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Divisione del naturale dal culturale: critica agli strumenti

Capitolo 3. Le Dolomiti

3.4 Divisione del naturale dal culturale: critica agli strumenti

Le Dolomiti sono state nominate (come abbiamo visto) Patrimonio naturale dell’umanità, ma l’appartenenza della collettività al territorio – il vivere in montagna – non implica anche una questione culturale? Inoltre, dal momento stesso in cui l’uomo riconosce il valore naturale

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di un determinato paesaggio o contesto ambientale, la stessa azione di riconoscere è un fatto culturale, allora perché questa divisione concettuale?

A questo punto è necessaria una premessa. Negl’anni ‘90 le Dolomiti furono soggette ad un primo tentativo di inserimento nella Lista della Convenzione del 1972, in quanto patrimonio culturale. Mountain Wilderness e Legambiente a Cortina, nel 1993, (insieme a SOS Dolomites) «[…] lanciarono ufficialmente e con un certo clamore, per la prima volta nella storia, la proposta di inserire l'intero territorio delle Dolomiti nell'elenco dei grandi monumenti naturali e culturali del mondo, redatto dall'UNESCO (World Heritage)»90.

Così le province di Belluno, Bolzano e Trento si cimentarono nel progetto; interpellando tutti i comuni interessati. «Molti comuni, tuttavia, approvarono la proposta solo a condizione che essa fosse limitata ai territori già vincolati dei parchi naturali dolomitici. La Giunta provinciale accolse tale posizione e la trasmise al Ministero competente»91. Ci furono moltissime manifestazioni, incontri,

convegni, tutto per promuovere il progetto al quale parteciparono e furono favorevoli diversi intellettuali, scienziati e politici92.

Il progetto prese il nome di Dolomiti Monumento del Mondo93, una

candidatura a patrimonio culturale che intendesse le montagne dolomitiche come «Un sistema ricco di rilievi esteso e complesso, di grande effetto panoramico, arricchito da un ambito culturale fatto non

90-http://www.dolomitipark.it/it/dettaglioml.php?id=5067

91-http://docplayer.it/2225256-Dolomiti-unesco-patrimonio-mondiale.html

92 «L'Appello per fare delle Dolomiti un Monumento del Mondo venne firmato in quella occasione, tra gli altri, da

Mario Rigoni Stern, Margherita Hack, Norberto Bobbio, Antonio Giolitti, Pietro Scoppola, Ardito Desio, Rita Levi Montalcini, Fosco Maraini» (http://www.dolomitipark.it/it/dettaglioml.php?id=5067).

93 «L'elemento qualificante e rivoluzionario della proposta originale stava nell'aver incluso entro i

confini del "Monumento" l'intero territorio dolomitico, dal Sarca al Tagliamento, compresi i fondo valle e gli abitati. E ciò allo scopo di unire in un unico discorso coerente la natura e la cultura, il mondo senza tempo delle alte vette e il mondo in divenire degli uomini, con il peso della sua storia, delle sue

tradizioni, delle sue conquiste e anche dei suoi errori»

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solo di rifugi e bivacchi in quota, ma anche di malghe e pascoli in valle, di abitanti dai linguaggi sconosciuti e dalle tradizioni antiche»94.

Citando alcune frasi del volantino distribuito a Cortina nel lontano 1993:

Nella loro complessa realtà ambientale e culturale le Dolomiti rappresentano un gioiello unico al mondo. Proporre l'intero territorio dolomitico come grande monumento mondiale significa riconoscere che queste montagne sono e devono restare un patrimonio inalienabile dell'intera umanità. Vuol dire affidarne il destino al senso di responsabilità e alla vigile attenzione di tutti noi, cittadini del mondo. Equivale a inserire le libere scelte delle comunità locali in una prospettiva internazionale più ampia e strutturata, in grado di valorizzarne le implicazioni migliori95.

Il progetto fu però frenato ed infine sospeso: troppo differenti erano, infatti, le posizioni delle tre province riguardo alla delimitazione territoriale. «Quando tutta la documentazione era già pronta per essere trasmessa agli organismi internazionali, il grande “no” della provincia di Bolzano; senza il parere favorevole delle amministrazioni locali interessate, la domanda non poté partire»96. «Su questa estesa

ed affascinante iniziativa cadde il gelo, il niet del governatore dell’Alto Adige, Luis Durnwalder: "La provincia di Bolzano non ha bisogno di

tutele suppletive, nelle Dolomiti abbiamo già istituito i nostri parchi"»97.

In un articolo del Corriere delle Alpi (datato 21 gennaio 2007), il responsabile di Mountain Wilderness, L. Casanova – in merito alla candidatura postuma – scrisse: «Appena l’Unesco approverà il documento, chiederemo che le Dolomiti vengano riconosciute anche come patrimonio culturale. La tutela di un patrimonio culturale implica la conservazione della lingua, la cura dei boschi ed il mantenimento

94-http://www.mountainwilderness.it/campagne/displayprogetti.php?idprogetto=2 95-http://www.dolomitipark.it/it/dettaglioml.php?id=5067

96-http://www.mountainwilderness.it/campagne/displayprogetti.php?idprogetto=2 97-http://www.questotrentino.it/articolo/9473/le_dolomiti_monumento_del_mondo.htm

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degli stili architettonici. Implica cioè di considerare le Dolomiti in tutta la loro complessità»98.

In un’intervista al Corriere della sera (in data 16 luglio 2004) all’alpinista R. Messner, venne chiesto un suo parere in merito ai limiti e agli ostacoli nell’attuazione del primo progetto UNESCO ed egli rispose dicendo: «Credo che siano prevalentemente locali. La gente e i politici locali non vogliono forme larghe di controllo e di tutela delle Dolomiti, perché sono convinti che questo danneggerebbe le loro possibilità decisionali. Vogliono decidere delle proprie montagne, tutto qua. Mi sembra anche comprensibile […]»99.

Concludo la vicenda riportando la citazione della stessa associazione Mountain Wilderness, la quale sostiene che:

Le Dolomiti sono un grande ecosistema che comprende anche l’uomo, ma in cui l’uomo non è al centro pur essendone parte importante: è infatti in grado di influenzarne direttamente il destino. Natura e cultura vanno a braccetto, legate indissolubilmente dalla storia che oggi è tanto di moda cercare di riscrivere, ma che nessuno può cancellare100.

La distinzione tra naturale e culturale è una visione occidentalista: «[…] è una ‘impalcatura’ (“échafaudage”) che non possiede l’universalità riconosciuta poiché non viene percepita come saliente da numerose popolazioni (tanto che non se ne trova traccia nelle loro lingue) e in secondo luogo non è comparsa che relativamente tardi nel pensiero occidentale»101.

L’ambiente circostante influenza i sensi, le percezione e gli stati d’animo dell’uomo; mette in relazione quindi l’individuo con il territorio circostante, ma anche con le persone che lo vivono. Il nostro corpo riceve delle sensazioni dall’ambiente circostante che influenzano i nostri pensieri e il nostro modo di essere; si può quindi

98-http://corrierealpi.gelocal.it/belluno/cronaca/2007/01/21/news/dolomiti-tutela-anche-culturale-1.864827 99-http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/07_Luglio/16/messner.shtml?refresh_ce-cp

100-http://www.mountainwilderness.it/campagne/displayprogetti.php?idprogetto=2 101-http://amsdottorato.unibo.it/222/1/Tesi_Tramontana.pdf

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definire che il territorio circostante rappresenta la dimensione costruttiva dell’essere umano. Rappresenta quindi l’ambiente socio- fisico in cui le persone vivono e con cui interagiscono.

Il valore estetico attribuito al territorio, e più nello specifico al paesaggio, ha una doppia valenza: una è relativa alla qualità di vita delle persone, l’altra allo sviluppo sostenibile (in termini turistici); detto ciò, la necessità di tutelarlo e conservarlo diviene un elemento culturale.

Il territorio è concepito come un ambiente in cui la vita umana è inquadrata e implica l'esistenza di soggetti umani che proiettano un dato significato su di esso, promosso all'interno di un tempo e di una cultura specifica. «In all époques and cultures the enjoyment of natural beauty has been part of human life» (Álvarez Munárriz 2010). La stessa costruzione sociale avviene in base ad un determinato ambiente che ci collega anche alle questioni storiche del passato «[…] As a testimony of human action and the ways of life which have shaped it, landscape is intrinsic to cultural identity, and as it preserves our civilization’s traces and remnants, it is a heritage of great value to be respected» (ibidem).

Il territorio, come ambiente culturale, è l’elemento su cui si basa la natura dell’uomo perché quest’ultimo non può essere isolato dall’ecosistema in cui vive. «We can not understand people’s individual and social life if we disregard the environment in which they are immersed, that is, socially and culturally constructed spaces inhabited by them» (ibidem).

Il paesaggio è la proiezione culturale di una società su un dato spazio. La Convenzione del 1972 sulla Protezione del Patrimonio Mondiale,

culturale e naturale dell'Umanità, nonostante unisca i concetti di

natura e cultura, questi sembrano restare separati e appartenenti a due Liste distinte.

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La nuova cultura ambientalista sta cambiando la visione materialistica della natura in un concetto sia estetico che etico, in quanto elemento determinante per garantire la qualità della vita delle persone.

L’essere umano in questa visione cosmologica non è irrimediabilmente scollegato dalla natura come nella visione analogica poiché condivide con gli altri esseri viventi uno stesso statuto biologico; […] Una maggiore consapevolezza antropologica delle diversità nei modi di pensare il rapporto tra società e mondo si incontrano nei testi delle altre Convenzioni, che mettono l’accento sulla ricchezza di un approccio che consideri e comprenda non solo tutte le manifestazioni culturali ma le differenti visioni del mondo e credenze sul mondo102.

Nella revisione del 1992, della Convenzione del 1972, viene inserita la categoria dei Paesaggi culturali.

Com’è noto, la Convenzione UNESCO si prefigge l’obiettivo di stilare un elenco del patrimonio naturale e culturale di “valore eccezionale e universale”, su scala mondiale, del quale possono far parte solo quei paesaggi che riescono ad esprimere l’eccezionalità dei risultati dell’interazione tra uomo e natura, illustrando l’evoluzione della società umana e degli insediamenti, in relazione con i limiti e le opportunità offerte dall’ambiente naturale e dalle forze sociali, economiche e culturali (Pettenati 2014: 83).

La Convenzione europea sul paesaggio del 2000 intende il paesaggio in maniera più ampia ma non si discosta molto da quella UNESCO; in quanto entrambi gli strumenti presentano un approccio che può essere considerato “olistico”. Data la ricchezza di elementi e valori del paesaggio, l’interazione degli elementi dev’essere sia naturale che culturale, perché una visione olistica del paesaggio deve integrare attività umana e aspetti naturale.

Dal momento che il Paesaggio costituisce un’unità territoriale (più o meno definita) dove e grazie alla quale, l’essere umano crea la cultura: «[…] as the scenic background within which people’s lives evolve»

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(Álvarez Munárriz 2010), il Paesaggio diventa un ingrediente essenziale per il benessere individuale e sociale. Il testo promuove la gestione sostenibile dei paesaggi come un altro modo appropriato per affrontare un uso razionale delle risorse del territorio. Due fattori sono stati essenziali per l'emergere di questa nuova identificazione del territorio e paesaggio in ambito culturale: i cambiamenti radicali che sono in corso su scala mondiale e le loro conseguenze che possono mettere in pericolo il futuro dell'umanità.

L’idea di paesaggio culturale è emersa fin dall’inizio del 20° secolo,

sotto l’influenza coniugata della geografia culturale e

dell’antropologia. La concezione di paesaggio culturale si distingueva già dal concetto americano di wilderness ovvero “natura selvaggia”103,

è solo alla fine dello stesso secolo che il riconoscimento della trasformazione degli ambienti considerati naturali in ambienti antropici, emerge ufficialmente, in seno alla Convenzione del patrimonio mondiale. Il fatto che tuttora sia difficile trovare dei luoghi puri, naturali, privi di forma sociale o trasformate dalle società riporta al concetto di wilderness, che spesso deriva dalla dimenticanza della storia sociale di un paesaggio. La cultura è l'agente, l'area naturale è il mezzo, il paesaggio culturale è il risultato104.

Il Paesaggio culturale può essere descritto come la trasformazione di una parte della natura – in maniera diretta o meno – effettuata dall’uomo nell’esprimere il suo posto in essa, e nel modellare, utilizzare, gestire e godere di quelli che sono i valori della propria cultura, in una configurazione di risorse umane e naturali. Il significato che gli uomini danno al territorio si trasforma in una costruzione culturale del paesaggio; ciò perché l’uomo percepisce, comprende e crea il paesaggio attraverso il filtro della cultura.

103 Natura incontaminata, quindi priva di insediamenti umani, ma allo stesso tempo conservata. La aree wilderness

sono gli esempi più selvaggi di natura in un contesto culturale.

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Il paesaggio è un territorio, composto da simboli della memoria e capace di evocare emozioni; all’interno e grazie a questo una società (per formarsi) costruisce ulteriori simboli culturali.

La Convenzione quindi considera il paesaggio «[…] un’esigenza sociale e rivolgendo i propri indirizzi strategici non solo verso i paesaggi di maggior valore, ma anche verso i paesaggi ordinari e degradati, oggetto, qualora necessario, di azioni di ripristino, in un’ottica di “diritto al paesaggio” di qualità da parte di ogni cittadino» (Pettenati 2014: 83). Si riferisce quindi a tutte le tipologie di paesaggio, affrontando in modo globale e frontale, la questione della qualità dei luoghi in cui le persone vivono, riconosciuta come condizione essenziale per il benessere individuale e sociale, per uno sviluppo sostenibile e come risorsa che favorisce l'attività economica. Un’ulteriore innovazione dello strumento europeo105 è il legame tra le

popolazioni locali e il paesaggio stesso, a partire proprio dal riconoscimento del sito106; creando un ulteriore legame tra la cultura

locale della gente e il proprio territorio, che non è soltanto lo sfondo della loro azioni, ma è una realtà viva che da tali azioni viene continuamente modificata, assumendo perciò caratteristiche e significati nuovi e differenti. I paesaggi culturali divengono costruzioni di testimonianza di ciò che è stato il passato e che gli uomini stessi sono tenuti a rispettare e a conservare per le generazioni future. I paesaggi culturali rappresentano, inoltre, quello sfondo di interrelazioni fra una popolazione e il territorio in cui la stessa è insediata; ciò diventa elemento di identità culturale per coloro che vi abitano e che in esso

105 Un ulteriore strumento è il (primo) trattato vincolante (in conformità al diritto internazionale europeo)

multilaterale – che interessa Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Principato di Monaco, Slovenia e Svizzera -che tutela una determinata area montana con particolare attenzione anche alle comunità che vivono in montagna è la Convenzione delle Alpi del 1991 (http://www.alpconv.org/it/convention/default.html). Nel 2006 è stata realizzata una dichiarazione (atto non vincolante) relativa al tema “Popolazione e Cultura” che promuove la diversità culturale, il dialogo interculturale e una maggiore coesione tra le comunità montane

(http://www.alpconv.org/it/convention/protocols/Documents/AC_IX_11_declarationpopcult_it_fin.pdf).

106 Cosa che invece la Convenzione UNESCO «[…] nonostante attribuisca un’importanza prioritaria al coinvolgimento

delle popolazioni locali nella gestione dei paesaggi iscritti […], affida invece la valutazione dell’eventuale eccezionalità valore dei paesaggi candidati a un rete internazionale di esperti, rappresentati in prima istanza dai consulenti designati da ICOMOS, IUCN ed ICCROM» (Pettenati 2014: 84).

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ritrovano parte di sé. Lo stesso Preambolo della Convenzione afferma che gli Stati membri siano «[…] consapevoli del fatto che il paesaggio coopera all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell'Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell'identità europea»107.

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