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Grono, si sa, le cose non sono sem-pre andate lisce come l’olio. essere sottosopra con frati e preti, per i Polentoni era una regola. le due fazioni, i fratisti e i pretisti, erano costantemente in bega. si vociferava che certi religiosi veniva-no “inviati” a Groveniva-no per castigo. Tra l’altro si racconta di un frate che, beccato sul fico con una donna ammogliata e giustamente preso a legnate dal marito, malediceva i gronesi invo-cando lo sfranamento di Castaneda a Grono e, di conseguenza, Grono cancellato dalla terra. le gatte da pelare, sia da una parte sia dall’altra, non mancavano. Incomprensioni tra la Parrocchia e la Curia e tra i rappresentanti del buon Dio e le sue pecorelle, erano all’ordine del giorno.

e lo sono, tanto per cambiare, ancora oggi.

Impossibile ricordarli tutti, questi frati e preti.

Uno, comunque, sfora dal mazzo: Don Guido Berbenni, un pezzo d’uomo deciso, dal carat-tere scorbutico. ebbe cura delle anime gronesi dal 1938 al 1946. Proveniva da Villa Guardia, un paesetto vicino a Como. Vi ritornerà per la sepoltura il 15 maggio 1971. Pace all’anima sua.

In quattro e quattr’otto nel 1946, e precisamente il 5 ottobre, dimissionò come parroco di Grono.

ne aveva piene le scatole dei disgustosi e poco edificanti insulti ricevuti da parte di alcuni parrocchiani. Chi aveva ragione o torto non si sa. sta di fatto che lui “menò le tolle”, sbattè le porte della Casa parrocchiale, tolse il disturbo.

Per saperne di più si leggano i protocolli custo-diti nell’archivio del Comune parrocchiale. Don Berbenni non se ne andò da Grono… anzi, si diede da fare. ed è qui che inizia la nostra storia.

la storia della mater Christi.

Don Guido Berbenni, parroco di Grono (1938-1946), fondatore della Mater Christi

Il sedime e lo stabile, dove attualmente sorge la parte vecchia della Casa di cura, erano stati donati alla comunità dal benemerito cittadino patrizio Federico Tognola (1870-1936), inteso a ospitare l’asilo infantile. Federico era il con-sorte della “sciora Claudia”, nota ai gronesi per aver donato, più tardi, il terreno detto “monda prato roverso” più conosciuto come “la monda della sciora Claudia”, dove doveva sorgere una chiesa. oggi nella “monda” viene dato avvio alla costruzione del nuovo palazzo scolastico.

Il perché e il percome di questo cambiamento sono un’altra storia.

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Ritorniamo all’asilo infantile. siamo negli anni Trenta e a gestirlo sono le suore agostiniane di Poschiavo. Quelle tutte vestito di nero, per intenderci. solo il viso è scoperto, ingattabuiato in un’elegante visiera bianca duramente inami-data. V’è la piccola e paffuta suor Germana, l’aristocratica e raffinata suor Cristina e la gentil suor Gaetana. Tutto funziona in letizia finché Don Berbenni, nel 1946, causa le dimissioni come parroco citate prima, quindi automatica-mente sfrattato dalla Casa parrocchiale, cerca un nuovo alloggio. Violando le volontà del defunto donatore Federico si impossessa, a suo modo, dell’asilo infantile, sloggia suore e scolaretti e si accasa proprio lì.

a questo punto s’intreccia anche l’affascinante epopea del dottor salman luban, padre del più noto Boris. salman, proveniente dalla Russia, in quegli anni è con la moglie sofia a Grono.

alloggia i suoi pazienti, per lo più provenienti dalla Valle Calanca, prima in alcuni locali del già citato asilo infantile, ma poi, causa lo sfratto voluto dal Berbenni, si trasferisce con sacchi, bagagli e pazienti, portandosi appresso anche le suore, nella casa ex Righettoni in Piazza Vecchia.

Questa diventerà poi l’ampliata Clinica san Rocco e oggi la qualificata Residenza delle Rose.

Per tanti anni le suore di Poschiavo continueran-no la loro attività alla Clinica san Rocco. l’asilo

infantile troverà invece sede nella Casa parrocchiale.

Una maestra d’asilo che iniziò la sua attività proprio in questa “nuova” sede è stata la simpatica e anche bella suor Rosvita.

nota anche come ospizio, la Casa parrocchiale merita attenzione. Il vero nome era

“Cadlos”, dal significato sconosciuto. la si raggiun-geva tramite uno scalato attraverso i vigneti. non c’era la strada carrozzabile, oggi indispensabile, che ne ha tagliato in due il sedime.

Il bel vigneto tutt’intorno rivestiva il poggio chiamato, per la particolare posizione, “Bèlecc de Gron”. nel salone della Casa parrocchiale c’era un piccolo palcoscenico voluto e costruito, guarda caso, dal sempre in-faticabile e allora parroco Berbenni. Prima del salone c’era una cappella: la cappella dei frati. Il palcoscenico era attrezzato con quinte, tendoni di panno rosso, un impianto di luci colorate e la botola per il suggeritore con la classica lunetta incastonata nel pavimento. ospitava filodrammatiche locali, ma anche gruppi teatrali d’oltre confine. Vi recitò perfino, diverse volte, la nota compagnia Ruta. Più tardi anche il ci-nema. Proiettore e pista erano ancora separati.

la perfetta sincronizzazione era indispensabile.

Ci si divertiva. Chi non ricorda le comiche di ollio e stelio che noi ragazzi chiamavamo “al Grass e ’l magher” proposte e sponsorizzate annualmente dalla nestlé, con le mascotte Fip e Fop? Il palco fu demolito durante i lavori di risanamento della Casa parrocchiale verso la fine degli anni ottanta. si riteneva che fosse un corpo anomalo e non conforme alla struttura originale dell’edificio. Peccato. ma, si sa… l’ar-chitettura, e specialmente gli architetti, hanno le loro esigenze!

Ritorniamo al nostro Don Berbenni. ora il prete, non più parroco di Grono, è in possesso dello sta-bile dell’asilo. lo amplia, lo modifica, gli dà una

Il dottor Salman Luban a una finestra della Clinica San Rocco, ex casa Righettoni, in piazza vecchia

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struttura a suo modo “ospedaliera”. V’era pure un ambulatorio medico, dove il dottor Pedrazzini di Roveredo si prodigava nel visitare i pazienti membri della Cassa malati di Circolo. operai, muratori, falegnami, aiutano il nostro Don in questa non facile impresa. anche lui, rimboccate le maniche, si sgomita tra un ponteggio e l’altro.

avrà avuto un caratteraccio dispotico fino all’inverosimile, ma quest’uomo fortemente coraggioso e risoluto dà il via a quella che oggi è l’importante mater Christi, che diventerà poi una Fondazione ecclesiastica il 10 agosto 1965, con lo scopo di beneficiare i poveri e di assicurarvi le cure. Chiamate da Don Berbenni arrivano dall’Italia, per dare un colpo di mano, altre religiose. si tratta delle suore missionarie

Francescane del Verbo Incarnato.

marrone scure è il colore del loro abito, abbellito da una fascia blu.

le religiose si danno molto da fare, grazie anche a suor Clarapace, diventata poi madre superiore dell’ordine francescano; morirà nel 2003 ed è sepolta nel cimitero di Grono unitamente ad altre be-nemerite consorelle. Indispensabili braccia e cuore della mater Christi, questa congregazione è ancora at-tiva oggi. le religiose sono sempre state un tassello fondamentale per le nostre strutture di cura che, senza il loro disinteressato aiuto, ancora oggi non potrebbero funzionare.

l’ospitalità della mater Christi era ed è nota. Rifugiati politici prove-nienti dai Paesi dell’est vi trovano conforto. Un segno tangibile della loro presenza è riscontrabile nel cimitero di Grono: sulle tombe dei rifugiati, le classiche croci sormon-tate da un tettuccio in legno. Chi non ricorda il Teodoro, ex ufficiale zarista proveniente dalla Russia, misterioso narratore di storie e ricordi lontani, sempre stampel-lato causa una gamba zoppicante di legno? Beveva il suo Wodka al Calancasca e non disdegnava un bel bicchierone di grappa nostrana al Ristorante della Pace. e chi non ricorda certe donnone sempre bardate da enormi scialli, provenien-ti dall’Ungheria e da altri Paesi del blocco sovietico? C’era pure un rifugiato, un artista abilissimo nel ritoccare i ritratti fotografici in bianco e nero. li colorava con una sua tecnica particolare. Fantastico.

Grono, è sempre stata terra ospitale. Ricordia-mocelo. e la svizzera, si sa, è un mosaico di etnie diverse. Rifugiati, emigrati lo siamo stati, magari, tutti.

Con il passare degli anni la struttura della ma-ter Christi si fa stretta. nuove esigenze sono all’orizzonte. Bisogna ampliarla.

Arnoldo Paggi e Tata Minola, campioni svizzeri di bocce nel 1946

119 Don Berbenni non demorde e nel 1958 acquista

l’antico Grotto Bordigoni, conosciuto come

“Crott de la Carolina”. era un ritrovo pubblico molto conosciuto, che disponeva anche di due viali per il gioco delle bocce sui quali si sono allenati anche l’arnoldo Paggi e il Tata minola, indimenticati campioni svizzeri.

acquista pure il vecchio lavatoio comunale, dove verranno ubicati il porcile e il pollaio. l’odore invade la zona. l’olezzo crea non pochi problemi con i vicini, non più abituati a certi profumi…

Due immagini del Grotto Bordigoni conosciuto come “Crot dela Carolina”: un folto gruppo di avventori nel 1923 e lo stabile nel 1958

Un solerte burocrate dell’igiene arriva da Coira per controllare la situazione. Testimonianze raccontano che il funzionario, preso atto della situazione, non si scompose più di quel tanto e di conseguenza la diatriba andò… in fumo.

Dalla signora edvina Cadlini-Tognola acquista un vasto terreno che verrà adibito a frutteto e alla coltivazione di ortaggi. In seguito la signora lucia Tognola, la “sciora luzia”, donerà la vigna che già confinava con la mater Christi.

a poco a poco i rifugiati politici vengono

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tuiti dagli anziani, della valle ma anche ticinesi.

Durante la bella stagione la mater Christi ospita vacanzieri provenienti dalla svizzera interna, dalla Germania e dalla Francia. l’ottima e sana cucina richiama anche l’attenzione di diversi operai. Queste altre entrate, unite a quelle dei vacanzieri, contribuiscono attivamente a finan-ziare l’istituzione.

negli anni 1981-1982 avviene una ristruttu-razione completa degli edifici. Dopo la morte di Don Berbenni, la Fondazione acquista la proprietà adiacente degli eredi Cattini (non vi dicono niente Hans e Pic, che con Bibi Torriani formarono la leggendaria “ni-sturm”

del Davos e della nazionale svizzera di hockey su ghiaccio?) e, ultimamente, la proprietà degli eredi Vannier-lurati.

Certo è che la mater Christi è una realtà for-temente radicata nel territorio. Grono senza di essa è impensabile. la sua forza d’essere è senza dubbio merito dei donatori gronesi, di quel non facile prete che fu Don Berbenni, della caparbie-tà e generosicaparbie-tà delle suore. ma il merito è anche del suo primo lungimirante amministratore,

avvocato Riccardo Galli, che risiedeva a Coira e si tratteneva spesso a Grono durante l’estate, trascorrendo le vacanze alla mater Christi con la sua consorte. È morto il 14 luglio 2004 ed è sepolto nel cimitero di Grono. ora la mater Christi è gestita con competenza da un altro Riccardo, pure lui avvocato: l’onnipresente, già segretario dell’oRmo, avvocato Riccardo Tamoni di Cama.

alla fin fine – è da esserne convinti – il buon benefattore Federico Tognola riderà sotto i baffi.

la sua donazione era destinata all’asilo infantile.

non è andata proprio così. asilo è stato, ma per i rifugiati. ne avevano bisogno. ora è un importante istituto di cura, la mater Christi, sollievo e aiuto per i nostri anziani e per tutta la comunità in generale.

ma anche la sua dolce metà, la “sciora Claudia”, avrà di che rallegrarsi. sul terreno nella “monda”

si sta costruendo il nuovo palazzo scolastico, che elargirà nuova linfa e darà nuovi stimoli alla nostra gioventù. meglio di così…

(testo pubblicato da Voce delle Valli)

L’ala nuova della Casa di cura Mater Christi

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