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Quelli di Viale Isonzo, 25 La struttura organizzativa 

Terzo Capitolo

3.4  Quelli di Viale Isonzo, 25 La struttura organizzativa 

Le ricerche di mercato e i sondaggi per Berlusconi giocarono un ruolo fondamentale  nella  pianificazione  della  sua  operazione  politica.  Non  avendo  altre  strutture  a  cui  appoggiarsi furono questi strumenti a guidare le sue scelte iniziali.  

Il primo sondaggio esplorativo era stato commissionato all’Abacus già nel luglio del 1993. Il  risultato  era  stato  sorprendente:  Silvio  Berlusconi  era  conosciuto  dal  97%  della 

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popolazione, mentre il presidente del consiglio Carlo Azeglio Ciampi solo dal 51%. C’era un  giudizio molto positivo sulla sua immagine di imprenditore, piacevano il suo dinamismo, la  sua  capacità  innovativa  e  il  fatto  di  essersi  fatto  da  sé.  Inoltre  il  70%  degli  intervistati  credeva  ci  fosse  bisogno  di  un  rinnovamento  della  classe  dirigente  italiana  e  che  questo  poteva  essere  realizzato  solo  attraverso  un  nuovo  movimento  estraneo  ai  vecchi  partiti;  infine, il 78% degli elettori si dichiarava favorevole ad un nuovo partito che proponesse un  programma liberal‐democratico, con candidati nuovi e competenti, provenienti dal mondo  delle professioni, dell’imprenditoria e dell’università363.  

Questi  primi  sondaggi,  seppur  incoraggianti  non  potevano  essere  considerati  esaustivi.  Nelle  settimane  seguenti  furono  commissionati  altre  tre  indagini.  Un’analisi  del  clima  sociale  italiano  condotto  da  Makno;  un’analisi  del  clima  politico  italiano  commissionata  all’istituto  francese  Sofres;  ed  ancora  un’analisi  dell’immagine  pubblica  di  Berlusconi  commissionata  all’istituto  Explain.  Emerse  un  quadro  di  profonda  sfiducia  nei  partiti  tradizionali e della politica in generale: venivano condannati tanto la Democrazia cristiana  quanto  il  Partito  socialista,  ma  ciò  non  significava  un  travaso  di  voti  verso  il  Pds,  partito  verso  il  quale  gli  elettori  mostravano  di  nutrire  un  certo  scetticismo  per  il  passato  comunista.  

Risultava  dominante  l’incertezza  e  molti  elettori  erano  ancora  indecisi  sulle  intenzioni  di  voto.  Gli  intervistati  piuttosto  speravano  in  una  nuova  élite  dirigente  fatta  di  persone  tecnicamente competenti, ma dal linguaggio semplice; che sapessero affrontare i problemi  della disoccupazione e del debito pubblico: temi che venivano individuati come le principali  problematiche  del  Paese.  Gli  intervistati  identificavano  in  Mario  Segni  la  persona  più  adatta  a  guidare  il  cambiamento  in  Italia,  ma  al  secondo  posto  compariva  sorprendentemente Berlusconi, a cui veniva riconosciuta la capacità di essere “moderno”,  “competente”,  “efficace”  e  “convincente”.  Questi  dati  mostravano  con  chiarezza  che  era  presente nel tessuto sociale italiano un diffuso consenso pre‐politico per Berlusconi.  

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 In E. Poli, cit., p. 50. Per i sondaggi anche in G. Pilo, Perché il Polo ha perso le elezioni, Newton Compton, Roma  1996, pp. 24‐48. 

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Queste  ricerche  servirono  a  confermare  le  sensazioni  iniziali  dell’imprenditore  milanese.  Era  evidente  una  forte  sfiducia  nei  partiti  tradizionali,  tuttavia  non  c’era  una  volontà  dell’elettorato di spostarsi su posizioni progressiste.  

Non  c’erano  state  rivoluzioni  nell’orientamento  elettorale,  però  si  percepiva  l’assenza  di  una  classe  dirigente  moderata  e  credibile  che  sostituisse  il  personale  politico  del  pentapartito.  Si  era  aperto  uno  vuoto  enorme  nel  sistema  politico.  Ai  socialisti,  ai  democristiani, agli esponenti dei partiti laici non si era ancora sostituito nessuno, il Pds non  era  riuscito  ad  attrarre  questo  elettorato  nonostante  il  trionfo  nelle  città.  Alleanza  democratica poteva essere un progetto interessante attorno al quale costruire una nuova  classe dirigente, ma l’abbandono di Mario Segni, il suo membro più conosciuto, aveva fatto  tramontare il movimento politico sul nascere.  

Alle  amministrative  gli  elettori  moderati  si  erano  probabilmente  orientati  in  gran  parte  verso  l’astensione,  la  Lega  e  il  Msi,  ma  non  erano  scelte  definitive.  Quell’elettorato  non  desiderava il ritorno dei vecchi partiti ed in assenza di alternative il Msi e la Lega avevano  rappresentato  un  rifugio  temporaneo.  La  speranza  nel  nuovo  era  al  momento  riposta  in  Segni, che però stentava ad ultimare la costruzione del suo polo moderato.  

A  questo  punto  Berlusconi  desiderava  un  monitoraggio  più  costante  dell’elettorato,  non  poteva  più  affidarsi  a  società  esterne:  aveva  bisogno  di  un  gruppo  di  lavoro  che  si  dedicasse a tempo pieno al suo progetto politico. Berlusconi individuò in Gianni Pilo, fidato  responsabile dell’Ufficio marketing strategico della Fininvest, la persona adatta a svolgere  questa mansione. Giovane, all’epoca trentanove anni, dopo un faccia a faccia introduttivo,  “più  per  tastarmi  il  polso”364,  Berlusconi  gli  sottopose  lo  studio  di  Urbani,  quello  famoso  sulle previsioni elettorali per le politiche del 1994. Come prima cosa gli chiese di verificare  con  i  numeri,  le  statistiche  e  sondaggi  se  ci  fosse  rispondenza.  Quella  di  Urbani  era  un’analisi a tavolino, dal punto di vista dell’offerta, ora Berlusconi chiedeva a Pilo di capire  se ci fosse anche una domanda rispetto all’offerta politica che stava prendendo vita. 

Da  queste  premesse,  il  27  settembre,  nacque  a  Milano  l’istituto  di  ricerche  ed  analisi  Diakron, fondato da Gianni Pilo, che subito fu affiancato da un altro giovane del Gruppo,  Mario  Valducci,  già  direttore  del  settore  Sviluppo  immobiliare  di  Standa,  allora 

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trentaseienne, in seguito deputato Forza Italia e sottosegretario, attuale parlamentare Pdl.  Lo  specialista  del  marketing,  Pilo,  così  descriveva  il  suo  lavoro:  «L’idea  è  capire  i  bisogni  della  gente,  creare  legami  diretti.  Ed  evitare  strutture  burocratiche  che  allontanino  cittadino e amministratori. Abbiamo realizzato e stiamo analizzando decine di sondaggi. I  risultati  dicono  che  la  gente  chiede  soprattutto  nuovi  leader,  persone  che  abbiano  prestigio e dimostrino competenza professionale. I cittadini accusano la politica di essersi  troppo  allontanata  dalla  società»365.  Ecco  il  lavoro  della  Diakron:  tastare  il  polso  della  società, andare tra la gente in città come in periferia e capire quali fossero la richieste più  pressanti. Non avendo una struttura consolidata sul territorio solo le interviste telefoniche  ed i sondaggi conseguenti potevano coprire questo deficit.  

La Diakron stabilì la sua sede a Viale Isonzo, 25, palazzo di proprietà Edilnord. Quattro piani  e  seimila  metri  quadri  nel  traffico  plumbeo  della  periferia  sud  di  Milano.  Qui  a  breve  si  sarebbe  aggiunta  oltre  alla  Diakron,  anche  il  coordinamento  nazionale  dei  Club  «Forza  Italia!» di Angelo Codignoni, 46 anni, figlio di un minatore emigrato in Belgio, diventato poi  responsabile  delle  attività  Fininvest  in  Francia  e  direttore  generale  di  La  Cinq.  Ne  coordinava l’attività dal 19 novembre: con il sostegno di una decina di persone, molte delle  quali  volontarie.  Raccontava  così  ai  giornalisti  l’entusiasmo  attorno  al  progetto  di  Berlusconi:  «Riceviamo  centinaia  di  telefonate.  Sono  persone  che  condividono  le  idee  di  Berlusconi  e  sono  disposte  a  collaborare.  Molti  si  sentono  in  colpa  per  aver  assistito  passivamente  al  degrado  politico,  e  ora  vogliono  partecipare.  Dicono:  “i  nomi  dei  partiti  cambiano,  gli  uomini  sono  sempre  gli  stessi;  non  possiamo  avere  fiducia  nelle  stesse  persone  che  ci  hanno  portato  allo  sfascio;  Occhetto  e  D’Alema  ripetono  che  sono  pronti  per  andare  al  potere,  ma  non  si  preoccupano  dei  nostri  problemi”.  Così  quelle  persone  sono pronte a sostenere chi ha mostrato nei fatti quel che sa fare. Vogliono leader capaci,  lontani dalle ideologie»366. 

Tuttavia  la  simpatia  verso  Forza  Italia  non  si  riscontrava  solo  nelle  persone  comuni,  cominciava  a  mobilitarsi  una  parte  dei  gruppi  dirigenti  rimasti  orfani  dei  loro  partiti  di  riferimento e che condividevano il progetto di Berlusconi: «Il clima politico nei primi mesi,    365  E. Parodi, Il suo uomo di marketing: ecco il nostro progetto, «Corriere della Sera», 10 dicembre 1993.  366  E. Parodi, Un palazzo per il partito di Berlusconi, «Corriere della Sera», 12 dicembre 1993. 

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quelli della costruzione del movimento, dei club, era di grandissimo entusiasmo e di grande  partecipazione.  –  Ha  ricordato  in  un’intervista  Enrico  La  Loggia,  già  amministratore  a  Palermo con la Dc e poi senatore dal ’94 con Forza Italia ‐ Noi stessi  eravamo increduli di  quanta  gente  si  schierasse  insieme  con  Forza  Italia,  con  questo  grandissimo  vento  rinnovatore,  con  il  messaggio  chiaro  e  semplice  di  Berlusconi,  con  la  qualità  di  avere  inventato  un  nuovo  linguaggio  che  colpiva  direttamente  il  cuore  e  la  mente  delle  persone»367.  

Oppure  vennero  attratti  personaggi  che  fino  a  quel  momento  erano  stati  coinvolti  sono  marginalmente  in  politica,  ma  avevano  ricoperto  importanti  ruoli  come  dirigenti  della  Pubblica  amministrazione.  Franco  Frattini,  per  esempio,  ha  così  descritto  il  clima  di  quei  mesi e il motivo della sua immediata adesione a Forza Italia: «Erano ancora gli anni sì di un  crescente  e  pericoloso  distacco  del  popolo  dalle  istituzioni.  Fare  politica  era  una  grande  conquista  e  allo  stesso  tempo  una  grande  sfida.  Quando  Berlusconi  decise  a  sorpresa  di  scendere in campo e di far nascere Forza Italia lo fece in uno dei momenti più drammatici  della nostra storia nazionale e repubblicana. Di quell’intuizione mi colpirono la velocità con  cui  ci  si  apprestava  a  nutrire  il  dibattito  politico  di  nuovi  impulsi  e  contenuti,  la  determinazione nel combattere le forze  politiche illiberali eredi del comunismo e che sino  ad  allora  avevano  utilizzato  la  politica  per  strappare  nuovi  spazi,  risorse  e  mezzi  di  indottrinamento  e  propaganda.  C’era  tanta  voglia  di  partecipazione  a  quel  nuovo  spazio  che nel panorama politico italiano aveva portato un inedito pragmatismo ed uno sguardo  immediatamente volto ai problemi economici e sociali da risolvere. Pensai che non dovevo  stare  a  guardare»368.  Forza  Italia  diventava  un  coagulo  di  esperienze  differenti,  dove  si  incontravano pezzi di gruppi dirigenti del pentapartito con persone fino a quel momento  estranee alla militanza politica. Tutto avveniva nei club che continuavano a proliferare in  tutta Italia e sotto il continuo monitoraggio dei sondaggi. Infatti, nei locali della Diakron si  continuava  a  lavorare.  Viale  Isonzo  rimaneva  il  cuore  della  costruzione  di  Forza  Italia,  nonostante  il  successo  dei  Club,  importantissimi  nel  fornire  dei  luoghi  di  aggregazione  reale, non deve sfuggire che Forza Italia rimanesse una struttura fortemente centralizzata    367  Intervista dell’Autore ad Enrico La Loggia, 16/12/2011.  368  Intervista dell’Autore a Franco Frattini, 15/11/2011. 

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e  fu  in  questi  locali  che  vide  la  luce  l’organizzazione  politico‐aziendale  destinata  ad  affrontare la «gioiosa macchina da guerra» del Pds369.   

Entro dicembre la Diakron occupava a tempo pieno 150 operatori telefonici e 20 ricercatori  ed  esperti  di  marketing,  la  metà  dei  quali  era  stata  distratta  dall’Ufficio  marketing  della  Standa  che  dirigeva  Valducci.  Già  dall’inizio  di  ottobre  i  quotidiani  sondaggi  della  società  cominciarono a raggiungere i 500 contatti. Lo schema delle interviste era sempre lo stesso.  Dieci‐ quindici domande, alcune fisse: propensione di voto, preferenze partitiche, livello di  fiducia  nei  leader,  gradimento  di  Berlusconi,  livello  di  conoscenza  di  Forza  Italia;  ed  una  parte  invece  mutava  a  seconda  degli  avvenimenti  politici.  Ogni  due  giorni  Gianni  Pilo  andava ad Arcore e relazionava a Berlusconi sull’andamento dei sondaggi. Per Berlusconi i  sondaggi  ricoprirono  una  funzione  fondamentale.  Gli  facevano  percepire  il  gradimento  verso  la  sua  persona,  il  grado  di  penetrazione  del  suo  progetto  politico  all’interno  della  società italiana, il quadro degli orientamenti di voto, delle issues che più preoccupavano la  popolazione,  insomma  guidarono  i  suoi  primi  passi  nell’agone  politico,  guidato  da  una  bussola di estrema precisione370.     3.5 Publitalia: il ruolo aziendale nell’individuazione delle candidature.    Marcello Dell’Utri fu un personaggio chiave nella costruzione del progetto politico di  Berlusconi. A lui fu chiesto di rendere reali le ambizioni di Berlusconi e le idee di Urbani.  Palermitano,  nato  da  parto  gemellare  l’11  settembre  del  1941,  laurea  in  giurisprudenza,  amico  di  Berlusconi  dai  tempi  dell’università,  all’epoca  era  il  presidente  di  Publitalia.  Questo  ramo  dell’azienda  Fininvest  era  un  caso  particolarmente  interessante  all’interno  del  Gruppo.  Publitalia  si  occupava  della  raccolta  pubblicitaria  attraverso  la  televisione  commerciale,  era  la  punta  di  diamante  del  Gruppo  dal  punto  di  vista  finanziario.  Ma  a  rafforzare la sua importanza in  Fininvest era la sottocultura che si era formata attorno a  queste persone e che si richiamava ai principi fondanti di Fininvest e di Berlusconi: essere    369  E. Parodi, Un palazzo per il partito di Berlusconi, «Corriere della Sera», 12 dicembre 1993.  370  In E. Poli, cit., pp. 50‐53. 

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aggressivi,  cogliere  ogni  occasione,  possedere  una  mentalità  vincente  e  positiva.  Erano  l’aristocrazia Fininvest: sicuramente i meglio remunerati, poi condividevano gli stili di vita e  i  modelli  di  comportamento  del  leader  aziendale  ed  inoltre  avevano  sviluppato  un  forte  senso  di  appartenenza  di  gruppo,  rafforzata  dall’idea  di  appartenere  all’élite  che  aveva  rivoluzionato il mercato televisivo e commerciale italiano negli anni ottanta. Molto più che  dei  professionisti  affermati,  erano  contemporaneamente  gli  artefici  e  il  miglior  prodotto  della cultura del benessere degli anni ottanta. 

Berlusconi  per  il  movimento  politico  non  poteva  fare  a  meno  di  queste  persone.  Consapevole  di  ciò  Berlusconi  nel  settembre  1993  contattò  il  suo  amico  Dell’Utri:  «Dobbiamo fare un partito e tu hai Publitalia»371. A Dell’Utri non serviva altro, non avendo  mai nutrito dubbi sull’opportunità che l’amico si impegnasse direttamente in politica. Già  nella famosa riunione del 10 luglio ad Arcore alla presenza anche di Confalonieri, Letta, per  discutere  del  possibile  ingresso  in  politica,  lui,  a  differenza  degli  altri  due  dirigenti,  fu  da  subito favorevole alla discesa in campo, anzi la propose come un’unica alternativa372.  Ora doveva partire solo con l’organizzazione. Per dare un’idea di cosa fossero i pubblicitari  di Publitalia riportiamo la descrizione che ne ha lasciato Montanelli: «Marcello Dell’Utri era  presidente  di  Publitalia  ossia  il  capobranco  di  quei  pubblicitari  Fininvest  che  muovono  all’attacco dei loro obiettivi come lupi affamati»373.  

Ed  infatti  alla  fine  di  settembre  del  1993374  era  già  tutto  predisposto.  Publitalia  veniva  coinvolta  ufficialmente  nel  progetto  politico  del  fondatore  del  gruppo.  Era  il  “Progetto  Botticelli”,  che  prese  il  nome  dalla  sala  Botticelli  del  Jolly  Hotel  di  Milano  Due,  dove  Berlusconi illustrò ai 26 capi‐area appositamente convocati per l’occasione il progetto del  movimento politico ed il loro compito in questo disegno: trovare un candidato in ciascuno  dei  collegi  uninominali  di  Camera  e  Senato.  Ad  ognuno  dei  26  manager  venne  altresì 

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 P. Pagani, cit., p. 138. 

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 Ricorda così Cossiga in Per carità di patria: «Il 10 luglio 1993, Berlusconi decise con i suoi massimi dirigenti di dare il  via  al  progetto  di  fondare  un  movimento  politico.  L’idea  sarebbe  stata  proprio  di  Marcello  Dell’Utri  […].  (Letta  e  Confalonieri  erano  in  disaccordo,  nda)  e  contando  sulla  mia  influenza  su  Berlusconi  mi  pregarono  di  convincere  il  Cavaliere a rinunciare all’azione politica diretta. Ma non ci fu nulla da fare». Per carità di patria, Mondadori, Milano  2003, p. 40. 

373 I. Montanelli e G. Cervi, L’Italia di Berlusconi, Bur, Milano 2001, p. 28.  374

  Sulla  data  esatta  c’è  ancora  oggi  un  certo  mistero.  Dell’Utri  ricorda  a  fine  settembre,  Lo  Jucco  afferma  che  l’incontro avvenne nella prima decade di settembre.  

140         assegnata una delle 26 circoscrizioni elettorali, che corrispondevano grosso modo alla loro  area di lavoro.  Questi uomini oltre ad essere capaci e fidati, erano perfettamente inseriti nelle strutture  economiche e sociali delle circoscrizioni di cui si dovevano occupare. Dagli anni ottanta gli  agenti  Publitalia  imperversavano  lungo  lo  stivale  intessendo  rapporti  col  mondo  imprenditoriale, ora a distanza di quindici anni molti rapporti di lavoro si erano trasformati  in cordiale conoscenza se non in sincere amicizie. Città per città, i manager Publitalia oltre  all’imprenditoria  locale  avevano  intrecciato  rapporti  anche  con  le  associazioni  degli  industriali,  le  Camere  di  Commercio,  spesso  erano  presenti  agli  incontri  dei  Rotary  Club,  avevano infine rapporti con società sportive ed istituzioni di ricerca e benefiche. Per farla  breve,  erano  perfettamente  inseriti  nel  tessuto  produttivo.  Una  struttura  con  evidenti  connotati pre‐politici.  

Uniti da una grande spirito di corpo, da un forte senso di appartenenza al Gruppo e da una  fiducia  indiscutibile  nei  confronti  del  fondatore  dell’azienda,  i  26  capi‐area  raccolsero  la  sfida di Berlusconi e di Dell’Utri con entusiasmo.  

A  coordinare  il  lavoro  a  livello  nazionale  fu  chiamato  Domenico  Lo  Jucco,  napoletano,  allora  quarantaquattrenne  e  vice  in  Publitalia  di  Dell’Utri,  che  così  ha  decritto  la  base  di  partenza del suo lavoro: «Radicate sul territorio allora c’erano due realtà: da una parte noi,  Publitalia,  5‐600  uomini,  con  un  target  medio‐alto,  poiché  avevamo  rapporti  diretto  con  imprenditori  e  inserzionisti;  dall’altra  una  struttura  come  Programma  Italia,  composta  da  tremila  persone.  Un  autentico  presidio  sui  livelli  di  risparmio  familiare,  medio‐basso,  soprattutto  una  struttura  molto,  molto  efficace  sul  territorio».  Inoltre  non  mancava  il 

know‐how: «[…] Organizzavamo seminari di medio ed alto livello per il Comitato direttivo a 

Lugano. I gruppi più numerosi, la truppa, la convocavamo negli hotel, o magari in ufficio.  Gli  argomenti  erano  anche  la  politica,  ma  con  argomenti  tipo  il  funzionamento  della  macchina pubblica, ecco. Questo verso la fine degli anni ottanta quando era ancora di là da  venire l’impegno politico»375. Però questa formazione li rendeva potenzialmente pronti ad  intervenire velocemente nel progetto.    375  P. Pagani, op. cit., p. 92. 

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Nel complesso Lo Jucco distrasse oltre ai ventisei capi‐area, una sessantina tra dirigenti a  funzionari, che accettarono di partecipare alla costruzione di Forza Italia376. Fra ottobre e  novembre,  senza  perder  tempo,  i  manager  Publitalia  furono  chiamati  a  seguire  un  corso  intensivo di politica organizzato dall’Ufficio formazione dell’azienda. Le materie andavano  dal  diritto  costituzionale  alla  storia  politica,  dall’economia  politica  ai  metodi  di  finanziamento  dei  partiti,  da  analisi  del  sistema  elettorale  allo  studio  del  marketing  politico.  Dopo  grosso  modo  un  mese  i  manager  furono  pronti  ad  intraprendere  il  loro  lavoro  di  procacciatori  di  candidati  e  di  riferimenti  per  ogni  circoscrizione  del  nascituro  partito. Inizialmente sul territorio furono aiutati dai loro agenti sottoposti e dalla struttura  di Programma Italia, radicata in maniera più capillare in ogni comune. In ogni caso la loro  prima mossa fu quella di contattare i loro clienti per capire se fossero pronti ad impegnarsi  direttamente  in  politica,  in  caso  contrario  chiedevano  informazioni  su  altre  persone  che  potessero essere interessate. Durante il mese di novembre tutti manager si impegnarono  in una serie di cene, di incontri, di telefonate, al fine di individuare in ogni circoscrizione i  potenziali  candidati,  alla  fine  di  novembre  erano  già  presenti  sul  tavolo  di  Lo  Jucco  circa  duemila nomi.  

C’era  anche  un  identikit  ideale  per  il  candidato:  persone  abbastanza  giovani,  sui  quarant’anni e che non fossero politici di professione ma avessero riscosso successo nelle  proprie  attività  professionali,  infine  devoto  al  credo  liberal‐democratico377.  Tra  i  duemila  potenziali  candidati  arrivati  sul  tavolo  di  Lo  Jucco  il  30%  risultavano  essere  liberi  professionisti,  il  12%  piccoli  e  medi  imprenditori,  circa  il  6%  erano  rispettivamente  artigiani,  docenti  universitari  o  di  scuole  secondarie  e  giornalisti,  solo  il  3‐4%  erano  provenienti dal pubblico impiego378. 

Agli  aspiranti  candidati  fu  chiesto  di  seguire  un  corso  di  formazione  di  quattro  mattine,  organizzato  dalla  Diakron  e  che  si  sarebbe  svolto  a  viale  Isonzo,  al  costo  di  cinquecento  mila lire. L’alto costo aveva lo scopo di scoraggiare chi non fosse realmente convinto del  progetto,  il  corso  infatti  fu  seguito  da  circa  cinquecento  aspiranti.  Il  corso  di  per  sé  era 

  376 In E. Poli, op. cit., p. 55. 

377 E. Parodi, Telecamere e marketing, così si addestra il candidato, «Corriere della Sera», 12 dicembre 1993.  378

  Per  un’idea  del  candidato  tipo  cfr.  C. Beria  di  Argetine, Io,  l’azzurro di  Forza  Italia, «L’Espresso»,  n.2,  anno XL, 4  febbraio 1994. 

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molto  innovativo:  veniva  insegnato  come  esprimere  concisamente,  in  trenta  secondi,  il  motivo  del  proprio  impegno  politico;  venivano  istruiti  su  come  comportarsi  in  un  tele  dibattito  alla  presenza  di  altri  8‐10  candidati.  Ma  c’era  spazio  anche  ai  contenuti,  negli  ultimi due giorni le lezioni si concentravano sui problemi sociali del paese. Ultimo capitolo  il marketing politico: venne insegnato ai potenziali candidati quale era il modo migliore per  farsi  conoscere  e  per  raccogliere  consensi379.  L’organizzazione  di  Forza  Italia,  per  metodi  utilizzati,  per  quanto  venisse  guardata  con  scetticismo,  in  realtà  stava  applicando  solo  le  più  moderne  metodologie  di  comunicazione  politica.  Presto  sarebbe  stata  imitata,  con  alterni successi, da tutte le altre forze politiche. 

Il progetto di Berlusconi era un interessante combinazione di vecchio e nuovo. Cercava per  il  suo  movimento  persone  nuove,  senza  precedenti  esperienze politiche, ma  che  dessero  corpo  ad  un  disegno  moderato  e  liberale.  Ma  non  per  questo  Berlusconi  intese,  come  la  Lega,  alimentare  il  conflitto  contro  il  pentapartito,  tra  l’altro  una  parte  di  quel  mondo