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2.4 La percezione dei cambiamenti del corpo delle persone affette da HIV/AIDS

2.4.1 Qualità della vita

Nel corso del novecento è mutato il concetto di salute, concepito un tempo in termini monodimensionali come lo stato fisico dell’organismo quando ha piena funzionalità senza evidenza di malattie. A partire dal 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha riconosciuto la natura multidimensionale e vi ha integrato, in misura via via sempre più marcata, le dimensioni sociali, culturali e soggettive. Da tempo la definizione di salute non è più quella di «assenza di malattia» ma quella di «completo stato di benessere fisiologico, psicologico e sociale». Un tale cambiamento del quadro concettuale determina un cambiamento parallelo di alcuni importanti valori che riguardano tanto i singoli individui quanto le istituzioni, gli ordinamenti e le politiche delle nazioni. Il diritto alla salute è uno dei diritti fondamentali e inalienabili dell’essere umano: la sua attuazione configura una delle grandi frontiere di civiltà e progresso che sono davanti a noi.

Le misure della salute vengono conseguentemente a modificarsi e ad arricchirsi. Non sono più sufficienti gli indicatori tradizionali: morbilità, mortalità e mortalità infantile, durata della vita.

Nasce l’esigenza di indicatori di costrutti in positivo: misure non dell’assenza di malattia ma della presenza di salute. Emerge così la necessità di andare oltre gli indici epidemiologici e biomedici e di fare ricorso a misurazioni psicologiche e di carattere soggettivo.

Da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha modificato la definizione di salute (Constitution of the World Health Association, 1952, citato in Testa e Simonson, 1996), il concetto di qualità di vita ha trasceso l’idea di un indicatore sintetico degli esiti delle malattie ed è diventato un parametro fondamentale della salute individuale e collettiva da cui non si può prescindere per ogni valutazione sanitaria. C’è stato un aumento quasi esponenziale dell’interesse per questo aspetto della valutazione medica: in particolare nei paesi economicamente avanzati si è sviluppata l’attenzione alla qualità di vita e alla sua misurazione.

In questo contesto ci riferiamo al concetto di qualità di vita correlata alla salute (Health reated quality of life – HRQOL) perché meglio descrive ciò che collettivamente percepiamo della salute in rapporto a uno stato morboso.

Secondo la definizione di Marcia A. Testa con la HRQOL, qualità di vita correlata alla salute, ci riferiamo all’insieme della dimensione fisica, psicologica e sociale della salute, viste come aree distinte, influenzate da esperienze, convinzioni, aspettative e sensazioni del soggetto” (Testa e Simonson, 1996). Ciascuna di queste dimensioni può essere misurata in due prospettive: la valutazione oggettiva dello stato di salute e la relativa percezione soggettiva. Poiché le percezioni e la capacità di affrontare le difficoltà differiscono molto da un individuo ad un altro, si intuisce come

due persone con la stessa valutazione oggettiva della salute possano avere qualità di vita molto diverse.

L’OMS precisa che la qualità della vita è la “percezione che ciascuna persona ha della propria posizione nella vita, nel contesto della cultura o del sistema dei valori in cui è inserito, in relazione ai propri obiettivi, aspettative, priorità, preoccupazioni”. Non si tratta dunque dello stare bene o male a seconda della presenza di sintomi di una malattia o degli effetti collaterali di terapie, ma di dimensioni più ampie. Sicuramente i sintomi influenzano, a volte in maniera significativa, queste dimensioni ma esse hanno caratteristiche a sé stanti, che molte volte prescindono dal sintomo stesso. I sintomi, come pure gli effetti collaterali, non comprendono tutte le informazioni che il costrutto di qualità della vita raccoglie: si tratta, quindi, di un concetto complesso, costituito da componenti tra loro collegate (Gill, Griffith, Jacobson e Gobach, 2002).

La qualità della vita, nei documenti dell’OMS, è una percezione soggettiva ed è rispecchiata da una valutazione soggettiva.

Il costrutto di qualità della vita connessa a salute e malattia, a giudizio degli studiosi, è un costrutto ad ampio spettro che include cinque ambiti principali: 1) lo stato fisico e le abilità funzionali, 2) lo stato psicologico e il benessere soggettivo, 3) le interazioni sociali, 4) stato e fattori economici e/o professionali, 5) fattori di ordine religioso e/o spirituale.

La qualità della vita ha le proprie coordinate nel contesto della cultura e del sistema di valori in cui una persona vive ma anche nell’insieme di obiettivi, aspettative, interessi e criteri propri dello specifico individuo.

Qualità della Vita e Lipodistrofia HIV-correlata

E’ già stato sottolineato come, in seguito all’introduzione della HAART, l’infezione da HIV si sia trasformata in patologia cronica, spostando l’attenzione dalla sola idea di morte imminente. Da qui, la necessità sempre più marcata di garantire una buona qualità della vita alle persone sieropositive:

mentre in passato l’obiettivo principale era cercare le modalità per sopravvivere alla malattia, oggi il nuovo obiettivo è vivere meglio.

In questo ambito la lipodistrofia può esercitare una notevole incidenza negativa sulla qualità della vita delle persone che convivono con l’infezione da HIV, e può anche indurle a sospendere le terapie che permettono loro la sopravvivenza (Guaraldi, 2003; Gordillo et al., 1999; Haubrich et al., 1999; Carr e Cooper, 2000; Guaraldi et al., 2006a; Naar-King et al., 2006). Come abbiamo già detto, la lipodistrofia viene percepita come un marchio visibile dell’infezione da HIV, quindi coloro

che percepiscono dei cambiamenti nel proprio corpo possono sentirsi esposti e vulnerabili di fronte agli altri.

Non è possibile trascurare che la percezione soggettiva dell’individuo non sempre corrisponde alla valutazione medica. Ci sono quindi persone che pur presentando una marcata lipodistrofia non la percepiscono come tale e quindi continuano a svolgere le proprie attività, lavorative e sociali, senza subire ripercussioni di nessun genere. Altri percepiscono invece anche il minimo cambiamento corporeo come un consistente segno distintivo della malattia e, questo, può avere notevoli ripercussioni sul loro stato di benessere, influenzando anche le interazioni sociali e la quotidianità.

Pertanto è importante non trascurare la percezione soggettiva che l’individuo ha del proprio corpo, in quanto essa influisce marcatamente sulla valutazione di sé (Mancini, 2001) e sulla qualità della vita.

Blanch et al. (2002) affermano che l’impatto della lipodistrofia HIV-correlata sulla qualità della vita dipende maggiormente da alcune caratteristiche dell’individuo, piuttosto che dalla presenza della lipodistrofia in sé: ci sono alcune caratteristiche individuali che sono associate ad un maggiore impatto della lipodistrofia sulla qualità di vita. Questi autori hanno considerato tre aree per definire la qualità della vita: l’area della capacità fisica, cioè il funzionamento fisico ed intellettuale; l’area della funzionalità psicologica, cioè la capacità di recupero psicologico attraverso il rilassamento, il sonno, il cibo e le attività ricreative; infine l’area dell’umore positivo o negativo, che misura il benessere psicologico. Questi autori hanno condotto uno studio, condotto su un campione di 150 individui sieropositivi, dei quali 84 (56%) mostravano segni della lipodistrofia: i risultati riportano che coloro che ottenevano un punteggio alto in queste scale (capacità fisica, funzionamento psicologico e umore positivo/negativo) mostravano uno stato d’animo migliore, un maggiore equilibrio emotivo, una migliore attenzione, maggior ottimismo, meno ansia, meno irritabilità, meno sentimenti di paura e meno hopelessness (disperazione). In questo studio è emerso anche che i pazienti omosessuali, coloro che erano disoccupati e coloro che seguivano un trattamento psichiatrico risultavano più vulnerabili all’impatto della lipodistrofia sulla qualità della vita, mostrando valori alterati in tutte e tre le aree, dimostrando quindi che non era la lipodistrofia in sé ad influire sulla qualità di vita dell’individuo. Gli autori concludono affermando che per valutare l’impatto che questa patologia ha sulla qualità della vita di ciascun individuo è opportuno considerarla insieme alle caratteristiche dell’individuo stesso.

Un altro studio, che è giunto a risultati simili, è quello condotto da Blanch, Rousaud e Martinez (2004). In questo studio si è valutato l’impatto della redistribuzione di grasso corporeo sulla qualità della vita dei pazienti sieropositivi. Anche in questo caso è emerso che non era la lipodistrofia in sé ad avere un effetto uniforme sulla qualità della vita di queste persone: alcuni cambiamenti corporei

erano legati ad un cambiamento della qualità di vita percepita in alcune aree. In generale da questo studio è emerso che la lipodistrofia aveva un impatto sulle relazioni sociali per il 63% dei pazienti presi in considerazione; in particolare il 68% riportava una compromissione nello svolgere le attività quotidiane, il 68% riferiva un impatto sulla sessualità e l’83% un impatto sulla stima di sé.

Inoltre è emerso che la compromissione nell’area della sessualità era correlata ai cambiamenti nell’area addominale e del collo; il calo dell’autostima era invece correlato prevalentemente con i cambiamenti dell’area addominale; la compromissione delle relazioni sociali con i cambiamenti che si verificavano a livello del collo, delle gambe e del tronco; la compromissione delle attività quotidiane era infine correlata con i cambiamenti nelle gambe e nelle braccia. Questi risultati, secondo gli autori, confermano quindi che certi sottogruppi di pazienti mostrano una maggiore compromissione psicologica di specifiche aree della qualità della vita dovute ai cambiamenti corporei, quindi gli interventi medici e psicologici rivolti a questi sottogruppi dovrebbero essere rivolti a migliorare la qualità della vita dei pazienti sieropositivi sottoposti a trattamento HAART.

Dai risultati di questo studio appare quindi evidente l’importanza della componente soggettiva nel valutare la qualità di vita di un individuo e di sviluppare strumenti adeguati alla misurazione di questo costrutto, vista la rilevanza che esso ha per il benessere psicofisico dell’individuo. Secondo alcuni autori (Guaraldi et al., 2006a) è sembrato quindi opportuno, per indagare la qualità della vita dei soggetti sieropositivi, valutare una dimensione particolare di tale costrutto, una dimensione che si riferisse più direttamente alla dimensione estetica, affettiva e cognitiva e che riguardasse il grado di coinvolgimento psicologico nel proprio aspetto fisico. Tale dimensione è stata individuata nell’Immagine Corporea, un costrutto multidimensionale che comprende percezioni, pensieri e azioni nei confronti del proprio corpo.

In relazione all’importanza di considerare la valutazione soggettiva che il paziente riporta rispetto alla propria immagine corporea, Guaraldi et al. (2006a) sottolineano la presenza di una correlazione tra l’entità dei cambiamenti del corpo così come viene percepita dai pazienti e la qualità di vita percepita dagli stessi; ciò a sottolineare il ruolo marginale dell’“oggettività del cambiamento”

misurato dai medici.