ono nata nel 1909 a san Vittore. Dopo il loro ma-trimonio nel 1906, mio padre, antonio Tognola figlio, e mia madre, Ines Tonolla, si erano stabiliti al terzo piano della casa paterna nella frazione di Cadrobi.
nella casa paterna vivevano il nonno, pure lui antonio Tognola, vedovo dopo la prematura morte della moglie marietta amarca. Con lui c’erano sua figlia laura, nubile, e la domestica maddalena Tamò. maddalena era in casa sin dalla sua giovinezza, quando era entrata a servizio della bisnonna, lucia schenardi. Quando il figlio antonio si sposò con marietta amar-ca, si erano sposati molto giovani, la bisnonna lucia affidò loro la giovane domestica maddalena che da allora fece tutta la sua vita in casa. mad-dalena amministrava con autorità e competenza l’andamento della casa e delle attività agricole connesse.
mia madre veniva da lostallo dove il padre Carlo e la mamma Giovannina
nata Ravizza gestivano l’albergo della Posta.
l’albergo della Posta era stato costruito da emilio e edoardo Ravizza, i fratelli della non-na. lostallo era allora stazione postale con il cambio dei cavalli. Da qui probabilmente l’idea dei due fratelli, i Ravizza avevano una tradizio-ne di albergatori, di costruire un bell’albergo con tanto di stalla per i cavalli e rimessa per le carrozze. la spesa per l’albergo dev’essere stata ingente, ma i ricavi iniziali non corrisponde-vano all’investimento. a un dato momento i due fratelli cedettero la loro interessenza alla
sorella Giovannina e emigrarono in america.
Giovannina sposò Carlo Tonolla, mio non-no, e insieme gestirono l’albergo con sempre maggior successo. la nonna Giovannina era una donna di polso che aveva in mano la ge-stione dell’albergo ed aveva fama di essere una provetta cuoca. mia mamma Ines aveva due sorelle, Gina e ersilia detta Cio, e un fratello di nome Giuseppe. Gina sposò amedeo Tonolla di lostallo e uscì presto di casa. Giuseppe si occupava del servizio postale mentre le due so-relle lavoravano nell’albergo. mia mamma Ines
Ines Tognola-Tonolla con i figli Aldo e Nella
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lavorava con piacere in cucina, ma era timida e a disagio nel servizio dei clienti: la sorella Cio era invece estroversa e le piaceva stare al servizio degli ospiti di passaggio. Tuttavia la nonna Giovannina, da buona direttrice, voleva che ambedue fossero capaci sia in cucina, sia al servizio, e perciò le obbligava ad alternare settimanalmente queste due funzioni. Dopo il periodo scolastico la nonna Giovannina aveva mandato mia mamma in savoia, presso una famiglia che gestiva una pasticceria e che aveva relazioni regolari con l’albergo della Posta. la ferrovia Bellinzona-mesocco non era ancora stata costruita e il transito di passeggeri avveni-va con le carrozze: ma anche allora gli scambi e le conoscenze erano probabilmente più intensi di quanto noi tendiamo ora ad immaginare.
la nonna Giovannina voleva che le figlie, per gestire bene l’albergo, conoscessero le lingue e la realtà del mondo fuori dal villaggio di lostallo. Dal soggiorno presso la pasticceria in savoia mamma riportò anche diverse ricette, fra cui una torta savoiarda che cucinava in modo veramente eccellente.
a san Vittore siamo nati mio fratello aldo ed io. mia mamma portò un vento nuovo nella vecchia casa che da anni viveva ormai con le sue abitudini. era sempre in attività e il nonno la chiamava “l’avigia”, l’ape operaia.
era aiutata da una domestica di lostallo, di nome angelica. ogni tanto veniva a trovarci la nonna Giovannina e rimaneva da noi per alcuni giorni. anche la mamma era un’ottima cuoca. Dall’albergo della Posta di lostallo ave-va portato save-variate ricette. al nonno piaceave-vano i dolci: nella casa di san Vittore facevano solo la torta di pane e una torta al cioccolato. mia mamma introdusse le pastafrolle, le savoiarde e diverse charlotte di frutta e altre specialità.
Quando c’erano queste leccornie il nonno saliva da noi. Io volevo molto bene al nonno.
abitavamo nella stessa casa e io ero la sua cocca.
Il nonno lavorava nella segheria di Roveredo, l’azienda di famiglia che gestiva con i soci Tonolla di Cabbiolo. nel 1903 era morto in giovane età Giuseppe, il suo figlio primogenito, che dopo varie esperienze di lavoro all’estero, specialmente in Irlanda, lo affiancava nella
L’Albergo della Posta a Lostallo
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La casa del nonno a San Vittore
gestione dell’azienda. Dopo la morte dello zio Giuseppe mio padre antonio era subentrato al suo posto. Il nonno andava e tornava dalla segheria a Roveredo sempre a piedi. non ave-va mai voluto prendere la ferrovia, costruita nel 1907, perché il tracciato aveva tagliato in due una sua vasta monda prativa. Quando potè contare sull’aiuto di mio padre, il nonno ridusse il suo impegno lavorativo e andava a Roveredo solo il mattino per tornare a casa a mezzogiorno. Io gli andavo incontro. Da piccina mi accompagnava maddalena Tamò e andavamo fino alla galleria del sassello. non mi è mai piaciuto giocare con le bambole. avevo una carrozzina per bambini e quando andavo incontro al nonno mettevo nella carrozzina Febo e la Folett, il cane e la gatta del nonno. Il nonno era felice quando gli andavo incontro.
Diventata più grandicella gli andavo incontro da sola, sempre più lontano. mi ricordo che una volta col nonno ci fermammo nel luogo chiamato “Purgatorio” dove nella casa lungo
la strada cantonale c’era allora un’osteria chia-mata “Grotto della Pace”, e il nonno mi portò all’osteria per bere qualcosa. nel frattempo avevo cominciato la scuola a san Vittore: la mia maestra era la signora Carmelina mauri.
Il nonno invecchiava sempre più.
Poi i miei ritirarono e riattarono la casa a Ro-veredo, nella frazione di Piazza, dov’era abitato ed era morto lo zio Giuseppe. mio papà aveva idee d’avanguardia. nella casa di Roveredo ave-va portato l’acqua corrente in casa, realizzato un bagno e persino un impianto di riscalda-mento. a metà del mio secondo anno scolastico la mia famiglia si trasferì a Roveredo. Io però dissi che non volevo lasciare il nonno e la mia cara maestra. Dopo svariate discussioni i miei genitori accettarono di lasciarmi a san Vittore fino alla fine dell’anno scolastico. Rimasi a san Vittore con la cara domestica angelica. Il nonno morì poi nell’inverno del 1920: io non avevo ancora compiuto gli 11 anni. la prima parte della mia vita si chiudeva.
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