Terzo Capitolo
3.8 La «discesa in campo»
3.8 La «discesa in campo».
“Da domani si fa sul serio”. Alle 16:20 di domenica 23 gennaio, appena finita la partita Milan‐Piacenza, dalla tribuna dello stadio Meazza Silvio Berlusconi annunciò che sarebbe sceso nel campo della contesa politica. “La decisione è nei fatti. Ho esaurito la mia fiducia, ormai ho capito che certi protagonisti politici vivono ancora in un sistema politico che non c’è più: hanno deciso di non decidere, tradendo così lo spirito di una legge elettorale che loro stessi hanno voluto e votato”423. Appare significativa la scelta di dare l’annuncio durante una partita. Si può azzardare l’ipotesi che Berlusconi volesse trasmettere la rappresentazione che a “scendere in campo” non fosse un politico come tanti altri, ma il presidente di una squadra di calcio di successo.
In realtà Berlusconi già da un po’ di tempo nutriva una certa sfiducia per le manovre politiche di Martinazzoli e Segni. Ed ora il tempo stringeva, il 15 gennaio, Azeglio Ciampi aveva sciolto le Camere. Ma grazie ai suoi collaboratori, Berlusconi, poteva tradurre immediatamente in azione le sue decisioni. Poche ore dopo l’annuncio del presidente della Repubblica le reti Fininvest cominciarono a trasmettere spot dal titolo «Scendo in campo» finalizzati a far conoscere il simbolo di Forza Italia alla popolazione. Il 18 gennaio a Roma nasceva il «Movimento politico Forza Italia», giorno in cui venne depositato presso un notaio l’atto costitutivo e lo statuto del movimento424.
Il 26 gennaio, Silvio Berlusconi, acquisito il dato della rottura tra Segni e Bossi, ruppe gli indugi e con un gesto di notevole importanza simbolica, inviò, alla Reuters, alla Rai e alle sue stesse reti televisive una videocassetta contenente un messaggio di nove minuti e 24 secondi registrato ad Arcore. In esso annunciava: L’Italia è il paese che amo, qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare. […] La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati 423 V. Testa, Berlusconi: da oggi faccio sul serio, «la Repubblica», 24 gennaio 1994. 424 E. Poli, op.cit., p. 57.
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dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato. [...] Il movimento referendario ha condotto alla scelta popolare di un nuovo sistema di elezione del Parlamento. Ma affinché il nuovo sistema funzioni, è indispensabile che al cartello delle sinistre si opponga, un polo delle libertà che sia capace di attrarre a sé il meglio di un Paese pulito, ragionevole, moderno. Di questo polo delle libertà dovranno far parte tutte le forze che si richiamano ai principi fondamentali delle democrazie occidentali, a partire da quel mondo cattolico che ha generosamente contribuito all'ultimo cinquantennio della nostra storia unitaria. L'importante è saper proporre anche ai cittadini italiani gli stessi obiettivi e gli stessi valori che hanno fin qui consentito lo sviluppo delle libertà in tutte le grandi democrazie occidentali. […] Il movimento politico che vi propongo si chiama, non a caso, Forza Italia. Ciò che vogliamo farne è una libera organizzazione di elettrici e di elettori di tipo totalmente nuovo: non l’ennesimo partito o l’ennesima fazione che nascono per dividere, ma una forza che nasce invece con l’obiettivo opposto; quello di unire, per dare finalmente all’Italia una maggioranza e un governo all’altezza delle esigenze più profondamente sentite dalla gente comune. La storia d’Italia è ad una svolta. Da imprenditore, da cittadino e ora da cittadino che scende in campo, senza nessuna timidezza ma con la determinazione e la serenità che la vita mi ha insegnato, vi dico che è possibile farla finita con una politica di chiacchiere incomprensibili, di stupide baruffe e di politica senza mestiere. Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un’Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno più prospera e serena più moderna ed efficiente protagonista in Europa e nel mondo. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano425.
Da questo momento non si tornava indietro. Berlusconi non avendo trovato nessuno disposto a contrapporsi al cartello elettorale che preparavano le sinistre, decideva di bere “l’amaro calice”. Proponeva a questo fine un nuovo movimento politico, Forza Italia, che ancora in pochi conoscevano e si candidava leader di una coalizione che era ancora da definire, ma che stava prendendo velocemente forma.
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Per il testo esatto cfr. con S. Berlusconi, Costruiamo un nuovo miracolo, «il Giornale», 27 gennaio 1994; Per commenti al discorso cfr. L. Fuccaro, Berlusconi: il miracolo lo faccio io, «Corriere della Sera», 27 gennaio 1994; ed in V. Testa, Berlusconi: adesso ci penso io, «la Repubblica», 27 gennaio 1994.
Per un’analisi del linguaggio, M. Deni e F. Maresciani, Analisi del primo discorso di Berlusconi. Indagine semiotica sul
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Il suo era un discorso dal messaggio diretto. Berlusconi sottolineava la frattura avvenuta con l’epoca precedente, “una politica fatta di chiacchiere e baruffe”, e si candidava a sostituirla. Berlusconi al contrario proponeva un movimento politico moderato e liberale che avrebbe portato ad “un nuovo miracolo economico”, di cui egli stesso per la sua biografia personale era l’incarnazione. Esempio tipico di imprenditore che aveva costruito la sua fortuna partendo praticamente dal nulla e che aveva replicato anche come presidente di una squadra di calcio, nell’immaginario pubblico era la realizzazione di una storia di un successo. Berlusconi offriva la speranza che la crescita economica potesse ripartire, così da traghettare il paese fuori dalla secche della crisi economica e politica del ’92‐’94426.
Altro elemento cruciale del messaggio era il richiamo all’anticomunismo427. La valanga di voti andati due mesi prima a Fini e alla Mussolini dimostrava a Berlusconi che un’enorme quantità di elettori aveva lasciato la Democrazia cristiana e pur di non votare i candidati progressisti aveva scelto gli ex‐fascisti. I sondaggi, inoltre, gli avevano rivelato che esisteva una grossa fetta dell’elettorato che non voleva il governo dei Progressisti. Così Berlusconi acquisiti questi dati rilanciò la lotta al “pericolo rosso”, che rappresentava un “significativo elemento di continuità tra le coalizioni un tempo guidate dalla Dc e quella guidata da Forza Italia”428, rimettendo l’anticomunismo al centro del dibattito politico con una veemenza che anche i democristiani non utilizzavano più dai tempi del “compromesso storico”. Percependo nella società un anticomunismo piuttosto radicato e che andava oltre la percezione dell’élite politica: un sentimento diffuso per cui una parte consistente della società non accettava il “paradosso dell’89”, ovvero che la crisi del sistema sovietico avesse
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Importante in questo senso un passaggio del suo discorso dove si appella alla tradizione politica italiana: «Di questo polo della libertà dovranno far parte tutte le forze che si richiamano ai principi fondamentali delle democrazie occidentali. A partire da qual mondo cattolico che ha generosamente contribuito all’ultimo cinquantennio della nostra storia unitaria». Cfr. con S. Berlusconi, Costruiamo un nuovo miracolo, «il Giornale», 27 gennaio 1994.
427 Su come con l’entrata in politica di Berlusconi l’interpretazione dell’anticomunismo venga sia rielaborata sia
prolungata come linea di frattura storica si rimanda a G. Orsina, Introduzione. La “nuova” storia politica e la
Repubblica dei partiti, in Partiti e sistemi di partito in Italia ed in Europa nel secondo dopoguerra, G. Orsina (a cura di),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2011; cfr. anche G. Orsina, The Republic after Berlusconi: Some reflections on
historiography, politics and the political use of history in post‐1994 Italy, «Modern Italy», Vol. 15, No.1. febbraio 2010,
pp. 77‐92.
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portato alla scomparsa dei partiti anticomunisti, lasciando in vita il partito postcomunista429.
Nel campo progressista si dava scarsa credibilità al progetto berlusconiano e si ironizzava sul rilancio del “pericolo rosso”430. Si credeva che, dopo gli scandali di Tangentopoli, le elezioni del ’94 avrebbero rappresentato l’occasione palingenetica tanto attesa per chiudere definitivamente con i mali della Prima repubblica. «Era giunto il momento dell’indignazione morale, della rivolta contro il sistema dei partiti, di Tangentopoli. Si trattava di un finale la cui narrazione aveva precedenti significativi e passaggi negli anni Ottanta»431. Insomma due piattaforme profondamente differenti si sarebbero confrontate alle elezioni, ma che avevano radici profonde nelle contrapposizioni che avevano accompagnato il tramonto della Prima repubblica: all’orizzonte un vero plebiscito su due opzioni ideologicamente differenti. L’Italia, dunque, continuava ad essere un paese conteso, anzi gli eventi del ’92‐’93 e l’entrata in politica di Silvio Berlusconi avevano drammatizzato i termini del dibattito politico. Nella primavera del ’94 si sarebbe assistito ad una delle campagne elettorali più intense delle storia repubblicana. Sarebbe, dunque, continuata, anzi avrebbe toccato toni ancora più aspri, la “guerra civile verbale”432. 429 G. Orsina, Introduzione, op. cit., p. 20. 430 Intervista dell’Autore a C. Scajola, 17/04/2012. 431 D. Giachetti, Berlusconi e il berlusconismo, Edizioni Arterigere, Varese 2010, p. 37. 432 Un importante contributo su questi temi è A. Ventrone, Il nemico interno e le sue rappresentazioni, in A. Ventrone (a cura di), L’ossessione del nemico.
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3.9 Dai partiti alle coalizioni. Il Polo delle libertà e del Buongoverno.
Come abbiamo visto già dalla fine di dicembre Berlusconi aveva cominciato ad avere contatti costanti con Bossi e Fini. Si rivolgeva ai due leader dei partiti di destra, i cui elettorati, secondo i sondaggi della Diakron, apparivano i più contigui all’elettorato potenziale di Berlusconi. Ai primi di gennaio era ancora possibile un’ipotesi di allargamento verso il centro con i popolari e pattisti, ma ormai Berlusconi vi riponeva poche speranza, di fatto puntava ad un’intesa con Lega e Msi‐An. Questa rimaneva l’unica strada percorribile per costruire una coalizione che avesse possibilità di vittoria contro le sinistre. Per il mondo cattolico avrebbe fatto affidamento sul Ccd di Casini e Mastella, acquisito il rifiuto di Segni e Martinazzoli.
I negoziati tra Forza Italia ed il Movimento sociale, dai primi di gennaio ufficialmente ribattezzata Alleanza nazionale, richiamarono l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Fin dalla famosa dichiarazione di Berlusconi a favore di Fini candidato sindaco si era concentrato un grande interesse mediatico sulla possibile intesa. Un’alleanza elettorale con il partito erede della tradizione fascista costituiva un’assoluta novità nel panorama della politica italiana, nonostante il cambio di nome del partito ed alcuni gesti simbolici del suo leader Fini433. Eppure l’ingresso in politica di Berlusconi ebbe l’effetto di innescare un’immediata quanto inaspettata legittimazione degli ex‐missini434. Poi sdoganati di fatto attraverso il voto popolare nelle amministrative del 1993. La crescita del partito dimostrava anche che gli elettori moderati credevano nel percorso di trasformazione dal Msi in Alleanza nazionale, con annessa accettazione delle regole democratiche e l’abbandono delle ultime reminiscenze fasciste435.
Il 13 febbraio 1994, Fini e Berlusconi annunciarono il loro accordo. Avevano trovato un’intesa per correre insieme al Sud e al Centro, Forza Italia ed Alleanza nazionale si
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Per esempio l’11 dicembre Fini si reca alle Fosse ardeatine per rendere omaggio alle vittime dell’eccidio nazista. Cfr. M. Latella, Fini compie la svolta: va alle Fosse ardeatine e dà vita ad Alleanza Nazionale, «Corriere della Sera», 12 dicembre 1993; la svolta missina invece avviene a fine gennaio tra l’ultimo congresso del Msi e quello di fondazione di An, cfr. B. Tucci, Fini battezza Alleanza nazionale, «Corriere della Sera», 23 gennaio 1994; G. Battistini, E Fini
sponsorizza Berlusconi, «la Repubblica», 29 gennaio 1994.
434 Cfr. A. Carioti, Dal ghetto al palazzo: l’ascesa di Alleanza nazionale, in P. Ignazi e R. Katz (a cura di), in Politica in
Italia. Edizione 1995, cit., pp. 73‐95.
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