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Robert Alexy e la pretesa di correttezza del diritto

2. Il neocostituzionalismo: una visione generale

1.2. Una visione della relazione tra diritto e morale partendo dalle tesi di Carlos

1.2.2 Robert Alexy e la pretesa di correttezza del diritto

Alexy parte dalla base che il discorso giuridico è un caso diverso dal discorso pratico generale. In esso si affrontano questioni pratiche, però non solo si trova sottomesso alle regole del discorso pratico generale, ma anche ai limiti che stabiliscono le leggi, i precedenti e la dogmatica. Tuttavia, la relazione tra i due discorsi permette che si possa applicare al giuridico il requisito della correttezza morale. Svilupperemo a continuazione le linee guida della tesi di Alexy su cui abbiamo appena riflesso.

Al momento di definire il diritto, il nostro autore cerca di configurare una teoria completa in cui vengono raccolte tutte le dimensioni della norma giuridica. Alexy propone un modello di diritto che parte dalla legalità e persegue l’efficacia sociale delle norme giuridiche, però non perde di vista l’esigenza di giustizia che deve ispirare ogni ordinamento. La sicurezza giuridica, la vigenza effettiva e la correttezza in quanto al contenuto sono gli elementi di una teoria giuridica che considera l’inutilità di un diritto ignorato nella pratica48, il pericolo di un diritto modificato per capriccio con la scusa di cercare la sua correttezza e il carattere nocivo di un diritto estraneo ai principi di giustizia basilari che lo orientino verso lo sviluppo sociale e la promozione della dignità del cittadino49.

Soffermiamoci, in primo luogo, sulla pretesa di correttezza (legata alla dimensione pragmatica degli atti linguistici), che è un proposito consustanziale a ogni sistema giuridico, avocandolo alla ricerca della correttezza morale. Senza questa pretesa nessun sistema normativo si potrà considerare propriamente giuridico.

Da una prospettiva analitica possiamo osservare che ogni norma ha bisogno di una legittimazione (pretende di essere corretta), che nasce dalla sua giustificazione sulla base

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finalità principale quella di massimizzarli e, di conseguenza, non potrà mai contraddirli per quanto la volontà maggioritaria cerchi di farlo.

48. Alexy, R., La institucionalización de la justicia, J. A. Seoane (ed.), trad. de J. A. Seoane, Comares, Granada 2010, p. 42. 49. “Secondo Alexy, un concetto di diritto adeguato è costituito da tre elementi: la legalità conforme all’ordinamento, l’efficacia sociale e la correttezza materiale (…). Il tratto distintivo del suo non-positivismo, denominazione scelta per la sua concezione del diritto, risiede proprio nell’inclusione necessaria, cioè, come condizione necessaria, della correttezza (…). Il diritto porta con sé, pertanto, l’istituzionalizzazione della pretesa di correttezza. Inoltre, nella misura in cui le funzioni del diritto si concretizzano fondamentalmente nella soluzione di conflitti e nel fomento della cooperazione sociale, attraverso la corretta distribuzione e compensazione, la pretesa di correttezza nel diritto appare sottoforma di giustizia. L’istituzionalizzazione della morale e della correttezza implica, pertanto, l’istituzionalizzazione della correttezza in relazione alla distribuzione e alla compensazione” (Cruz Ortiz de Landázuri, L. M., Robert Alexy: la institucionalización de la justicia, in Isegoría, Revista de filosofía moral y política, nº 35, 2006, pp. 324 e 325).

di ragioni50; e queste ragioni sorgono dalla moralità, chiarita attraverso il discorso pratico razionale51. In questo modo, i diritti fondamentali della persona (garanzie della giusta distribuzione e della giusta compensazione) costituiscono, in ogni caso una premessa irrinunciabile per la correttezza del diritto52. D’altra parte, la pretesa di correttezza comporta sempre una pretesa di riconoscimento da parte dei destinatari delle norme53. Pochi sistemi giuridici non proclamano la loro supposta pretesa di correttezza54, il problema sta se effettivamente la compiono o hanno solo la volontà di compierla. Lo stesso Alexy riconosce che “il fatto che si affermi la pretesa di correttezza non implica che il diritto sarà corretto”55.

Riferendoci alla correttezza del diritto, Alexy afferma che “il risultato del discorso (pratico) non è né solo relativo, né solo oggettivo. È relativo nella misura in cui è condizionato dalle particolarità dei partecipanti, ed è oggettivo nella misura in cui dipende dalle regole. In questo modo la teoria del discorso evita tanto le debolezze delle teorie morali relativiste come quelle delle teorie morali oggettiviste”56. Attraverso il discorso pratico razionale “si può argomentare in forma razionale sulla giustizia”, e in esso non si può ignorare “che una teoria della giustizia si riveli accettabile solo quando tenga conto degli interessi e dei bisogni, così come della tradizione e della cultura di tutti coloro che ne sono coinvolti”57.

Vale a dire, Alexy ammette un grado di oggettività di base e indipendente dall’idiosincrasia degli interlocutori che condizionerà il risultato del discorso pratico (dentro del quale si trova

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50. “Chi afferma che qualcosa è corretto intende dire che è suscettibile di essere stabilito, giustificato, mediante delle ragioni” (Alexy, R., Justicia como corrección, in Doxa 26, 2003, p. 163). Per uno sviluppo di questa argomentazione si veda Bongiovanni, G., Teorie costituzionalistiche del diritto. Morale, diritto e interpretazione in R. Alexy e R Dworkin, CLUEB, Bologna, 2000, pp. 102 e segg.

51. Alexy giustifica così il legame tra pretesa di correttezza e morale “se la pretesa di correttezza deve essere soddisfatta, si deve concedere priorità e un ruolo significativo alla questione della corretta distribuzione e della corretta compensazione. Le questioni della corretta distribuzione e la corretta compensazione sono questioni di giustizia. E le questioni di giustizia sono questioni morali” (Alexy, R., La institucionalización de la justicia, op. cit., p. 41).

52. Nella prospettiva di Alexy, “i diritti sono sia i presupposti del discorso, sia i suoi esiti: in questa prospettiva, i diritti possono essere concepiti come precedenti e risultati del discorso, e come sua pre-condizione” (Bongiovanni, G., Teorie “costituzionalistiche” del diritto: Morale, diritto e interpretazione in R. Alexy, e R. Dworkin, op. cit., p. 216).

53. Alexy considera che la pretesa di correttezza “consta di tre elementi: 1) l’affermazione della correttezza, 2) la garanzia dell’essenzialità e 3) l’attesa del riconoscimento della correttezza” da parte di coloro ai quali va diretta (Alexy, R., La institucionalización de la justicia, op. cit., p.31).

54. Così spiega Alexy che l’articolo costituzionale “x è una repubblica ingiusta” si rivela insostenibile, essendo una “contraddizione performativa”, un radicale controsenso che va contro la natura stessa del diritto (Alexy, R., Sobre las relaciones necesarias entre el Derecho y la moral, in Roberto Vázquez (comp.) Derecho y moral, ensayos sobre un debate contemporáneo, op. cit., pp. 129 e 130).

55. Alexy, R., La institucionalización de la justicia, p. 44

56. Alexy, R., La idea de una teoría procesal de la argumentación jurídica, in E. Garzón Valdés, (ed.) Derecho y Filosofía, Alfa, Barcelona-Caracas 1985, p. 52.

quello giuridico) e che l’autore basa sulle regole morali basilari (rispetto ai diritti che nascono della dignità umana), che fondano la pretesa di correttezza, ma riconosce anche che tale risultato può variare fino a un certo punto dipendendo da quest’idiosincrasia. Come afferma Alexy “l’identità di un sistema giuridico razionale è determinata tanto da proprietà universali quanto da proprietà contingenti”58.

Ci troviamo davanti a una conclusione logica dal suo punto di vista: se Alexy conferisce tanta importanza al consenso razionale (un consenso sempre rispettoso dei diritti fondamentali) per determinare la verità, è chiaro che tale somma di opinioni confluenti in un punto sarà condizionata dalla razionalità naturale degli interlocutori, ma anche dalle loro particolarità. Così “non sono possibili teorie morali materiali che diano un’unica risposta con certezza in modo intersoggettivo che conduca a ogni questione morale, però sì sono possibili teorie morali procedimentali che formulano regole o condizioni dell’argomentazione o della decisione pratica razionale”59.

L’autore riceve delle critiche per questa fiducia eccessiva nel consenso da parte di coloro che ritengono che la verità e la razionalità non possono dipendere da un accordo contingente e condizionato da numerosi fattori che possono invalidarlo, iniziando dalla manipolazione di chi si trova in una posizione intellettuale o culturale superiore e non cerca la verità, ma il proprio interesse. Per questo Alexy finisce col vedersi obbligato a chiarire che il suo modello di consenso propone come presupposto la capacità di giudizio dei partecipanti, che sarà la condizione materiale primigenia che le darà validità, così come si vede obbligato a riconoscere che “non c’è da aspettarsi che le regole del discorso siano di fatto compiute integramente”60, e che “perfino nel caso di un discorso ideale in cui ogni questione si possa discutere eternamente, non si può essere sicuri che ci sia una sola risposta corretta per tutte le questioni pratiche”61. Il problema, come lo stesso autore afferma, sta nella sua posizione profondamente idealista, sebbene sia possibile avvicinarsi agli obiettivi che persegue mediante i mezzi della democrazia deliberativa. Questo tema sarà trattato in profondità nel terzo punto di questo capitolo.

Concentriamoci nuovamente sui sistemi giuridici, Alexy afferma che tra le ragioni che devono giustificarli si distinguono quelle morali, ma non sono le uniche. Esistono leggi, giurisprudenza, norme procedurali, che condizionano la creazione e l’applicazione del diritto al di là di ciò che è relativo alla rigorosa morale. Allo stesso modo, il diritto è coercitivo e

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58. Alexy, R., La institucionalización de la justicia, op. cit., p. 75

59. Alexy, R., Teoría de los Derechos Fundamentales, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Madrid 2001, p. 530. 60. Alexy, La institucionalización de la justicia, op. cit., p. 55

protegge degli interessi specifici che superano quelli del discorso pratico generale. Nonostante questa particolarità, l’unione tra il discorso pratico generale e il discorso giuridico è innegabile. Entrambi condividono la loro natura e la loro struttura discorsiva, così come il fatto che entrambi basano la loro pretesa di correttezza sulla dignità umana.

La dinamica degli ordinamenti giuridici comporta, como abbiamo esposto, questioni morali (oltre ad altri fattori sopra citati), che devono risolversi attraverso norme morali, le quali devono corrispondere a una moralità razionale e giustificabile, sebbene l’autore ammetta la discrepanza pratica tra la giustizia e il diritto, sempre che non sia abissale.

Così, il successivo problema che Alexy affronta è la ripercussione dell’ingiustizia sulla validità del diritto. Il nostro autore affronta questo tema soppesando il valore della giustizia, ma anche della sicurezza giuridica, che si vedrebbe in dubbio, se ogni norma giuridica fosse privata di qualsiasi riconoscimento perfino nei casi di ingiustizia molto debole e discutibile62. Davanti a questo dilemma, ha due alternative al momento di stabilire gli effetti di ingiustizia del diritto: optare per la connessione qualificatoria, che priva della propria condizione giuridica il diritto ingiusto, e la classificatoria, che si limita a dichiararlo ingiusto senza intaccare la sua giuridicità63.

Alexy decide di optare per una soluzione intermedia, sostenendo che tanto le norme isolate come quei sistemi giuridici che fossero estremamente ingiusti perderebbero la loro condizione giuridica (in questo caso la giustizia sarebbe classificante), ma ammettendo l’ingiustizia del diritto sempre che non sia insostenibile (secondo il ragionamento della formula di Radbruch64) un’ingiustizia che servirebbe a definirlo come carente, però valido (ingiustizia qualificante). Usando le parole dell’autore “il conflitto tra giustizia e sicurezza giuridica può essere risolto nel

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62. Così, sostiene l’autore che “si potrebbe pensare che la soddisfazione della pretesa di correttezza abbia anche un carattere definitorio. Questo, tuttavia, avrebbe conseguenze disastrose. Tutte e ognuna delle scorrettezze del sistema giuridico o di una norma o di una decisione isolata distruggerebbero automaticamente il carattere giuridico e, di conseguenza, la validità giuridica del sistema, della norma e della decisione isolata. Per ragioni normative, specialmente quelle di sicurezza giuridica, questo non è accettabile.” (Alexy, R., Sobre la tesis de una conexión necesaria entre derecho y moral: la crítica de Bulygin, in La pretensión de corrección del derecho. La polémica sobre la relación entre derecho y moral, trad. di Paula Gaido, Universidad Externado de Colombia, Bogotá 2005, p.110).

63. Le carenze di giustizia nel diritto “sono classificatorie se privano le norme o i sistemi normativi della loro classificazione come giuridici. Al contrario, hanno un carattere puramente qualificatore, se le norme o i sistemi normativi conservano il carattere giuridico, e presentano come conseguenza esclusivamente una carenza giuridica. La pretesa di correttezza compie un ruolo classificatore – se la si considera isolatamente, e non in interazione con altri argomenti – solo in quanto ai sistemi giuridici come totalità; e quindi anche solo in quanto alla formulazione della pretesa, e non in quanto alla sua soddisfazione. I sistemi normativi che non formulino, esplicitamente né implicitamente, la pretesa di correttezza non sono sistemi giuridici. In questo modo, la pretesa di correttezza permette di distinguere tra diritto e forza bruta” (Ibid., pp. 54−55).

senso che il diritto positivo assicurato dalla sua sanzione e dal potere ha priorità anche quando il contenuto fosse ingiusto e disfunzionale, a meno che la contraddizione tra legge positiva e giustizia raggiunga un livello così insostenibile che la legge, in quanto a diritto ingiusto, debba cedere davanti alla giustizia”65.

Questa ingiustizia estrema si deve definire con una certa concisione, poiché è un concetto soggettivo fino a un certo punto. I condizionamenti culturali di ogni società possono influire notevolmente in questo senso, fino al punto che molti negli Stati Uniti non considerano un’ingiustizia estrema l’assenza di un sistema sanitario pubblico, mentre in Europa lo consideriamo come lo sviluppo di un diritto basilare. Per questo, Alexy ritiene che i diritti fondamentali, inerenti alla dignità dell’uomo66rappresentino la frontiera che il diritto giusto non potrà mai oltrepassare. Questa tesi è definita come un giusnaturalismo debole, che modifica il classico dictum “lex iniusta non est lex” per quello di “lex iniustissima non est lex”67.

All’inizio, e aspirando alla conservazione degli ordinamenti, Alexy restringe gli effetti dell’ingiustizia estrema a norme particolari, e non a tutto il diritto come sistema. Solo quando tale ingiustizia sia una costante nell’ordinamento giuridico fino al punto di contaminare una parte importante delle sue norme, si potrà dire che questo come tale non è valido, in accordo con la tesi della demolizione, secondo la quale quando un numero di norme antigiuridiche di un ordinamento arriva a una certa quantità, questo sprofonda per la mancanza di leggi imprescindibili per sostenersi, così come un edificio al quale si tolgono dei mattoni finché non finisce per crollare per assenza di sostegno68.

Tuttavia gli effetti che Alexy concede alla morale in relazione al diritto vanno al di là dell’ingiustizia estrema, sebbene solo in quel caso può privarlo della sua giuridicità. Alexy accetta una forma di fondare l’ordinamento “in modo argomentativo e non autoritariamente”69.

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65. Alexy, R., El concepto y la validez del derecho, op. cit., p. 53.

L’autore spiega le ragioni di prevalenza della giustizia sulla sicurezza giuridica in questi casi estremi nel seguente modo “esistono ragioni fondate per riconoscere la priorità della protezione dei diritti e delle vittime passate e future al di sopra della protezione di coloro che, con il loro coinvolgimento nelle trame di un regime ingiusto, si sono fidati di una causa giuridica di giustificazione di atti mediante una positivizzazione dell’ingiustizia” (Alexy, R., La institucionalización de la justicia, op. cit., p. 22).

66. Alexy, R., El concepto y la validez del derecho, op. cit., p. 64.

67. Peczenik, A., Dimensiones morales del Derecho, trad. de J. A. Pérez Lledó, in Doxa 8, Madrid 1990, p. 104. 68. Alexy, R., El concepto y la validez del derecho, op. cit., p. 71.

L’ingiustizia non radicale di una norma giuridica non è indifferente per le stesse norme poiché le rende “giuridicamente difettose”70rispetto a dei criteri morali che sono modello di ciò che è giuridico e di ciò che si esige per il loro perfezionamento, cosa che sposta “la dimensione critica” del diritto dalla morale fino “al diritto stesso”71.

Questo giusnaturalismo debole di Alexy è efficace anche al momento di garantire il compromesso con la giustizia nel quadro di ordinamenti tirannici dalla prospettiva degli incaricati a far rispettare tali ordinamenti. Secondo la tesi dell’effetto del rischio, formulata dall’autore, in un sistema non positivista tutti i membri della comunità, iniziando dai giuristi, saranno coscienti che sono retti da un diritto aberrante, totalmente estraneo a quello che dovrebbe essere in vigore, e per questo quando finirà la tirannia saranno giudicati per tutte le atrocità che abbiano commesso servendosi dell’ordinamento vigente. Tale minaccia farà sì che i cittadini, anche se non si oppongono al diritto estremamente ingiusto, non si approfittino di esso per commettere crimini, né cooperino con il fomento della sua perversione.

Il diritto di resistenza che deriva dalla teoria di Alexy non è assolutamente estraneo “allo Stato costituzionale, ma, al contrario, appartiene essenzialmente ad esso. Poiché, oggettivamente non si tratta qui di nient’altro che del diritto a determinate forme di esercizio dei diritti fondamentali72. Parliamo di un concetto filosofico, ma di necessaria proiezione e natura giuridica, poiché costituisce uno strumento capitale per la salvaguardia dei diritti del cittadino.

In sintesi, Alexy sostiene la tesi del vincolo del diritto con la morale, articolandolo attraverso una connessione in generale qualificante (segnala l’ingiustizia del diritto, ma non gli toglie il suo carattere giuridico anche se ne dichiara la carenza), ma anche classificante (che nega il carattere giuridico della norma o perfino dell’ordinamento completo) nei casi delle norme radicalmente ingiuste o degli ordinamenti tanto corrosi da questo tipo di norme che hanno perso la propria natura giuridica a causa di ciò. Al di là dei casi di ingiustizia estrema prima citati, Alexy struttura la relazione ordinaria e quotidiana tra diritto e morale attraverso i principi giuridici, già descritti, anche se soltanto superficialmente, nel capitolo precedente, e che affronteremo in modo reiterato nelle parti che rimangono di questo lavoro.

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70. Alexy, R., La institucionalización de la justicia, op. cit., p. 46. 71. Ibid., p. 47.