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La trasformazione dell’occhiale

Capitolo 4. Il Cadore dei cadorini

4.4 La trasformazione dell’occhiale

L’occhialeria cadorina, grazie alla particolare manualità ed originalità, è stata una grandissima risorsa economica, tant’è vero che il Centro Cadore veniva chiamato “piccola Milano” e questa peculiarità è stata riconosciuta in tutto il mondo, con l’accelerazione che si è avuta soprattutto dagli anni ‘70 e per il ventennio seguente.

Ma il denaro comporta un certo egoismo e individualismo che, secondo molti cadorini, hanno inciso e portato alla disgregazione di quella splendida solidarietà vissuta e implicita.

I più anziani, che hanno vissuto direttamente questo cambiamento mi dicono: «Con l’occhiale è cambiato tutto, partivano le corriere intere, le femene ciapaa meserie ma le dea124» (Irma Rizzardi); «L’occhiale è

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arrivato verso il ’55. Il boom è venuto proprio allora. Ma Auronzo non aveva occhialerie e noi siamo stati bravi a mantenere il turismo perché fuori là125 hanno abbandonato tutto, e invece noi non abbiamo

sbagliato. Il boom economico ha cambiato tutto e adesso, volere o no, si torna un po’ indietro; c’è una ripresa delle cose antiche» (Alziro Molin Poldedana); «L’occhialeria ha sconvolto! Nel giro di pochi anni l’agricoltura era finita e tutti lavoravano in fabbrica e le Regole quel periodo là non han fatto nulla per mettere in moto qualcos’altro. Se si pensa che qua non si segano più i boschi e andiamo a comprare segatura in Austria, non sta in piedi» (Giorgio De Candido Romole). Lo storico Antonio Genova mi spiega l’avvento dell’occhiale e ciò che ha comportato in Cadore:

L’occhialeria è presente dal 1880 in Cadore, però viveva abbastanza stentatamente. Con gli anni ‘70 cominciano ad aprirsi molto di più le frontiere; l’occhialeria tira, cominciano ad instaurarsi il made in Italy e il Cadore è il leader. Lo è fino agli anni ’90, anche con difficoltà ma con grandissima espansione. Questo ha fatto sì che si chiudessero le stalle perché nelle stalle e nelle cantine si faceva il laboratorio dei terzisti dell’occhialeria, non si curasse il turismo perché tanto c’erano le occhialerie e non c’era disoccupazione. Poi c’è stato il fenomeno che era previsto, si aprono gli spazi nuovi (Cina, est Europa) e il Cadore è stato colto impreparato e poi non c’è stato nessun piano a livello nazionale126, tanto meno locale

(Veneto, bellunese, comunitario), è mancato tutto questo. L’occhialeria cede ed emerge la debolezza del sistema turistico, perché? Perché non abbiamo più il paesaggio. Perché questo interesse per l’attività industriale ha fatto diminuire la cura del paesaggio, ha fatto scomparire tutte le attività legate al territorio, i boschi sono avanzati, i prati sono stati occupati in parte dal bosco ma in grande parte dalle abitazioni; i paesi si sono allargati a dismisura con il fenomeno delle seconde case e sono andati a incidere proprio sull’equilibrio tra montagna- bosco-prato-centro abitato.

Nell’intervista fatta ad un mio coetaneo, Daniele De Meio, mi racconta di un confronto avuto con un amico svizzero nella similitudine, a livello

125 Con “fuori là” l’intervistato intende il Centro Cadore.

126 Un ulteriore effetto è stato quello definito come “de-localizzazione” che ha portato le aziende ad investire in altri

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manifatturiero, dell’occhiale cadorino e dell’orologio svizzero, di come queste piccole realtà – nate anche perché i territori non offrivano molto per vivere – siano poi diventate industrie riconosciute a livello mondiale127. Egli ritiene che questo arricchimento e riconoscimento

avvenuto così velocemente, abbia

[…] portato individualismi e anche una certa chiusura a livello mentale probabilmente data anche dal fatto che molti non hanno studiato, si parla di studi medi. Era visto un po’ come poco furbo uno che non andava a guadagnare a 14 anni una bellissima paga con orari buoni, quindi non si andava a studiare. Ha portato un benessere che non c’era mai stato, un benessere medio molto alto.

Il giovane Matteo Gracis - proprietario di una società di comunicazione a Milano – nel 2008 ha dato vita al sito internet www.NuovoCadore.it che ha come scopo telecomunicazione e promozione turistica, sviluppatosi poi in un piccolo network nel quale ci sono altri siti per valorizzare il Cadore anche via web. Durante l’intervista esprime ciò che è stato per lui l’occhialeria cadorina:

[…] quella dell’occhiale è stata una delle più grandi tragedie per il Cadore. Sono un po’ controcorrente a dire questo però c’è una spiegazione: credo che abbia creato una generazione di lobotomizzati (persone che entrano in fabbrica alla mattina al lunedì, escono al venerdì timbrando il cartellino), a livello mentale non ha creato spunti di crescita, creatività, ecc. poi ad un certo punto tutta la macchina è crollata e i cadorini hanno dovuto reinventarsi, ma questo processo è lento. Detto questo la globalizzazione ha fallito, ma non lo dico io, lo dicono studiosi; la gente è stata invasata dai mass media. Per zone come queste, ricche di peculiarità e dove è un po’ più difficile vivere che in città, la globalizzazione è il peggior nemico. La globalizzazione ha però contribuito alla perdita di valori ma non è stata la causa. Gli anni dell’occhiale, del boom economico, l’arte del gelato all’estero, ma soprattutto la ricchezza che questi eventi, a mio parere, in Cadore hanno contribuito alla perdita dei valori perché vi

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era benessere e l’illusione della sua stabilità, forse si pensava a una vita diversa rispetto a quella vissuta con fatica dalle generazioni e negli anni precedenti. Alcuni cadorini, analizzando il periodo del benessere economico, evidenziano gli aspetti positivi indotti dal fenomeno dell‘occhialeria tra cui: lo slancio all’internazionalizzazione, alla conoscenza di sistemi economici esteri; alle relazioni con altre realtà; al benessere economico, senza tuttavia negare i riflessi che hanno assunto, come riportato da quanto raccolto dagli intervistati, sul piano dell’individualismo, della chiusura mentale, dell’egoismo sia verso la collettività che nei confronti del territorio. «In un momento di benessere si sono svuotate le soffitte e buttata via la misera e le robe vecchie, buttando via anche la propria storia; questi sono errori che adesso si pagano» (Luigi Larese Filon).

C’è però da dire che anche l’arte manifatturiera dell’occhiale è considerata una peculiarità cadorina che ha dato il suo contributo alla storia e alla costruzione identitaria del Cadore.

Fides De Rigo Cromaro vive a Costa di San Nicolò, in Comelico; negli anni dell’occhialeria era una ragazza, ha vissuto negli anni più belli del Cadore quando le preoccupazioni erano altre. A suo parere:

La ricchezza che si è sviluppata in Cadore e anche in Comelico, in seguito al boom dell’occhiale e del turismo ci aveva un pochino illusi, ma questo non vuol dire che non possiamo continuare a farlo, bisogna soltanto rivedere i parametri, avere un po’ di pazienza e non aspettarsi tantissimo. Anche perché credo che nel pensiero e nel modo di vivere della gente stia ritornando questo senso di equilibrio, che non va all’eccesso, ci si accontenta di stare bene e di mangiare un piatto anche povero purché genuino.

Con spirito di prospettiva il sindaco di Calalzo di Cadore, Luca De Carlo, riconoscendo il valore delle caratteristiche della popolazione cadorina, riporta:

Credo però che la stessa capacità imprenditoriale che ci ha consentito di arrivare a livelli altissimi nella produzione degli occhiali non sia morta, ci sia e attenda solamente altre forme

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di sviluppo. Il Cadore è la patria dell’occhiale, per cui un tratto distintivo che dobbiamo far riemergere è che qui sono nati gli occhiali, potrebbero nascere attività collaterali.

L’occhialeria cadorina sembra oggi la causa della perdita dei valori che i cadorini avevano - in particolare nei confronti del territorio e delle attività collaterali – e che ora cercano di recuperare. A questa peculiarità cadorina è dedicato un museo a Pieve di Cadore, il Museo dell’occhiale, una parte della storia che ripercorre i cento anni di esperienze e di crescita di uno spaccato sociale e culturale.