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Il ritorno delle attività agro-silvo-pastorali

Capitolo 4. Il Cadore dei cadorini

4.6 Il ritorno delle attività agro-silvo-pastorali

Durante le fasi di espansione economica, il Cadore ha vissuto dormendo sugli allori. Dal momento in cui si è avuta la svolta (anni ’90) ad oggi non si sono registrati segnali significativi di ripresa non solo economica quanto di interesse sociale, mantenendo una generale situazione ferma, di stallo. Oggi la reazione a questa “crisi” si è evoluta in un timido avvicinamento a quelle che erano le attività della gente di montagna, degli abitanti del Cadore, anche per tentare di ripristinare il territorio e restituire un’identità estetica. Per molti la monocultura dell’occhialeria è individuata come la principale responsabile che,

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come abbiamo visto, ha portato a pensare di più all’economia, con i riflessi descritti; oggi invece, la situazione sembra ribaltata.

Vista la situazione economica si comincia a ripensare alle tradizioni, ai costumi, ai vocabolari ladini, ai paesaggi, alla montagna, ecc. Sembra riavviarsi una nuova fase, in cui si pone l’accento sull’essenziale, sull’autentico come base per uno sviluppo sostenibile.

Il Cadore è prima di tutto bella come valle e per una sua valorizzazione per prima cosa va recuperato il territorio, se non si recupera il territorio non faremo mai turismo e non faremo proposte. La gente oggi si muove nel mondo a 360 gradi – coprendo grandi distanze in poche ore, allora dobbiamo proporre cose possibili che devono produrre piacere al corpo, alla vita e all’anima. Cura del corpo e dell’anima, dobbiamo proporre cose con questa finalità. Per far questo vanno ripristinati i sentieri, ripristinati i boschi, tagliata l’erba, riattivate le aziende agricole che abbiamo perso, mangiare e rifondare una gastronomia, ma prodotta davvero a km 0 (Federico Menardi).

Parlando del Cadore oggi, Gianni Pais Becher dice:

Il Cadore adesso ha di nuovo le Regole ricostituite, che possono aiutare e tenere al territorio e vigilare sulla speculazione edilizia. Ha ancora una gran parte del territorio integro, che potrebbe sviluppare un turismo naturalistico diverso da quello attuale, avendo qualche idea diversa. Il Cadore si salva ancora grazie all’ambiente naturale tuttora integro e poco sfruttato. Il territorio oggi si presenta naturale ma quasi selvaggio. Gli anziani intervistati ricordano molti prati che oggi si sono trasformati in boschi abbandonati che potrebbero però fruttare in quanto materia prima, come biomassa oltre che legname, conseguendone un bosco pulito e curato.

Durante l’intervista, la professoressa Ilde Pais Marden Nanon mi parla di un ritorno dell’agricoltura nel nostro territorio:

È importante che ci sia un ritorno di un’agricoltura di montagna, giovane, per la specificità dei prodotti. Stanno sorgendo in Cadore queste aziende che propongono dei prodotti locali e tradizionali. C’è una potenzialità!

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Bisognerebbe avere collaborazione e ho sentito con piacere che le Regole incentivano queste iniziative. Queste iniziative sono molto interessanti per la montagna, per offrire un territorio, per la salvaguardia del territorio stesso che viene più garantita e poi per riscoprire alcune specificità che magari sono andate perse per un discorso di salvaguardia della biodiversità. È importante che i giovani si riavvicinino e senza vergogna, anzi. Le interviste soprariportate menzionano le Regole come istituzioni che hanno delle potenzialità nel recupero dell’attività agro-silvo-pastorale; i regolieri di Auronzo mi spiegano come stanno agendo in questo contesto: «Abbiamo costituito una società agricola, assieme alla società operaia ed alcuni agricoltori e questa è una strada diversa di tipo imprenditoriale che la Regola può immaginare come innovazione, dando anche uno stimolo ai giovani che vogliono intraprendere un percorso».

Qua c’è un ritorno all’agricoltura, all’allevamento, so di gente giovane che torna a coltivarsi la terra; sono cose fondamentali e questa crisi per me è da benedire da questo punto di vista, non è una crisi, è un cambiamento perché non tornerà mai più come prima quindi non è una crisi. Ben venga riuscire ad accogliere questo cambiamento, torniamo a coltivare, torniamo ad autoprodurre, a pensare che si possa vivere in maniera più semplice (Matteo Gracis).

Il sindaco di Auronzo di Cadore (nonché presidente della provincia), Daniela Larese Filon, durante l’intervista mi ha dato una visione più ampia, anche in relazione al turismo:

Queste nuove iniziative che si vanno affermando sul territorio del Cadore anche da parte di persone molto giovani che vogliono dedicarsi all’agricoltura sono un passaggio importante per riprendere in mano il territorio, perché significa che c’è la consapevolezza che è un dovere che noi abbiamo se vogliamo continuare ad abitare questo territorio, di conservarlo e di averne cura. Lo possiamo fare solo attraverso l’agricoltura e l’allevamento, che poi è un passaggio importante anche per il turismo, perché è un territorio che si presenta in maniera migliore di quello che oggi presentiamo perché oggi è proprio attualmente quasi selvaggio; se riuscissimo a dare un’impronta diversa sarebbe forse un motivo in più per il turista che vuole alcuni paesaggi diversi da quelli che offriamo noi.

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Il turismo però non deve essere un motivo di trasformazione di un territorio, di un ripristino forzato (come potrebbe essere il caso in esame) o di un’accentuazione – come può apparire il territorio del Sud Tirolo, quasi un artefatto.

Il giovane Aldo Corte Metto lavora nel Consorzio Turistico ad Auronzo di Cadore; nella sua intervista mi spiega:

Il turismo non vive senza territorio, il turismo pone all’esterno quella che è l’immagine interna quindi i fondi spesso mancano ma il marketing esprime quello che realmente si è, non può dare un’immagine non coerente con la località perché il turista se ne accorge immediatamente. Quello che la gente cerca è la specificità: andare in un posto, trovare le caratteristiche peculiari del posto e se è possibile, in quel lasso di tempo che è la vacanza, immergersi e scoprire quello che si trova in un territorio diverso. Per noi è difficile perché abbiamo avuto un processo storico che forse ci ha un po’ omologati, amalgamati; è vero che c’è un ritorno ma è una cosa che adesso deve venire naturalmente perché come turismo non possiamo imporla. Noi dobbiamo accogliere razionalmente quello che il territorio esprime, possiamo indurla ma è una cosa che deve nascere sola.

Nella situazione attuale il Cadore viene visto dai suoi abitanti come un territorio ancora vergine, il quale però va risistemato sia per una questione estetica – per uno sviluppo turistico maggiore – sia per l’utilizzo delle risorse che si possono sfruttare.

Il presidente del Consorzio turistico del Centro Cadore Giovanni Giacomelli (bancario di professione), durante l’intervista mi spiega come sta agendo il Consorzio in questo momento di recupero: «Adesso ci stiamo tirando un po’ su le maniche ed è bello perché nascono le iniziative sulla cultura, il ripristino delle nostre bellezze (che non sapevamo nemmeno di avere) e finalmente si lavora per il nostro paesaggio che però deve rimanere incontaminato».

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