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Habermas: il collegamento morale risultato della democrazia deliberativa

3. Deliberazione e democrazia partecipativa come strumenti d

3.1. Habermas: il collegamento morale risultato della democrazia deliberativa

Iniziamo l’analisi della democrazia deliberativa fatta da Habermas. Questo autore sostiene una teoria sul fondamento del diritto realmente complessa e ricca, poiché si appoggia su elementi di numerose (e contrapposte) tesi preesistenti allo scopo di approfittare dei contributi veramente utili di ciascuna di esse. Il suo pensiero “si oppone al positivismo per la sua mancanza di critica dialettica e la sopravvalutazione della realtà, si oppone al funzionalismo e alla teoria dei sistemi, per ridurre il mondo della vita a formule, per i suoi schemi riduttivi e il suo aspetto normativo. Però allo stesso tempo cerca di raccogliere aspetti di queste teorie”183. L’opera habermasiana collega la teoria del linguaggio, la teoria etica e la teoria sociale.

Come passaggio precedente per identificare il problema giuridico, Habermas realizza un’analisi dell’agire sociale dove, tra molte altre materie, si embrica il diritto. Le due principali manifestazioni dell’agire sociale sono quella comunicativa, che permette la comunicazione tra soggetti, e quella strategica o strumentale, orientata al successo della collettività. L’agire comunicativo si rivela vitale per il progresso della società dal momento che questa è una costruzione collettiva che richiede lo sforzo congiunto della cittadinanza per prosperare. È chiaro che la semplice ricerca individuale del successo comporterà la frammentazione e il fallimento sociale.

All’interno del discorso pratico frutto dell’agire comunicativo è essenziale il valore dell’uguaglianza che fondamenta la situazione discorsiva ideale sostenuta da Habermas. Questo valore garantisce i requisiti fondamentali dell’assenza di coazioni tra gli interlocutori e lo scambio libero e incontrastato di idee che deve caratterizzare ogni dialogo legittimo e valido. La pretesa di correttezza in questo contesto è chiara, poiché gli interlocutori dialogano, sempre che si presentino le condizioni ideali habermasiane (che permettono la già accennata uguaglianza nel dialogo e che analizzeremo a continuazione), cercando la verità. La tesi di Habermas si associa a una “vuotezza semantica” dato che si riduce alle condizioni del discorso, ma non al

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183. Cárdenas Rivera, M. E., Acerca del vínculo entre el Derecho, el Estado y la democracia: a propósito de Habermas y su aporte a la teoría de la interpretación y aplicación del Derecho, in Utopía y praxis latinoamericana, Revista Internacional de Filosofía Iberoamericana y Teoría Social, nº 20, 2003, p. 81.

suo contenuto184.

Come è chiaro, l’agire comunicativo è la chiave degli accordi tra soggetti che conducono alla somma di volontà e al coinvolgimento in un progetto comune. L’agire comunicativo possiede delle premesse ideali (concetti inerenti a ogni discorso linguistico) che si rivelano imprescindibili per il suo corretto funzionamento, per la sua utilità e accettazione sociale. Questi ideali avranno, logicamente, la loro effettiva corrispondenza nel mondo reale, dove si concretizzeranno in manifestazioni tangibili e caratterizzate dall’incastro polemico, in alcuni casi, con il concetto ipotetico a cui si riferiscono, e che difficilmente potranno rifletterlo in modo assoluto. Proprio questa tensione tra premesse ideali e le loro concretizzazioni linguistiche e sociali è una costante nell’agire comunicativo, come vedremo più avanti.

Queste premesse ideali posseggono un’immensa ripercussione sull’ordinamento sociale, dal momento che la loro accettazione da parte dei membri della società è la base della conservazione di tale ordinamento, cioè, a seconda se i partecipanti nella società accettino la sua validità per essere frutto di un dialogo razionale e valido. Enunciamole a continuazione: “a) Carattere pubblico e inclusione (…), b) uguaglianza nell’esercizio delle facoltà di comunicazione (…), c) esclusione dall’inganno e dall’illusione: i partecipanti devo credere in quello che dicono (…), d) assenza di coazioni”185. Vale a dire, Habermas promuove un dialogo dove nessuno sia escluso, dove esistano identiche possibilità di parlare e di essere ascoltato, dove i partecipanti agiscano in buona fede e cercando la verità, e dove nessuno sia costretto a tacere o ad appoggiare posizioni che non condivide. Autori come Alexy condividono a grandi

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184. Secondo l’opinione di Martínez de Velasco, “tale vuotezza non riflette nessun genere di imperfezione o di incompiutezza, ma deriva, come sappiamo, dalla natura formale o meta-etica della struttura di un’azione comunicativa incaricata non di dettare che cosa si deve dire o smettere di dire, ma di stabilire sotto quali condizioni acquista un significato morale l’atto della parola” (…). L’argomento principale riflette la convinzione che l’azione comunicativa non costituisce nessun discorso che ci segnali cos’è che dobbiamo fare. Ci muoviamo così in un terreno trascendentale – almeno al principio – incaricato di segnalare quali sono le condizioni che trasformino un atto di parola in un atto morale. Tali condizioni si riassumono in una, l’onestà. Questa condizione-quadro ha un doppio aspetto positivo, la trasparenza e la possibilità di incastonarsi in un discorso sociale. Martínez de Velasco, L., ¿Es posible un auténtico Estado de derecho democrático? Jürgen Habermas y las aporías de la sociedad liberal, in Eidos, Revista de filosofía, nº 9, 2008, pp. 201 e 203.

185. Habermas, J., Acción comunicativa y razón sin transcendencia, Paidós, Barcelona 2002, p. 56.

Anche Sunstein considera che le precondizioni della democrazia deliberativa sono “l’uguaglianza politica, l’assenza di comportamento strategico, la piena informazione e l’obiettivo di raggiungere l’intesa” (Sunstein, Cass R., A cosa servono le costituzioni: dissenso politico e democrazia deliberativa, Il Mulino, Bologna 2009, p. 61).

Luigi Bobbio incide sulla stessa idea affermando che i due pilastri della democrazia deliberativa sono “l’uso del confronto argomentato” e “l’inclusione di tutti gli interessi e i punti di vista che sono toccati dall’oggetto della discussione”. L’autore la considera una forma di democrazia partecipativa (Bobbio, L., Dilemmi della democrazia partecipativa, in Democrazia e diritto, 4, 2006, p. 11).

linee questa posizione186. Il punto c) è particolarmente utopico se partiamo dalla base che non ci stiamo riferendo alla discussione politica, dove non solo la volontà determinata di ingannare, ma i condizionamenti subconsci dell’interesse egoistico allontanano in molti casi il discorso del cittadino dalla pretesa della verità. Parleremo di questo più avanti.

L’esigenza di validità è il criterio dalla cui soddisfazione dipende la continuità del modello sociale vigente in ogni momento. Al momento di cercare la validità, Habermas parte, come abbiamo già indicato, dalla sua teoria consensuale delle verità, secondo la quale “la condizione per la verità degli enunciati è la potenziale approvazione di tutti gli altri”187. L’autore considera che la forza legittimatrice di una politica deliberativa risiede nella “struttura discorsiva di una formazione dell’opinione e la volontà che può solo compiere la sua funzione socio-integratrice grazie all’aspettativa di qualità razionale dei suoi risultati. È da lì che il livello discorsivo del dibattito pubblico costituisce la variabile più importante”188, obiettivo che si raggiungerà rispettando le condizioni del paragrafo precedente. Questa tesi serve per proposizioni non normative, però anche e allo stesso modo per quelle normative. La chiave della validità della proposizione sta nel fatto che essa si fonde con un consenso basato su delle argomentazioni.

Proiettiamo a continuazione la tesi hebermasiana della validità sociale sull’ambito giuridico e la sua legittimazione. La validità sociale, vale a dire, i criteri ordinatori della società

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186. Alexy considera che la dimensione pragmatica del discorso giuridico permette la sua connessione con la morale e le dà una piena validità. L’esigenza di correttezza obbliga a giustificare con argomenti, che cosa si deve fare partendo dall’uguaglianza tra gli interlocutori, la libertà dalla costrizione e l’universalità dei partecipanti “chiunque fornisca delle ragioni giustificative per qualche asserzione solleva, quantomeno in relazione al processo di giustificazione, delle pretese di eguaglianza, libertà dalla costrizione e di universalità” (Alexy, R., Discourse Theory and Human Rights, in Ratio Juris, n. 3, 1996, pp. 215-216). Le regole del discorso rappresentano in senso debole una forma di argomento pragmatico trascendentale (Ibid., p.217). “Qualcosa può essere buono e prezioso per qualcuno, senza essere buono o prezioso per tutti. Ciò che è giusto rappresenta il punto di vista morale universale. La sua priorità può essere giustificata solo mostrando che il punto di vista morale è necessario per tutti. Questo si può fare ricostruendo presupposizioni necessarie implicite in atti di parola elementari, come affermare, chiedere e argomentare, che sono inevitabili o indispensabili per tutti” (Alexy, R., La tesis del caso especial, in Isegoría, Revista de filosofía moral y política, nº 21, 1999, p. 28). Alexy descrive nella sua opera La institucionalización de la justicia le condizioni dell’argomentazione pratica razionale. Queste si dividono in quelle che sono valide per qualsiasi argomentazione pratica razionale indipendentemente dalla teoria del discorso (come la non contraddizione, la verità empirica, la ponderazione o la universalizzabilità) che valgono anche per monologhi e quelle che sono specifiche della teoria del discorso, essendo le più importanti “1. chi può parlare può far parte del discorso 2. a) qualsiasi persona può mettere in discussione qualsiasi affermazione, b) chiunque può introdurre qualsiasi informazione nel discorso, c) chiunque può esprimere le proprie opinioni, i propri desideri e i propri bisogni, 3. non si può impedire a nessun parlante, mediante una coercizione interna o esterna, di esercitare i propri diritti stabiliti nei punti 1) e 2). Ma, ricordiamo, in ogni caso “Esiste un nucleo di diritti umani che possiede validità eterna. Con validità eterna mi riferisco alla validità per tutti gli esseri umani indipendentemente dal tempo e dallo spazio” (Alexy, R., La institucionalización de la justicia, op. cit., p. 66).

187. Habermas, J., Teoría de la acción comunicativa: complementos y estudios previos, trad. de M. Jiménez Redondo, Cátedra, Madrid 1994, p. 121.

188. Habermas, J., Facticidad y Validez (sobre el Derecho y el Estado Democrático de Derecho en términos de Teoría del Discurso), 4ª edición, traducida por Manuel Jiménez Redondo, Trotta, Madrid 1998, p. 381.

attualmente dominanti, può essere divergente dalla visione sulla validità ideale, cioè, dall’insieme di premesse non vigenti sulle quali una persona o un gruppo di persone pensa che debba basarsi il sistema sociale. Quest’ultima visione può finire per essere assunta dalla maggioranza del popolo. In questo caso, la stabilità della comunità politica si sgretola e “saranno i contenuti morali della ragione politica, quelli che determineranno l’uso emancipatore della razionalità quando questa realizzi fini etici e libertari”189.

Nel passato si riuscì ad evitare questo divorzio tra la società e le pretese di cambiamento dei suoi membri attraverso le tradizioni e le istituzioni arcaiche. L’incontestabile rispettabilità delle stesse, basata sulle “verità” più sacre, e per questo indiscutibili, della coscienza collettiva, era sufficiente ad assicurare l’assenza di critiche al modello sociale, almeno in quanto ai suoi pilastri fondamentali. In questo modo, le istituzioni esercitavano un potere, però, come la tradizione, erano referenti di una validità morale embricata sin dall’antichità nell’idiosincrasia del popolo. Tuttavia, questo vincolo si rompe nella società attuale in cui la diversità è una costante e veramente in pochi ricorrono alle tradizioni per avere una guida190.

Prendendo come riferimento il proprio codice di valori o semplicemente l’egoismo che lo porta a preoccuparsi solo dei propri interessi, il cittadino non accetta più verità assolute la cui unica fonte di legittimazione è che nel passato già esistevano191. La morale religiosa, il sacrificio per la patria e altri codici etici che propugnavano il condizionamento dell’individuo, la sua dedizione a favore di progetti o enti che trascendevano la sua persona, sono stati sostituiti dall’individualismo più crudo. Gli ideali di autodeterminazione e di autorealizzazione riflettono la riduzione della morale all’ambito individuale (o al massimo di gruppo) in modo che ogni individuo giudichi quale debba essere il suo cammino, costruisca un modello di vita buona, inoltre questa scelta può essere diversa o perfino radicalmente contraria a quella che fa il suo vicino, sempre e quando non violi i suoi diritti. La morale universale e onnipresente dettata dalla religione o dallo Stato per tutto il popolo è persa nel passato.

La sfida della società è quella di trovare un nuovo criterio che sostituisca la tradizione e conservi l’integrità sociale, imponendo al cittadino doveri giuridici che restringano il suo margine d’azione, però che allo stesso tempo gli trasmettano la convinzione che è giusto che li accetti, perché si configura così un ordinamento giuridico adeguato ed efficace. “Lo Stato

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Gómez Montiel, Z., Racionalidad moral y justicia social de las instituciones políticas, in Frónesis, abril 2007, vol. 14, nº. 1, p. 86.

190. Bongiovanni, G., Costituzionalismo e teoria del diritto, op. cit., p. 113. Si veda anche Habermas, J., Facticidad y validez, op. cit., pp. 87 e segg.

costituzionale moderno può solo sperare nell’obbedienza dei suoi cittadini verso legge se, e nella misura in cui, (questa) si appoggi sui principi degni di riconoscimento, alla cui luce (...), si possa giustificare come legittimo ciò che è legale”192.

Nella nuova società, è competenza del diritto democratico conseguire tale proposito. “Attualmente l’unica fonte metafisica che dà legittimità al legislatore politico è il procedimento democratico (…). La teoria del libero discorso dà una risposta alquanto semplice su cos’è che conferisce a questo procedimento democratico la sua forza legittimatrice, poiché questo facilita la libera circolazione di temi e contributi, di informazioni e ragioni, assicura alla formazione politica della volontà il suo carattere discorsivo fondando con esso il sospetto fallibile che i risultati ottenuti conformi al procedimento siano più o meno razionali”193. Nello stesso senso, Rawls afferma che “la stabilità di una società democratica esige che la sua concezione politica possa essere il faro di un “consenso sovrapposto di dottrine ragionevoli”, che a sua volta serva da sostegno a un regime costituzionale194.

Il potere amministrativo da cui nasce il diritto deve configurare, quindi, il suo contenuto mediante il potere comunicativo il cui canale è la democrazia deliberativa (caratterizzata dalle condizioni ideali dell’ordine comunicativo precedentemente esposte), essendo legittimo solo in tal modo. È imprescindibile una teoria dell’argomentazione che recuperi la credibilità dei sistemi giuridici mediante il suo fondamentorazionale195. Inoltre il sistema che Habermas sceglie per raggiungere questi scopi è lo Stato di Diritto che “istituzionalizza l’uso delle libertà comunicative e (…) regola la trasformazione del potere comunicativo-amministrativo”196. Il governo e le istituzioni elette democraticamente hanno la capacità e l’autorità morale per formare una volontà comune in rappresentanza dei loro elettori attraverso il dialogo tra i rappresentanti politici, sulla base della quale si costruirà il diritto legittimo. Però affinché tale

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192. Habermas, J., Otoño de 1983 o la neutralización moral del derecho, in Ensayos políticos, Ediciones Península, Barcelona 2002, p. 81. Nello stesso senso De Domingo afferma che “Il funzionamento del sistema giuridico che introducono le costituzioni contemporanee è impossibile senza il concorso della ragione pratica” (De Domingo Pérez, T., Neoconstitucionalismo, positivismo y fundamentación de la obligatoriedad de la Constitución in El positivismo jurídico a examen, estudios en homenaje a José Delgado Pinto, op. cit., p. 358). “Dinanzi a un sistema giuridico come quello che sorge dalle costituzioni contemporanee è particolarmente necessario indagare quali ragioni giustificano l’obbligatorietà della costituzione” (Ibid., p.361), poiché “la semplice forza non genera obbligatorietà” (Ibid., p. 363).

193. Cárdenas Rivera, M. E., Acerca del vínculo entre el Derecho, el Estado y la democracia: a propósito de Habermas y su aporte a la teoría de la interpretación y aplicación del Derecho, in Utopía y praxis latinoamericana, revista internacional de filosofía iberoamericana y teoría social, nº 20, 2003, pp. 81e 83. Si veda anche Habermas, J., Facticidad y validez, op. cit., pp. 87 e segg.

194. Rawls, J, El Liberalismo político, op. cit., p. 96.

195. Calsamiglia, A., ¿Debe ser la moral el único criterio para legislar?, in Doxa, 1990, p. 26.

196. Cárdenas Rivera, M. E., Acerca del vínculo entre el Derecho, el Estado y la democracia: a propósito de Habermas y su aporte a la teoría de la interpretación y aplicación del Derecho, op. cit., p. 94.

legittimità sia piena ciò non si può realizzare in qualsiasi contesto, ma si richiede la configurazione di società più egualitarie, dove il modello che operi non sia solo quello in cui l’opinione pubblica riceva i problemi di un potere politico (e informativo) che la manipoli e le dica quali sono le sue sfide e i suoi bisogni, ma “un modello di iniziativa dall’esterno”, in cui gruppi che sono fuori dal governo siano capaci di risaltare i suoi problemi, di sommare volontà e di creare la pressione sufficiente su coloro che devono prendere le decisioni. “Bisogna ubicare il valore della democrazia nella moralizzazione delle preferenze delle persone come unica forma per raggiungere una filosofia pratica del potere e la sua autentica rappresentazione istituzionale, che ci permetta di scoprire e di incrementare le nuove condizioni sociali, le ingiunzioni economiche, le pratiche politiche, il concetto di giustizia e di libertà morale, con i quali costruire nuove relazioni umane di interazione e solidarietà associata alla pace e al bene in comune”, ottenendo che questa filosofia “si inserisca nella validità delle istituzioni e dei principi che le sostengono.”197.

Il potere amministrativo compierà la sua funzione di creare le norme giuridiche che sorgano da questo dialogo e che devono raccogliere le ragioni morali e i valori della società concreta, essendo fedele alle condizioni ideali dell’agire comunicativo prima citate. La sua funzione è quella di trasformare in norma effettivamente obbligatoria il frutto dell’esercizio del potere comunicativo. Dunque, la fonte di legittimità del diritto non si trova nella tradizione o nel giusnaturalismo, ma nell’atto della sua fondazione198.

Il diritto, a differenza della tradizione, è modificabile, ma il suo non adempimento comporta delle sanzioni giuridiche. Il cittadino deve essere cosciente della sua potestà per configurare l’ordinamento attraverso la sovranità, ma deve anche capire che se non adempie alle

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197. Gómez Montiel, Z., Racionalidad moral y justicia social de las instituciones políticas, op. cit., pp. 86-118. Come afferma La Torre, “La libertà come valore è potenzialmente espansiva e scatena una forza globale; il metodo democratico, al contrario, proprio rispetto al valore “libertà”, costituisce una riduzione, un quadro ridotto in qualsiasi misura. Vale a dire, il metodo, o meglio questo metodo, può tradire l’energia, la potenzialità, l’universalità del valore (La Torre, M., Discutiendo de democracia: representación política y derechos fundamentales, in Derechos y libertades, Revista del Instituto Bartolomé de las Casas, Año 2, Nº 3, 1994., p. 233). Nei regimi democratici l’azione politica dei cittadini può ridursi a un’operazione di scelta dei propri sovrani (o, più frequentemente, di un terzo dei sovrani, vale a dire dei sovrani insediati su un terzo dello spazio completo del Potere). L’elettore non determina l’azione del suo rappresentante, gli conferisce semplicemente la capacità di volere nel suo nome e nel suo interesse (Ibid., p. 243).

198. Si tratta della “connessione retroalimentativa” tra il potere comunicativo e il potere amministrativo che per Habermas assume come base la divisione dei poteri (Habermas, J., Facticidad y validez, op. cit., pp. 257 e segg.).

Nello stesso senso La Torre afferma che “Mentre nello Stato di Diritto la garanzia della libertà è costituita dalla scomposizione del Potere politico (in senso ampio) nei tre sottopoteri e nella sua sottomissione alla legge, nello Stato democratico tale garanzia risiede nell’entrata delle istanze della società civile nella dimensione politica e pertanto la sottomissione del Potere politico (in senso ampio) ai bisogni e ai diritti della società civile.” (La Torre, M., Discutiendo de democracia: representación política y derechos fundamentales, op. cit., p. 241).

norme approvate nell’esercizio collettivo di tale sovranità ne pagherà le conseguenze previste dalla legge. Tuttavia, questa minaccia non può essere mai il fondamento dell’obbedienza al diritto, tra le altre cose perché, come afferma Nino, la sua efficacia è molto limitata, giacché il cittadino approfitterà di qualsiasi sotterfugio (che il suo ingegno si incaricherà di cercare) per evadere gli obblighi derivati da una legge in cui non crede199.

Per questo, è vitale che la cittadinanza si comprometta veramente con il diritto, intendendolo come una ragione giusta e moralmente vincolante al momento di operare, cosa che può derivare solo dalla sua esigenza di legittimità in accordo con il principio di “auto legislazione del cittadino”, secondo cui coloro che sono soggetti al diritto si vedono come autori dello stesso200. Come riconosce Sunstein, “un governo democratico si basa sulle ragioni e sulle argomentazioni, non solo sul potere e sui voti”201. Solo in questo contesto di libertà, giustizia e vera democrazia sarà legittimo sanzionare il cittadino che non compia la legge.

Habermas si vanta del rigore della sua proposta, sostenendo che essa libera il dialogo cittadino da ogni pregiudizio o precondizione e lo incammina sul sentiero della Ragione202. Tuttavia, questa affermazione è incompatibile (almeno in astratto) con gli stessi obiettivi che Habermas dice di perseguire. In tal modo, e secondo la tesi di Bernstein, “la regola della maggioranza non sarà sufficiente ad assicurare il processo democratico, se non va accompagnata da determinate virtù politiche classiche, come la saggezza pratica, la giustizia, il coraggio e allo stesso tempo la moderazione”203. L’autore considera inattuabile il modello di Habermas per l’assenza di queste virtù nella società, delle virtù il cui fomento richiede premesse materiali nell’assetto sociale, come segnaleremo a continuazione204.