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L’UE e il settore audiovisivo

CAPITOLO III La ricerca di armonia fra mercato e cultura nel diritto internazionale

6. Presidenza francese VS Netflix Nuove questioni sull’eccezione culturale?

7.4 L’UE e il settore audiovisivo

Il compito dell’Unione Europea nel comparto audiovisivo è quella di formare un solo mercato europeo per i servizi audiovisivi. Bisogna quindi valutare tutti gli aspetti culturali in seno alle politiche dell’UE. Le decisioni sono prese nel quadro della procedura legislativa ordinaria.

Più di un milione di cittadini dell’UE lavorano direttamente nel comparto audiovisivo e dei media. Ciò interessa non solo i più classici mezzi di comunicazione come la radio, la TV e la cinematografia ma anche, dopo l’avvento di internet, numerosi nuovi media, che spaziano dalle pubblicazioni digitali ai servizi online. L’UE favorisce la collaborazione fra i paesi aderenti in questo ambito e supporta la loro attività nella sfera della creatività secondo gli artt. 167 e 173 del TFUE. La direttiva sui servizi di media audiovisivi pone le fondamenta per un mercato europeo dei servizi audiovisivi aperto e imparziale. L’Unione europea, in aggiunta, redige programmi di aiuto economico come “Europa Creativa” (2014-2020) e promuove la diffusione di contenuti su internet, l’educazione agli strumenti di comunicazione e il pluralismo di questi.

L’Unione europea assicura il rispetto per la ricchezza della propria diversità culturale e linguistica e vigila sulla difesa e sulla crescita del patrimonio culturale europeo.

Il trattato precisa che la Comunità deve considerare gli aspetti culturali nelle azioni che rientrano in altre disposizioni del trattato, fra cui la politica della concorrenza, nel cui ambito sono concessi fondi pubblici nel comparto dell’audiovisivo.

L’obiettivo di mantenere e promuovere le differenze culturali è stabilito nel TFUE dall’art. 167 e anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE all’art. 22: l’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica. Per quanto concerne le politiche interne, l’art. 167 TFUE, che ha permesso lo sviluppo delle azioni culturali (in particolare tramite il programma Cultura 2000), obbliga, al par. 4, a considerare la dimensione culturale anche nelle altre politiche comunitarie. A tal proposito, la libertà della circolazione dei servizi nel mercato interno nel settore audiovisivo è tutelata tramite la direttiva “Televisione senza frontiere”, che è importantissima per guidare la politica televisiva dei singoli Paesi dell’Unione. Questa direttiva nasce da disegno di legge

avanzato dal Governo italiano, mosso anche da un provvedimento richiesto dall’UE nei confronti della Legge Gasparri256 .

La riforma del sistema radiotelevisivo introdotta imposta dalla legge 112/2004257 (legge Gasparri), accettata dopo un complicato iter durato più di due anni con disposizioni per la riorganizzazione del sistema radiotelevisivo e della RAI, oltre che una delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione, ha rappresentato la conclusione di un largo confronto in cui le decisioni della Corte costituzionale sul pluralismo dell’informazione258 e il messaggio trasmesso dal Presidente della Repubblica alle Cameresono stati oggetto di molta attenzione.259 Dal punto di vista generale, la riforma introdotta nel comparto radiotelevisivo dalla legge n. 112 del 2004 vuole fissare una normativa “di sistema” che guardi allo sviluppo tecnologico e dei mercati e del nuovo quadro normativo europeo dettato dalle direttive sulle “comunicazioni elettroniche”260, agevolando il procedimento di convergenza tecnologica e la conversione dalla trasmissione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale, la pluralità e la concorrenza nel comparto, oltre a ridefinire il compito del servizio pubblico in questo ambito. Nel Parlamento Europeo si era fortemente diffusa l’opinione che l’integrazione dei cittadini dell’Unione non potesse attuarsi senza un’armonizzazione comunitaria del principale media: la televisione. Su idea dell’Europarlamentare italiano Ettore Andenna, è stata quindi emanata la direttiva “Televisione senza Frontiere” (TSF).

256https://web.archive.org/web/20070928010316/http://www.pubblicitaitalia.it/news.asp?id_news=36183 257 https://www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/commissioni/allegati

/09/09_all_07.pdf

258 Nello specifico, la sentenza n. 466/2002 della Corte Costituzionale decideva la necessaria fissazione di un termine ultimo e non posticipabile, il quale comunque non superasse il 31 dicembre 2003, per la irrevocabile conclusione del “regime transitorio” (con le conseguenze previste dalla normativa allora in atto per le emittenti accedenti i limiti anti-trust, cioè la trasmissione dei programmi irradiati da queste emittenti solamente via satellite o via cavo, oltre che l’attuazione da parte della Rai della terza rete senza pubblicità). In relazione alla data annunciata la Corte costituzionale puntualizzava che essa “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui all’art. 3, comma 7 della legge n. 249 del 1997 e che “la presente decisione, concernente le trasmissioni radiotelevisive in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.

259 Il progetto di legge, autorizzato da ambedue le Camere, era stato infatti rinviato dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato, secondo l’art. 74 della Costituzione, per una nuova deliberazione, il 15 dicembre 2003. https://www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni /commissioni/allegati/09/09_all_03.pdf A riguardo del messaggio del Presidente della repubblica alle Camere inerente al pluralismo dell’informazione. https://www.camera.it/cartellecomuni/leg14/Rapporto AttivitaCommissioni/commissioni/allegati/09/09_all_02.pdf

Il principio di mantenere e promuovere le differenze culturali si applica anche ad una dimensione che va al di là dell’azione comunitaria, infatti l’art. 167 annuncia che la Comunità e i Paesi aderenti appoggino questo modello nei loro rapporti internazionali, come contributo a un ordine mondiale basato sullo sviluppo sostenibile, sulla convivenza serena e sul confronto fra le diverse culture.