• Non ci sono risultati.

Libertà ed eguaglianza come pilastri della dignità umana, pietra angolare

2. Che valori possono costituire la radice morale del diritto?

2.3. Una visione liberale egualitaria del fondamento morale del diritto

2.3.1. Libertà ed eguaglianza come pilastri della dignità umana, pietra angolare

Numerosi giuristi e filosofi del diritto ritengono, contrariamente alle precedenti posizioni, che esiste un’oggettività morale di base, almeno nell’ambito della moralità che si relaziona con ciò che è giuridico. Le tesi liberali-egualitarie (radice del neocostituzionalismo), alle quali adesso ci riferiamo, partono dalla base che l’essere umano possiede la capacità di discernere di per sé (o essere persuaso per farlo mediante la discussione filosofica) quali siano i principi morali giusti, dei principi morali basati sulla libertà e il diritto al libero sviluppo della personalità mediante la promozione delle condizioni che lo permettano. Secondo le parole di Rawls, “possiamo supporre che ognuno porta in sé stesso la forma integra di una teoria di giustizia”, una situazione che spiega mediante la sua teoria della posizione originaria che non tratteremo qui per non trascendere i limiti del nostro studio130.

Osserviamo le linee generali delle tesi liberali secondo il pensiero di Maclntyre, il quale “rileva i seguenti cinque tratti distintivi del liberalismo, soprattutto nella sua variante kantiana. Essi sono: primo, l’idea che la morale è costituita fondamentalmente da regole che sarebbero accettate da qualsiasi individuo razionale in circostanze ideali; in secondo luogo, il requisito che tali regole siano neutrali rispetto agli interessi degli individui; in terzo luogo, l’esigenza che i modelli morali siano anche neutrali in relazione alle concezioni di quanto di buono gli individui possano sostenere; in quarto luogo, che gli agenti morali destinatari di queste regole siano gli

---

129. Così Rawls afferma che “le risorse per l’educazione non si assegneranno unicamente né necessariamente secondo ciò che in modo prevedibile possano rendere come capacità produttive, ma anche secondo il valore che abbiano come mezzi che arricchiscono la vita personale e sociale dei cittadini, includendo qui i meno avvantaggiati (Rawls, J., Teoría de la justicia, op.cit., p. 109). Come ben afferma Nino “l’autonomia è preziosa nella misura in cui beneficia gli individui, e dato che questi sono indipendenti e separati, l’autonomia non viene valutata impersonalmente in forma aggregativa. Questo vuol dire che non è oggettivamente di valore l’aumento o l’esercizio dell’autonomia di un individuo che si fa a spese di altri individui che abbiano una minore autonomia rispetto al primo. Questo esclude il valore impersonale dello sviluppo delle capacità che implicano danni a terzi. Se l’autonomia non è oggettivamente di valore, se non si distribuisce in una forma imparzialmente accettabile, non lo è neanche la realizzazione personale ottenuta attraverso questa autonomia” (Nino, C. S., Liberalismo "versus" comunitarismo, op. cit., p. 375).

130. Possiamo vedere una buona esposizione di questa tesi, in Caballero, J. F., La Teoría de la Justicia de John Rawls, in Voces y contextos, Año nº 1, Nº 2, 2006, pp. 6 e segg.

individui umani e non, perciò, enti collettivi; e infine, l’esigenza che le regole morali siano applicate allo stesso modo a tutti gli individui umani, qualunque sia il loro contesto sociale”131.

Imbocchiamo il sentiero dei pensatori liberali, incentrandoci sul pensiero liberale- egualitario. Rawls basa il diritto giusto sulle convinzioni morali implicite in una cultura democratica pubblica, delle condizioni che coincidono con un trattamento giusto ed equo per il cittadino132. L’autore, tuttavia, è cosciente dell’importanza dei condizionamenti culturali, quando afferma che è impossibile ottenere un concetto di giustizia accettabile da qualsiasi società, incluse da quelle che si trovano incatenate alla violenza, al fanatismo e all’incultura. Questo non si rivela incoerente rispetto alla sue precedenti affermazioni sull’oggettività morale, poiché in esse ammette la possibilità che un individuo non raggiunga, nonostante le sue capacità originarie, la comprensione morale a cui allude, giacché la realtà del suo intorno può perfettamente intrappolarlo nel sottosviluppo e nell’oscurantismo, sebbene questa persona, in un ambito sociale sufficientemente avanzato, avrebbe raggiunto una conoscenza adeguata della giustizia.

Inoltre, perfino tra coloro che dicono di accettare gli stessi valori di giustizia, il consenso pieno nel suo sviluppo e nella sua applicazione, non è sempre un compito semplice133. Ciononostante, sebbene sia impossibile ottenere un pieno consenso morale tra filosofie, ideologie e religioni, sì che si può costruire un consenso sovrapposto basato sulle intuizioni incluse nella cultura democratica e applicato soltanto alla struttura di base della società e della vita pubblica, come uno schema volontario di cooperazione tra individui liberi ed eguali che, nell’ambito della morale privata, possono discrepare perfettamente. La necessità del consenso morale è, dunque, una costante nel pensiero di Rawls. L’autore sostiene che “i principi di giustizia (…) dovranno essere quelli che i cittadini potranno affermare in comune nonostante il

---

131. Nino, C. S., Liberalismo "versus" comunitarismo, op. cit., p. 364.

132. “Così, dice Rawls, tutti sarebbero d’accordo nell’affermare che le istituzioni sono giuste quando attribuiscono diritti e doveri “senza distinzioni arbitrarie” e determinano “una distribuzione adeguata dei benefici e delle cariche della cooperazione sociale”. I principi della “giustizia come equità” sono una specificazione di tali convinzioni astratte. A sua volta, la giustificazione ultima dei principi dipende dalla loro capacità di dar conto di certe intuizioni particolari sulla giustizia che ogni cittadino democratico condivide -per esempio, che le intuizioni basate sull’intolleranza religiosa o la discriminazione razziale sono ingiuste-. Lo scopo finale è quello di difendere “una” teoria della giustizia, presentandola come il miglior sviluppo possibile del “nostro senso della giustizia”, il quale suppone di aver raggiunto un “equilibrio riflessivo” tra la teoria e le nostre intuizioni sulla giustizia, in tutti i livelli della maggioranza. La teoria della giustizia di Rawls non vuole definire il concetto di giustizia, ma vuole piuttosto difendere una concreta concezione di tale concetto.” (Melero de la Torre, M. C., La razón jurídica como modelo de razón pública: Rawls, Dworkin y el Derecho, in Enrahonar: Quaderns de filosofía, nº 43, 2009, p.85).

133. Per Rawls, “il fatto che usiamo lo stesso concetto di giustizia non ci permette di assicurare che condividiamo qualche giudizio di base riguardo a ciò che rende giuste o ingiuste le istituzioni. Per questo il nostro filosofo raccomanda di elaborare il concetto astratto di giustizia cercando di raggiungere un equilibrio riflessivo tra i principi di giustizia che uno propone e i giudizi concreti sulla giustizia che tutti condividiamo.” (Ibid., p.86).

loro ragionevole disaccordo. Inoltre, le ragioni per confermare i principi dovranno provenire non unicamente dalle diverse prospettive comprensive di ogni cittadino, ma anche, e fondamentalmente da un punto di vista comune a tutti loro”134. Così si potrà costruire la giustizia sociale, che è “il modo in cui le grandi istituzioni sociali distribuiscono i diritti e i doveri fondamentali e determinano la divisone dei vantaggi provenienti dalla cooperazione sociale”135.

Nel paragrafo precedente non ci siamo riferiti a un punto di vista comune a tutti i cittadini, allo stesso livello di qualsiasi altro, ma a una concezione morale piena che possiede un oggetto morale e un fondamento morale precisi. Dobbiamo considerare che stavamo parlando di un ambito in cui si produce un potere di coercizione che limita la libertà del cittadino obbligandolo a compiere certe norme, per cui è logico esigere per lui un plus di oggettività e di giustificazione. Rawls suppone che questo “terreno comune” consista nelle “idee latenti” nella cultura politica democratica, la quale comprende, oltre a quanto già segnalato, “le istituzioni politiche di un regime costituzionale e le tradizioni pubbliche della sua interpretazione (incluse quelle del potere giudiziale), così come i testi e i documenti storici che sono di conoscenza comune”136.

In questo miscuglio di valori democratici universali e particolarismi politici di ogni comunità si trova il quadro del consenso137, un consenso che deve sempre rispettare un certo contenuto materiale. Per questo, al di là del consenso cittadino, Rawls insiste sul contenuto fondamentale di giustizia che ogni patto sociale deve avere, e che riassume nei tre principi seguenti: “Primo, una definizione di certi diritti, libertà e opportunità di base (di un tipo che risulti familiare nei regimi costituzionali democratici); secondo, l’assegnazione di una priorità speciale a tali diritti, libertà e opportunità, quale rispetto alle esigenze del bene generale; e terzo, misure che garantiscono a tutti i cittadini mezzi di uso universale adeguati affinché possano utilizzare effettivamente le loro libertà e opportunità”138.

---

134. Melero de la Torre, M. C., La razón jurídica como modelo de razón pública: Rawls, Dworkin y el Derecho, op. cit., p. 93.

135. Rawls, J., Teoría de la justicia, op. cit., p. 20.

136. Melero de la Torre, M. C., La razón jurídica como modelo de razón pública: Rawls, Dworkin y el Derecho, op. cit., p. 96.

137. Melero spiega che “l’aumento nel grado di astrazione del consenso normativo amplia vigorosamente il ruolo della deliberazione pubblica nel dominio della politica, però in nessun caso mette in discussione la necessità che il risultato della deliberazione sia una concezione liberale (e più concretamente, liberale egualitaria)” (Ibid., p. 102).

138. Rawls, J. El liberalismo político, trad. de Andoni Domènech, Crítica, Barcelona 1996, p. 36. L'autore mette in evidenza il bisogno di una “eguaglianza equa” o reale tra i cittadini e anche il bisogno che le loro libertà politiche non siano solo formali, ma reali, qualcosa di essenziale per la visione liberal-egualitaria sostenuta da Rawls (Ibid., pp. 36 e 37).

Le premesse di questi diritti sono i due principi di giustizia che Rawls enuncia nella sua opera chiave La Teoría de la justicia: “primo, ogni persona deve avere un diritto uguale allo schema più esteso delle libertà fondamentali che sia compatibile con uno schema simile di libertà per gli altri. Le ineguaglianze sociali ed economiche dovranno essere uniformate in modo tale che: a) ci si aspetti ragionevolmente che siano vantaggiose per tutti, b) si vincolino a impieghi e cariche accessibili a tutti”139. Rawls realizza un’interpretazione liberale del punto b), secondo la quale, “coloro i quali si trovano sullo stesso livello di capacità e di abilità ed hanno la stessa disposizione a utilizzarle, dovrebbero avere le stesse prospettive di successo, qualunque sia la loro posizione iniziale nel sistema sociale140. Ci estenderemo più dettagliatamente sulla tesi di Rawls riguardo al contenuto di questi diritti e le risorse tese a soddisfarli alla fine di questo punto.

L’oggettivismo di Rawls su ciò che è relativo a questi principi essenziali si riflette nel fatto che li concepisce come “i principi ai quali devono adattarsi le conciliazioni sociali, e in particolare le conciliazioni della giustizia, sono quelli che metterebbero d’accordo uomini razionali e liberi in una posizione originaria di uguale libertà; e allo stesso modo i principi che governano le relazioni degli uomini con le istituzioni e definiscono i loro doveri naturali, e i loro obblighi sono quelli a cui essi presterebbero il loro consenso se si trovassero in quella situazione”141, cioè, per Rawls questi principi si identificano con la stessa razionalità.

Queste premesse possono e devono essere accettate in ogni sistema politico liberale senza associarsi a nessuna delle tesi morali accolte nei diversi settori della popolazione, ma come un minimo accettato da tutte loro così come abbiamo segnalato prima, vale a dire, come un “consenso incrociato”142.

---

139. Rawls, J., Teoría de la Justicia, op. cit., pp.67-68. 140. Ibid., p.78.

141. Rawls, J. Justicia como equidad. Materiales para una teoría de la justicia, Tecnos, Madrid 1986, p. 91. 142. Rawls, J. Justicia como equidad. Materiales para una teoría de la justicia, op. cit., p. 165.

Rawls è disposto a ridurre le materie da discutere per raggiungere questo consenso, riducendole a “quelle (questioni) che esprimono ciò che Rawls denomina “elementi costituzionali essenziali” e questioni di giustizia basilare (…). Questo deve intendersi come se, nel dibattere “essenze costituzionali”, non ci si possa appellare a dottrine comprensive che non tutti possono sottoscrivere razionalmente. Così, tra le questioni politiche che l’autore non considera fondamentali – afferma che solo a volte lo sono – si trovano tra le altre: la legislazione fiscale, gli statuti che proteggono l’ambiente, la conservazione di zone di vita silvestre, etc… “ci appelliamo piuttosto a una concezione politica della giustizia per distinguere tra le questioni che possono eliminarsi ragionevolmente dall’agenda politica e le questioni che si non possono eliminare” (Vallespín, F., ¿Reconciliación a Través del Derecho?, in José Antonio Gimbernat, La Filosofía Moral y Política de J. Habermas, Biblioteca Nueva, 1997, p. 205). Come esempio, questo autore afferma che “si può giungere a maggiori accordi riguardo a se i principi per la realizzazione dei diritti e delle libertà siano stati compiuti, che riguardo a se siano stati compiuti i principi per la giustizia sociale ed economica per quello li emargina accettando un minimo esistenziale per coprire i bisogni fondamentali, ma non il principio della differenza” (Ibid., p. 218).

Tornando alla visione della giustizia di Rawls, dobbiamo dire che si riflette con particolare nitidezza nel concetto di principio di autonomia della persona, enunciato da Nino (di cui ci occuperemo più avanti in questo stesso punto), secondo il quale “essendo preziosa la libera scelta individuale di progetti di vita e l’adozione di ideali di eccellenza umana, lo Stato (e il resto degli individui) non deve interferire in tale scelta o in tale adozione, limitandosi a disegnare istituzioni che facilitino il perseguimento ideale di questi progetti di vita e la soddisfazione degli ideali di virtù che ciascuno sostiene, e impedendo l’interferenza mutua nel corso di tale inseguimento”143.

Tale autonomia ha senso per raggiungere “la realizzazione dell’individuo”. Il realizzarsi implica di sviluppare le capacità sulle quali empiricamente contano gli individui: la capacità intellettuale, la capacità di piacere, la capacità di attività fisica, la capacità di avere esperienze estetiche e spirituali, etc (…). Consideriamo ogni individuo come un artista nella creazione della propria vita e lo apprezziamo nella misura in cui faccia il miglior uso possibile dei materiali sui quali conta, che sono le sue stesse capacità”144.

Questa visione liberale può associarsi erroneamente al relativismo, però possiamo affermare che non lo implica in nessun modo. Sostenere che, in certi ambiti che soltanto incombono ad esso, l’individuo è libero di operare in qualunque modo, non comporta di considerare come equivalenti in quanto a bontà, qualsiasi delle sue scelte, ma di comprendere che né lo Stato, né i privati sono legittimati ad obbligarlo a scegliere una di esse, dato che i beni che potrebbero vedersi pregiudicati appartengono e incombono solo a lui o, essendo di altri, si vedono colpiti da azioni od omissioni effettuate fuori dall’ambito degli obblighi che legittimamente gli si possono esigere. “La teoria della giustizia presuppone, senza dubbio, una teoria del bene, però all’interno di questi ampi limiti non pregiudica la scelta del tipo di persone che gli uomini vogliono essere”145.

---

143. Nino, C. S., Ética y derechos humanos, un ensayo de fundamentación op. cit., p. 204. 144. Nino, C.S., Liberalismo "versus" comunitarismo, op. cit., p. 374.

145. Rawls, J., Teoría de la justicia, op. cit., p. 245.

Così, non si può obbligare un uomo di intelligenza sovrumana a essere scienziato e a scoprire il vaccino contro l’AIDS, né una donna di cui un altro è innamorato a sposarsi con lui per quanto danno il suo rifiuto gli arrechi, né un candidato a non presentarsi a una prova solo perché il suo concorrente sentirà una grande frustrazione se la perde. È chiaro che, nel caso dello scienziato, si potrebbe considerare profondamente egoistico il suo rifiuto a impiegare le proprie capacità in qualcosa che salverebbe tantissime vite, però non può essere obbligato a realizzarlo se ha adempiuto ai suoi doveri per la comunità (rispetto ai beni giuridici dei suoi simili e alla cooperazione economica per via impositiva all’interno dei parametri di una legge giusta, per conseguire una società di uomini liberi ed effettivamente uguali in diritti e opportunità). E questo è così perché esistono beni così sacri come il libero sviluppo della personalità che, per quanto importante sia il fine derivato dal loro condizionamento, non possono essere strumentalizzati. Nino basa questa esigenza su “il principio di inviolabilità della persona umana” (Nino, C. S., Derecho moral y política, vol. 2, Gedisa, Barcelona 2007, p. 21). Nello stesso senso, sostiene Sunstein che nel caso di un referendum che vieti

Riconosciuta l’autonomia individuale del cittadino e stabilita, insieme ai diritti fondamentali dell’individuo, come premessa di ogni disposizione morale del diritto, necessariamente basata sulla dignità della persona, rimane adesso da determinare quale deve essere il contenuto di tale dignità, individuata in diritti concreti e identificati. Alexy indica che “con pochi concetti, così come la dignità, la libertà, l’uguaglianza e la protezione e il benessere della comunità, è possibile abbracciare quasi tutto quello che c’è da prendere in considerazione sulle ponderazioni giusfondamentali”146. Tuttavia, la genericità di questi concetti richiede il loro sviluppo mediante altri valori secondari che comprendono tutta la loro dimensione.

Come ben afferma Nino, “è la funzione di rendere effettivi i diritti individuali fondamentali ciò che fornisce la giustificazione morale primaria dell’esistenza di un ordine giuridico, ossia di un governo stabilito”147. Le massime su cui si basano questi diritti, prima enunciati da Alexy, sono “allo stesso tempo, concetti fondamentali della filosofia pratica” e “i principi più importanti del diritto razionale moderno”148. Si tratta di salvaguardare la dignità del cittadino al di là dei classici diritti “di libertà”, costruendo un sistema integrale di difesa della persona nei confronti di qualsiasi minaccia dello Stato o di privati, quello che Ferrajoli denomina “la sfera dell’indecidibile” (…), quello che nelle costituzioni democratiche si è deciso di sottrarre alla volontà della maggioranza (…), la tutela dei diritti fondamentali – primi tra tutti la vita e la libertà personale, che non c’è volontà di maggioranza, né interesse generale, né bene comune o pubblico a cui possano essere sacrificati – e l’assoggettamento dei poteri pubblici alla legge”149. A continuazione esporremo in maniera dettagliata il contenuto di questi diritti.