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SPAZIO DI VITA

TEMATICA 6: LE PROSPETTIVE FUTURE

4.7 Discussione dei risultati

A conclusione di questo primo studio, ci sembra di poter affermare l’utilità del modello teorico della Breakwell (1986) che si è deciso di adottare, relativamente a questo ambito di interesse.

Grazie alla sua flessibilità, tale modello ci consente sia di rispondere al primo interrogativo della ricerca in cui si voleva rilevare se e in che misura i cambiamenti corporei costituiscono una minaccia identitaria per le persone affette da questa malattia e, in particolare, quali principi dell’identità minacciano maggiormente, sia di individuare due profili differenti di individui identificandone le rispettive caratteristiche.

Negli studi di Blanch et al. (2004) è emerso che diverse aree della vita delle persone malate risultavano compromesse dalla comparsa dei cambiamenti corporei: l’area dei rapporti interpersonali, dello svolgimento delle attività quotidiane e quella relativa alla soddisfazione di sé e del proprio aspetto. Questo dato sembra concorde con quanto appena descritto relativamente ai soggetti cui abbiamo fatto riferimento, per i quali una delle aree maggiormente minacciate è proprio quella della gestione della quotidianità. Inoltre, per i soggetti intervistati, il supporto da parte del proprio contesto di vita sembra essere un elemento dello spazio di vita importante che regola la minaccia identitaria. Pertanto, anche per i partecipanti alla ricerca, l’area delle relazioni

interpersonali costituisce un fattore importante nella definizione del generale benessere dell’individuo.

Inoltre, Fernandes et al. (2007) e Martinez et al. (2005) hanno descritto una situazione in cui, al cambiamento dell’aspetto fisico e, in particolare, al dimagrimento del volto, corrispondeva una maggiore paura di essere riconosciuti come sieropositivi e, quindi, di essere discriminati. Questo dato è presente anche tra i soggetti che hanno partecipato alla nostra ricerca, i quali spesso riportano difficoltà nel frequentare persone che conoscevano prima dei cambiamenti corporei o nel frequentare la spiaggia e le piscine: in questi contesti il loro corpo si differenzia chiaramente da un corpo “normale” diventando, a loro avviso, “un tatuaggio con scritto HIV”. Come riporta la letteratura, questo timore è frequente in coloro che percepiscono un dimagrimento importante del volto o una distribuzione non proporzionata/anomala del grasso corporeo.

I risultati, inoltre, fanno emergere una minaccia rivolto al principio della distintività proprio in relazione alla paura della rivelazione della malattia a partire dall’aspetto corporeo colpito dalla lipodistrofia.

Ancora, è stato possibile individuare due profili di soggetti, i “minacciati” ed i “protetti”, che si differenziano gli uni dagli altri prima di tutto per il numero di minacce e di fattori protettivi percepiti. Tuttavia occorre sottolineare che sebbene i “protetti” manifestino un numero inferiore di minacce, non è possibile escludere in termini assoluti che la minaccia venga comunque percepita, ma pare che questi soggetti siano riusciti ad individuare una maggiore quantità di fattori protettivi, sia nel contesto sociale che li circonda (vicino e allargato che esso sia), sia al proprio interno.

Questa osservazione ci porta a riflettere su quanto già sostenuto da Ong et al. (2007): l’impatto dei cambiamenti lipodistrofici dipende solo in parte dalla reale entità delle modificazioni corporee, mentre rivestono un ruolo importante, come fattori che moderano la motivazione dell’individuo ad agire un certo comportamento (ad esempio la non-aderenza alle terapie), le credenze rispetto alla malattia, alle cause e alle possibilità di vita, l’umore e l’autoefficacia percepita.

Dall’analisi delle interviste è emerso come non sia possibile scindere completamente gli aspetti legati alla diagnosi di sieropositività da quelli legati ai cambiamenti corporei. In relazione a ciò, però, si è evidenziato un aspetto interessante. Si è, infatti, individuata una progressione temporale attraverso le sei aree tematiche identificate nelle interviste: la diagnosi; i rapporti interpersonali in seguito alla diagnosi; la gestione delle attività quotidiane; la rivelazione della malattia attraverso l’aspetto corporeo, le prospettive future. E’ possibile ipotizzare dunque che il tempo, e altre caratteristiche dello spazio di vita, spieghino le diverse forme di minaccia e i diversi principi minacciati in relazione alla “fase di malattia” in cui la persona si trova: sembra, infatti, esserci una distinzione tra i principi minacciati subito dopo la diagnosi e quelli minacciati dalla gestione delle

attività quotidiane; e, conseguentemente, è possibile che le persone utilizzino strategie di coping diverse per ristabilire il proprio equilibrio identitario.

Il tempo sembra dunque costituire, come già accennato in alcuni studi, una variabile importante da considerare nel processo di accettazione/incorporazione della malattia e nel processo di ristrutturazione identitaria.

Questo primo studio qualitativo ci ha permesso di evidenziare che la malattia può costituire diverse forme di minaccia all’identità delle persone affette da HIV/AIDS: è possibile cioè individuare nella storia e nel percorso di un malato di HIV diversi aspetti della malattia in grado di minacciare a l’identità di questa persona nei suoi diversi aspetti, ma in generale nel suo percorso di vita.

Attraverso la conduzione dell’intervista, che ha percorso il passato, presente e futuro della storia di malattia della persona, siamo riusciti ad individuare cosa nella storia di malattia ha minacciato l’identità (gli eventi, ecc.).

Siamo dunque riusciti ad individuare e considerare la lipodistrofia una delle tante possibili forme di minaccia all’identità di persone: la lipodistrofia costituisce una minaccia all’identità della persona affetta da HIV/AIDS.

Attraverso le parole delle persone intervistate è emerso che, oltre alla diagnosi di malattia che di per sé ha creato una rottura nella loro vita, il cambiamento del corpo costituisce una nuova biographical disruption, una nuova fase di rottura, quindi una nuova forma di minaccia all’identità.

L’identità di queste persone può essere minacciata dai cambiamenti del corpo legati alla lipodistrofia, identità così come definita da Breakwell, cioè una situazione in cui i principi non possiedono più un equilibrio necessario per il benessere psicologico e l’integrità dell’identità dell’individuo. E’ stato inoltre possibile individuare che la minaccia è rivolta soprattutto ad alcuni principi identitari, quello della distintività, dell’autoefficacia e dell’autostima.

A questo punto è parso interessante approfondire la ricerca cercando di consolidare i risultati ottenuti con il primo studio focalizzandoci sulla forma di minaccia che costruisce la lipodistrofia e tutti cambiamenti del corpo ad essa connessi. Questi studio, infatti, pur avendo portato risultati interessanti, soprattutto relativamente alle aree minacciate dalla lipodistrofia e ai principi minacciati, è stato condotto su 20 persone. Ci è sembrano pertanto utile e interessante se quanto emerso dal primo studio, che aveva utilizzato uno strumento qualitativo, potesse essere confermato utilizzando uno strumento più standardizzato e coinvolgendo un maggiore numero di persone.

Il secondo studio, che verrà presentato nel capitolo successivo, aveva quindi lo scopo di allargare l’analisi ad un gruppo più ampio di soggetti rispetto allo studio 1: l’obiettivo era quello di vedere quali contenuti/aspetti/aree dell’identità vengono minacciati e quali principi vengono minacciati,

oltre che indagare le strategie che, a fronte di specifiche minacce identitarie, le persone utilizzano per ristabilire un equilibrio identitario e, infine indagare come lo spazio di vita delle persone malate incide sulle forme di minacce, sui principi che vengono minacciati e sulle strategie di coping.

Anche sulla base dei risultati di questo primo studio ci sembra infatti possibile infatti ipotizzare che i differenti spazi di vita possano regolare la minaccia che la lipodistrofia può costituire per l’identità della persona affetta da HIV/AIDS, ponendosi anche come fonte che può utilizzare per trovare le risorse necessarie ad attivare strategie di coping che ristrutturino la propria identità.