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Il ruolo dei diritti di proprietà intellettuale nella tutela del patrimonio culturale contemporaneo

CAPITOLO II La dimensione attuale del patrimonio culturale 1 Introduzione

5 Il ruolo dei diritti di proprietà intellettuale nella tutela del patrimonio culturale contemporaneo

109 Cfr. i dati del Rapporto 2017 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere.

110 Industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico, performing arts e arti visive, produzioni creative-driven.

I Diritti di proprietà intellettuale hanno cambiato la propria funzione nella sfera di protezione del patrimonio culturale odierno. Fin dal 1886, quando entrò in vigore la Berne Convention for the Protection of Literary and Artistic Works, la tutela offerta alle opere culturali (almeno quelle riproducibili) ha trovato consueta sistemazione nella difesa, patrimoniale ed etica, del diritto d’autore, valutata per molti anni essenziale e sufficiente all’obiettivo, così da potersi assicurare che la protezione transnazionale di questi beni culturali terminasse nella regolamentazione del diritto d’autore.

Una tale situazione formatasi con l’origine della stampa, e con la sua incidenza sugli aspetti sia strutturali (l’opportunità di fermare su un supporto “materiale” un concetto in cui si esauriva il contenuto dell’opera112), che funzionali (il veloce transito della scrittura da mezzo per trasmettere cultura e folclore ad un reale lavoro che è capace di creare introiti secondo sistemi ed obblighi commerciali e monetari) della attuale produzione artistica113. Va inoltre rilevata la propensione degli Stati aderenti all’Unesco a non trascurare il tema della proprietà intellettuale, specialmente nel diritto d’autore, aggiungendo a questo i principi formativi ed educativi in modo che non fosse una concessione per pochi soggetti ma un vantaggio per tutti, adeguando gli interessi presenti in questo ambito. In questo percorso è presente anche l’intervento UNESCO che ha promosso nel 1952 la Universal Copyright Convention, la quale, oltre a contare una considerevole quantità di Stati aderenti114, tramite l’osservanza del diritto d’autore si prefigge che sia possibile “assicurare il rispetto dei diritti dell’individuo e incoraggiare lo sviluppo della letteratura, delle scienze e delle arti” e che una appropriata tutela “faciliterà una più ampia diffusione delle opere della mente umana e accrescerà la conoscenza internazionale”115. Tali finalità sono effettivamente perseguite nella seconda versione della Convenzione che annuncia un’articolata regolamentazione di riserve a vantaggio 112 In questa prospettiva va fatta la separazione tra corpus mysticum e corpus mechanicum, elaborata da Kant, Von der Unrechtmäßigkeit des Büchernachdrucks, reperibile online all’indirizzo < https://btfp.sp.unipi.it/dida/kant_7/ar01s06.xhtml >

113 Lo stesso concetto si può estendere alla produzione musicale, trasformatasi in «industria» con l’arrivo dei primi strumenti capaci di fissare su supporto analogico il contenuto di un’opera o di una sinfonia e, in forma ancora più accentuata, alla produzione audiovisiva, figlia dell’evoluzione tecnologica che fin dalla sua comparsa ne ha fatto un fenomeno capace di far circolare grandi somme di denaro.

114 L’importanza della Universal Copyright Convention sta appunto nell’aver ampliato, tramite delle decisioni che non scontentassero nessuno, lo standard normativo della Berne Convention a questi altri aderenti, ampliando di fatto ciò che era l’Unione di Berna.

115 In tal senso le disposizioni contenute nel preambolo della Convenzione sono state variate in dopo la Paris Revision del 1971.

degli Stati aderenti “regarded as a developing countries in conformity with the established practice of the General Assembly of the United Nations” proponendo loro l’opportunità di tradurre opere tutelate dal diritto d’autore “for the purpose of teaching, scholarship or research”.

È possibile affermare, cercando di fare un’ardua schematizzazione, che la proprietà intellettuale oggi ricopre quattro differenti categorie di valenze, naturalmente spesso sovrapponibili fra loro: una valenza patrimoniale, poiché i diritti di proprietà intellettuale ora rappresentano un’importante parte del patrimonio intangibile di un’impresa; una valenza difensiva, perché gli istituti della Proprietà intellettuale continuano ad esercitare la loro funzione nella protezione dei diritti dell’industria; una valenza connettiva, questo significa che gli istituti della Proprietà Intellettuale rappresentano un legame fra l’impresa e la cultura e l’arte; una valenza economica, perché i diritti di proprietà intellettuale rappresentano degli asset che consentono all’azienda di avviare innovative forme di sviluppo del patrimonio aziendale.

L’aumento delle tecnologie digitali e dei network ha mutato in profondità il quadro della difesa del diritto d’autore, sia perché i diritti che emergono nei mezzi digitali sono vari, sia perché gli schemi di diffusione e di uso producono un ambiente che è più pericoloso, specialmente per quanto interessa i produttori. L’armonizzazione sul piano internazionale delle norme è iniziata tempo fa in ragione delle qualità intrinseche dei beni intellettuali, i quali sono sempre stati diffusi con molta facilità anche al di là dei confini del Paese. I network e le tecnologie digitale hanno velocizzato ed ampliato in maniera esponenziale questo fattore, modificando velocemente il campo d’utilizzo dei beni d’ingegno.

Ci si rende conto che la realizzazione di questa tipologia di protezione sia molto problematica anche a causa del processo di digitalizzazione dei contenuti culturali che sta avvenendo negli ultimi anni, che, coinvolgendo opposti interessi privati e istituzionali, suscita varie domande specialmente per quanto riguarda la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e del diritto di accesso all’informazione e della conoscenza. Per questo motivo si ipotizza un’articolazione del regime dei beni culturali a “cerchi concentrici”116, caratterizzata da un cerchio più stretto contraddistinto dalla prevalenza delle necessità di tutela (in relazione alle peculiarità dei singoli beni culturali) ed uno più largo basato

116 Cammelli M., Covatta L., I beni culturali tra tutela, mercato e territorio, in Paper Astrid (a cura di) L. Covatta, Firenze, 2012, p. 24 ss.

sull’apertura della molteplicità degli interessi presenti (anche di tipo economico). Indipendentemente del sistema giuridico utilizzato, rimane comunque necessario un cambio di prospettiva per evitare un corto circuito fra l’estensione sul piano mondiale del patrimonio culturale e la conservazione immutata di basi teoriche (ma soprattutto organizzative) ormai superate.

Le categorie più comuni di diritti di proprietà intellettuale comprendono: attestati, i diritti d’autore, i diritti di design industriale, i marchi e in alcune giurisdizioni, i segreti commerciali.

Per quanto riguarda il nostro Paese, il diritto d’autore, come detto, è regolamentato principalmente dal Titolo IX del Libro Quinto del codice civile italiano e dalla legge 33 aprile 1941, n. 633 (e la seguente disposizione applicativa, il regio decreto 18 maggio 1942, n. 1969).

Quando venne promulgata, la legge n.633/1941 era praticamente uguale alla difesa minima disciplinata dalla convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (CUB) del 1886, ma con il passare degli anni il suo assetto è stato cambiato in differenti occasioni, anche a causa delle numerose direttive dell’Unione europea, oltre che in adattamento al testo della Costituzione della Repubblica italiana; ma la struttura è rimasta fondamentalmente inalterata.

Gli articoli 1-5117della legge n. 633/1941 indicano le opere tutelate dal diritto d’autore. Nella protezione sono comprese tutte le opere di ingegno di tipo creativo, qualsiasi siano le modalità o le forme di espressione. La lista delle categorie all’interno dell’articolo 1 deve essere aggiornata ogni volta che si decida di allargare la protezione, come è successo con l’aggiunta dei software e delle banche dati. L’articolo 2 della norma presenta una lista (esemplificativa e non esauriente) delle opere tutelate:

• La letteratura: opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche ed ecclesiali, sia scritte che orali;

• La musica: opere e creazioni sinfoniche, con o senza vocaboli, opere drammatico- musicali e varianti sinfoniche a patto che rappresentino un’opera originale; • Arti figurative: opere di scultura, dipinti, rappresentazioni grafiche, acqueforti e

delle arti figurative simili, come ad esempio la scenografia;

• Architettura: disegni e le opere architettoniche, le opere del disegno industriale

con un carattere creativo e valore artistico;

• Teatro: opere scenografiche e azioni sceniche (con o senza trama scritta); • Cinema: opere cinematografiche, mute o con sonoro;

• Fotografia: le opere fotografiche e quelle esplicitate con un metodo simile a quello della fotografia;

• I software: programmi per elaborare, tutti e quanti a patto che siano l’esito di un’ideazione intellettuale originale del creatore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce118; • Database: le banche dati, concepite come insieme di opere, informazioni o altri

elementi indipendenti sistematicamente o ordinati accuratamente ed individualmente consultabili tramite mezzi elettronici o in altre maniere. La difesa delle banche di dati non si estende al loro contenuto; secondo la direttiva 96/9/CE119;

• Le opere di disegno tecnico: le opere del disegno industriali con un carattere creativo e valore artistico.

Per quanto riguarda i database si devono definire i parametri di selezione e di disposizione del materiale inserito nella raccolta (art. 1, comma 2, l.d.a.). Il creatore di una banca dati, che ha deciso e ordinato creativamente i contenuti all’interno della raccolta, è titolare dei diritti esclusivi di tipo patrimoniale e morale accreditati a tutti i creatori di opere dell’ingegno, elencate in via generale nel Capo III del Titolo I e precisate dall’articolo 64 quinquies e sexies l.d.a. (sez. VII, Capo IV, Titolo I), dove sono dettate disposizioni specifiche ai diritti di impiego economico delle banche dati120. Nello specifico, secondo la disposizione dell’articolo 64-quinquies l.d.a. l’autore può attuare o permettere:

a) La riproduzione stabile o provvisoria, completa o limitata tramite qualsiasi mezzo e in qualunque forma;

b) La traduzione – se il contenuto della raccolta è di pubblica proprietà -, le modifiche, le rettifiche e le differenti disposizioni del contenuto che condizionano sulla scelta e sulla collocazione dei file, in questa maniera si ha la realizzazione

118https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31991L0250:IT:HTML 119https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31996L0009:IT:HTML

120Frassi P. A. E., Creazioni utili e diritto d’autore. Programmi per elaboratore e raccolte di dati, Giuffrè

di una nuova banca dati;

c) Qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca di dati; la prima vendita di una copia nel territorio dell'Unione europea da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di controllare, all'interno dell'Unione stessa, le vendite successive della copia;

d) La presentazione, dimostrazione o presentazione in pubblico, inclusa la diffusione conseguita con qualunque forma o strumento;

e) L’utilizzo economico dei risultati delle azioni di cui alla lett. B)121.

Un limite alla proprietà intellettuale è dato dal cosiddetto principio di esaurimento del diritto di distribuzione dell’opera. L’articolo 17 l.d.a. annuncia che, una volta che il titolare dei diritti o un soggetto da questi autorizzato (per esempio un distributore) abbia messo in commercio o abbia diffuso al pubblico l’originale opera o sue copie, egli non ha più il diritto di controllare la seguente distribuzione di questi supporti. In questo modo per il soggetto che ha comprato una copia dell’opera sarà possibile rivenderla o regalarla, senza che il titolare del diritto d’autore possa contestargli qualche cosa. Ma è importante chiarire che il principio di esaurimento interessa solamente il diritto di diffusione dell’opera (in questo modo chi compra una copia potrà rivenderla ma non riprodurla o servirsi dei diritti serbati al titolare del diritto, come per esempio il noleggio) e le copie fisiche dell’opera (in questo modo è lecito rivendere la copia fisica del CD comprato in un punto vendita, ma non il file scaricato su internet).

Quando qualcuno compra un supporto fisico come ad esempio un CD, il possessore del CD non è non è proprietario dei diritti, ma può solamente riprodurre i brani del disco per uso personale. Cedendo il CD vende ad un altro soggetto questo diritto che ha acquisito, privandosene. Il possessore dei diritti non ci guadagna nulla e se per esempio il CD con il passare del tempo diviene raro, chi lo vende potrebbe ricavarne anche di più. Questa tipologia di commercio però, similmente come quanto in uso anche prima per i vinili usati (le norme di tutela sono analoghe), non è disciplinato né ostacolato e non risulta che ci siano tentativi in questa direzione. Presumibilmente perché è un fenomeno valutato come secondario e in ogni modo diretto ad un target a cui le case editrici o discografiche non arriverebbero.

6 La circolazione dei media come momento di valorizzazione del patrimonio