Dopo una storia secolare caratterizzata dal continuo riuso dello spazio abitato e delle sue strutture, al punto che la città stessa si caratterizza come prodotto della continua risignificazione degli elementi che la compongono per una sorta di processo metabolico per il quale ciò che era resta ma cambia comunque, a partire dal ‘900 tutto ciò non è più accaduto, o è accaduto in misura decisamente inferiore.
Il disinteresse e l’incapacità di riutilizzare il materiale urbano caratterizzano il novecento; e questa incapacità accompagna un contestuale sviluppo urbano intenso e ineguagliato nella storia per dimensioni e materiali costitutivi.
Caratterizzandosi come tratto distintivo del novecento -e soprattutto della sua seconda metà-, questa incapacità caratterizza soprattutto i prodotti di questa città: caratterizza quindi quel grande spazio della contemporaneità che ha preso il nome di periferia. Se infatti la periferia si caratterizza per ciò che le manca, nel caso della dismissione questa dimensione dell’ assenza è al suo apice, perché ad essa si aggiunge l’ombra di ciò che era, ovvero il senso di perdita legato alle funzioni, alle forme, alle economie che erano depositate nell’oggetto dismesso.
Quindi un primo elemento di riflessione riguarda il fatto che esiste una convergenza, un legame indissolubile tra dismissione e periferia: la dismissione contribuisce ad aumentare lo spazio della incertezza; dilata ed enfatizza lo status della periferia; in alcuni casi la genera.
Ma non solo: anche in Puglia i processi di urbanizzazione e soprattutto di industrializzazione e infrastrutturazione realizzati negli anni dello sviluppo hanno intaccato i luoghi paesaggisticamente più sensibili e delicati: si pensi ad esempio all’uso della costa come spazio privilegiato per la localizzazione della grande industria. Laddove l’industria è dismessa, o pur permanendo ha generato spazi di degrado nel suo intorno, si pone oggi il problema di una riqualificazione che non è solo ambientale e funzionale, ma anche paesaggistica; si tratta in altri termini di restaurare il paesaggio o, più spesso, di produrre nuovo paesaggio.
Allargare poi lo sguardo dai fenomeni della dismissione propriamente detti a quelli del mancato utilizzo di aree che, pur investite da processi di urbanizzazione, restano latenti nella loro configurazione, ovvero a quell’immenso repertorio di aree, ritagli, sfridi, che un significato urbano non l’hanno mai avuto2
, significa fare i conti con un patrimonio di aree immenso e dalle enormi potenzialità di riuso.
Dunque il focus di questa riflessione riguarda non tanto e non solo il tema del riuso di oggetti e spazi dismessi intesi come episodi singolari e di pregio (pur essendo la Puglia ricca comunque di un
2 Se tra queste aree comprendiamo tutte quelle destinate a servizi e mai realizzate, il fenomeno in Puglia, come in tutto il
patrimonio di questo tipo all’interno delle città; si pensi ad esempio ai casi di archeologia industriale e soprattutto ai grandi manufatti costitutivi il patrimonio storico); quanto piuttosto la dimensione sistemica e strutturale della dismissione e del mancato utilizzo che caratterizza interi territori e le relative configurazioni paesaggistiche, rispetto alle quali si ritiene che le soluzioni progettuali debbano avere una pari sistematicità e strutturalità.
Come è ovvio un approccio di tale natura richiede un supporto di conoscenza non episodica, pur nella consapevolezza che la dinamicità del fenomeno, soprattutto negli ultimi anni, rende ogni ricognizione instabile e provvisoria. Ebbene, nonostante negli ultimi anni un proliferare di basi informative e di strumenti di pianificazione abbiano fortemente modificato il quadro delle conoscenze territoriali della regione, su questi aspetti manca tuttora un focus specifico. Oggi la ricerca, il censimento e la classificazione del fenomeno sono agli esordi e soprattutto originati da iniziative “dal basso”, quindi di grande interesse ma contraddistinte dalla eterogeneità degli approcci e degli stessi linguaggi e categorie di classificazione3.
Peraltro, osservando il territorio pugliese di certo emergono alcuni tratti connotativi dei fenomeni della dismissione, legati alle specificità della sua storia recente. Infatti ci sono aspetti, luoghi e temi della dismissione che caratterizzano interi territori e che quindi pongono problemi comuni sui medesimi oggetti, che probabilmente appartengono ancora a soggetti riconoscibili. Si allude ad esempio a:
- le stagioni delle attività produttive (la stagione del tabacco e le moltissime manifatture salentine, in pratica una per ogni comune, ora tutte dismesse),
- le grandi attrezzature, spesso mai completate o entrate in esercizio, derivanti dagli investimenti pubblici (le grandi infrastrutture finanziate con i fondi della CasMez – piattaforme logistiche, interporti, centri direzionali, di ricerca e formazione ecc.);
- i processi di dismissione delle attrezzature pubbliche urbane derivati dalla contrazione delle attività gestite direttamente dai comuni (i mattatoi, le centrali del latte);
- le aree militari, il cui processo di dismissione è tuttora in avvio e per il momento si caratterizza per il progressivo sottoutilizzo delle strutture, avviandole alla obsolescenza e al degrado;
- le ferrovie dismesse (come quelle del Gargano) o le attrezzature ad esse originariamente legate (i Caselli della Ferrovia sud est);
- i grandi poli produttivi, ovvero le situazioni urbane più compromesse e nelle quali il fenomeno della dismissione è proporzionale a quello del notevolissimo impegno di suolo.
Quindi luoghi, temi, aree caratterizzati da una potenzialità di riuso, che opportunamente orientata anche attraverso il vaglio e le opportunità offerte dagli strumenti e dalle politiche regionali, potrebbe contribuire alla riqualificazione e rigenerazione urbana, ambientale e del paesaggio. Una riflessione in tal senso e su uno degli ambiti più problematici, quello della parte più urbanizzata dell’area metropolitana barese, è stata compiuta in questa ricerca e riportata in sintesi all’interno di questo scritto.
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Una recente ricerca ha registrato le attività di circa 15 gruppi informali che operano nel campo della conoscenza del patrimonio della dismissione; cfr. A. Cariello “Abbandono, dismissione, riuso”, intervento al convegno Dismissione & Riuso in Puglia: problemi, buone pratiche, buone idee, Bari, 21 marzo 2013.