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Diversità culturale: la nozione

CAPITOLO III La ricerca di armonia fra mercato e cultura nel diritto internazionale

1. La "Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali"

1.1 Diversità culturale: la nozione

Il concetto di “diversità culturale” rinvia al gran numero di forme tramite cui le culture dei gruppi e delle società si esprimono. La diversità culturale non è riflessa solamente nelle differenti forme tramite cui il patrimonio culturale dell’umanità viene manifestato, arricchito e divulgato attraverso la molteplicità delle espressioni culturali, ma anche tramite maniere distinte di produzione artistica, di creazione, di divulgazione, di distribuzione e di apprezzamento delle espressioni culturali, a prescindere dalle tecnologie e dei mezzi utilizzati.

Il termine diversità non è stato sempre così comune nelle legislazioni e per quanto riguarda il settore culturale, è stato utilizzato in anni molto recenti. La Costituzione francese, per esempio grazie all’inclusione nella legge costituzionale 1 marzo 2004, n. 2005 della Carta dell’ambiente, fissa la terminologia “diversità biologica”.

Tutto ciò può essere dovuto al fatto che secondo alcuni autori il concetto di diversità mina l’idea di uguaglianza146, necessaria all’attuale Stato di diritto in cui viviamo e presupposto indispensabile per la libertà di tutti i cittadini.

Il “diritto alla differenza” è invece oggi imprescindibile e tutti gli ordinamenti giuridici e i vari organi statali ne devono tenere conto. A dire il vero il diritto alla differenza è sempre esistito, anche se magari non veniva rappresentato in maniera esplicita con una sua

terminologia tecnica: si pensi alla tutela delle minoranze linguistiche e al concetto della libertà di culto, di cui agli articoli 6 e 8 della Costituzione. Tutto ciò è accaduto anche in altri ordinamenti147; certamente il regionalismo e il federalismo spronano al riconoscimento della differenza, sviluppata come una maggiore indipendenza politica dagli enti statali. Lo Stato federale o diviso in varie regioni è esso stesso messaggero e tutore della diversità, pur naturalmente all’interno dei limiti di una totalità nazionale, che viene assicurato in differenti forme148. Di “diritto alla diversità” si è discusso in ambito nazionale riguardo ai diritti delle minoranze religiose149. Un altro dibattito che è implicitamente collegato al concetto di “diversità” è quello della tutela delle minoranze linguistiche150.

All’interno della Convenzione viene sottolineata l'importanza del sapere tradizionale, in particolare per quanto riguarda i sistemi di conoscenze dei popoli autoctoni, con l’obiettivo di proteggere la diversità delle espressioni culturali, “in particolare nelle situazioni in cui (esse) possono essere minacciate di estinzione o subire gravi alterazioni”, all’interno viene citata anche la diversità linguistica che viene indicata come un “elemento fondamentale della diversità culturale" e viene ribadito il “ruolo basilare svolto dall'educazione per la protezione e promozione delle espressioni culturali”. Tra gli obiettivi che sono proposti all’art. 1, sono presenti naturalmente: quello di proteggere e promuovere la diversità delle espressioni culturali (punto a), di creare situazioni tali per cui è possibile alle diverse culture svilupparsi e interagire senza vincoli in modo da evolversi a vicenda (punto b), di stimolare l’interculturalità (punto d) e la promozione del rispetto della diversità delle espressioni culturali e la consapevolezza del suo valore ai livelli locale, nazionale e internazionale (punto e).

L’occasione è opportuna anche se il punto è marginale rispetto al tema che stiamo trattando per approfondire il tema dell’interculturalità citato nel punto d, poiché, specialmente negli ultimi anni, l’attenzione all’educazione al patrimonio culturale dal 147 Anche negli Stati Uniti, dove il confronto sulla diversità è impegnato particolarmente sulla tematica razziale, con esiti molto complicati, esiste un’interessante rivista giuridica incentrata unicamente sulla relazione fra diritto e razza: il Michigan Journal of Race & Law.

148 V. AA.VV., La definizione del principio unitario negli ordinamenti decentrati, Giappichelli, 2005, pp 41-89.

149 Disegni G., Ebraismo e libertà religiosa in Italia. Dal diritto all'uguaglianza al diritto alla diversità, Einaudi, 1997.

150 Nel nostro Paese di cui i più importanti esponenti di questo dibattito sono Sergio Bartole e Alessandro Pizzorusso.

punto di vista della diversità culturale e dell’interculturalità è stata posta non solo dall’Unesco con la Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità culturali del 2005 ma anche dall’UE (che tramite il Lifelong Learning Programme151 sta appoggiando con una stabile continuità progetti di educazione e di ricerca-azione indirizzati ad approfondire nuove vedute sulle “culture” delineate nei musei) e dal Consiglio d’Europa e da altri organi internazionali come l’International Council of Museum (Museum and cultural diversity: policy statement, 1997) e l’International Council on Monuments and Sites (The Icomos Charter for the interpretation and presentation of cultural heritage sites, 2007). Attraverso le azioni di questi organismi molti musei in Italia e in Europa hanno iniziato a testare nuovi metodi per l’educazione orientata all’integrazione. Dalla mappatura delle esperienze finora realizzate affiora uno scenario complesso, ma che si può ricollegare a tre metodi molto usati152:

• il “multiculturalismo conoscitivo” (o “culture in mostra”), il cui fine è quello di promuovere in un pubblico locale un maggiore riguardo e riconoscimento delle diverse culture, a volte raffigurate in maniera deformata oppure completamente messe da parte dai nostri musei o dai luoghi di esposizione;

• l’“alfabetizzazione” dei nuovi cittadini nella cultura principale, tramite la progettazione di programmi e attività per favorirli ad approfondire la conoscenza della storia, della lingua, dei principi e del passato nello Stato in cui si sono trasferiti;

• la promozione nelle comunità migranti di una coscienza della propria cultura d’origine, come ad esempio con la “programmazione culturalmente specifica” propria dei musei antropologici ed etnografici.

A questi metodi si stanno aggiungendo nuovi esempi progettuali e pratici, che pensano il patrimonio culturale come un insieme “in divenire” di prodotti da risistemare in un luogo sociale di scambio e l’educazione al patrimonio secondo una visione interculturale come una “pratica trasformativa” che fissa l’enfasi non tanto sull’apprendimento delle differenze culturali (il diverso come oggetto di apprendimento, le culture intese come

151http://romatrepress.uniroma3.it/wp-content/uploads/2019/12/Lifelong-and-lifewide-learning-and-

education-Spagna-e-Italia-a-confronto.pdf

152 ERICarts Institute (a cura di), Sharing Diversity. National approaches to intercultural dialogue in Europe, studio compiuto per la Commissione Europea - DG Educazione e Cultura, 2008

organismi stazionari e chiusi), quanto sull’inaugurazione di spazi dialogici di incroci, di ascolto e di studio corrisposto, di edificazione e condivisione di espressioni. Fra gli ambienti di sperimentazione più innovativi vanno citati:

• la preparazione dei mediatori di origine immigrata come “nuovi portavoce” del patrimonio di un museo (come ad esempio percorsi istruttivi sostenuti dalla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Centro Studi Africani e Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino”, Fondazione Ismu e Museo Popoli e Culture del PIME a Milano);

• l’impiego di tecniche teatrali e di altre tecniche di mediazione dei patrimoni che solo da poco hanno iniziato a diramarsi nei musei (es. programma pluriennale “Un patrimonio di tutti”, Città di Torino. Settore Educazione al Patrimonio Culturale; progetto “A Brera anch’io”, Pinacoteca di Brera; progetto “Storie Plurali”, Museo Ettore Guatelli).