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La Piana Fiorentina: dalla situazione storica del territorio alle tendenze attuali della

Nel documento Riutilizziamo l'Italia. Report 2013 (pagine 107-109)

In Italia come in Europa nella maggioranza dei casi discutere della peculiarità di un luogo dal punto di vista paesaggistico è pressoché equivalente a parlare della peculiarità dello stesso dal punto di vista della sua funzionalità ecologica tipica. Entrambi gli aspetti sono due facce interpretative della medesima medaglia e sono il frutto di quanto si è affermato e determinato nel corso dei secoli passati. In ogni territorio però si notano aree più o meno vaste che fanno eccezione: si tratta di tutte

quelle zone che hanno subito recentemente trasformazioni pesanti a seguito delle quali esse non possono più vantare una propria originaria identità né di tipo paesaggistico né di tipo ecologico. Il caso preso in esame rientra a pieno titolo fra questo tipo di situazioni. Si tratta dell'area pianeggiante posta a nord ovest di Firenze che è stata duramente compromessa in molte sue parti nel corso degli ultimi 50 anni e che ancora oggi è fatta oggetto di ulteriori paranoiche volontà, sia pubbliche che private, di espansione del costruito.

È interessante innanzitutto osservare che rispetto a tutto il contesto ambientale che circonda il capoluogo toscano, caratterizzato da ambienti di tipo collinare, questa modesta zona pianeggiante di origine alluvionale rappresenta di fatto una parte minima. Almeno in senso teorico dunque, sulla base di un puro criterio di rarità, questo tipo di paesaggio di pianura (o sempre per dirlo in altri termini equivalenti, questa area con la sua specifica funzionalità ecologica) avrebbe dovuto meritare una forte attenzione da parte di chi ha governato e pianificato nelle ultime decadi. L'importanza di questo patrimonio territoriale, proprio per il fatto che non ha eguali nel restante contesto fiorentino, era quindi molto evidente ma nemmeno in minima parte questo è stato preso in considerazione. Di conseguenza oggi la Piana appare quasi totalmente modificata nel suo assetto ecologico e paesaggistico originario.

Gli ambienti palustri e semipalustri naturali, tanto per citare solo l'elemento certamente più caratteristico conosciuto, abbondanti nei secoli passati in questa pianura sono completamente scomparsi da tempo così come, nelle zone rimaste ancora libere da costruzioni, tutto ciò che contraddistingueva fino a poche decine di anni fa la trama del territorio agricolo tipico, come la rete delle siepi campestri, i fossi, gli stradelli e le singole unità abitative agresti.

Il processo di bonifica e trasformazione del territorio è stato così ampio che ha determinato, oltre al forte danno sull’ambiente e sul paesaggio, un gravissimo aumento del rischio idraulico. Qui, come in altre aree pianeggianti della Penisola, la distruzione delle zone palustri prima e l’ampia occupazione di suolo con costruzioni di ogni tipo dopo ha infatti significato la scomparsa degli spazi aperti dove le acque potevano esondare nei momenti di piena. In particolare dagli anni '50 ad oggi questo progressivo e massiccio processo di occupazione del suolo non solo ha sempre più esposto al grave rischio di alluvione le stesse nuove aree edificate, evidentemente collocate urbanisticamente nel luogo meno adatto, ma ha determinato anche un forte aumento dello stesso problema (rischio idraulico) nelle altre aree urbanizzate (quelle storiche poste ai piedi delle colline circostanti), proprio perché non più protette come un tempo dalla presenza al centro della pianura di spazi liberi a disposizione per l’esondazione naturale.

Visto con gli occhi attuali, quanto avvenuto negli ultimi anni sembra però solo in parte attribuibile ad un processo casuale dettato dall'incompetenza e dal conseguente mal governo della risorsa territoriale (nei suoi vari aspetti paesaggistici, naturalistici ed idraulici). In realtà anno dopo anno tutto il processo si è sempre più incanalato in una ostinata e precisa scelta politico-amministrativa di area vasta di sopprimere definitivamente l'identità di questo luogo. È come se si fosse voluto creare ad arte uno stato progressivo di disordine e di svilimento delle caratteristiche dell'area, che a sua volta potesse giustificarne un'ulteriore possibilità di saturazione con qualsiasi nuovo tipo di progetto.

L'area nel suo complesso appare dunque oggi uno dei territori maggiormente urbanizzati della Penisola rendendo ancora più facile l'azione di chi, in modo perverso, continua a candidare il luogo al ruolo di contenitore perfetto (ripostiglio o fogna) per tutto ciò che è ritenuto scomodo o sgradevole per la città fiorentina sensu strictu. Poco importa dunque se una vastissima fetta di popolazione dell'area fiorentina vive nei comuni di questa fascia di territorio (Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Signa, Lastra a Signa e Scandicci) e un'altra grandissima fetta di popolazione vi

prende contatto ogni giorno per motivi di lavoro o altro (dalle stime della stessa Regione Toscana si parla addirittura fino al 60% dei cittadini toscani). Ancor meno importa se questa stessa area è la più importante (si potrebbe quasi dire l'unica) porta di ingresso a Firenze da ogni direzione si provenga (Autostrada A1; Ferrovia Milano-Roma; Autostrada Firenze-Mare A11; Ferrovia Pisa-Firenze; Superstrada Firenze-Pisa-Livorno).

Per avere più mano libera, evidentemente, qui il paesaggio non doveva contare più nulla. Tutte le grandi decisioni del recente passato e ancora quelle dell'attuale Amministrazione del capoluogo tentano di imporre il silenzio su questo argomento. È palesemente in atto in questi ultimi anni un ulteriore notevole sforzo politico di Firenze nel cercare di decretare al più presto la definitiva scomparsa di questo territorio: il consumo di suolo, dell'ultimo suolo rimasto ancora libero da infrastrutture, fa parte ancora oggi della grande manovra coercitiva della città più grande a discapito delle aree amministrate dai comuni vicini più piccoli. Firenze dunque impone con sprezzante superiorità la cancellazione dell'identità paesaggistica dei luoghi di questi comuni, con la dissoluzione di ogni loro aspetto storico-paesaggistico-naturalistico, nonché contestualmente e conseguentemente la cancellazione dell'identità propria delle singole comunità presenti.

Nel documento Riutilizziamo l'Italia. Report 2013 (pagine 107-109)

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