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Capitolo 2 Movimenti e associazioni: da e per l’infanzia

2.3 L’infanzia dei diritti e delle ONG

2.3.4 Educazione, un punto in comune

Nel procedere con l’analisi comparativa delle diverse organizzazioni due temi si sono rivelati ricorrenti nei discorsi di alcuni dei miei interlocutori: l’educazione e la famiglia.

L’aspetto educativo è a mio avviso quello più interessante poiché si declina attraverso l’elaborazione di programmi che cercano in qualche modo di supplire o integrare delle carenze imputate al sistema scolastico nazionale e riguardano MANTHOC, Qosqo Maki e il Centro Yanapanakusun.

Fortunatamente il giorno che sono riuscita ad incontrare Ever, il collaboratore del MANTHOC, era accompagnato da José, che fa proprio l’insegnante a Cajamarca, l’unica scuola rimasta attualmente, perché quella di Lima è stata chiusa. È proprio José a spiegarmi, durante il nostro colloquio in quella stanza adibita a biblioteca, la particolarità della proposta educativa “diversificata”:

come esperienza, a Cajamarca si lavora già da molti anni, la scuola è stata realizzata per i bambini, da e per loro e per quanto riguarda il programma educativo si tratta di una proposta che è stata costantemente rinnovata. Proprio nel 2009 c’è stato il lancio della proposta modificata e attualizzata dove si sono incluse alcune cose articolando il Dcm lanciato al Ministero di Educazione, senza però lasciare di lato quello che è il progetto educativo nazionale e regionale di ogni zona. […] L’orario delle lezioni a Cajamarca è normale, come in tutte le altre scuole pubbliche. Solo che le capacità con cui lavoriamo sono adattate alla propria esperienza dei ragazzi, dal loro lavoro. Partendo da questa esperienza articoliamo le altre aree; abbiamo dei laboratori produttivi e adesso se ne stanno implementando altri due, che sono quelli di bio-orto e di cuy76,

e da prima avevamo quelli di pasticceria e falegnameria.

La particolarità della proposta educativa diversificata è uno degli aspetti di maggior interesse, a mio avviso, del processo di apertura del Movimento verso l’infanzia e la società civile in generale (l’insegnante mi spiega che la scuola era stata pensata inizialmente per ragazzi lavoratori, ma che è aperta a tutti), ma lo è soprattutto perché avvalora le esperienze dei suoi studenti, quelli a cui sono rivolti gli insegnamenti. Si tiene conto della particolarità delle esperienze di vita dei ragazzi e si parte proprio da queste anche per rendere più efficaci i contenuti classici del programma scolastico (lettere, matematica, ecc.). José racconta il caso concreto di uno studente della scuola, un ragazzo che vendeva dolciumi nei bus a Cajamarca e che era stato bocciato nella scuola pubblica perché non aveva buoni profitti nell’area di matematica:

allora noi a scuola ci siamo chiesti, se questo ragazzo è in grado ogni giorno di scambiare un prodotto con un sistema monetario, perché viene bocciato? Ma partendo dalle sue esperienze, si sono adattate le capacità

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ed è risultato che non era come dicevano alla scuola pubblica, al contrario, era l’unico a scuola in grado di risolvere le quattro operazioni matematiche facilmente, senza utilizzare neanche una penna…faceva i calcoli mentalmente!

Il progetto scuola è tutto sommato piccolo e coinvolge in totale una trentina di ragazzi a Cajamarca, ma comunque non è esente da difficoltà. Trattandosi di una scuola privata riceve aiuti da parte del governo per la dotazione del cibo per la scuola (i bambini fanno colazione e pranzo a scuola), ciò che si auspicano è di ottenere un maggior riconoscimento, oltre quello dell’Ipeba77, magari dal Ministero dell’Educazione, affinché questo possa dare un ulteriore sostegno al progetto scuola nella retribuzione dei docenti.

Anche in Qosqo Maki, sebbene non possieda un vero e proprio programma educativo, la questione dell’educazione ha un ruolo di primo piano attraverso quella che viene definita “educazione in libertà”. Questa diversa idea di educazione si caratterizza per essere globale poiché conoscenze, attitudini e abilità vanno di pari passo, e non si escludono nemmeno le emozioni che sono quelle che permettono di andare oltre la classica idea di educazione (Baufumé et al. 1999). L’apprendimento avviene perciò in modo collettivo, nel contesto informale del dormitorio, perché le curiosità, le domande che pongono i ragazzi vengono condivise, si parla per trovare le possibili risposte coinvolgendo in questo modo non solo tutti gli altri ragazzi ma anche gli educatori e altri adulti che collaborano con l’associazione: la loro maggiore (da un punto di vista quantitativo) esperienza di vita rappresenta spesso un punto di riferimento. L’educazione in libertà, essendo un’educazione non- formale non intende screditare né tanto meno sostituirsi all’educazione di tipo formale, quella che i ragazzi ricevono a scuola; si tratta, in un certo senso, di un’educazione complementare. Infatti, seppur non obbligando nessuno dei beneficiari (altrimenti verrebbe meno il principio della libertà) è caldamente consigliato loro di intraprendere, in molti dei casi di riprendere, il percorso di studio:

Certo, si incentiva…si dice “Devi farlo, andiamo! Ti accompagniamo”. Ma se non vuoi, non vuoi. Bene! Sarà la sua vita, finalmente, allora si tratta della sua libertà. Allora dirà: “No, un attimo…tu mi hai dato la possibilità. Sono stato io quello che non ne ha approfittato”. Perché quello sì deve essere chiaro…che qui le opportunità ci sono. Si danno.

In sostanza, oltre ai mezzi formali di educazione, nel Dormitorio si valorizzano ampiamente gli spazi e i metodi di un’educazione non formale; una chiacchierata nella Biblioteca, una discussione durante un’assemblea, preparare la colazione insieme o anche un litigio tra ragazzi rappresentano tutte occasioni in cui può nascere una riflessione, in cui porsi domande su questioni che veramente

86 interessano loro e le loro vite e che molte volte non trovano spazio all’interno dei curricula ministeriali, caratterizzati da tempi rigidi di svolgimento. Nell’educazione non-formale quindi, in assenza di professori e di programmi scolastici, lo scambio di opinioni e di vissuti rappresentano un vero e proprio esercizio di cittadinanza, sono i bambini e i ragazzi a porre domande su questioni che li riguardano in prima persona e a cui sono sinceramente interessati. Grazie a questo tipo di educazione, i ragazzi si pongono come soggetti attivi del proprio sviluppo, riuscendo così a farsi posto in un contesto sociale che tendenzialmente li marginalizza e taccia come inopportuna la loro scelta di uscire dal seno familiare, perché considerati come persone non ancora in grado di esprimere i propri ruoli all’interno della comunità (Baufumé et al. 1999).

Infine il Centro Yanapanakusun, ha elaborato un programma educativo che, mediante la scuola secondaria Maria Angola, si propone di promuovere la formazione integrale delle lavoratrici domestiche (ma anche di altri giovani lavoratori), per fornire loro un’educazione di qualità che stimoli lo sviluppo delle propri capacità cognitive e attitudinali, che permetta loro di entrare in modo competitivo in società, possedendo gli stessi mezzi e le stesse opportunità degli altri ragazzi, come riportato dal sito dell’associazione. La scuola, a differenza del programma del MANTHOC non ha caratteristiche specifiche, come mi ha spiegato Josefina e come ho potuto costatare ogni volta che aiutavo con i compiti le ragazze del Centro che la frequentano. Però ha una caratteristica particolare proprio perché si rivolge prevalentemente a ragazzi lavoratori, per i quali vuole rappresentare una opportunità in più rispetto a quelle già esistenti e che per loro sono le scuole serali e le scuole di alfabetizzazione, i cui corsi si tengono solo la domenica. L’obiettivo della Maria Angola è proprio evitare che i datori di lavoro releghino l’educazione dei ragazzi al loro unico giorno libero, la domenica appunto; inoltre sia il livello delle scuole serali e, a maggior ragione, di quelle di alfabetizzazione sono più bassi rispetto a quelle diurne. Proprio per questi motivi l’orario delle lezioni è adattato alle esigenze dei ragazzi – dalle 3 fino alle 7 e mezza per il CEBA (Centro Educazione Basica Alternativa) – di modo che possano negoziare con i datori di lavoro orari più consoni per la loro età (gli altri CEBA fanno orario notturno, dalle 18 alle 22); poi chi è iscritto continua con le lezioni teoriche e pratiche del CETPRO (Centro di Educazione Tecnico Produttiva), che è stato inaugurato recentemente e offre una specializzazione nell’ambito dei servizi di cucina-ristorazione,

barman, housekeeping. La scuola non è riservata alle ragazze del centro ma anche ad altre ragazze e

ragazzi che lavorano, e nonostante il lavoro sia visto come una condizione discriminante per accedervi, è vero che chi non lavora preferisce iscriversi alle scuole diurne.

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