinserimento nella società: il tutto in base ad un giudizio globale dove non può trovare posto una concezione atomistica che finirebbe per rendere l’opera rieducativa una serie
di compartimenti stagni, facendo perdere di vista il risultato finale, sintesi dell’intero trattamento. La corte sembra così confondere l’unicità concettuale del trattamento con una sua inscindibilità in fasi. Viene snaturata anche la natura di un istituto come quello in esame, che non è configurabile affatto come beneficio finale, bensì come uno strumento disciplinare volto a creare influenza positive sulla personalità del condannato74. La prospettiva valutativa globale viene smentita, non solo dalla relazione ministeriale al disegno di legge precursore della l. 354/1975, ma anche dall’analisi psico-pedagogica che ha dimostrato come il condannato risponda meglio agli incentivi nel breve periodo75. La dottrina ha sin da subito sollevato una serie di obiezioni tecnico – giuridiche che poi hanno portato la giurisprudenza di legittimità a mutare orientamento. In primo luogo si è fatto notare come partecipazione all’opera di rieducazione non significasse affatto sicuro ravvedimento, presupposto questo, richiesto ai fini della concessione della liberazione condizionale; il presupposto per la concessione della liberazione anticipata attiene infatti, ad una attività esteriore, a contenuto squisitamente fattuale76, che prescinde da una valutazione in ordine all’atteggiamento interiore e mira a premiare periodi di condotta positiva al fine di favorire la loro evoluzione in un comportamento abituale. Ai fini dell’applicazione dell’art. 54 O.P., non interessa tanto il mutamento delle abitudini di vita, tale da dare certezza di un possibile reinserimento e tale da giustificare una valutazione globale del
74 Cfr. G. Di Gennaro, Riduzione di pena e liberazione anticipata, in Giust.Pen., III, 1977, pag. 602. 75 Vedi retro, pag. 31.
comportamento. Un’altra lancia a favore della concezione atomistica si trova nel regolamento di attuazione della legge penitenziaria; il riferimento va in
primis all’art. 26 Reg.esec., il quale prevede la disposizione di una cartella
personale per ogni detenuto, nella quale devono essere annotate le riduzioni di pena ex art. 54 O.P., in base al giudizio espresso dalla direzione sugli elementi indicati nel co. 2° art. 103 Reg. “Allo scadere di ogni semestre di custodia
cautelare e di pena detentiva” ; emerge, dal dato letterale della norma, il
riferimento all’arco temporale semestrale in modo autonomo e scindibile dall’intero periodo di esecuzione.
Sempre nel regolamento di esecuzione, si possono trarre ulteriori conferme della validità di una valutazione frazionata. L’art. 76 Reg.es. rubricato “Ricompense”. In detta norma si prevede la concessione di una serie di benefici al detenuto che abbia dimostrato un particolare impegno nello svolgimento del lavoro, nei corsi scolastici, nell’offrire aiuto e sostegno ad altri detenuti etc…Tra le ricompense previste, al comma 2° lett. b, si fa menzione della liberazione anticipata, concessa dal gruppo di disciplina sentito il gruppo di osservazione. La logica qui è che in presenza di comportamenti che sintomatologicamente sono quelli che meglio evidenziano una particolare attitudine e disponibilità del soggetto verso l’opera rieducativa, vengono concessi dei benefici, che pertanto svolgono un ruolo di incentivo ad un’adesione e collaborazione al programma di risocializzazione. Ruolo di incentivo che, nel caso della liberazione anticipata, perderebbe efficacia se si
ritenesse, come riteneva ab initio la suprema corte, che la riduzione debba essere concessa alla fine della detenzione77.
Nonostante i forti dati normativi che hanno dimostrato la volontà del legislatore di adottare una tecnica frazionata di valutazione dei semestri, prova della visione dell’istituto come un mezzo disciplinare, e non come un beneficio finale, la Corte di cassazione ha optato, quindi, per una tesi unitaria, ponendo come unica eccezione il caso in cui vengano esaminati periodi distinti di detenzione intervallati da interruzioni a causa di riacquisto della libertà78. Si registra una sola pronuncia, che cerca di attenuare un atteggiamento globalizzante. Trattasi della sentenza della Corte di cassazione, 14 febbraio 1978, in cui si legge che la riduzione di pena << non costituisce
un premio tale che possa concedersi solo quando l’interessato sia in condizione di riacquistare la libertà(…), ma rappresenta, al contrario, una misura interna all’esecuzione della pena, intesa a suscitare l’adesione del condannato all’opera di rieducazione e che, pertanto, può essere adottata, quando ne ricorrono i presupposti, in ogni tempo>>.
La parte minoritaria della dottrina che ha avvallato l’orientamento unitario giurisprudenziale, ha sottolineato come esso corrisponda alla logica esigenza, tale per cui, ai fini della valutazione della partecipazione del condannato all’opera rieducativa, sia assolutamente necessario far riferimento al suo comportamento interamente considerato; una valutazione per singoli semestri
77 Vedi M.Pavarini, Lo scambio penitenziario, manifesto e latente nella flessibilità della pena in fase esecutiva, Bologna, 1996, pag.156 ss.
finirebbe per autoridursi in una “nota in condotta” riferita alla sola buona condotta, intesa come comportamento formalmente rispettoso dell’apparato amministrativo del carcere. Infine, effettuare una valutazione molto tempo prima della liberazione, significherebbe non valorizzare l’istituto come mezzo del trattamento, bensì risolverlo come misura indulgenziale. Potrebbe, inoltre, verificarsi l’inconveniente che uno stesso soggetto potrebbe fruire della riduzione per un semestre e non per quello successivo, dimostrando così incertezza del comportamento da parte delle autorità, che di certo non servirebbe a sollecitare l’opera rieducativa79.
La vera motivazione su cui si fondava la convinzione della Corte di cassazione, si può cogliere solo leggendo la sentenza n. 1161 del 1981. Qui la Corte, esplicitamente afferma che l’essersi attestata sulla posizione unitaria, non derivava da una scelta ragionata del collegio, quanto piuttosto dal momento temporale in cui essa era dovuta intervenire in materia di liberazione anticipata. In particolare, all’inizio, le sezioni di sorveglianza, in relazione alle richieste di riduzione di pena, dovettero necessariamente prendere in considerazione periodi di tempo decorrenti dall’inizio della detenzione alla data del provvedimento e comprendenti più semestri la maggior parte dei quali risalenti ad un’epoca anteriore alla entrata in vigore della legge in modo tale che la valutazione del comportamento non poté che finale ed espressa globalmente, sebbene in base ai dati acquisiti nei singoli semestri, durante i quali si era sviluppato il trattamento senza soluzioni di
continuità. Una volta compresa la reale ragion d’essere di un simile orientamento, si può giungere alla conclusione che la Corte, in realtà, non si lamentava tanto di una visione frazionata, quanto piuttosto di una sua rigida applicazione semestralizzata. La scansione semestrale, ha chiarito la Corte, serve solo al fine di determinare lo scomputo dei giorni e non come limite temporale all’interno del quale debba venire ad esistenza il giudizio sulla opportunità di concessione del premio; non escludendosi, peraltro, che nella concretezza dei fatti, si possa ritenere congruo l’arco temporale semestrale per esprimere fondatamente tale giudizio. in sostanza, quello che si voleva sottolineare, era che se nel concreto è possibile che in un semestre si possa valutare, ciò non deve necessariamente corrispondere.
La discrasia di orientamenti tra giurisprudenza di legittimità da un lato, e dottrina e giurisprudenza di merito dall’altro, è stata risolta dalla riforma Gozzini, a favore della concezione atomistica dell’istituto. In particolare, viene modificata la locuzione “ciascun semestre”, trasformata in “ogni singolo semestre”80 ; viene inoltre, introdotto l’inciso “quale riconoscimento di tale partecipazione”, interpretato come volontà esplicita del legislatore di sottolineare la ratio della riduzione di pena: un istituto squisitamente premiale, che prescinde da una concreta rieducazione del reo, avendo essenzialmente di mira la sua partecipazione all’opera rieducativo. Non conta il risultato finale, bensì i singoli passaggi.
80 Non manca chi, nonostante la locuzione utilizzata dal legislatore della riforma, sostiene che il fatto
di ammettere una valutazione frazionata, non incida sui tempi in cui tale valutazione debba avvenire, ovverosia alla fine della carcerazione ed in procinto di applicazione del beneficio.
Tuttavia, nonostante la presa di posizione del legislatore, e le argomentazioni forti della dottrina maggioritaria, all’indomani dell’avvenuta riforma, la Suprema Corte, sembrava non aver cambiato opinione. Solo a tre anni dalla modifica, la cassazione con sentenza 15 marzo 1989, n. 701 ha ribaltato il suo costante orientamento optando incondizionatamente a favore della valutazione frazionata dei semestri di pena. In detta pronuncia, si richiamano le argomentazioni tecnico – giuridiche della dottrina, pur non disconoscendo l’orientamento appena superato, bensì precisando come il nuovo riferimento testuale ad “ogni singolo semestre”, è un chiaro sintomo della volontà << di
porre l’accento sul semestre come parametro di valutazione, donde la logica conseguenza di un diverso giudizio, in relazione all’effettiva partecipazione del condannato durante i singoli semestri>>; inoltre, secondo la Corte,
<<Una semestralizzazione della liberazione anticipata appare più idonea a
consentire la volontaria partecipazione del condannato all’opera di rieducazione, mediante il tangibile riconoscimento di risultati concreti della condotta custodiale, esaminati ed analizzati in a breve lasso di tempo>>.
L’abbandono di una concezione unitaria, sta alla base di una nuova visione della natura della liberazione anticipata, non come beneficio finale, bensì come incentivo ad una collaborazione con i riflessi indiretti che porta all’interno dell’istituto penitenziario; sicuramente una valutazione frazionata appare più consona all’interpretazione teleologica dell’istituto81.
Testimone del mutato atteggiamento è stata anche la giurisprudenza costituzionale, che fin dalla sentenza 31 maggio 1990, n.276, ha immediatamente ed incondizionatamente appoggiato la nuova prospettiva. Nella sentenza in commento, la consulta si è trovata a decidere sulla fondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata con due diverse ordinanze, dal Tribunale di sorveglianza di Roma, dell’art. 54 O.P. per incompatibilità dell’interpretazione datane dalla Corte di cassazione rispetto ai parametri di cui agli artt. 3 e 27 ult.co. Cost.. Nella specie, il tribunale, in considerazione delle condotte dei detenuti, per nulla partecipative in un primo periodo di detenzione, mentre, attraverso una zona temporanea di incertezze, molto coinvolte in un secondo periodo, aveva respinto l’istanza di liberazione anticipata per la prima fase, accogliendola per i restanti semestri. A quel punto, i difensori dei detenuti hanno proposto ricorso in Cassazione che veniva accolto in virtù del principio di globalità della valutazione. Il tribunale di sorveglianza, allora ha rimesso la questione alla Corte costituzionale, ravvisando una confliggente interpretazione coi i parametri invocati.
La Consulta, pronuncia una sentenza interpretativa di rigetto, analizzando e confutando punto per punto le teorie della cassazione82, ed affermando che anche allorquando la valutazione si verifichi in un momento finale della detenzione, essa debba essere sempre riferita ai singoli semestri di pena espiata, senza che un giudizio negativo rispetto ad un semestre, travolga anche
82 Peraltro, nelle more del procedimento dinanzi alla Corte costituzionale, la Cassazione ha
quelli in cui le condizioni ex art.54 O.P. si siano verificate. Viene definitivamente messo a tacere l’orientamento giurisprudenziale per cui la liberazione anticipata sarebbe preordinata all’istituto della liberazione condizionale, in quanto << è proprio la natura stessa dei due istituti che
esclude ogni idea di preordinazione, dato che – come si è visto – nella liberazione anticipata ciò che conta, ai fini del riconoscimento, è la partecipazione del condannato detenuto all’opera rieducativa: la quale potrebbe anche non attingere quel sicuro ravvedimento che invece esige l’art. 176 c.p. per la concessione della liberazione condizionale. E, tuttavia, la detrazione di pena dovrebbe essere concessa per il solo fatto di riconoscimento di quella partecipazione>>.
Quello che viene in considerazione è la natura della riduzione di pena, un mezzo del trattamento, non un beneficio finale tendente alla risocializzazione., pertanto, il giudizio che l’autorità giurisdizionale deve formare, riguarda l’adesione del condannato ad un processo rieducativo in itinere.
Osserva inoltre la Corte, che se si dovesse relegare al momento finale della detenzione la valutazione ex art.54 O.P., si distorcerebbe l’efficacia di mezzo trattamentale in quanto verrebbe meno ogni incentivo psicologico. Inoltre verrebbero penalizzati coloro che << fin dall’inizio avevano messo a
disposizione tutta la loro buona volontà: e ciò a causa della possibilità che una cattiva prova finale, per qualsiasi motivo verificatisi, abbia a vanificare anni di sforzi compiuti semestre per semestre, e viceversa una furbesca
condotta di adesione all’ultima fase abbia ingiustamente a premiare, per l’intera durata della pena, colui che per anni si era mostrato refrattario ad ogni partecipazione>>.
D’altra parte, i pericoli connessi alla concessione del beneficio all’inizio della detenzione, dovuti alla scarsità di elementi che fondino un giudizio quanto più obiettivo possibile, sono fugati dalla possibilità di revoca del beneficio, ex art. 54 co.3° O.P.83.
Non manca chi , come Maiorano, sottolinea come possa destare qualche perplessità anche l’interpretazione giurisprudenziale che, estremizza una visione frazionata della pena, ammettendo che si possa accogliere l’istanza di concessione da parte del detenuto che, eccetto l’ultimo periodo, abbia mostrato sempre un atteggiamento negativo nei confronti dell’opera di rieducazione; oppure, viceversa rigettando la domanda solo per un semestre, inficiato da fatti di rilevanza disciplinare, ed accogliendo nel resto la domanda relativa a periodi immediatamente precedenti o successivi. <<Tale operazione
<<chirurgica>> non merita apprezzamento perché si traduce in un inammissibile giudizio a compartimenti stagni>>.
La Corte di cassazione ha dimostrato di non adottare una lettura così formale e semplicistica, escludendo, in talune pronunce, la legittimità e l’indispensabilità del giudizio sulla incidenza, nel semestre che ha preso in considerazione, delle condotte tenute dal condannato in altri semestri specie se immediatamente antecedenti o successivi. Si è registrata una elasticità giurisprudenziale, che,
nonostante l’approccio atomistico all’istituto della liberazione anticipata, si è rivelato sensibilmente attento alla realtà psico-criminologica.84
Per concludere sull’argomento relativo alla c.d. semestralizzazione della pena, occorrono due specificazioni. Innanzitutto, sulla base della medesima ideologia di fondo, ad oggi possiamo registrare due orientamenti distinti: quello che privilegia la valutazione autonoma di singoli semestri, ammettendo che possano aversi giudizi opposti da periodo a periodo85; quello che, pur ritenendosi la necessità di formulare un giudizio sulla partecipazione in modo frazionato per semestri, sottolinea però, come non si possa non tenere conto dei fatti ostativi accaduti nelle immediate vicinanze cronologiche; in merito la Cassazione ha avuto occasione di affermare che, qualora i fatti negativi siano posti in essere nel semestre successivo, è potere del giudice ritenere tali fatti dimostrativi della mancata partecipazione, riferita anche al semestre in questione86.
Infine, prima di chiudere il discorso, si deve accennare al problema della sommatoria di più periodi di espiazione. Come affermato in giurisprudenza, il semestre non è una finzione giuridica, ai fini di individuare una unità di misura, ma rappresenta il limite temporale minimo, indispensabile per la formulazione di un giudizio sulla partecipazione all’opera rieducativa da parte del condannato, non congruamente esprimibile se rapportato a spezzoni di
84 Cfr.ad es. Cass., 28 giugno 1990, Spiteri, in Cass.pen. 1992, pag.162. 85 Vedi ad es. Cass., 12 marzo 1993, in Cass.pen. 1994, pag. 1356.
86 Tuttavia, precisa la Corte, ai fini della legittimità del diniego, è necessario che la questione venga