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Capitolo 1 Organizzazioni Internazionali e discorsi ufficiali attorno al lavoro

1.5 La situazione in Perù: tra la norma e la sua applicazione

1.5.1 Tra il dire e il fare: analisi delle politiche

Vorrei proseguire riflettendo sull’aspetto pratico di queste normative che in Perù vengono rese effettive attraverso il Piano Nazionale di Azione per l’Infanzia e l’Adolescenza (PNAIA), strumento che orienta l’intervento dello Stato e della società civile e che viene stabilito con regolarità decennale; quello attuale è stato approvato nel 2012 e avrà validità fino al 202124. In particolare analizzerò le due realtà pubbliche25 con le quali sono entrata in contatto nel distretto di Cusco e che sono la DEMUNA (ufficio municipale per la difesa dei bambini e adolescenti) e il Programma Yachay, che

24 Il PNAIA è consultabile al link http://www.unicef.org/peru/spanish/PNAIA2012-2021.pdf (ultimo accesso dicembre

2013)

25 Che definisco così in quanto gestite dallo Stato, in contrapposizione all’attività delle ONG che saranno oggetto di

37 il governo ha implementato nel tentativo di arginare il problema del lavoro minorile e combattere le situazioni di abuso in generale26.

Durante la mia permanenza in Perù ho avuto l’opportunità di incontrare chi lavora in questi programmi governativi. Nonostante la disponibilità delle persone con cui ho parlato, ci sono sempre delle complicanze da superare quando si ha a che fare con la burocrazia statale, in genere legate a permessi da ottenere da parte di “superiori”. Dopo una decina di telefonate e persino una lettera di presentazione indirizzata al Ministro, con tanto di certificato di iscrizione all’Università da allegare, sono riuscita ad ottenere un colloquio presso la DEMUNA provinciale di Cusco e, in due occasioni, a trascorrere un pomeriggio con alcuni ragazzi che beneficiavano del Programma Yachay, nel Distretto di San Sebastián e in quello di San Jerónimo.

Le DEMUNA, acronimo di Defensoría Municipal del Niño y el Adolescente27, stando alla definizione che ne dà lo stesso Codice dei Bambini e degli Adolescenti, è un servizio di attenzione integrale che funziona presso i governi locali, nelle istituzioni pubbliche, in quelle private e nelle organizzazioni della società civile; il loro obiettivo è quello di diffondere e salvaguardare i diritti che la legislazione riconosce ai bambini e adolescenti, ed è un servizio gratuito (art. 42). Nel suo lavoro sull’attuazione dei diritti dei bambini in Perù, Luttrell-Rowland (2012) indaga sulle origini di questa istituzione, riportando che era già stata formalizzata nella prima versione del Codice, quella del 1992, ma allora non erano previste le infrastrutture burocratiche per supportarle. Fu nel 1993 che la ONG Rädda Barnen propose a diversi dirigenti municipali di introdurre la Convenzione sui Diritti dei Bambini attraverso un progetto pilota che prevedeva la creazione delle DEMUNE. Successivamente, dal 2003, devono essere implementate per legge in tutti i municipi.

Infatti sono ovunque. Basta fare un viaggio in autobus o in taxi per rendersi conto che ogni singolo comune o distretto che si attraversa, nel centro amministrativo, ha un ufficio o almeno una scrivania riservata a questo ente. Non sempre sono aperti, a volte danno proprio la sensazione di essere abbandonati, ma la targhetta istituzionale non manca mai. La DEMUNA che ho visitato io, invece, è la sede centrale della città di Cusco e lo si percepisce già salendo le scale, piene di cartelloni colorati con foto che “pubblicizzano” i servizi e i successi raggiunti da questo ufficio. Mi accoglie il portiere, che non riesce a capire il motivo della mia visita e chiama un’altra signora il cui cartellino, appeso con una molletta alla camicia indica che è responsabile di qualcosa. Spiego che avevo preso un appuntamento per telefono e lei, con lo sguardo smarrito mi comunica che la Dottoressa è impegnata. Non avendo intenzioni di andarmene a mani vuote, dopo più di dieci giorni in cui mi continuavano a

26 Cfr. Plan Nacional de Acción por la Adolescencia y la Infancia 2012-2021 (Perú – Ministerio de la mujer y

Poblaciones Vulnerables) e “La organización estatal para la infancia” in Algunas reflexiones sobre la situación de la niñez en el Perú (UNICEF Perú, Lima, noviembre 2009).

38 dire “richiami domani” (credo nel tentativo di vincermi per stanchezza) ribatto che mi va bene parlare con una persona che lavori nell’ufficio, non deve per forza essere il capo. Mi lancia un’occhiata scoraggiante per sottolineare - nel caso non l’avessi ancora capito - che è infastidita dalla mia presenza perché molto probabilmente dovrà essere lei ad occuparsi di me, sconvolgendo i suoi piani pomeridiani. Mi fa accomodare in una sala d’attesa e mi chiede per l’ennesima volta che cosa “cerco”. Spiego - ancora una volta – i miei interessi e a quale scopo, mi gioco persino una carta mai utilizzata prima d’allora: “un ricerca per l’Università di Venezia – Italia”. Non so bene per quale motivo, forse perché in tutto il Sud America c’è una specie di deferenza per tutto ciò che abbia a che fare con l’Europa, fatto sta che, dopo essere uscita per consultarsi con qualcuno, ritorna e mi fa accomodare nella sala riunioni accanto, dove finalmente iniziamo il colloquio e si presenta: “Corina, sono una dei difensori”.

Mi spiega che quella di Cusco è una delle sezioni provinciali che funzionano meglio, tuttavia molto dipende dalle gestioni municipali, perché non tutti danno la stessa priorità al tema delle defensorias. Inoltre, da quando si sono trasferiti in questa nuova sede l’ufficio lavora molto meglio, ci sono più utenti perché la posizione è più centrale ed è aumentata la richiesta dei loro servizi. Risulta essere tra le più efficienti e la settimana prima della mia visita avevano anche ricevuto un gruppo di quindici persone provenienti da altre DEMUNE per realizzare uno stage formativo e un confronto sui metodi di lavoro. Questo ufficio di difesa per l’infanzia e l’adolescenza nasce per costituire un punto di riferimento per le segnalazioni di ragazzi in situazione di vulnerabilità e vigilare sul rispetto dei loro diritti. Le attività sono guidate da una procedura ben precisa, denominata “percorso di assistenza”, che prevede tre o quattro passaggi, a seconda dei casi: ammissione, cioè la presa in carico della situazione denunciata; derivazione psicologica e, qualora fosse richiesto dal caso, assistenza dell’area legale o dell’ufficio difensore.

Chiedo quali sono i motivi per i quali si ricorre maggiormente alla DEMUNA e la mia interlocutrice ammette - confermando così ciò che anche Luttrell-Rowland suggerisce - che nonostante l’ampia definizione data dal Codice, i motivi per cui ci si rivolge (la maggior parte delle volte lo fa la madre) alla defensorìa principalmente sono tre: per assicurare cibo e sostegno ai bambini, per stabilire i regimi delle visite e per risolvere questioni legate alla custodia dei figli:

quello che trattiamo di più sono casi di alimenti, di genitori che si separano e uno non dà ai figli ciò che spetta loro…allora noi cerchiamo di mediare e di arrivare ad un accordo, ma se questo accordo non viene rispettato si passa all’istanza giudiziale, o si deriva il caso all’area legale…se si risolve, il caso è chiuso.

˗ Chi segnala generalmente i casi?

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˗ E nel caso dei bambini, quali sono i tipi di denuncia?

Principalmente casi di violenza, “la maestra mi maltratta”, “a casa mi picchiano”...ma non sono molti i casi.

La DEMUNA realizza, inoltre, su richiesta, attività di sensibilizzazione nelle scuole, con il Municipio e altre istituzioni, per far conoscere ai ragazzi i loro diritti. Mentre mi spiegava questa attività, Corina aggiunse un commento che mi lasciò un po’ titubante: “oggi i ragazzi sono ben coscienti di quali sono i loro diritti e contestano qualsiasi cosa ai loro genitori”, accusandoli quasi di metterli in discussioni con frasi tipo “no, perché io ho diritto a…”, “va contro i miei diritti”. Per questo motivo, spiega, “adesso lavoriamo non solo sui diritti, ma anche sui doveri”. È sottinteso che ogni diritto comporti anche dei doveri e che vadano insegnati di pari passo, ma la situazione infantile generale non mi è sembrata così rosea, da quello che ho potuto vedere durante la mia permanenza in Perù. Non sto parlando di quei diritti che solitamente vengono considerati, in maniera errata, di “secondo grado” (il tempo libero, la possibilità di giocare, essere rispettati ed ascoltati) all’interno di un sistema familiare di tipo patriarcale, come quello più diffuso nel contesto peruviano; ma del diritto alla salute o ad andare a scuola, diritti che in Perù, ancora oggi, diventa difficile riuscire ad avvalersi. Non bisogna nemmeno tralasciare la notevole differenza tra i bambini che vivono in una grande città come Cusco e quelli che risiedono invece nelle zone interne della sierra o della selva. L’affermazione di Corina può essere presa in considerazione, a patto che sia contestualizzata al primo caso; la presenza di maggiori opportunità e stimoli per i bambini e i ragazzi li rende sicuramente più consapevoli della loro posizione privilegiata, dei diritti di cui godono proprio in tali, tuttavia la situazione reale, anche nel contesto urbano è ancora ben lontana dai parametri ideali fissati dalla Convenzione sui Diritti

dell’Infanzia.

All’ingresso della DEMUNA avevo notato una porta con un cartellino che recitava “appoggio e accompagnamento scolastico”. La difensora mi spiega che si svolgono attività per i figli dei lavoratori del mercato (infatti lo stabile dove si trovano gli uffici della si colloca proprio sopra il mercato stabile di Cruzpata): i bambini arrivano presto e vanno via tardi, danno una mano ai genitori con le vendite; spesso li vedi facendo i compiti nelle bancarelle. Qui sono aiutati e inoltre c’è anche un monitoraggio a scuola, parlano con i maestri e si occupano di procurare i loro documenti, di iscriverli alla assicurazione sanitaria se non ce l’hanno. Corina mi spiega che non si rivolgono nello specifico di bambini lavoratori ma che attraverso attività come questa si cerca di prevenire il lavoro minorile, anche attraverso azioni di sensibilizzazione con i genitori.

Questo delle DEMUNE è forse il dispositivo più diffuso tra quelli messi in opera dal governo centrale nel tentativo di lavorare per e con la popolazione infantile e giovanile e anche le associazioni civili, come quelle da me incontrate, sono unite nel riconoscere che alcune di esse realizzano iniziative

40 socialmente molto interessanti, oltre che rappresentare un punto d’appoggio per le questioni burocratiche, rilascio di documenti e assistenza sanitaria per i bambini e ragazzi. Il tutto è comunque legato a singoli casi, per esempio la DEMUNA di Cusco o quella di Villa El Salvador a Lima mi sono state segnalate tra quelle più efficaci, ma non sempre in tutte le delegazioni chi vi lavora ha una reale conoscenza della tematica infantile e non tutte godono dell’assegnazione di finanziamenti fissi per la realizzazioni di attività di promozione dei diritti. Questa situazione è chiaramente riportata da Pollarolo (2002) che ammette il ruolo decisivo che le Defensorías potrebbero svolgere, in quanto sono molto più accessibili di altri enti come i commissariati e le preture, non solo per ciò che questi ultimi rappresentano ma anche perché le DEMUNE sono capillarmente diffuse. Eppure non è così, ammette l’autrice, perché invece che da professionisti di diverse discipline, come indica la legge, spesso sono costituite da un impiegato del municipio che è stato incaricato di occuparsene senza aver ricevuto prima un minimo di formazione. La DEMUNA, come progetto di politica pubblica ha vinto dei premi e ottenuto riconoscimenti, tanto da essere stato esportato anche in altri paesi della regione (Luttrell-Rowland 2012), eppure sono così poco organizzate che, paradossalmente, si limitano le loro capacità di agire e influire concretamente sulle tematiche dei diritti e dell’infanzia, cioè i motivi principali per cui sono nate.

Un’altra azione del governo è portata avanti dal Programma Nazionale Yachay, la cui applicazione si è recentemente estesa su vasta scala, dopo una iniziale sperimentazione limitata a Lima e Iquitos. Dopo un po’ di andirivieni burocratici ho avuto il permesso di partecipare alle attività realizzate a Cusco, che si svolgono prevalentemente nei mercati, sempre presenti in ogni distretto o quartiere della città. Secondo la descrizione che ne dà il Ministero della Donna e delle Popolazioni Vulnerabile che l’ha creato28, esso si pone lo scopo di ristabilire i diritti dei bambini, delle bambine e degli adolescenti che si trovano in una “situazione di strada”29, per favorirne lo sviluppo integrale. Il programma opera a livello individuale, nella promozione dell’accesso ai diversi servizi di cui ha bisogno la popolazione identificata durante la fase di avvicinamento (educazione, sanità, documenti identità) e nello sviluppo di abilità sociali che permettano loro di evitare le situazioni di rischio o di prendere misure di prevenzione. A livello familiare, opera con la finalità di rinforzare i suoi vincoli affinché il bambino non venga più esposto ai rischi della strada e la famiglia assuma il suo ruolo di protezione. Infine, a livello comunitario, mediante la partecipazione e coinvolgimento dei principali attori sociali si muove affinché essi includano nei loro piani di azioni questa parte di società civile.

28 Pagina web del programma consultabile al link: http://www.mimp.gob.pe/yachay/ (Ultimo accesso dicembre 2013). 29 Si tratta delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, con o senza vincolo familiare, il cui contesto di

socializzazione, parziale o totale, è rappresentato dalla strada. Questo li espone di più alle situazioni di rischio e rende vulnerabili i loro diritti.

41 Durante la prima occasione, guidata da Elena, ho visitato il mercato di San Sebastián; l’appuntamento con “la professoressa”, come la chiamano i bambini e i genitori, era per le 15:30 ma lei arriva solo per le 16:15. Mentre aspetto faccio un giro per il mercato; è come tutti gli altri mercati disseminati per la città: un capannone diviso tra vari settori abarrotes (generi alimentari e bazar), vestiti, frutta e verdura, carni e formaggi e patate. Le patate hanno un settore a sé, sacchi enormi traboccanti di patate dai coloro insoliti; quando ci passo di fianco mi arrivano ad altezza vita. In Perù le specie native, tra quelle “fresche” e quelle disidratate, sono più di mille e rappresentano un ingrediente fondamentale nell’alimentazione. Ogni settore del mercato è a sua volta è diviso in piazzole delimitate da un muretto, quasi sempre a capo delle bancarelle c’è una donna e in giro bambini, tantissimi bambini.

Figura 1. “Sección Papa” – Mercato di San Sebastián

Elena dice di essere in ritardo perché a lei è stata assegnata anche un’altra zona d’intervento, nei pressi di una fornace di mattoni che si trova ancora più in periferia e non sempre riesce e liberarsi in tempo, in più c’è sempre un grande traffico. La prima cosa che fa quando arriva è fare il giro del mercato per chiamare i ragazzi. Io intanto vado col primo arrivato, Victor Raul, al piano di sopra dove si svolgono le attività. Saliamo le scale e… sorpresa: lavorano nel corridoio perché ancora non hanno un locale proprio! “Dobbiamo trovare una sala ad honorem, perché lo stato non ci assegna una sede”, mi spiega Elena. La cosa mi lascia interdetta perché l’edificio dove c’è il mercato è di proprietà del Municipio, di fianco a noi ci sono degli uffici (la maggior parte dei quali chiusi) della “Direzione Tecnica”, “DEMUNA”, ecc. E il Programma non ha una sede.

42 Quel giorno c’erano solo due bambini; oltre a Victor Raul che doveva fare i compiti di matematica, c’era una bambina che doveva fare pratica con la lettura. Si sistemano sulla muretta del balcone, in piedi e fanno i compiti. Dopo un po’ arriva un’altra bambina, accompagnata dalla sorella maggiore che avrà al massimo 18 anni, veste un grembiule e lavora nel mercato, immagino sia la prima volta che viene perché si presenta dicendo “questa è la mia sorellina, per favore avrebbe bisogno di ripetizioni e un aiuto con i compiti, perché a casa non c’è nessuno che possa aiutarla”. La bambina si siede nei gradini della scala e prende i quaderni dallo zainetto, gli appoggia sulle gambe. Dice che fa la terza, il compito è inventare cinque problemi di matematica. Glieli detta la maestra, che scarseggia decisamente di fantasia. La bambina non ha la matita e la maestra gliene presta una che prende dalla sua borsa. Non si separa mai della sua borsa, forse perché, in fin dei conti, siamo in un posto all’aperto, in mezzo al passo; ma in questo modo anche lei dà la sensazione di essere “di passaggio”, pronta a partire. Dopo un po’ arriva un terzo bambino, deve fare le moltiplicazioni, e non ha la penna. La maestra provvede anche per lui. Mentre finisce di dettare i problemini alla bambina compila il registro con i dati dei presenti. Sono le 17, il tempo vola e la professoressa dovrebbe essere già in centro ad un incontro con la responsabile per la consegna della documentazione, ma rimane finché i bambini non hanno finito i compiti.

Appena riesco a parlare con lei mi spiega che viene qui quasi ogni giorno, mattina o pomeriggio a seconda di quando vanno a scuola i bambini, attualmente ci sono trentacinque bambini iscritti al programma, anche se, come si può notare dalle presenze, non tutti vengono con regolarità.

Mentre andiamo via ne approfitto per farle qualche domanda in più e nel mio diario di campo riassumo l’intervista avuta con lei:

Come funziona il contatto?

˗ Parlo con le mamme, le nonne, spiego loro il tipo di lavoro che faccio e le invito a far venire i loro bambini,

la maggior parte non ha problemi…per esempio quella ragazzina è nuova [indicando una ragazzina vestita di rosa che risalta tra i sacchi polverosi di patate], la vedo da un paio di giorni, osservo cosa fa, quante ore lavora…poi andrò a parlare con lei, con la madre, per sapere se è immatricolata, se va a scuola.

Che altri tipi di attività realizzate oltre all’accompagnamento scolastico e le attività ludiche?

˗ C’è anche un accompagnamento familiare, sulle condizioni di vita, laboratori sull’igiene personale per i

ragazzi, li consigliamo in casi di problemi familiari, sulla documentazione…se non hanno il DNI, il certificato di nascita…e poi dell’ambito scolastico, nei casi di ritardo

Nel senso che andate a scuola a parlare con i professori?

˗ Certo, e se incontriamo un ragazzo che non sta andando a scuola cerchiamo un istituto e iniziamo le

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Quindi i ragazzi vanno a scuola la mattina o il pomeriggio e poi lavorano al mercato?

˗ Si, è così…quelli che vanno a scuola al pomeriggio, per esempio, arrivano verso le 8 [al mercato] e

rimangono fino alle 10-11, quando arriva la mamma, che magari era rimasta a casa cucinando o ad occuparsi di altre faccende…quindi rimane ad aiutare alla madre e indossa già l’uniforme allora pranza qui e va direttamente a scuola, entrano all’una…e non resta loro molto tempo per studiare.

I genitori sono contenti delle attività del Programma?

˗ Si, principalmente perché noi offriamo appoggio scolastico e molti di loro non possono o non sanno aiutare

i loro figli con i compiti…allora è una strategia che abbiamo visto funziona per attirare il loro interesse…perché non è come la ludoteca, dove i bambini andavano solo a giocare e i genitori non erano contenti

La consideravano una perdita di tempo?

˗ Sì, l’altro giorno abbiamo fatto alcuni giochi e una mamma si avvicina e mi dice “maestra, i bambini

devono fare i compiti, non giocare”, allora io le ho spiegato “signora, se sono giochi come dama o con le carte…servono a sviluppare le loro capacità, perché devono ragionare, sommare, sottrarre”. Allora la signora ha capito un po’. E questo è il lavoro che facciamo, un po’ alla volta, parliamo con loro, spieghiamo che i bambini non dovrebbero lavorare, dovrebbero avere più tempo per studiare. Serve tempo e non è solo il lavoro con i ragazzi ma anche con le famiglie, le uscite per strada.

Il programma Yachay coinvolge nei suoi interventi quattro tipologie diverse di utenti: bambine, bambini e adolescenti che a) lavorano in strada, b) vivono in strada, c) vivono in mendicità, d) sono vittime dello sfruttamento sessuale. Tralasciando gli ultimi tre casi, non perché meno importanti ma perché l’indagine da me condotta si è concentrata sul lavoro minorile, secondo le stime pubblicate dal Ministero30, nel 2011 circa 231.286 bambine, bambini e adolescenti tra i 6 e i 17 anni svolgevano