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La nuova strategia di intervento

Nel documento Riutilizziamo l'Italia. Report 2013 (pagine 109-114)

All'interno di una situazione territoriale così aspra e complessa è maturata dagli anni '90 ad oggi una nuova strategia di intervento, promossa dall'autore per conto del WWF Toscana.

Si tratta di un piano molto determinato e articolato di riscatto della dignità del territorio rimasto ancora libero da infrastrutture, che trova la sua attuazione attraverso la presa in consegna di vaste aree di territorio e la loro trasformazione in nuove zone di grande valore ecologico-funzionale ed estetico-paesaggistico, a cominciare dalla ricostruzione delle famose antiche paludi scomparse ormai da molte decine di anni.

All'inizio, circa 20 anni fa, questo progetto poteva sembrare senza dubbio molto ambizioso, se non addirittura utopistico, ma le varie realizzazioni susseguitesi nel tempo hanno suscitato nella popolazione e negli enti locali un interesse così vivo che via via sono stati sempre più numerosi i soggetti pubblici e privati che hanno fatto domanda per entrare in questo nuovo particolare sistema territoriale, mettendo a disposizione ulteriori aree da riprogettare e tutelare.

Anno dopo anno si è proceduto alla costruzione di un insieme di nuovi luoghi, pianificati e progettati nei dettagli tecnici dall'autore, ove è presente di nuovo lo storico paesaggio che fino a pochi anni prima sembrava destinato a restare solo nell'ambito delle antiche leggende locali.

Il sistema, in costante aumento, si compone di varie aree che si estendono per decine e decine di ettari. Questi paesaggi di straordinario interesse sia ambientale che estetico si richiamano l'un l'altro e sono i nodi di una nuova rete ecologica diffusa in tutta la pianura.

Il sistema si fonda sulla partecipazione in primo luogo di quattro Amministrazioni comunali (Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Signa e Lastra a Signa) e poi di molti altri soggetti territorialmente competenti fra cui l'Università degli Studi di Firenze (Nuovo Polo Scientifico Universitario di Sesto Fiorentino), i tre Consorzi di Bonifica, il Consorzio Quadrifoglio (ente deputato alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti dell'area fiorentina), la Società cui fanno capo i proprietari delle cave di ghiaia poste lungo l’Arno nell'area di Signa (stakeholder privato), etc. Proprio il coinvolgimento di un così ampio numero di soggetti pubblico/privati nell'opera di trasformazione (e successiva gestione) di vaste aree di territorio è di per sé da considerarsi una forte garanzia di tutela di tutto il sistema nel futuro.

In molti casi le aree oggetto di intervento sono state appositamente acquisite o espropiate allo scopo.

Nel corso di questi anni la cartografia locale si è modificata con l'inserimento di nuovi toponimi i cui nomi (lago, stagno, pantano, etc.) dichiarano il ritorno dei paesaggi da sempre tipici della pianura.

Oggi tutta questa rete diffusa di nuovi luoghi è gestita, in accordo con i vari enti/soggetti di cui sopra, dal locale Comitato per le Oasi WWF dell'Area Fiorentina tramite l'elaborazione di appositi piani tecnico-operativi sotto la responsabilità scientifica dello scrivente.

Recentemente infine anche alcuni settori della Regione Toscana, dopo decenni di elaborazione di varie ipotesi di intervento rimaste solo sulla carta, hanno deciso di occuparsi più direttamente di questo territorio e hanno iniziato un articolato progetto di pianificazione volto alla realizzazione futura di un Grande Parco della Piana da Firenze fino a Prato. Il sistema in oggetto si troverà ad essere così la spina dorsale di questo nuovo parco territoriale.

Non è questa la sede per descrivere i vari aspetti scientifici e tecnici di questo complesso progetto di creazione di nuovi luoghi (già oggetto di specifiche pubblicazioni, si veda Scoccianti C., 2006) né quelli connessi alla ricerca pura nel campo dell’estetica del paesaggio (si veda a tale proposito il sito web: Artlands.it). Quanto segue vuole piuttosto riassumere i maggiori risultati raggiunti e riflettere sul valore di questa strategia dal punto di vista sia concettuale che pratico, e quindi il ruolo che questo progetto assume in quanto realisticamente replicabile in molte situazioni analoghe in Italia come in altre nazioni.

Partiamo innanzitutto da come è iniziato a formarsi questo nuovo sistema di paesaggio e come si è diffuso in tutta la pianura negli anni successivi. Vengono successivamente esaminati i principali risultati.

10.2.1. I primi interventi

Tutto è partito dalla creazione delle prime due aree, pianificate pressoché negli stessi anni (1992- 1994), l'una più ampia (Stagni di Focognano, Comune di Campi Bisenzio), realizzata in risposta alle leggi vigenti in tema di conservazione dell'avifauna migratoria, e la seconda, di minori dimensioni, nata come diretta conseguenza (intervento di compensazione) di un forte impatto ambientale prodotto sulle aree di riproduzione di alcune rare popolazioni di Anfibi dalla realizzazione del Nuovo polo Scientifico Universitario presso Sesto Fiorentino.

Occorre subito puntualizzare che in entrambi i casi la situazione di partenza delle aree oggetto degli interventi di creazione dei nuovi habitat era quanto di più povero e desolante si potesse trovare. In particolare nel caso di Focognano si trattava di una zona tipica di periferia urbana, caratterizzata da un paesaggio estremamente semplificato e banale, con campi coltivati con metodi intensivi, vecchi viottoli punteggiati da discariche, un'ampia strada asfaltata abbandonata e qua e là baracche e appostamenti fissi da caccia in muratura e cemento armato costruiti abusivamente. L'area confinava inoltre con due autostrade e con la zona industriale dell'Osmannoro (la più importante della Toscana), da cui era divisa dall'impianto di smaltimento di rifiuti solidi urbani di Case Passerini.

Il progetto conteneva in sé dunque il carattere di una vera e propria sfida: dimostrare che era possibile creare dal niente un luogo dove potessero riesplodere nella loro grande bellezza tutte le forme di vita che un tempo erano tipiche e nella pianura. Allo stesso tempo ciò voleva dire far sì che

ogni cittadino potesse di nuovo immergersi in quei paesaggi storici di tipo palustre che ormai si ritenevano perduti per sempre.

10.2.2. La diffusione del modello di intervento in altre aree della pianura

Una volta realizzati i primi interventi e avviate le varie attività con il pubblico (visite guidate, conferenze, sopralluoghi/convegni all'aperto, didattica con ogni ordine di scuola, didattica in ambito accademico, organizzazione delle azioni di gestione principalmente basate sul lavoro di squadre di volontari adeguatamente formate, etc.) una forte quanto continua azione di promozione e di pressione su altri soggetti pubblici e privati che potevano avere a disposizione altre aree da trasformare permise in pochi anni la crescita rapida del sistema.

Come era stato all'inizio, anche nei successivi casi di realizzazione di nuovi luoghi la situazione di partenza rimaneva sempre caratterizzata da un paesaggio pressochè azzerato, di scarsissimo valore estetico ed ecologico. Sottolineare questo punto è fondamentale perchè questa particolare strategia di intervento si è mossa sempre e comunque a partire da zero, senza avere alcuna possibilità di far leva su valori già evidenti. Non si è trattato dunque, come in genere accade in altri casi, di condurre battaglie per tentare di tutelare gli ultimi importanti lembi di un paesaggio residuale, ma di un'azione fortemente determinata a convincere gli enti locali della necessità di costruire ex novo gli ambienti storici che erano localmente scomparsi da decine di anni.

Ogni ente/soggetto locale ha dovuto quindi credere fortemente nella nuova idea di progetto e conseguentemente investirvi: ogni intervento nasce dunque attraverso un atto di assunzione di responsabilità dell'ente nei confronti del territorio e delle possibilità reali di intervenire per potenziarne lo status e dunque il valore identitario.

Per ognuno dei progetti eseguiti vi è alle spalle un lungo lavoro di studio, di individuazione delle effettive possibilità di arrivare a nuove realizzazioni, di redazione dei progetti e contemporaneamente di forte pressione politica perché si passasse quanto prima alle fasi esecutive. In ogni caso si è trattato sempre di una libera scelta, sia da parte del soggetto proprietario delle aree e spesso attuatore delle opere di progetto sia da parte del WWF (ente proponente) che poi è entrato nelle fasi di progettazione, realizzazione e gestione successiva delle opere. Tutto questo va sottolineato per puntualizzare che mai in nessun caso si è trattato di compromessi: tutte le opere realizzate sono il semplice frutto della volontà comune di riottenere localmente il paesaggio tipico scomparso e di metterlo in rete con le altre opere già realizzate. Non vi è stato alcun do ut des, in cambio magari del silenzio su quanto potesse avvenire in altre aree vicine, inserito, come purtroppo molto spesso accade in Italia, nelle 'solite' spoetizzanti e banali politiche urbanistiche che devono essere sempre ritenute inaccettabili per principio in quanto rendono tutti complici di ulteriori manovre di consumo di suolo. Proprio questa assenza di compromesso politico fa di questo nuovo sistema territoriale di paesaggi viventi un importante caso di condivisione profonda da parte di tutta la società del valore del territorio.

10.2.3. Le casse di espansione come ulteriore possibilità di ampliamento del sistema

Negli ultimi anni, dove è stato politicamente possibile, la nuova pianificazione del territorio nel nostro Paese è stata costretta, anche per legge, a prevedere e realizzare a lato dei corsi d'acqua nuove aree dove questi potessero espandersi durante le piene (zone di laminazione, casse di espansione, e simili), diminuendo in tal modo il rischio di esondazione nelle altre zone già occupate dal costruito. Tutto questo rappresenta un cambio di rotta epocale da parte della nostra società, che per la prima volta dopo 2500 anni di bonifica organizzata, e quindi di lotta aperta in ogni pianura contro gli spazi di pertinenza fluviale, ha ammesso le gravi conseguenze di queste dissennate opere

e, dove ancora vi sono aree libere, sta tentando di correre ai ripari costruendo spazi dedicati proprio ai corsi d'acqua e alla loro dinamica stagionale.

Per compiere però un salto di qualità decisivo per il territorio è opportuno che la società prenda in considerazione non solo gli aspetti legati esclusivamente alla mitigazione del rischio idraulico ma anche a quelli della riorganizzazione del paesaggio originario e quindi di quell'insieme straordinario di ambienti umidi di vario tipo che caratterizzavano ogni pianura nei pressi dei corsi d'acqua. È necessario quindi che nell'ambito della progettazione di queste nuove aree dedicate alla sommersione nei momenti di piena si attuino specifici interventi di costruzione e rivitalizzazione ambientale capaci di far assumere a questi stessi luoghi le loro tipiche caratteristiche paesaggistiche che, ovviamente, corrispondono anche a quelle tipiche dal punto di vista della funzionalità ecologica.

In questo ambito proprio la Piana Fiorentina, grazie ai numerosi progetti realizzati nell'ambito della costruzione delle casse di espansione, è divenuta il maggior laboratorio sperimentale a livello nazionale (Scoccianti C., 2006).

10.2.4. La varietà degli habitat ricostituiti

Ognuno degli interventi è stato progettato facendo riferimento alle risorse ambientali locali (in particolare alla risorsa idrica), all'ampiezza delle aree disponibili, alle possibilità in termini operativi dei soggetti finanziatori e infine al ruolo che ciascuna area poteva avere all'interno del nuovo sistema, in modo da potenziarne il valore in termini ecologici ed estetici. Si hanno dunque oggi aree contraddistinte da estesi canneti, bacini lacustri aperti, acquitrini, prati umidi, zone di ecotono con siepi e macchie, etc.

In seguito a una precisa scelta progettuale tutti questi nuovi luoghi assumono una propria dinamica stagionale e quindi mostrano aspetti diversi in ogni periodo nell'anno.

La correttezza delle scelte progettuali e gestionali è attentamente misurata tramite monitoraggi continui delle specie presenti, con particolare riferimento a quelle di cui è stato riconosciuto da tempo il valore di bioindicatori per i diversi tipi di habitat (Scoccianti, 2006).

10.2.5. I vincoli di tutela

Ognuno dei nuovi luoghi viene opportunamente posto sotto tutela, spesso ancor prima della realizzazione dei lavori. È interessante specificare che le aree presenti all'interno delle casse di espansione, in quanto parte delle opere idrauliche medesime, risultano di per sè già protette sotto molti aspetti (inedificabilità, etc.).

In alcuni casi è stato anche seguito l'iter della istituzione di specifiche aree protette, sulla base delle norme regionali su questa materia. Molte aree sono divenute anche SIC (Sito di Importanza Comunitaria, in base alla Direttiva 92/43/CEE 'Habitat') e ZPS (Zona Speciale di Protezione, in base alla Direttiva 79/409/CEE sulla ‘Conservazione degli uccelli selvatici’).

Fig. 1 Status di alcuni terreni prima degli interventi_ baraccamenti abusivi in zona S. Donnino(Campi Bisenzio FI).

Fig. 2 Lavori in corso per un nuovo bacino lacustre _ sullo sfondo a sinistra la Chiesa dell’Autostrada di Michelucci.

Fig. 3 Uno dei nuovi laghi costruiti nell’area dell’Oasi WWF Stagni di Focognano.

Nel documento Riutilizziamo l'Italia. Report 2013 (pagine 109-114)

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