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Diritti fondamentali e cittadinanza

3. L’esigibilità dei diritti fondamentali: alcuni diritti morali con

3.3. Diritti fondamentali e cittadinanza

Storicamente l’abisso esistente tra la classe dominante (associata alla nobiltà nell’Antico Regime) e il popolo è stato enorme. Dopo le rivoluzioni liberali, si confida nella cittadinanza come strumento giuridico per conseguire un’uguaglianza di base tra gli esseri umani; tuttavia, i risultati pratici sono disastrosi, in quanto le classi sociali (borghesia e proletariato) si sono affermate come nuovi ceti, sinonimi rispettivamente di opulenza e di miseria.

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39. Barbera, A., Art. 2 in Branca, G., (a cura di) Commentario della Costituzione, ed. Nicola Zanichelli, Bologna 1975, p. 84. 40. Ibid., p. 91.

41. Johnson, D., The impact of the Nordic Countries on EU social policy, in AA.VV., The European Union and the Nordic Countries, ed. Lee Miles, 1996, pp. 186 e segg.

Anche Karl Leichsenrig nota che “nei paesi nordici vediamo un’alta quota di spese per i servizi mentre nei paesi mediterranei questi rappresentano neanche un terzo della spesa complessiva. (Leichsenrig, K., La dimensione europea dell’organizzazione dei servizi sociali, in Diritti sociali e servizio sociale: dalla dimensione nazionale a quella comunitaria, a cura di Pasquale Costanzo e Silvana Mordeglia, Giuffrè, Milano 2005, p. 42).

Come esempio, nota Silvana Mordeglia che l’anziano in Finlandia “o si trasferisce in una struttura residenziale, o chiede assistenza domiciliare” però non soffrirà mai l’abbandono che soffre nei paesi mediterranei. D’altra parte, “l’occupazione nel settore sociale nei paesi OCSE è collocata intorno al 15-20%, l’Italia si trova intorno all’ 8% insieme alla Spagna (si consideri che i paesi scandinavi presentano una percentuale del 30%. (Mordeglia, S., Il servizio sociale, stato e prospettive della professione, in Diritti sociali e servizio sociale: dalla dimensione nazionale a quella comunitaria, op. cit., p. 251).

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si offre agli Stati una nuova opportunità di superare questa situazione. Perciò, terminata la guerra “la vera novità consiste in ciò: gli individui non furono più considerati, sul piano internazionale, solo come membri appartenenti a un gruppo, a una minoranza oppure ad altre categorie. Essi divennero oggetto di protezione in quanto individui42. Si ricercava un “nuovo giusnaturalismo” basato sulla pace e sul rispetto dei diritti umani come “punto di non ritorno”43. E questa fu la pietra angolare del neocostituzionalismo. Ciononostante la materializzazione di questo nobile ideale non è oggi completa, soprattutto se rimandiamo alla relazione tra cittadini e immigranti, ai quali vengono privati, esplicitamente e occultamente, numerosi diritti. Prieto Sanchís denuncia che “la cittadinanza, che in origine suppose una costruzione egualitaria ed omogeneizzatrice davanti al modello pluralista e di privilegi dell’Antico Regime, si mostra oggi come un elemento di esclusione e di rinnovati privilegi a favore di quelli nazionali”44.

Moreno Cruz realizza la seguente classificazione dei diritti, in base alla cittadinanza, sulla scia di quella realizzata da Ferrajoli, che a sua volta prende come riferimento la classica regolazione della materia: “1) I diritti umani sono diritti primari della persona, vale a dire, spettano a tutti gli esseri umani indipendentemente dalla loro cittadinanza e dalla loro capacità di operare. L’esempio paradigmatico è la vita. 2) I Diritti civili sono diritti secondari della persona. In questo caso si tratta di diritti che corrispondono solo alle persone con capacità di operare. Il modello è la possibilità di contrattare. 3) I diritti pubblici sono diritti primari del cittadino. Sono, cioè, diritti del cittadino indipendentemente dalla sua possibilità o incapacità di agire. L’esempio è rappresentato dai diritti sociali. 4) I diritti politici sono diritti del cittadino e sono secondari, cioè, si tratta dei diritti che si concedono esclusivamente ai cittadini e a coloro che sono capaci di operare. Il prototipo è il diritto al voto”45.

Questa gerarchizzazione dei diritti umani tra quelli il cui valore li rende meritevoli di protezione in ogni contesto e quelli che devono essere affidati solo al governo del paese del cittadino, essendo considerati meno rilevanti, si rivela inaccettabile46. Il potere politico è il

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42. Casesse, A., I diritti umani oggi, Laterza, Bari 2005, p. 25. 43. Ibid., p. 26.

44. Prieto Sanchís, L., Los derechos fundamentales en la época del constitucionalismo, in AA.VV., El juez y la cultura jurídica contemporánea, tomo 1, op. cit., p. 167.

45. Moreno Cruz, R., Democracia y derechos fundamentales en la obra de Luigi Ferrajoli, op. cit., pp. 17 e 18.

46. Bovero ritiene che “tale tesi si basa su di un errore colossale di prospettiva. Si tratta dell’errore che considera l’individuo soggetto di diritti (il problema della definizione del suo o dei suoi status) da un punto di vista delle istituzioni che, a partire dalle grandi rivoluzioni moderne, hanno riconosciuto diritti (fondamentali) all’individuo, e proietta la particolarità (supposta) di queste istituzioni - per esempio, il suo carattere statale-nazionale – sul soggetto dei diritti, facendo apparire come necessariamente speciale anche questi, vale a dire, come un soggetto che ha diritti finché sia vincolato ad una appartenenza specifica, finché sia un “cittadino” di quella comunità politica particolare che gli ha concesso diritti (fondamentali). Tuttavia, si tratta di una confusione evidente: anche

massimo garante del rispetto verso la dignità umana, identica nei cittadini e nei non cittadini, all’interno del proprio territorio. Di conseguenza, se assumiamo i valori propri del neocostituzionalismo, la generalizzazione di questi diritti è improrogabile. Dalla nostra prospettiva, tutti i diritti umani, includendo anche quelli di partecipazione politica, devono essere riconosciuti a qualsiasi persona che risieda in qualsiasi nazione, anche se è vero che i diritti di partecipazione politica sono intimamente legati all’appartenenza ad una comunità, in modo che non dovranno essere riconosciuti a colui che si trovi per circostanza in essa; diversamente per chi si trova in situazione regolare e con vocazione di permanenza nella stessa47. In questo senso rivendichiamo una cittadinanza dei diritti, oltre la cittadinanza formale, concessa ad ogni residente e il cui contenuto è il rispetto per i suoi diritti fondamentali. In accordo con questo criterio abbiamo impiegato in tutto questo lavoro la parola “cittadino” per riferirci alla relazione tra persona e Stato dove si trova in materia relativa a questi diritti.

E di sicuro attualmente esiste una posizione sempre più maggioritaria (nella teoria neocostituzionalistica, ma anche nel diritto positivo) che promuove la consacrazione della stragrande maggioranza dei diritti della cittadinanza a tutti gli esseri umani che abitino in un Paese, anche nel caso in cui non la posseggano, pertanto, i diritti umani e i diritti del cittadino tendono ad equipararsi. Le costituzioni danno alcune libertà “a tutti, o comunque all’individuo in quanto tale” che attendono di essere sviluppate, e sono state prodotte petizioni di organi europei come la Dichiarazione Comune del 1986 del Parlamento Europeo, che esige la rimozione degli ostacoli affinché tutti gli stranieri “possano partecipare su un piede di parità alla vita politica, culturale e sociale nell’ambito di una società pluriculturale”48 e la Convenzione del Consiglio d’Europa del 1992, che raccoglie una serie di diritti di partecipazione politica

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se si volesse ammettere - e non pretendo in nessun modo concedere in generale - che le istituzioni dalle quali dipende (o dipese in origine) il riconoscimento e la sicurezza giuridica dei diritti fondamentali siano “particolari”, come gli Stati-nazione, per questo non si seguirebbero altro che i soggetti ai quali si concedono tali diritti possano o debbano essere necessariamente ed unicamente i membri di quello Stato particolare, i suoi “cittadini.” (Bovero, M., Tutela supranacional de los derechos fundamentales y la ciudadanía, op. cit., p. 21). Lo Stato è lo strumento al servizio dei diritti della persona, e non fonte della sua origine.

47. Senza equiparare i concetti di diritti umani e fondamentali come abbiamo fatto in quest’opera, Garrido Gómez ammette che: “Da una comprensione ampia, i diritti umani e fondamentali non fanno parte di categorie distinte e separate, al contrario la loro connessione è evidente, giacché i diritti fondamentali si identificano con la trascrizione normativa dei valori di libertà, uguaglianza, sicurezza e solidarietà, e con l’assorbimento nel piano delle pretese e aspirazioni forti delle persone situate sul piano della moralità.” (Garrido Gómez, M. I., La relación entre los derechos fundamentales y el poder, op. cit., pp. 6-7).

Infine, pensiamo che, in relazione ai diritti, debba applicarsi in modo sincero e completo la filosofia della Sentenza 172/1999 della Corte Costituzionale italiana dove viene esteso all’apolide il dovere di effettuare il servizio militare perché partecipa ad una “comunità di diritti e doveri più ampia della cittadinanza, che accoglie e accomuna tutti, i quali, quasi come in una seconda cittadinanza, ricevono diritti e restituiscono doveri, secondo quanto risulta dell’art. 2” (Ibid., p. 186).

(istanza, petizione, diritti di elettorato), esercitabile dallo straniero residente a livello di autonomia territoriale49.

Osserviamo a questo proposito la dottrina del Tribunale Costituzionale spagnolo (TC), che può considerarsi propenso alla generalizzazione dei diritti. Il TC, nella sua STC 107/1984 (FJ 3º), afferma l’esigenza di una completa eguaglianza tra spagnoli e stranieri rispetto a quei diritti che, secondo la Costituzione, appartengono alla persona in quanto tale e non alla persona in quanto cittadino; ciò è dovuto al fatto che sono assolutamente imprescindibili per la garanzia della dignità della persona umana. Diritti quali il diritto alla vita, all’integrità fisica e morale, all’intimità o alla libertà ideologica, spettano agli stranieri dallo stesso mandato costituzionale, e non è possibile un trattamento impari nei loro confronti in relazione agli spagnoli. All’interno di tali diritti, il Tribunale Costituzionale ha espressamente incluso anche il diritto alla tutela giudiziaria effettiva (STC 99/1985, FJ 2º), così come il diritto alla libertà individuale (STC 115/1987, FJ 1º).

Oltre a questi diritti considerati particolarmente essenziali, troviamo le “libertà pubbliche” che, al fine di stabilire le condizioni per la loro fruizione da parte degli stranieri, l’ art. 13.1 della Costituzione rimanda alla decisione legislativa. Tuttavia, la Sentenza citata restringe la libertà del legislatore nel discriminare lo straniero rispetto a questi diritti50. Vale a dire, perfino in questo caso il contenuto essenziale dei diritti deve essere riconosciuto agli stranieri.

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49. De Vergottini, G., Diritto costituzionale comparato, vol. 1, op. cit., p. 249.

50. Così, afferma la Sentenza che la “nostra Costituzione ha optato per un sistema di pieno riconoscimento del diritto di riunione, senza necessità di autorizzazione previa (art. 21.1). L’art. 13.1 della Costituzione riconosce al legislatore la possibilità di stabilire condizionamenti aggiuntivi all’esercizio dei diritti fondamentali da parte degli stranieri, però per questo deve rispettare, in ogni caso, le prescrizioni costituzionali, poiché quel precetto non può essere giudicato, permettendo che il legislatore configuri liberamente il contenuto stesso del diritto, quando questi sia già stato riconosciuto dalla Costituzione direttamente agli stranieri, ai quali si deve applicare anche il mandato contenuto nell’art. 22.4 della Costituzione. Una cosa è, infatti, autorizzare differenze di trattamento tra spagnoli e stranieri, e un’altra è intendere questa autorizzazione come una possibilità di legiferare al rispetto senza tenere conto dei mandati costituzionali”.

Questa tesi è stata appoggiata da numerose dottrine. Valga come esempio, De Alba Basterrechea il quale sostiene che “la Costituzione non “consacra le libertà pubbliche degli spagnoli” se non quando li cita, sia come tali, sia come cittadini, consacrando le libertà pubbliche di tutti, spagnoli o meno, nel resto dei casi.” (De Alba Basterrechea, E., Derechos fundamentales y libertades públicas de los inmigrantes en España, in Asamblea: revista parlamentaria de la Asamblea de Madrid, Nº. 14, 2006, p.156).

Allo stesso modo “Habermas ha insistito molto sul fatto che la nozione di patriottismo costituzionale debba includere una concezione di cittadinanza che non sia appesantita da nessun tipo di particolarismo, ma che segnali il valore universale dei diritti e della democrazia. E sebbene attualmente la maggior parte degli Stati costituzionali distingua tra diritti fondamentali e diritti dei propri cittadini, a scapito dei primi, si potrebbe suggerire che la crescente adesione dei Paesi del mondo ai diversi meccanismi internazionali di protezione dei diritti, indichi una tendenza - lenta e con ovvie retrocessioni - a favore di una cittadinanza cosmopolita.” (Sahuí Maldonado, A., Derechos fundamentales, intereses generalizables y necesidades humanas, in Andamios, Revista de investigación social, Nº.8, 2008, p. 182).

Tralasciando il caso spagnolo, risalta per la sua esemplarità anche la Costituzione svedese, che nel suo esteso art. 22 consacra tutte le libertà personali proprie dello Stato di Diritto, e perfino il diritto all’educazione, per tutti gli stranieri che si trovino nel paese, stabilendo esplicitamente che nessuna legge inferiore potrà privarli di questi diritti.

D’altra parte, esistono paesi dove si stanno riconoscendo agli stranieri diritti tradizionalmente legati alla cittadinanza come il diritto al voto. Ciò avviene in Belgio in relazione alle elezioni municipali (escludendo, tuttavia, il diritto ad essere eletto), concedendo tale facoltà “ai residenti in Belgio che non siano di uno Stato membro dell’Unione Europea”, e ciò nelle condizioni e secondo le modalità determinate dalla legge. Il 19 marzo del 2004 fu approvata una legge al riguardo. Si riconosce lo stesso diritto anche in Paesi come la Bolivia, la Danimarca, l’Argentina, l’Olanda, l’Italia, il Portogallo, il Regno Unito e la Svezia, permettendo in Uruguay il voto anche per qualsiasi tipo di elezione agli stranieri maggiori di 15 anni.

Per concludere, dobbiamo chiarire che i riconoscimenti segnalati non impediscono la discriminazione e l’emarginazione reali che gli immigranti soffrono nelle società occidentali. Nel punto 6 di questo capitolo analizzeremo questa situazione come uno degli effetti negativi della globalizzazione, i quali devono essere superati con i valori neocostituzionalisti.

4. I diritti sociali come diritti fondamentali: dalla negazione al graduale