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Dismissione e riqualificazione del paesaggio nell’area centrale barese

Nel documento Riutilizziamo l'Italia. Report 2013 (pagine 84-89)

Il territorio metropolitano della città di Bari ha costituito il banco di prova per misurare e qualificare all’interno di un contesto specifico e rappresentativo il fenomeno della dismissione, nonché per avviare una verifica sul campo della coerenza dei quadri interpretativi e della applicabilità delle strategie progettuali del nuovo Piano Paesaggistico Territoriale Regionale.

Questo territorio, fortemente antropizzato e in cui sono rintracciabili diverse dinamiche di abbandono, permette di delineare una panoramica ampia, capace di rappresentare sia le dinamiche strettamente legate al territorio pugliese, che quelle relative più genericamente a tutte le città di medie dimensioni e alle situazioni metropolitane.

A tal fine la definizione dell’area di indagine si è estesa fino alla prima corona di centri urbani presenti nell’hinterland, comportando l’inclusione di ambiti urbani, infrastrutturali, produttivi e agricoli: in sintesi il cuore dell’area metropolitana di Bari. E’ quella stessa area che, nelle strategie del PPTR, comprende il grande spazio intercluso tra i centri urbani a corona del capoluogo, destinato alla formazione di un parco agricolo multifunzionale.

Pertanto, ad un ampio spazio prevalentemente antropizzato e in cui come vedremo si registrano significativi e diffusi episodi di dismissione, si contrappone la visione ordinatrice del PPTR, tesa a restituire dignità ad ambedue le componenti (città e campagna) attraverso le forme assunte dai suoi progetti strategici.

All’interno di quest’area, incrociando le informazioni di database open source15

con la ricognizione diretta del territorio, e quindi utilizzando un approccio fortemente pragmatico e di visione diretta, è stata effettuata una mappatura dell’intero territorio, alla ricerca di indizi di dismissione o abbandono, da verificare quindi poi attraverso altre fonti.

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LR n 20/2009 Norme per la pianificazione paesaggistica.

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Google Earth, Google Street View, Bing, cartografia comunale, archivi delle principali testate locali, ricerche bibliografiche e riscontro diretto.

Tutte le aree della dismissione sono state classificate in base alle categorie che maggiormente ricorrevano nella esperienza concreta di analisi del territorio: aree produttive, aree militari, patrimonio pubblico, relitti infrastrutturali, edifici residenziali, edifici storici. Un patrimonio volumetrico difficilmente quantificabile, ma anzitutto un patrimonio di aree che rappresenta l’8,5% delle superfici urbanizzate.

Del totale delle aree dismesse circa i due terzi sono rappresentati dalle aree produttive: grandi e vecchi impianti industriali, soprattutto risalenti alla prima industrializzazione novecentesca, con un certo contributo di immobili con valore di archeologia industriale, in situazioni abbastanza prossime alle aree centrali urbane; ma anche una dismissione recente, dovuta al fallimento degli investimenti della stagione della industrializzazione del secondo dopoguerra. Le altre aree dismesse, tutte edificate, sono rappresentate da quelle militari (che, tra effettivamente dismesse e sottoutilizzate, assommano al 20%), e via via dalle altre categorie citate.

Tuttavia, una piena valutazione del patrimonio territoriale inutilizzato è possibile solo prendendo in considerazione le aree antropizzate vuote. L’individuazione di questa categoria è stata necessaria per identificare e quantificare un fenomeno di abbandono strettamente legato al consumo del suolo ed alle dinamiche di espansione dei centri urbani, ma meno conosciuto, e spesso ancor meno percepito dalle stesse comunità: aree destinate a standard non ancora realizzati; in attesa di trasformazione per edificabilità prevista da piano o aspettativa di varianti o nuovi piani; residuali e inedificabili per forma e dimensione, giacitura; fasce di rispetto; intercluse ovvero non più coltivate perché inglobate nel tessuto urbanizzato.

L'area centrale barese: ortofoto; stralci dal PPTR riferiti alla “Carta del patrimonio territoriale dei paesaggi della Puglia” e allo Scenario Strategico “Patto città-campagna”

L'area centrale barese: mappatura della dismissione e delle aree antropizzate vuote

Superficie totale: 224.051.043 mq AREE DISMESSE: 7.610.064 mq

AREE ANTROPIZZATE VUOTE:

17.501.487 mq

Totale aree rilevate: 25.120.551 mq (11% della superficie totale)

Dai dati complessivi sono emerse percentuali impressionanti. Ad esempio si è riscontrato come la somma delle aree inutilizzate arrivi a comporre l’11% dell’intero territorio metropolitano (2.512 su 22.405 ha, una quantità corrispondente, se vogliamo, alla superficie di più di 7 aeroporti come quello già presente nell’area). All’interno di queste aree notevole è l’incidenza delle aree antropizzate vuote, pari al 69,5% del totale delle aree in stato di abbandono, che dimostra come la dismissione propriamente detta sia solo una parte del problema del degrado e del consumo del suolo. In particolare le situazioni di “attesa”, all’interno o meno dei processi di pianificazione, dimostrano quanto spesso i piani generino effetti, soprattutto perversi, anche per le parti non realizzate. Dunque spesso è la stessa pianificazione causa scatenante di molti processi di abbandono e sottoutilizzo del territorio.

In definitiva in questo territorio metropolitano si rileva un fenomeno tutt’altro che marginale o limitato a situazioni peculiari: esso è esteso dal punto di vista spaziale, riguardando tanto la città capoluogo quanto i centri urbani contermini; articolato tipologicamente, comprendendo una molteplicità di situazioni di partenza, di certo con una notevole aliquota di aree produttive dismesse, ma anche con una molteplicità di altre situazioni, caratterizzate da diversi livelli di compromissione; presente senza soluzioni di continuità in tutti gli spazi urbani periferici e di margine, attribuendo a quest’ultimo una connotazione costantemente negativa. In particolare ciò che risulta fortemente compromesso da questo fenomeno è proprio la dimensione paesaggistica del territorio, segnato da un degrado diffuso e da una periferizzazione estesa.

Pertanto questa pervasività e strutturalità del fenomeno -cui si alludeva nella prima parte del testo- non possono che evocare una strategia che sappia andare oltre le singole opportunità offerte dalle specifiche situazioni e che contempli un approccio sistematicamente orientato al riuso. Un approccio che, in altri termini, utilizzi tali spazi - e non altri - in modo decisamente preferenziale per qualsivoglia trasformazione.

In questa visione, il PPTR pare offrire opportunità notevoli. Occorre dunque interrogarsi su quale possa essere il ruolo strategico di questi spazi della dismissione per dare sostanza agli scenari del PPTR ed in particolare a quelli della campagna del ristretto e del parco agricolo multifunzionale. E viceversa occorre interrogarsi su come gli strumenti offerti dal PPTR possano supportare gli interventi di riuso. Per dare risposte a ciò, occorre anzitutto prendere atto delle diverse condizioni di partenza di queste aree:

- se si tratta di suoli in attesa, questa attesa andrebbe riconvertita, riorientata verso usi più sostenibili e coerenti con gli indirizzi forniti dal PPTR; ovvero creando una sinergia tra le politiche urbanistiche (eventualmente compensative) e le misure del PSR volte alla costruzione di uno spazio agricolo multifunzionale (Asse III, Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale);

- se si tratta di suoli residuali o di fasce di rispetto, per i quali è comunque esclusa una aspettativa edificatoria, il riuso può essere orientato verso usi minimi o a basso tenore di trasformazione (orti sociali), o come elementi della rete ecologica (es. finanziamento primo imboschimento)

- se si tratta di aree destinate a standard non realizzate, l’esperienza dei PIRP e della rigenerazione ormai insegna come attraverso le pratiche sociali si possa pervenire a interventi di riuso partecipati e durevoli;

- se si tratta della dismissione propriamente detta, la dimensione, l’articolazione e la giacitura delle aree dismesse nel territorio dovranno suggerire politiche specifiche, mirate al consolidamento insediativo piuttosto che alla restituzione agli usi rurali, ad incrementare le dotazioni urbane piuttosto che a costruire nuove parti di città complesse.

In ultimo, non va trascurata la dimensione temporanea della dismissione o del mancato utilizzo: una temporaneità che può spingersi anche in un tempo lungo, dell’ordine di molti anni; basti pensare ai tempi lunghi di cessione, acquisizione e realizzazione delle aree a per le dotazioni urbane: anni nei quali si consumano processi di degradazione non solo delle singole specifiche aree oggetto delle azioni, ma anche dell’intorno, del contesto e persino degli abitanti dei quartieri così caratterizzati. Per rimuovere questa criticità se da un lato i processi di pianificazione possono migliorare le proprie performance, riducendo o evitando il crearsi di aspettative e contraendo i tempi per l’attuazione delle parti pubbliche, dall’altro pare ormai essenziale promuovere usi temporanei e reversibili, che consentano di manutenere il territorio di preservare le aree e gli interi quartieri dall’impoverimento di funzioni e valori.

In definitiva, il territorio metropolitano di Bari mostra come al manifestarsi del fenomeno della dismissione in termini così significativi sia possibile associare determinate tipologie di azioni di riuso, tutte orientate da obiettivi e idee guida comuni. Mostra anche come una visione strategica del territorio attribuisce valore aggiunto agli interventi di riuso, perché li riscatta da una dimensione episodica e opportunistica e li inquadra entro un orizzonte comune.

In questa prospettiva, riusare il patrimonio territoriale non obbedisce solo all’obiettivo quantitativo del contenimento del consumo di suolo, ma traguarda l’obiettivo della riqualificazione dell’ampio spazio, anche semantico, del paesaggio. Ma vi è di più: se il riuso fosse il centro tematico di tutte le pianificazioni, non solo di quella paesaggistica, avremmo davvero voltato pagina rispetto ai decenni passati; quei decenni che, coltivando l’idea del nuovo, hanno generato quel deposito immenso di spazi della incertezza con cui oggi facciamo i conti.

Bibliografia e sitografia

Camagni R., Gibelli M.R., Rigamonti P., 2002, I costi collettivi della città dispersa, Alinea, Firenze.

Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, 2012, Rapporto 2012, INU Edizioni. Magnaghi A., 2010, Il Progetto Locale, Bollati Boringhieri, Torino.

Mininni M. (a cura di), 2011, “La sfida del Piano Paesaggistico per una nuova idea di sviluppo sociale sostenibile”, Urbanistica, n.147.

http://www.paesaggio.regione.puglia.it/ http://www.regione.puglia.it/drag/ http://rigenerazione.regione.puglia.it/ http://mobilita.regione.puglia.it/ http://bollentispiriti.regione.puglia.it/

CAP. 8. P

AESAGGI E TERRITORI REGIONALI

:

TRASFORMAZIONI E POTENZIALITÀ DEL RECUPERO

di Alberto Ziparo

Nel documento Riutilizziamo l'Italia. Report 2013 (pagine 84-89)

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